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funerale

Casting per il funerale: cortocircuiti di ‘ndrangheta

carlo gambino“A tutti i ragazzi che vengono a lutto digli che gli regaliamo 10 euro”. Non è un casting per una comparsata in un film o in una serie tv. Sono i ragazzi reclutati dalla ‘ndrangheta che doveva garantire una grande partecipazione a un funerale. La frase è inserita nelle carte dell’inchiesta “Acero-Krupi”, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri e dai sostituti Antonio De Bernardo e Paolo Sirleo. Lo racconta il giornale locale “Il Quotidiano del Sud” che ha pubblicato l’intercettazione tra Nicola Tassone, ritenuto affiliato alla cosca Coluccio, e un suo parente.

È il 2012 quando la storica famiglia di ‘ndrangheta Aquino di Marina di Gioiosa Jonica perde un congiunto. È estate e c’è il rischio che il funerale non sia partecipato “a dovere”. “Chi viene, chi no, tutti a mare”. Quando Nicola Tassone riceve questa risposta da un parente non vuole sentire ragioni. L’eventualità di un funerale poco partecipato, non può essere accettata dalla ‘ndrangheta. I funerali, come i matrimoni e i “San Giovanni” (termine utilizzato per indicare i battesimi), sono una questione d’onore. Sono i momenti in cui una famiglia dimostra non solo di essere mafiosa, ma di essere rispettata e di avere quel consenso su cui si fonda buona parte del concetto di ‘ndrangeta. Più gente c’è e più il defunto, o la famiglia di appartenenza, conta negli ambienti dell’onorata società.

“Te ne fotti di loro e del mare. – ordina Nicola Tassone – Digli di venire al lutto che te l’ho detto io di chiamarli e che gli regaliamo 10 euro l’uno. Se vai al lutto e dice qualcuno qualcosa, digli: si, si già me l’ha detto mio cugino Nicola e mi sta facendo chiamare tutti. Non stare molto al lutto e va in giro a chiamare ragazzi, il più possibile”. E se non vengono? Parte la ritorsione: “Questa sera li prendi in faccia nuovi. Dove li vedremo, con un bastone li passeremo pari, pari”.

Per lanciare messaggi mafiosi, i funerali nella Locride non devono necessariamente essere pacchiani come quello dei Casamonica a Roma. L’intercettazione di Nicola Tassone dimostra, ancora una volta, come la ‘ndrangheta va a braccetto con i riti religiosi. Ma anche con la politica. Sempre dalle carte dell’inchiesta “Acero-Krupi”, infatti, è emerso che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Federico Cafiero De Raho, ha iscritto nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa l’ex senatore del Pdl Vincenzo Speziali, ex presidente della Sacal (la società che gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme) e zio omonimo di Vincenzo Speziali, l’imprenditore latitante a Beirut (dove risiede) coinvolto nell’inchiesta “Breakfast” assieme all’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena e all’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola.

I pm sospettano che la ‘ndrangheta della Locride si sia rivolta al Vincenzo Speziali senior per “aggiustare” il processo “Crimine” in cui era coinvolto il boss Rocco Aquino.

(fonte)

I funerali ai boss si possono evitare. Parla Gratteri.

In questi giorni si legge di tutto e il contrario di tutto. Normale, forse, in un Paese in cui la strumentalizzazione in cerca della polemica falcia le analisi, la memoria e ogni tanto anche la verità. Tra le difese più patetiche di questi ultimi giorni vedo che ha preso molto piede chi dice che “i funerali non si possono vietare”. Falso.

A proposito vale la pena riprendere ciò che ha dichiarato a RaiNews il magistrato Nicola Gratteri:

«Quando si ritiene che una famiglia sia mafiosa viene monitorata e si deve sapere quello che si sta organizzando. Noi in Calabria si decide, per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, di vietare i funerali».

Appunto.

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Gli applausi al funerale del boss

A Paternò il funerale del boss Salvatore Leanza (detto Turi) accende per le strade l’improvviso (ma davvero?) applauso solidale di alcuni cittadini. Un pezzo di città si trasforma in un omertoso abbraccio per l’uomo crivellato da colpi di pistola in viale dei Platani. Salvatore Leanza era stato condannato per l’omicidio avvenuto nel 1979 di Alfio Avellino, che all’epoca gestiva una radio privata ad Adrano.

C’è tanto d lavorare. Tanto.

Domani a Milano per Lea

Denise, la figlia di Lea Garofalo ci chiede di essere in tanti.

E non si può davvero mancare perché l’insegnamento che ci lascia Lea Garofalo, Denise e la condanna per Carlo Cosco e i suoi sodali è una lezione da non dimenticare.

Ore 10.30, Piazza Beccaria, Milano. Il funerale di Lea.

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Non si merita nemmeno un funerale

Piccoli segnali rari che ispirano l’ottimismo: il vescovo di Mazara, Mogavero, decide di non celebrare il funerale per il boss di Mazara Mariano Agate, morto il 3 aprile dopo aver trascorso 20 anni al 41 bis per vari reati, fra i quali la strage di Capaci.

La moglie, come al solito, parla di ingiustizia e poco rispetto, dimenticando nella mensola della cucina il sangue e il dolore delle vittime del marito criminale.

Il vescovo insiste e risponde.

Aspettiamo la scomunica per mafia, ora.

Dio è femmina e comunista

L’amore che ci state dando in questi giorni mi fa pensare che mia madre ha fatto qualcosa per gli altri. Delle sue lotte diceva: non posso fare altrimenti, non si può lasciare che si trattino così le persone. Mia madre ha amato immensamente, me, mio padre, le mie figlie, la mia nipotina. Quando qualcosa non funzionava, diceva: ricordati che Dio c’è, ed è comunista. Io dico che non solo è comunista, ma è anche femmina. Andate a casa da qui con un po’ di fiducia. Il mondo lo cambieremo“.

Jacopo Fo oggi, al funerale della madre Franca Rame.

Cambiano le cose. Cambiano.

Con il lavoro, l’impegno, la serietà poi alla fine la storia non si inventa ma succede davvero: Monsignor Francesco Montenegro vieta le esequie di Giuseppe Lo Mascolo, arrestato pochi giorni prima di morire con l’accusa di essere il boss di Cosa nostra a Siculiana: “L’unico modo per imbavagliare la mafia è rifiutare i compromessi”. La notizia è qui.

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Melissa e Nicola (e la grammatura dei lutti)

Una ragazzina e un ragazzino. Adesso sono morti tutti e due.
Melissa lo sanno tutti chi era e che è morta dilaniata da un’esplosione davanti alla sua scuola di Brindisi, mentre vi si stava recando, da Mesagne, come tutte le mattine. Atroce, semplicemente atroce.
Chi sia Nicola lo sanno in meno persone: su Repubblica e il Corriere sta nella homepage, abbastanza in basso, mentre sulla homepage di Stampa, Unità e Manifesto non l’ho trovato. Nicola è stato lasciato cadere da una macchina che passava di corsa davanti a un pronto soccorso di Napoli alle 3 di notte, ed era già morto, sparato, alla gamba e al torace. Aveva 15 anni. Era nomade, forse ― ma non si sa bene, implicato in piccoli furti. Atroce, semplicemente atroce.

Ai funerali di Melissa lo sapete tutti chi c’è andato, sarebbe più facile elencare chi non c’è andato, l’elenco sarebbe meno lungo. Dei funerali di Nicola, se ne avrà, nulla sapremo, forse i suoi genitori saranno informati, ma noi certo no.

Ma sono due ragazzini, l’una certo più fortunata, almeno finché era viva, dell’altro, con famiglia “regolare”, scuola, comunità, perfino religiosa era, così piamente ci garantiscono; l’altro non so cos’avesse di regolare, nessuno ha fatto indagini sulla sua vita passata, sulla sua difficile adolescenza, nessuno intervista i genitori, nessuno chiede al parroco, o al sindaco. Per chi viene gettato morto davanti a un pronto soccorso, come un boss importante, ma non è un boss importante, non c’è storia, non c’è notizia vera, appena una cronaca di dovere, che domani o dopo sarà già sparita.

La riflessione di Antonio Sparzani riapre l’annosa diatriba dei morti di serie A e i morti di serie B. Che confesso non mi piace per niente quando forza la delegittimazione dell’uno per provare a legittimare l’altro in una bilancia di cadaveri e informazione. Però nella storia di Nicola forse c’è tutto quel razzismo culturale che anche per i più convinti a e civilissimi antirazzisti striscia sotto l’attenzione che si decide di dare ad una notizia in base alla provenienza del morto. E io chi fosse Nicola l’ho scoperto proprio leggendo Nazione Indiana perché non ci avevo fatto caso, non avevo esercitato attenzione. E mi piacerebbe un Presidente del Consiglio (o un Ministro, o magari il segretario del mio partito) che stupisce un po’ tutti presentandosi ad un funerale che nessuno aveva notato senza lasciare il dubbio di essere puntuale in scia ma, per una volta, anticipando una sensibilità che aveva lasciato le debolezze troppo all’ombra. Dico, sarebbe una meraviglia nel senso più pieno della parola e forse lascerebbe indietro anni luce questo vecchio senso di scollegamento tra la classe dirigente che c’è e quella che ci piacerebbe avere.