Così come sono riporto gli “appunti” sulla serata in Bocconi scritti da Angelo Giulio Iemmolo (che ringrazio):
Perché ci farebbe meglio un po’ a tutti, avere un po’ più di eroi imperfetti.
20 Marzo 2013. Anime Salve SpA ci fa incontrare Giulio Cavalli.
Di solito dopo questi incontri scrivo su facebook una-due frasi che mi hanno colpito.
Cavalli è stato così bravo che uno status non bastava, serviva un riassunto.
Senza niente di mio, solo qualche intermezzo giusto per far scorrere e comprendere, si spera, il senso della lettura.
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Lei sceglie di parlare di mafia e per farlo usa la satira, perché?
Nasco teatralmente come “arlecchino”, con la consapevolezza che i giullari sono i veri intellettuali sopravvissuti al corso dei secoli della storia.
Il giullare faceva teatro nel modo più bello, più carnale: faceva teatro per emergenza.
Fare teatro per sfamarsi ha una carnalità che oggi non riusciamo più ad ottenere.
Poi però diventa un eroe, arrivano le minacce e la scorta.
Io sono una persona normale, ma sentivano il bisogno di farmi diventare un eroe. Perché più è Cavalli che è un eroe più possono dire “noi non avremmo potuto fare niente contro la Mafia”.
Ma non ha paura delle minacce?
Ancora oggi più dei mafiosi mi fanno paura certi rappresentanti delle istituzioni che ho conosciuto. E poi…
La minaccia serve per “mascariare”, come si dice in Sicilia. Quella che Roberto (Saviano) definisce la “macchina del fango”. Ma non serve tanto a minare la credibilità, in realtà serve a favorire lo sgretolamento della mia immagine “normale”, a rendere tutto iperbolico.
C’è Lei, ci sono quelli che lei cita Saviano, Pino Maniaci, i ragazzi di Libera. Stiamo rispondendo bene alla Mafia?
No, non stiamo rispondendo in coro. Perché commemoriamo Falcone, Borsellino, Impastato ma non portiamo avanti le loro idee?
Se commemoro qualcuno, faccio in modo che la sua battaglia diventi la mia.
Lo striscione “le vostre idee camminano sulle nostre gambe ” è stato tradito.
Quindi, cosa possiamo fare? Che prospettive dobbiamo porci?
Dobbiamo aprire un canale di anti-racket culturale, noi che non abbiamo una attività commerciale paghiamo un pizzo in bellezza. Questa non è una novità, lo diceva Peppino Impastato (http://www.youtube.com/watch?v=ScJqaZLLlFg).
Non si è fatto niente.
Mi auguro che il Parlamento possa scrivere una legge sul favoreggiamento culturale alla Mafia.
E “Il capo dei capi” sarebbe oggetto di questa legge.
Perché, che aspetto di quel racconto non condivide?
Perché se Totò Riina è un genio del male, quella generazione è de-responsabilizzata. I nostri padri sono discolpati dall’avergli lasciato in mano pezzi di paese, dell’economia e dell’amministrazione.
Io l’ho conosciuto Totò Riina, in carcere. E’ un vecchietto senza alcuno spessore umano, è un idiota.
Ma non c’è stato solo Riina.
Quando hanno arrestato Provenzano ho avuto un’erezione drammaturgica. Perché ci hanno raccontato che la Sicilia l’hanno conquistata Riina e Provenzano: se Riina è un idiota – pensavo – Riina sarà stato il braccio e Provenzano la mente. Ero curioso.
Quando lo presero, Provenzano aveva la suoneria del padrino e quella dei Puffi.
E’ un imbecille, Provenzano, ascoltava i Puffi.
Con la legislazione però si è fatto tanto; cos’altro si può fare?
C’è analfabetismo in questo paese sugli sviluppi sociali.
I veri eroi sono i testimoni di giustizia, su questo ha ragione Robero, loro sono vittime, o parenti, che hanno subito direttamente ciò di cui hanno il coraggio di parlare.
Invece siamo un paese dove pentiti, scrittori minacciati e testimoni di giustizia sono trattati tutti allo stesso modo.
Ma è un problema solo della politica o anche dell’antimafia?
Anche noi dell’anti-mafia dovremmo essere meno snob, meno ricercati.
Loro riescono ad essere “pop”. Quello mafioso è un messaggio – un concetto – che arriva, che prende. Allora proviamo anche noi a diventare più umili, più chiari, più pop.
Per esempio?
Diciamolo semplicemente: il reato di associazione mafiosa è un fenomeno dove 3 persone di mettono d’accordo per fregare gli altri. E’ un fenomeno di egoismo.
In Sicilia quell’egoismo era dovuto alla mancanza di alternative, poi è arrivato lo stato e l’associazionismo, come Libera e Addiopizzo. Lo diceva Pino Maniaci l’hanno scorso in Cattolica qui a Milano: dovete stare attenti, perché in Sicilia abbiamo il virus ma anche gli anticorpi, qui il virus è arrivato, ma non avete ancora gli anticorpi.
Per questo in Lombardia prende la Mafia, perché siamo cresciuti in una società dove ci hanno insegnato che la solidarietà è un vezzo democratico che non possiamo permetterci senza che ne paghino il costo i nostri figli, invece questo ci ha reso divisi e deboli.
Per questo qui i mafiosi si possono permettere di fare i boss, di atteggiarsi.
Quello che in Sicilia non possono fare più.