Vai al contenuto

expo

Il caporalato come la mafia. Cioè?

maurizio-martina-ot-300x225Martina: “Combattere il caporalato come la mafia. Expo? Ne siamo orgogliosi”
“Il caporalato? Entro 15 giorni un piano per risolvere l’emergenza”. “Lo spreco alimentare? Abbiamo già risultati importanti”. “Expo? Numeri e risultati importanti”. “Milano? Ci sono le energie per lavorare bene”. La mia intervista al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina è qui.

EXPO col trucco: i numeri si smentiscono da soli

expoIl commissario Giuseppe Sala continua a mentire sui numeriExpo. “C’è trasparenza totale”, dichiara. Ma su quanti sono i visitatori c’è il buio più fitto. Pubblichiamo dunque i file degli ingressi giorno per giorno di maggio e giugno. Dimostrano lafalsificazione dei dati. Sala ha dichiarato che a maggio erano 2,7 milioni, invece sono 1.927.600 (772.400 in meno). A giugno 3,3 milioni, invece sono 2.258.450 (1.041.550 in meno). I dati che pubblichiamo sono comunque “expottimisti”, perché i tornelli registrano democraticamente anche chi lavora nel sito, gli addetti ai padiglioni, i volontari, i vigilanti e gli omaggi: sono almeno 10 mila persone al giorno, circa 300 mila ingressi al mese. Tolte queste, i visitatori veri, quelli che pagano un biglietto, non sono più di 1,6 milioni a maggio e 1,9 a giugno: non più di 3,5 milioni nei primi due mesi di Expo.

Dopo i primi dati diffusi dal Fatto quotidiano, mentre i giornaloni restavano zitti e facevano finta di non vedere e non sentire, la politica si è decisa a chiedere a Sala la verità sugli ingressi Expo, un dato difeso come si trattasse di un segreto politico-militare.Il presidente del Consiglio comunale di Milano, Basilio Rizzo, ha scritto una lettera al prefetto, chiedendo quanti siano davvero i visitatori. Alle richieste di trasparenza si sono via via aggiunti i rappresentanti di Forza Italia e di Alleanza nazionale. Ora si sta muovendo anche la Lega: l’avvocato Domenico Aiello, che rappresenta Regione Lombardia nel consiglio d’amministrazione di Expo spa, uomo di fiducia del presidente Roberto Maroni, ha chiesto di mettere all’ordine del giorno del prossimo cda, il 21 luglio, anche “l’andamento ingressi (articolo apparso sul Fatto, in ordine alla polemica del consigliere Rizzo)”. Che cosa risponderà Sala al rappresentante della Regione, che con il Comune di Milano è il grande azionista di Expo? Continuerà a dire che va tutto bene? Negherà i dati veri anche al cda? Maroni mostra segni d’insofferenza nei confronti di Sala anche a proposito di altre tre questioni, sulle quali ha chiesto di fare chiarezza nel prossimo consiglio d’amministrazione: quella delle bonifiche (non fatte?) dei terreni Expo, come denunciato in una lettera al presidente della Regione inviata dal gruppo Cinquestelle al Pirellone; quella dell’affidamento senza gara a Oscar Farinetti (Eataly) dei ristoranti regionali dell’esposizione; e quella dell’assemblea nazionale del Pd che si terrà dentro Expo. Sala ha già risposto sull’assemblea Pd: “I regolamenti non prevedono alcun divieto di ospitare all’interno del sito espositivo, in idonea location, il congresso di un partito. Non vi è pertanto la base legale per rispondere negativamente alla richiesta, dal momento che saranno applicate le tariffe normalmente corrisposte per i numerosissimi soggetti che hanno già organizzato o programmato appuntamenti nel corso dei sei mesi dell’Esposizione Universale. Tutti i partecipanti inoltre acquisteranno regolarmente i biglietti di ingrasso ad Expo 2015”. Così: Sala scrive freudianamente “ingrasso” invece che “ingresso”. Poi cita i già avvenuti o programmati convegni di Confindustria, Coldiretti, Confagricoltura, Consob e Caritas. E rivela che il Pd pagherà per l’auditorium 20 mila euro al giorno, per gli allestimenti e il catering tratterà “direttamente con il gestore dello spazio (Fiera Milano-Mico)”. E i biglietti li acquisterà “da nostri rivenditori”. Non dice però a quanto.

Intanto i supersconti continuano. Biglietti addirittura gratis per chi ha un imponibile inferiore ai 10 mila euro, con accredito attivo da ieri sul sito dell’Inps. Trenitalia partecipa alla promozione offrendo agli accreditati biglietti a metà prezzo su Frecce o Intercity per Milano. “I visitatori”, ha dichiarato Sala, “non sono inferiori alle attese”. Veramente arduo da dimostrare, visto che le previsioni erano di 4,1 milioni per maggio e 4,7 per giugno. Luglio sta andando anche peggio. E l’imbarazzo sta contagiando anche gli amministratori pubblici (Atm trasporti, Ansa rifiuti, Trenord treni regionali…) costretti a organizzare i servizi sulla base di dati drogati. Grave soprattutto la situazione di Trenord, che ha ridotto i servizi ai pendolari per mandare a Expo treni che arrivano e ripartono sempre vuoti.

(Pubblicato il 16 luglio 2015 su IlFattoQuotidiano)

Sarebbe onesto (a proposito di corruzione e Expo)

Renzi che (di fianco a Maroni, per dire) dichiara “guerra senza quartiere ad inefficienze e corruzione” è il protoleghismo rivestito di centrosinistra. Anche perché sarebbe bello che qualcuno ammettesse che Expo è stato pensato dalla Moratti e Formigoni (l’impreparazione e il familismo paracattolico), poi è passato sotto qualche governo “en passant” per finire poi com’è finito (con McDonald’s e Farinetti a fare le facce dell’agricoltura). Ecco: l’annuncio di Renzi di oggi (sempre con Maroni di fianco, per dire) è come l’allenatore di una squadra retrocessa che promette uno scudetto. E invece già sta giocando nel campionato di quelli che perdono meglio.

Ho lavorato in nero all’Expo. E non mi hanno nemmeno pagato.

image23“Ho lavorato due giorni al padiglione Expo del Belgio, senza essere pagato”. Comincia così la testimonianza di Giovanni Tomasino, 26enne fresco di laurea in Scienze politiche che ha fatto sulla propria pelle l’esperienza di lavorare nel padiglione che – come ha raccontato il fattoquotidiano.it – ha fatto registrare il primosciopero e la prima defezione di lavoratori dal sito dell’Esposizione universale di Milano. Il motivo? Una ventina di addetti alla ristoriazione e sala hanno scoperto in busta paga cifre diverse da quelle prospettate e che le due settimane di lavoro antecedenti all’inaugurazione non erano state trretruite. Hanno incrociato le braccia giovedì e venerdì hanno deciso di fare le valigie per tornare a Bruxelles.

Ma a Giovanni è andata anche peggio. “Caro Direttore”, scrive in una lettera aperta al fattoquotidiano.it (leggi), “ho lavorato in quello stesso padiglione per due giorni senza essere pagato”. Da lì un racconto della brutte sorprese in cui può incappare chi cerca fortuna all’ombra dei padiglioni. “Sono stato lì dall’8 al 9 maggio. Mi sono presentato alle 10.00 all’ingresso ovest di Cascina Triulza, dove trovo un collaboratore del padiglione con altri ragazzi per fare una giornata di formazione come barista presso il padiglione belga”.

Queste le premesse, ecco come proseguono. “Entriamo in fiera con dei pass non nostri, perché “tanto non li controllano”. Arrivati al padiglione scopriamo che il bar era ancora chiuso e passiamo la prima giornata a pulirlo e sistemare tutte le cose mancanti, facendo lavoro da magazzinieri. Ci viene spiegato come usare il forno e verso le 21.00, prima di andarcene, parliamo con un esperto di spillatura che ci spiega che avremmo dovuto spillare solo in bicchieri di plastica e che quindi non era necessario alcun corso accelerato di spillatura”.

E siamo al secondo giorno. “Partecipiamo all’evento di inaugurazione del padiglione servendo qualche birra e qualche croissant gratis. Al pomeriggio, visto che il bar non avrebbe aperto, vengo mandato a lavare i piatti in cucina e verso le 16.00 veniamo convocati per fare finalmente il punto della situazione. Speranzoso di poter finalmente firmare il mio contratto, mi viene invece detto che avevo finito di lavorare con loro perché “not fast”, troppo lento. I ragazzi che erano con me a sentire queste parole si sono messi a ridere pensando fosse solo uno scherzo: tra noi l’ingiustizia è stata da subito evidente”.

Giovanni vive a Buccinasco, a 20 km dall’aera Expo. Tornerai lì a cercare lavoro? “Francamente no. Certo ci speravo, perché per un neolaureato un’esperienza formativa anche retribuita poco è un occasione. Ma la formazione lì non c’è masi stata, solo un modo di avere manodopera gratis. Dopo 48 ore non sapevo neppure cosa sasrebbe stato di me, come accaduto ad altri. Quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver semplicemente lavorato gratis. E che questo non era giusto”.

Perché questa lettera? “Perché di sicuro non sono stato “not fast” in quei due giorni di lavoro in cui non ho visto un soldo né un contratto. Ero lì in nero, sotto la bandiera di uno Stato europeo, sotto gli occhi di milioni di visitatori. Mi sono sentito trattato in modo disonesto, sfruttato. Sarebbe stato più facile far finta di niente, perché “tanto ci sono cose più gravi”, invece scrivo perché penso possa essere utile a me stesso. Cercare lavoro è una sfida in cui è facile farsi cadere le cose addosso e restare giornate a casa a far nulla: scrivo per non arrendermi”.

(clic)

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

Caro Peppino Impastato, oggi Cinisi si è fatta nazione.

peppino 3 webE niente, Peppino. Mi sento infantile, forse sono anche un po’ stupido, ma tutti gli anni quando sento l’odore rancido del ricordo bollito per l’anniversario della tua morte (perché noi siamo bravissimi a celebrare i morti per non doverci preoccupare della lezione da vivi) non riesco a non pensare quanto poco siano cambiate le cose. Cambiano le facce, cambiano i modi, non cambiano nemmeno troppo i cognomi ma alla fine chissà come saresti oggi. Sicuramente proverebbero a tenerti muto: saresti un giovane idealista zittito dal pensiero conforme della maggioranza e dagli schizzi dei violenti che della maggioranza sono i migliori alleati esterni. Certo ti farebbe sorridere sapere che mentre tu lottavi contro il cemento delle strade costruite storte per poter toccare tutti i campi dei mafiosi oppure contro il cemento dell’aeroporto di Cinisi, ecco, chissà che faccia faresti a sapere che oggi il cemento, come allora, è sparso in nome del “cibo”, del “progresso” e addirittura per i treni. Manco per gli aerei, per i treni. E manco per le persone, per le merci. Forse manderebbero a processo i tuoi palloncini colorati qui dove si processano le parole, le intenzioni e si dimenticano presto i corrotti e i corruttori.

Oppure avrebbero potuto provare di farti essere un santino, coccolato finché zitto, scortato per parata e ammennicolo per fingere buone attenzioni. O forse no. No. Ancora oggi devi essere morto per contare. Mica per quello che hai fatto da vivo ma per quello a cui servi da morto.

Caro Peppino, oggi Cinisi si è fatta nazione.

Milanesi, tenete calde le spugne per la Pedemontana

Io non so come trovare le parole per raccontare la devastazione che sta dietro alle lingue di asfalto che sono state progettate per sfamare gli interessi cementizi. Non so se ci si rende conto che con la scusa del “servono per l’Expo” abbiamo perso chilometri di territorio non ripristinabile per decreto. Non so come ripetere ancora che Giuseppe Sala, il dominus di EXPO, ha avuto arrestati per tangenti i suoi due collaboratori più stretti. Non so se vi ricordate che la famiglia mafiosa di Carlo Cosco (colui che uccise la sua ex moglie Lea Garofalo) lavorava sulla linea 5 della metropolitana milanese e viveva tranquillamente in case ‘popolari’ come un bisognoso qualsiasi. Non so se avete avuto modo di verificare quanto poco siano state mantenute le promesse di infrastrutture nei paesi toccati da queste nuove strade, autostrade, tangenziali e autotangenziali che hanno sostituito spesso campi agricoli. Agricoltura: il tema di EXPO che si è fatta il trucco con piastre di cemento su terreni privati e che, nonostante le parole a vuoto, non si sa cosa sarà dopo.

Certo la devastazione in città fatta di fiamme e oscenità spruzzate sui muri è facile, evidente, sotto gli occhi di tutti. E certo è una risposta di dignità scendere con le spugne in mano a pulire. Certo. Ma tenete calde le spugne perché tra poco arriveranno novità dalla Procura anche sugli appalti della Pedemontana. E magari questa volta facciamo che ce ne accorgiamo. Eh?

Si pensano rivoluzionari ma sono solo utili idioti

Esistono solo quando spaccano. Spiace per il vuoto esistenziale che accompagna quattro vigliacchi a nascondersi dietro il nero per sfogare una violenza che punisce tutti: chi è d’accordo e chi no. Finché i movimenti (tutti) e le manifestazioni (tutte) non si porranno seriamente il tema dei violenti (da chiunque siano istruiti e chiunque sia il mandante) non si può pensare di costruire una seria opposizione culturale. Incagliarsi sulle motivazioni che spingono alla violenza (a questa violenza, animale e senza senso) significa sbagliare in modo miope: in un momento in cui ci sono decine di buoni motivi per indignarsi e resistere spaccare una vetrina significa concorrere alla banalità. Non c’è differenza tra un Salvini vandalo della dignità umana e l’imbecille che appicca il fuoco, non c’è antagonismo tra l’ottimista per servitù e l’incazzato per esistere e non c’è separazione tra il “tutto va ben” e il “solo fuoco e fiamme”: sono tutti compagni, identici utili idioti alla banalizzazione di quello che ci sta intorno. Per la gioia del re.

1milano_scontri_no_expo_fotogramma0_1_1

Che fame. A Milano.


Giorgio Fontana analizza il tema della fame (che speriamo davvero possa diventare un ricco dibattito nei prossimi mesi) con un articolo ragionato e importante:

1. Livelli di un problema
Tra le tante emergenze di una metropoli, la fame è una delle più elusive. La questione di un tetto sopra la testa, nella sua priorità, ha un aspetto tracciabile: se dormi ogni sera su una panchina, evidentemente ti manca una casa; e per vedere persone sulle panchine di notte, ahimè, basta fare due passi per Milano.
Ma la fame? Come individuarla, in assenza di forme immediatamente visibili quali le immagini di una carestia in un paese povero?
Rispetto alla questione dell’alloggio, così dibattuta in questi giorni, la malnutrizione può apparire un tema molto remoto, quasi ottocentesco. A Milano si muore di freddo, ma non di fame. Eppure l’intero discorso del cibo è tutt’altro che marginale, e allo stesso tempo attraversato da livelli diversi di complessità.

C’è la fame radicale di chi non ha quasi nulla; c’è quella di chi ha qualcosa, ma non è abbastanza oppure passa uno o due giorni senza nulla nello stomaco; c’è la fame dei pensionati che arrivano a fine mese senza soldi e si recano alle file di distribuzione degli alimenti. C’è la fame di chi va dal panettiere per avere qualcosa in regalo, e quella di chi prende gli avanzi del mercato di quartiere. Ma c’è anche la fame di chi riesce a saziarsi con diete ripetitive e di scarsa qualità – i figli delle famiglie più povere, per esempio – alimentando così l’ulteriore problema della fame nascosta, la sottonutrizione dovuta a carenza di vitamine e minerali.
Il problema del cibo si inserisce quindi in un più vasto problema di difficoltà economiche e sociali che attraversa Milano come tutta l’Italia: ma in un certo senso, Milano è una buona metonimia dell’Italia – oltre che la sua città più europea e moderna, almeno all’apparenza.
Qui si può mangiare qualsiasi cosa, ovunque e più o meno a ogni ora: la retorica della cucina, così importante nel nostro paese, non tradisce. Ma la quantità e la varietà del cibo disponibile (e sprecato, continuamente sprecato) creano un evidente contrasto se pensiamo a chi non ha accesso nemmeno a quanto serve per saziarsi in maniera dignitosa.
Se ci pensiamo, certo. E più ancora: se siamo in grado di pensarci correttamente.
Quante sono infatti queste persone? Chi le aiuta a sopravvivere? Quali sono le loro speranze per il futuro? La realtà sta peggiorando o migliorando? Conoscere la vera situazione della fame nella città che sta per ospitare un’Esposizione universale dal titolo “Nutrire il pianeta” (il cui comitato scientifico si propone, tra l’altro, di “ridurre la povertà e la fame e attenuare le disparità sociali nel mondo”) appare ancora più urgente e necessario. Soprattutto se si desidera fare un discorso laico sul tema, al di là degli slogan entusiastici e delle narrazioni pacificate che stanno accompagnando il maxievento.

Il resto è qui.

Ad Expo l’illegalità ha il suo varco di ingresso

Abbiamo buchi, in giro per l’Italia dove i lavoratori in nero trovano quotidianamente un accesso abituale. E nessuno che li copre, questi buchi. Come se servissero per “sfiatare” un esercito di sommersi da salvare. E anche all’Expo ovviamente non poteva mancare. Ne scrive il Corriere qui:

La presenza del cancello degli abusivi è nota sin dall’arrivo dei lavoratori nella stazione ferroviaria. All’altezza degli ultimi binari, attraversando uno scalo già inaugurato ma che ancora necessita di interventi, si sbuca in superficie e ci si immette sulle strade che portano all’esposizione. I muri sono affollati di scritte contro l’Expo, i pali di bigliettini per affittare appartamenti nei dintorni. Incontriamo un ragazzo italiano, alto, con barbetta, e un altro ragazzo tunisino, magro. Il primo è più disponibile, il secondo ci mostra il tragitto per raggiungere il varco e una volta lì si raccomanda: «Fatti i c… tuoi, che qui lavoriamo in tanti». L’italiano racconta: «Ogni tanto mi chiama un amico. Io aggiusto i bagni, m’intendo anche di impianti elettrici. Se c’è bisogno, mi faccio trovare pronto. Pagano subito. E cosa faccio, butto via i soldi?». Non bastassero le testimonianze, le fotografie e i video, ci sarebbero alcune considerazioni da fare, dopo la premessa che tutti i lavoratori di Expo devono essere registrati e «monitorati» nei loro spostamenti. Difficile che gli abusivi entrino dal cancello per accorciare il cammino verso i cantieri: a duecento metri, come detto, c’è uno degli accessi regolari che all’alba – così era ieri – non hanno fastidiose code. Difficile che il varco non porti dentro l’Expo: altrimenti, se la zona è «neutra», quando si sono posizionate, le guardie non avrebbero allontanato tutti gli altri operai che tentavano l’«assalto». Difficile che gli abusivi si servano del cancello per prendersi un pausa caffè. Dal varco non abbiamo visto uscite ma esclusivamente entrate. E poi il bar è lontano, quantomeno a chiedere agli operai che ci conducono al «bar Expo 2015», gestito da cinesi.
Sulla vetrina c’è scritto che la domenica è chiuso: questa domenica è aperto, fuori si raggruppano lavoratori. Fumano, leggono la Gazzetta . Sembrano scene di una Milano antica, quella dei quartieri della Bovisa e della Bicocca, gli operai scaricati dai tram e dai treni, il ritrovo fuori dai bar per un goccino d’ordinanza, infine l’incolonnamento verso le fabbriche.