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gioco d’azzardo

Una serie C da Champions

Si chiama Lega Pro ed è la storica “serie C”, quella in cui il cuore (e i giovani) fanno la differenza davvero sui campi di calcio. Il suo presidente, Gabriele Gravina, ha rinunciato a tre milioni di euro (che da quelle parti sono un bel gruzzolo) da un’azienda di scommesse sportive. Racconta Gravina:

«Mi sono tirato indietro per una questione mia personale. Non la ritenevo in linea con i nostri principi. Non era coerente con i valori che dal mio insediamento abbiamo deciso di darci e di testimoniare. Le basti sapere che Lega Pro ha una convenzione con Siipac, un’associazione di volontari psicologi che, attraverso numeri verdi, aiutano e assistono i malati di gioco d’azzardo. Il nostro obbiettivo poi è di lanciare e proporre una nuova idea di calcio, con al centro l’educazione. Quell’accordo avrebbe sostanzialmente vanificato e fatto naufragare tutto il lavoro degli ultimi 9 mesi. […] Ho vissuto un dramma interiore. Parliamoci chiaro, i soldi sono importanti e senza risorse non si può andare avanti. Io sono qui per fare sì che la Lega migliori e prosperi. C’è però anche il risvolto politico, etico oserei dire, delle scelte. Non stavamo facendo nulla di illegale chiaramente. Ma ciò che è sbagliato non sempre è illegale.»

Ciò che è sbagliato non è sempre illegale. Già.

(L’intervista è qui)

Nulla è definitivo, tranne l’azzardo

Il mafioso mondo delle slot, sempre indisturbato:

Ma anche qui la partita resta apertissima: nel luglio 2013, mentre era ancora latitante, Francesco Corallo riuscì a far annullare il suo arresto in Cassazione perchè erano spariti gli audio delle sue intercettazioni, rubate da ignoti nel tribunale di Milano. Dopo di che la “nuova” Bpm ha azzerato a sorpresa l’accusa che lo univa all’ex banchiere Massimo Ponzellini, ritirando la querela per la loro “corruzione tra privati”: e così le tangenti pagate dal re delle slot proprio per farsi prestare i 148 milioni necessari a salvare la sua concessione, sono già diventate «non punibili». Forse ha ragione Corallo: in Italia nulla è definitivo, tranne l’azzardo.

La notizia intera è qui.

A proposito di mafia e slot

Un articolo da leggere de Il Fatto Quotidiano:

Lo Stato gli chiede 820 milioni di euro per danno erariale, loro rispondono facendo causa ad Alfano e pretendendo dal Ministero degli Interni un risarcimento colossale: 530 milioni di euro. Già che ci sono, fanno pubblicare un’ordinanza vecchia di tre anni che è l’ultimo azzardo in casa Corallo, i re delle slot machine: il tentativo di influenzare per via mediatica i giudici che a giorni scriveranno il destino della loro Bplus, la più grande concessionaria di giochi in Italia, ormai arrivata alla bocca dell’imbuto giudiziario-amministrativo in cui è finita da tre anni collezionando un’interdittiva antimafia, l’obbligo di cessione delle azioni e il successivo commissariamento per mancato adeguamento a quell’obbligo. E’ l’ultimo colpo di scena in una battaglia legale senza esclusione di colpi, che contrappone lo Stato concedente alla società concessionaria e ora viaggia spedita verso un’epilogo quanto mai incerto. In ballo, centinaia di milioni di euro che potrebbero dare un po’ di sollievo al governo Renzi.

Fatto sta che su Repubblica tre giorni fa è apparso, con grande evidenza, un estratto che ha fatto alzare il sopracciglio ai lettori più attenti. Riporta parte di un’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma ordina al Ministero degli Interni di rimuovere dal suo sito un passaggio di una relazione nella quale la Dia ipotizza una contiguità sospetta tra i fratelli Carmelo eFrancesco Corallo – figli di Gaetano, personaggio noto alle cronache giudiziarie, tra l’altro, per i suoi affari con il boss Nitto Santapaola – e la mafia. Privo di una data, l’avviso induce a pensare a una decisione a favore dei Corallo recentissima, anzi “urgente”, come si legge nel testo. Ma non è affatto così. Quell’estratto risale a settembre del 2011 e nessun giudice, a tre anni di distanza, ne ha disposto la ri-pubblicazione. Due le ipotesi: o è quella vecchia, già pubblicata, oppure (ed è pure peggio) è stata tenuta in un cassetto per poterla utilizzare al momento più opportuno, due giorni prima dell’udienza per il commissariamento di Bplus.

#noslot l’esempio di Bolzano

A Bolzano la “guerra” alle slot viene combattuta senza mediazioni e dà i suoi risultati. Una legislazione nazionale certo aiuterebbe le amministrazioni ad essere meno esposte a mille ricorsi e ad essere meno sole. La bella notizia è qui. Da prenderne esempio.

Il Governo Letta ha fatto Bingo

Sono riusciti a fare incazzare anche i “normalmente calmi” amici di Libera:

Il Governo Letta ha fatto bingo: Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia, ha avuto la delega al gioco d’azzardo.

“Mentre nel paese si susseguono i casi di cronaca in cui il gioco d’azzardo è causa o concausa di eventi drammatici,” afferma don Armando Zappolini a nome della campagna nazionale Mettiamoci in gioco “si alzano da più parti inviti a limitare e regolamentare il fenomeno e vengono resi noti rapporti o notizie che rilevano la vicinanza tra la politica e i concessionari dei giochi, il Governo ha pensato bene di affidare una delega così delicata a un uomo da anni vicino ai concessionari. È inaccettabile che le tante voci che arrivano dalla società civile, dalla Chiesa cattolica, dai media, dai cittadini e dallo stesso Parlamento siano state misconosciute in modo così clamoroso. Dobbiamo perciò concludere, con rammarico, che per questo Governo la lobby dell’azzardo conta più di ogni altra cosa.”

Chi è Alberto Giorgetti.
Matteo Iori, presidente del Conagga (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo) ed esponente della campagna, in una nota pubblicata prima della nomina evidenzia come Giorgetti non sia nuovo alla delega ai giochi, la tenne per anni sotto il governo Berlusconi, con grande piacere dell’industria del gioco. Fu con l’ultimo governo Berlusconi che videro la luce molte delle nuove proposte d’azzardo: dalle videolottery al win for life, dal bingo on line ai nuovi gratta e vinci, dalla proposta di sale per il poker dal vivo ad altre ancora; e Giorgetti fu colui che seguì sempre molto da vicino questo mercato in costante crescita. E di certo sull’importanza di questo settore non ha cambiato idea… A metà marzo 2013, partecipando all’Enada, fiera internazionale sugli apparecchi da gioco tenutasi a Rimini, ha rassicurato le industrie del gioco d’azzardo dichiarando: “trovo sconcertante che questo settore sia stato negli ultimi mesi sostanzialmente abbandonato a sé stesso”, e ancora: “non è immaginabile che un settore sostanzialmente in regime di monopolio debba affrontare una campagna complessiva di denigrazione senza precedenti”, e questo anche a causa di “numeri della ludopatia palesemente sovradimensionati rispetto all’impatto reale”. In pratica Giorgetti ritiene che il gioco d’azzardo vada ulteriormente sviluppato perché porta occupazione e denaro per le casse erariali, infatti: “una demonizzazione oltre che un’ eventuale iniziativa maldestra sulle awp (slot machine) porterebbe a un calo delle entrate per lo Stato”, mentre lui auspica che il Governo decida di “confermare una visione strategica in questa materia, che ha determinato crescita in questi anni, che ha determinato occupazione, ha determinato aspetti di interesse anche da parte di altri Stati”.

Ma non dobbiamo temere, tutto questo è fatto per il nostro benessere. Giorgetti, preoccupato per la nostra libertà, dice che quello del gioco d’azzardo “è un settore di tutela nei confronti dei cittadini e dei consumatori che possono, nella loro libera facoltà e scelta, decidere di avere un intrattenimento attraverso il gioco lecito”.

Se i baristi sfrattano le slot

Ogni tanto la sensibilità e l’umanità arrivano prima di una buona legge:

Li ha visti strapparsi i capelli, scoppiare in lacrime, maledire lo schermo. E ha detto basta. «Per rispetto». Mai più slot machine al bar Fantasy di Garrufo, in provincia di Teramo. «Non potevo sopportare ancora che i miei clienti si accanissero così davanti ai videopoker, dilapidando risparmi sottratti alla famiglia. Ho deciso di eliminare le slot e di tornare a fare bar come una volta- racconta il titolare Emilio Marinucci – Ai giovani voglio di nuovo offrire un divertimento sano. Dal bancone ho visto scene che avevano dell’incredibile. Non succederà più».

Marinucci si aspetta che altri seguano il suo esempio. «Ma so – spiega – che rinunciare a quei soldi non è semplice».

La (bella) notizia è qui.

Azzardare sul gioco d’azzardo

scritto per Il Fatto Quotidiano

The GamblerSecondo le statistiche pubblicata da Agicos per il periodo compreso tra il gennaio e l’ottobre del 2012, cresce in Italia il volume del gioco d’azzardo. Maggiore la ricchezza ridistribuita ai giocatori, passata da 62 a 70,2 miliardi di euro, mentre scendono di quattro punti percentuali i guadagni dello Stato, ma in aumento anche il numero delle giocate. Un incremento del 450% che porta l’Italia ad essere la seconda Nazione in Europa, seconda solo all’Inghilterra, per la diffusione del gioco d’azzardo: 80 miliardi di euro il giro d’affari, praticamente il 4% del Pil del nostro paese.

In tempo di campagna elettorale e di recessione, la cifra non può fare che gola ai politici, che intendono rendere il gioco d’azzardo, a quanto pare, la nuova ricetta per salvare l’Italia dalla crisi. Così le proposte sono delle più varie, soprattutto per l’apertura di nuovi casinò terrestri, che dovrebbero recuperare interi territori dal degrado economico e creare nuovi posti di lavoro. Tra questi vi è Doriana Licata, la candidata che vuole in casinò in Sicilia, esponente del “Partito dei Siciliani” che va in giro per i comizi elettorali discutendo di questa proposta, già bella che confezionata, punto per punto. Ma la Licata non è l’unica, anche la giunta comunale di Taormina è da settimane che ragiona sulla possibilità di aprire una casa da gioco in città, e prima ancora erano stati tre membri della Lega, in piena estate 2012, a proporre la riapertura dello storico Casino di San Pellegrino Terme.

Questa politica è quindi apartitica, spinta sia della destra che dalla sinistra, e sopratutto anche dal governo Monti, che proprio poco prima di rimandare gli italiani alle urne, ha deciso bene di provvedere al rilascio di 1000 nuove licenze per l’apertura di nuove agenzie di scommesse. Ora c’è da chiedersi se il nostro Paese non abbia alcuna altra specificità da sfruttare per rinascere, e se il gioco d’azzardo sia davvero l’ultima possibilità che ci resta. Soprattutto a fronte del pericolo che queste attività possono ingenerare sul territorio, considerando che sono nel mirino della criminalità organizzata. In questo senso le criticità del territorio siciliano, dovrebbero forse spingere a riflettere di più su questo tipo di proposte.

Che ne è poi della ludopatia? La nuova piaga sociale che fiacca il nostro paese e che addirittura il ministro Renato Balduzzi ha inserito nella lista delle malattie curabili presso le Asl? I dati sono sempre più allarmanti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene che il 3% della popolazione sarebbe ludopatica. Solo di recente la Caritas di Milano ha condotto un’indagine in merito: il 58% degli addetti ai centri d’ascolto ha avvertito la sensazione si aver parlato con un ludopatico, mentre il 48% ne ha avuto la piena certezza. Il comune in questi giorni ha deciso, per provare a limitare i danni, di chiudere le case da gioco entro l’una di notte.

Ancora i dati sono allarmanti un po’ ovunque in Italia. In Liguria per esempio si aprono al gioco d’azzardo i giovanissimi: nella fascia d’età tra i 10 e i 19 anni almeno 4 su 10 hanno provato una vota. In Piemonte, invece, si è scelti i casi più documentati, i ludopatici curati presso i Sert della Regione sono passati da 250 a più di 1000, tra il 2004 e il 2012. Basterà pubblicizzare il gioco d’azzardo in televisione, facendo seguire velocemente la frase “giocate responsabilmente”?