Di libri, traduzioni e vanità
(Francesco Pacifico su Studio scrive di libri e traduzioni:)
La traduzione ha un ruolo cruciale nella vita di un romanzo. Non è solo per il fatto ovvio che senza traduzione chi non parla quella lingua non può leggerlo: è anche perché i traduttori sono i migliori editor di un libro. Le critiche più sottili e mirate a un mio romanzo le ho ricevute da chi l’ha tradotto. Nessuno legge un libro più attentamente di chi lo traduce. Lo scrittore è troppo legato al testo, e dovrebbe far passare anni prima di poterlo analizzare con la lucidità con cui fa le pulci a un libro altrui. L’editor e il redattore leggeranno il più attentamente possibile, ma non potranno mai essere diabolicamente lenti e problematici come il traduttore, che deve riflettere su ogni giro di frase, descrizione o metafora. I lettori, poi, hanno il diritto di non pensarci troppo e se criticano un romanzo lo fanno soprattutto per il gusto di farlo, non per aiutare lo scrittore a migliorare, quindi le loro critiche saranno spesso inservibili.
Sono arrivato a pensare che un romanzo non è davvero finito finché non è passato nell’ingiusto colino di un’altra lingua. Il che è davvero paradossale e dice molto del fascino ambiguo del romanzo come forma d’arte. Quando leggiamo un romanzo straniero davvero bello, in qualche misura ci dispiace non conoscere il vero sound dell’autore: “Eh ma non l’ho letto nell’originale”. Dal punto di vista del lettore, il vero suono, sapore, colore di una lingua è nell’originale, e il lettore innamorato dei libri conserverà sempre il rimpianto di non parlare il russo. Ma dal punto di vista dell’autore, la traduzione mostra la tenuta del libro. Una fazione delle guerre ideologiche sulla traduzione considera la letteratura più o meno come il cibo: che senso ha provare a cucinare un piatto in un’altra parte del mondo, dove gli ingredienti sono diversi o hanno un altro sapore? Se il romanzo fosse al cento percento paragonabile alla cucina, questa fazione avrebbe assolutamente ragione. (Per principio io non ordino mai un piatto a base di mozzarella fuori dal centro-sud Italia.)
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