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«Le gallerie sono fatte con lo sputo»: ecco come costruiscono il “mega tunnel” verso la Francia

Hanno chiuso l’appalto a 60 milioni in meno sulla base d’asta. 60 milioni su 170. E poi costruiscono le gallerie “con lo sputo”. E noi ci chiediamo perché cadano i cavalcavia. È che la corruzione ci gocciola in continuazione in testa e se è di cemento alla fine ci uccide. Leggere per credere:

«Guarda che la strada prima o poi si muove, e si spacca tutto». Lo sciovinismo non c’entra nulla, almeno questa volta. «Il problema sai qual è? Sta cedendo da un lato». «Ah, deve essere il lato dove non abbiamo fatto la fondazione». Quando i colleghi italiani gli hanno fatto leggere i dialoghi tra l’ingegnere responsabile dei lavori e un suo dipendente, il procuratore di Nizza non ha potuto fare altro che acconsentire alla richiesta di sequestro del nuovo tunnel del colle di Tenda anche sul versante francese. Ma dopo aver ascoltato certe bestialità, la prudenza non è mai troppa. E adesso la magistratura d’Oltralpe sta valutando anche la chiusura della strada a senso unico alternato, con code ai semafori anche di trenta minuti, che in attesa della fine dei lavori del raddoppio della vecchia galleria risalente alla fine dell’Ottocento costituisce il passaggio oltralpe dalla provincia di Cuneo. Con certe cose non si scherza, a meno di essere dei costruttori italiani. In tal caso, si può anche «eseguire fraudolentemente il contratto d’appalto di lavori, omettendo la costruzione di fondamenta dotate di un’idonea armatura in cemento armato per almeno cinque metri, causandone così lo “spanciamento” ed il cedimento, a loro volta occultati alla committenza mediante la falsificazione dei dati». L’oggetto della conversazione e delle accuse di cui sopra è «OA09», un muro portante dell’altezza di undici metri, la più grande opera di contenimento dell’intero progetto, destinato a sorreggere la strada in uscita dal nuovo tunnel, proteggendola dalle frane e dalla montagna incombente. Ma i titolari della Fincosit, l’azienda che si è aggiudicata l’appalto per il mega scavo che avrebbe dovuto raddoppiare il tunnel tra Limone Piemonte e la francese Tende, il più grande cantiere aperto fino a pochi giorni fa nel nord Italia, avevano piena coscienza del modo in cui procedevano i lavori. «Non c’è molto da fare» chiosavano commentando lo stato dell’opera sul versante italiano. «Se lo sono detti anche gli operai da soli: qua se non muore qualcuno continuiamo a lavorare alla ca… di cane. Esce acqua da tutte le parti, una cosa pazzesca, 24 calotte che pisciano acqua, una cosa da fare schifo».

Il raddoppio del traforo

E dire che il raddoppio del traforo stradale del Col di Tenda nasce nel 2001 all’insegna della necessità di «una maggiore sicurezza», giudicata «una priorità assoluta» dalla Commissione intergovernativa. Il valore iniziale dell’appalto unico è stimato in 176.065.431,16 euro. L’offerta più vantaggiosa è della Grandi Lavori Fincosit, che nel marzo del 2012 si aggiudica i lavori per un importo complessivo di 117.531.538,01 euro. Le carte dell’inchiesta della Procura di Cuneo, che ha portato al blocco totale dei lavori, sono una lettura dolorosa, soprattutto in un Paese dove i cavalcavia e le strade tendono a crollare con una certa frequenza, da Fossano alle Marche passando per Lecco, solo per elencare i casi più recenti. I muri di contenimento e le gallerie sono «fissati con lo sputo, diciamo». Le centine, ovvero i manufatti in metallo il cui principale scopo è sostenere un arco di volta, vengono vendute nuove di zecca ai ferrovecchi della zona, sezionate e tagliate per poter permettere il trasporto sui camion degli acquirenti, per i quali nel cantiere era prevista una apposita zona di carico e di parcheggio. E pazienza se in loro assenza una galleria diventa insicura per chi ci lavora e per chi poi ci passerà sotto. Le cose importanti sono altre. «Mettendo le centine… la profilatura ci farebbe perdere un sacco di tempo! e, quindi, capito? Anche li si risparmia parecchio…».

L’ordinanza della procura di Cuneo

La rivendita in nero dell’acciaio e il suo mancato utilizzo sono fonte di risparmio e di reddito personale degli indagati, uno dei quali non ha mancato di far dirottare a casa propria, in provincia di Salerno, la caldaia che doveva essere installata nel cantiere al confine tra Italia e Francia. Ma non sono neppure questi dettagli e queste ruberie a rendere l’ordinanza della Procura di Cuneo un documento inquietante. È la consapevolezza, la leggerezza degli ingegneri responsabili dell’opera, e della sua sicurezza. Due di loro temono di ricevere la visita di un collega e si preoccupano. Ma solo della propria reputazione. «Che magari uno dice: “ma… qui… che è successo?” …come per dire… “ma si sta muovendo la galleria… e avete continuato a scavare?”… cioè… sai che figure di merda che facciamo?». Un ingegnere commenta con la moglie il crollo di due centine sul versante francese. «Scava!… scava!… scava!… e poi come tanti montoni… riprendiamo da capo a scavare… e il bello è che all’Anas gli hanno detto “ma no… no… adesso le rimontiamo… diamo una pulita… e poi spariamo il cemento!”… come spari?… ti è caduta la montagna e vuoi ancora sparare?». Tutti sapevano. Nessuno faceva niente. I magistrati di Cuneo forse hanno evitato un disastro. Per la nostra figuraccia internazionale invece non hanno potuto fare nulla.

(fonte)