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erdogan

Ma perché il nostro ambasciatore è ancora in Turchia?

Ma cosa altro deve succedere perché l’Italia abbia un sussulto in politica esterache non sia la firma paciosa di Renzi che brancola in qualche lingua semicomprensibile? Abbiamo avuto un timido vagito nel caso di Giulio Regeni (effimero, uno starnuto) e poi per il resto l’Italia è una Paese che ha limitato la politica estera all’imbarazzante elemosina di uno sguardo fugace dall’Europa.

Mentre la Turchia annega nella melma di Erdogan e del colpo di Stato più utile del West qui ormai sembra che la difesa dei diritti sia stata definitivamente appaltata a associazioni, Ong e qualche lurido buonista. Il governo? Il governo no, il governo, questo governo, ha scambiato la politica per l’annuncio, la dichiarazione per l’unica azione possibile per non disturbare gli equilibri esistenti: probabilmente dalle parti del Consiglio dei Ministri considerano il nostro ambasciatore ad Ankara il menù fisso per fingere cortesia.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Tortura e Turchia, sono giorni neri

Ma esattamente a cosa ci serve spendere chili di retorica, organizzare catene di conferenze, inzuppare depliant elettorali, cucire contrizioni a favore di telecamera, tessere rapporti con i famigliari delle vittime, srotolare conferenze parlamentari, richiamare ambasciatori, travestirsi da pacifisti con le paci degli altri, trasmettere speciali lacrimevoli, stendere bandiere, imbalconare lenzuola, essere tutti ogni giorno un ammazzato in giro per il mondo, inondare i social, trafugare tragedie, fotografare uomini incaprettati in batteria, spacciare foto di facce sformate dalle botte, intitolare vie, esibire pornografici minuti di silenzio o spacciare lacrime?

A cosa serve tutto questo se in un giorno solo, nello stesso giorno, in Turchia si apparecchia la tavola per la pena di morte e in Italia si affossa il reato di tortura?

A che serve Laura Boldrini che ulula per il disabile preso a cazzotti mentre il Parlamento segue le effusioni militari di un ministro dell’interno,  Angelino Alfano, che per esistere ha bisogno di leccare gli istinti paramilitari dei poliziotti che si stagliano violenti, potenti e impuniti?

Come può il senatore Manconi chiedere all’Egitto la verità su Regeni mentre sta in una maggioranza che gli ha ricacciato il reato di tortura in gola?

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