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Errare è umano, perseverare è Bertolaso

Come va in Lombardia? Va molto Bertolaso, purtroppo. Va Bertolaso perché non passa un giorno che non accada un vergognoso malfunzionamento che se la Lombardia non fosse la Lombardia (e se Bertolaso non fosse così tanto Bertolaso) sarebbe su tutti i giornali, sentiremmo Giletti urlare come un ossesso, vedremmo decine di speciali televisivi con giornalisti indignati che ficcano il microfono sotto la bocca di Fontana, di Moratti e del Bertolaso così tanto Bertolaso.

Negli ultimi giorni è accaduto che Letizia Moratti si è perfino spettinata urlando tutta la sua vergogna contro «l’inaccettabile» inadeguatezza di Aria, la società della Regione titolare della piattaforma degli appuntamenti per i vaccini. Avete letto bene: Letizia Moratti se l’è presa con una società di Regione Lombardia di cui lei è vicepresidente, in pratica è il tennista che incolpa il suo gomito per la sconfitta. Ha ragione il dem Pierfrancesco Majorino quando dice che ormai non rimane che stare in attesa del comunicato in cui Letizia Moratti si indigna contro Letizia Moratti, così poi il quadro è completo, il cerchio è chiuso.

Ma in Lombardia continua ad andare tutto molto Bertolaso perché nei giorni scorsi Fontana e la sua allegra combriccola sono riusciti addirittura a superarsi per il caos che sono riusciti a produrre: sabato l’hub vaccinale di Cremona al mattino si è apparecchiato con vaccini, medici e infermieri e si è ritrovato 80 cittadini invece dei 600 previsti per un errore sulle comunicazioni della piattaforma. L’Asst si è messa a telefonare ai sindaci della zona per chiedere di recuperare in fretta e furia gente disposta a correre per farsi vaccinare e non buttare via le fiale inutilizzate. Deve essere stata una scena in cui il caos è esploso in modo inaudito se l’azienda sanitaria è stata costretta a un certo punto a lanciare un appello del genere: «Non venite qui, aspettate di essere chiamati. Continueremo a vaccinare le persone nelle categorie previste da questa fase del Piano vaccinale e quindi over 80, insegnanti, forze dell’ordine, personale sanitario ed extraospedaliero. Presentandosi di propria volontà si contribuisce alla creazione di file e di affollamento».

È andata molto Bertolaso anche a Como e Monza dove di persone ne sono arrivate meno di 20 e invece il personale sanitario ne aspettava 700. Via ancora con le telefonate. Per garantire il massimo dell’erogazione possibile, ha spiegato la direzione ospedaliera, sono state utilizzate liste interne di asili, Protezione Civile, volontari Auser fornite da Ats Brianza, e vaccinato personale scolastico che si è autopresentato, d’intesa con l’Ats e la Dg Welfare che è stata avvisata della problematica.

Qualcuno potrebbe immaginare che domenica almeno sia andata meglio e invece domenica a Cremona a mezzogiorno non si era presentato nessuno. Avete letto bene: nessuno. Zero. Nisba. Il “piano vaccinale” ancora una volta si è risolto in un convulso giro di telefonate per riuscire a svuotare i frigoriferi.

Errare è umano, perseverare è Bertolaso.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La sindaca della Lega arrestata perché negava aiuti alimentari ad anziani soli e stranieri

Se vi serve la rappresentazione plastica del leghismo nella sua forma già truce, quello che in nome dello slogan “prima gli italiani” in realtà mette per primi gli interessi personali egoriferiti di chi sdogana l’egoismo come rivendicazione politica, allora basta fare un giro a San Germano Vercellese, dov’è sindaca Michela Rosetta.

La sindaca Rosetta è una che era finita sulle pagine di cronaca per le solite crociate razziste che serpeggiano tra i salviniani, una che aveva deciso di vietare i giochi del parco della città ai figli degli extracomunitari (badate bene: solo gli extracomunitari) che non pagavano la retta della mensa.

Rosetta è agli arresti domiciliari, col suo vice e due addetti comunali, con l’accusa di falsità materiale e falsità ideologica in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale.

In sostanza le forze dell’ordine hanno scoperto che i soldi che avrebbero dovuto essere a disposizione per le derrate alimentari acquistate al Comune per lenire l’emergenza finivano a persone che non ne avevano bisogno (c’è da scommetterci, amichetti della suddetta sindaca), lasciando fuori invece alcuni anziani non autosufficienti e ovviamente gli stranieri.

Non solo: con quei soldi la sindaca e la sua cricca si compravano mazzancolle e capesante da portare a casa e consumare in famiglia. Perché, si sa, per loro “la famiglia” è tutto, soprattutto la loro famiglia.

A fare scattare le indagini è stata proprio una cittadina straniera in forte difficoltà economica che aveva denunciato il fatto di essere stata arbitrariamente cancellata dal registro degli aiuti (chissà perché anche questo non stupisce).

Tra le altre cose si è scoperto anche che la sindaca Rosetta avrebbe provocato un crollo di una porzione della facciata della chiesa (a proposito della religione che loro sventolano con presepi e crocifissi) per poterne giustificare poi la conseguente demolizione che tornava comoda per i piani della prima cittadina.

C’è dentro tutto: c’è la gestione egoistica della cosa pubblica per solleticare con un po’ di razzismo i proprio elettori e per riempire le pance della propria cerchia, c’è l’incapacità di rispettare le regole (proprio loro che gridano “ordine e disciplina”) per mungere soldi e occasioni, c’è la stortura di ritenere il proprio ruolo politico una possibilità di “pieni poteri” per fare ciò che gli pare.

E questi sono gli stessi che vorrebbero rivendersi come salvatori in questo periodo nero. Dai, anche no, grazie.

Leggi anche: L’assessore di FdI in Veneto canta “Faccetta nera” alla radio. C’è una destra ormai oltre la vergogna (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Gli ultimi barlumi di Narciso

Il più grande pregio di Renzi è anche il suo più grande difetto: riesce a irrompere nella scena politica dicendo parole sconclusionate che funzionerebbero in bocca a qualcuno che non abbia la sua storia, le sue alleanze, il suo ruolo e quello del suo partito e invece lui, con calma serafica, riesce veramente a farci credere che sia convinto davvero di quello che dice.

Così ieri Renzi, quello che vorrebbe spersonalizzare la politica, annuncia il ritiro dei suoi componenti del governo (le ministre Bellanova e Bonetti più Scalfarotto) accusando Conte di averle usate solo come “segnaposto” e lo fa usando i suoi compagni di partito come segnaposto al suo fianco mentre rovescia sugli altri le sue stesse politiche patologiche. Fa un po’ senso come trucco però evidentemente funziona. Meglio: lui è convinto che funzioni nonostante tutti i numeri di tutti i sondaggi dicano che questa crisi non l’ha capita nessuno e che la maggioranza degli italiani sia convinta che sia tutta una mossa personale dell’ex Matteo.

Però lui, Renzi, ieri è riuscito con il suo risicato 2% a tenere incollati i giornali e le televisioni come piace a lui, con quell’aspettativa che evidentemente gli procura l’adrenalina che gli serve per sentirsi vivo e con il suo bel faccione che oggi campeggia su tutti i giornali. A lui basta questo, a lui serve questo, del resto il suo scambiare la visibilità per consenso l’ha già portato a boicottarsi con le sue stesse mani.

Comunque il punto politico è che Renzi ritira le ministre e poi si dice pronto a qualsiasi scenario. Tradotto: ho fatto casino ma mi raccomando se riuscite tenetemi dentro. Poi dice di non avercela con nessuno. Tradotto: io amo me stesso e odio chi non mi ama, non è questione di contenuti o di persone ma è solo una questione della mia persona. Poi dice che non spetta a lui decidere il futuro. Tradotto: ho combinato caos per farvi rumorosamente sentire che esisto anch’io ora sta a voi provare a ricomporre le macerie. Però dice di essere pronto a discutere di tutto. Tradotto: dai, va bene, continuiamo a parlare di me.

Fuori intanto crescono i numeri di contagi e continua il tragico conto dei morti. Poi ci sono le aziende che chiudono, le attività in sofferenza e una caterva di rinchiusi che conta i danni dei propri tormenti. Ma Narciso sorride specchiandosi. C’è di buono che sono gli ultimi barlumi. Del resto per riuscire a specchiarsi ha dovuto inventarsi un partito che non esiste là fuori ma rimane un’esperienza extraterrestre favorita dai meccanismi parlamentari.

Buon giovedì.

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Leghismo in briciole, a Lodi

Il regolamento del Comune a guida leghista discriminatorio nei confronti dei bambini stranieri, impedendo loro l’accesso a servizi essenziali come la mensa scolastica e lo scuolabus. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano. Che ha anche condannato il Comune a pagare le spese legali sostenute da un comitato di cittadini

Il Canto di Natale quest’anno è stato scritto a Lodi, città incastrata nelle campagne lombarde e che ci porta un dono di fine anno significativo perché rimette i sensi a posto, restituisce alle parole il suo significato e perché racconta una vicenda che è un vocabolario politico per comprendere come il leghismo ma più in generale il cattivismo, la voglia di disgregazione e l’arroccamento ignorante franino di fronte alla realtà degli eventi e delle leggi.

Qui a Lodi nel 2017 la sindaca Sara Casanova aveva pensato di ritagliarsi un po’ di notorietà con un nuovo regolamento comunale che discriminava l’accesso dei bambini stranieri ad alcuni servizi essenziali come la mensa scolastica e lo scuolabus. Aveva pensato, quel gran geniaccio di sindaca, di imporre delle regole apposite per i genitori degli alunni stranieri prevedendo l’accesso alle tariffe agevolate (che in Italia vengono stabilite in base al reddito) richiedendo dei documenti aggiuntivi che certificassero chissà quali ricchezze nascoste nei loro Paesi di origine. Del resto era un ottimo modo per inoculare il dubbio che gli stranieri scappino dalla guerra lasciando enormi ricchezze. Una persona normale ci riderebbe su, i sovranisti invece, poverini, ci scrivono golosi teoremi e profondi editoriali.

La vicenda era odiosa perché metteva di mezzo gli stranieri ma soprattutto perché se la prendeva con i bambini. Del resto è tipico dei leghisti fare i forti con i deboli, loro ci riescono solo così. E si sentono perfino dei condottieri, poveretti, quando sono solo gli scherani di una poraccitudine che affila i denti sulle prede indifese. Era andata a finire che molti genitori avevano chiesto di condividere i pasti dei propri figli con i bambini stranieri. Del resto dividersi il pane dovrebbe essere l’atto politico più alto e nobile. Dovrebbe.

Nel 2018 l’Asgi, associazione degli studi giuridici sull’Immigrazione, e il Naga, associazione volontaria di assistenza sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, rom e sinti, presentò un ricorso contro il regolamento del Comune di Lodi. Il 13 dicembre 2018, un’ordinanza del tribunale di Milano stabilì che il regolamento era discriminatorio e chiese il ripristino dei precedenti criteri di accesso alle agevolazioni per le mense e il trasporto scolastico.

La sindaca Casanova insiste, presenta ricorso. Ora la Corte d’appello di Milano ha respinto il ricorso. Nella sentenza si legge: “La differenziazione introdotta dal regolamento del Comune di Lodi introdotto con Dgc 28/2017 in punto di documentazione su redditi/beni posseduti (o non posseduti ) all’estero costituisce una discriminazione diretta nei confronti dei cittadini di Stati extra Ue per ragioni di nazionalità perché di fatto, attraverso i gravosi oneri documentali aggiuntivi richiesti, rende loro difficoltoso concorrere all’accesso alle prestazioni sociali agevolate, così precludendo ai predetti il pieno sviluppo della loro persona e l’integrazione nella comunità di accoglienza; ne consegue il respingimento dell’appello presentato dallo stesso Comune”. Il Comune di Lodi è stato anche condannato a pagare le spese legali sostenute dal Comitato Uguali Doveri, una rete di cittadini che in quei giorni si è costituita per difendere il diritto di essere uguali.

Sconfitti e costosi: eccoli i sindaci leghisti. E quei giorni orrendi sono diventati un manifesto d’umanità.

Buon giovedì.

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San Raffaele, visite Covid a pagamento? Peggio di come sembra

Ha fatto molto discutere ieri la notizia che il San Raffaele di Milano ha un vero e proprio servizio, a pagamento, per i pazienti positivi al Covid-19 in isolamento a casa. Il costo di una visita specialistica a domicilio è di 450 euro, mentre per un più semplice e immediato consulto video o telefonico da parte del medico il costo è di 90 euro. 90 euro per un consulto telefonico, avete letto bene.

Ha centrato il punto il consigliere regionale Matteo Piloni che dice: «Sei positivo al Covid e in isolamento? Le Usca non funzionano come dovrebbero? Tranquilli, ci pensa il privato. Se Ats o il vostro medico non vi chiamano o non rispondono, ci pensa il San Raffaele. Con un consulto video o telefonico a 90 euro e, se il medico lo riterrà, con 450 euro per un servizio di diagnostica a domicilio. Il pubblico arranca e il privato ingrassa».

Vale la pena rileggere anche quello che disse Alberto Zangrillo, primario guarda caso proprio al San Raffaele: «È indubbio che la diga del terrorismo ha ceduto e le persone sono disorientate e spaventate. Il malato va seguito a domicilio dall’esordio della prima sintomatologia». La frase, di per sé giusta, risulta un po’ risibile se detta da chi il Covid questa estate lo giudicava “clinicamente morto”, da quello del “sono tutti asintomatici” e dallo stesso che lavora nell’ospedale che lucra proprio sulla paura.

Per inciso l’Ospedale San Raffaele fa parte del Gruppo San Donato, sì sì proprio quello dove lavora Angelino Alfano e dove lavora Roberto Maroni. Incredibile, vero?

Per capire sempre del Gruppo San Donato conviene anche rileggersi una nota del consigliere regionale in Lombardia del M5S Fumagalli che l’8 agosto scrisse: «In data 5 agosto, la Giunta Regionale (con la delibera 3518 dall’anonimo oggetto: (‘Determinazioni in ordine alla gestione del servizio sanitario e sociosanitario per l’esercizio 2020-1°provvedimento’) stabilisce di farsi carico del 50% dei costi del rinnovo contrattuale della sanità privata con interventi relativi alle tariffe e ai budget nei limiti delle risorse disponibili. Questo significa (come già segnalato sul sito di Business Insider Italia) che, ad esempio, un ospedale come il San Donato che nel 2019 ha fatto un fatturato di 170 milioni di euro con un utile netto di quasi 34 milioni di euro, riceverà dei fondi extra per pagare i propri dipendenti. 5 milioni di euro solo per i mesi restanti del 2020. Se Regione Lombardia ha così a cuore i dipendenti degli Ospedali privati, perché non impone a questi imprenditori (il San Donato è guidato da Angelino Alfano) di applicare il Ccnl della sanità pubblica? Perché non impone di assumere i medici anziché tenerli a partita Iva? Il San Donato ha solo un medico assunto. Perché impegnarsi ad aumenti di tariffa e di budget nei confronti di chi fa già enormi utili per pagare i dipendenti? Non possono usare i margini che hanno per pagare i dipendenti e diminuire gli utili? Ma ai lavoratori delle cooperative che stanno nella sanità con uno sfruttamento enorme, i soldi dell’aumento di stipendio lo passa Regione Lombardia? No, perché in queste cooperative, non ci sono Alfano e Maroni a fare i presidenti».

Insomma, è molto peggio di come sembra.

Buon martedì.

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Quarantena solo extra lavoro per infermieri a contatto con positivi: “Regione Lombardia cambi norma”


Polemiche dopo la comunicazione della Direzione generale Welfare della Lombardia che precisa le norme di comportamento per il personale sanitario asintomatico venuto a contatto con un caso positivo di Coronavirus: devono continuare ad andare al lavoro, costantemente monitorati, ma stare in quarantena nel tempo extra lavorativo. I sindacati insorgono e chiedono di rivedere la norma. Il consigliere del Pd Bussolati: “Inspiegabile che non si offra un piano di assistenza domiciliare per proteggere i famigliari del personale sanitario e sociosanitario”.
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