Vai al contenuto

governino

Con l’Egitto non servono “progressi”: serve la verità

Vendereste armi a qualcuno che vi ha massacrato un giovane studente e che si è inventato di tutto prima di ammettere a mezza bocca solo che tutto quello che aveva cercato di dire per depistare è falso? Pensateci bene. Vendereste armi a un Paese che ha poi ripetuto lo stesso schema con uno studente, questa volta non italiano ma praticamente adottato dalla città di Bologna dove studiava all’università, arrestato lo scorso 7 febbraio e tutt’ora in attesa di un giusto processo e sottoposto a una detenzione che solleva più di qualche dubbio?

Il Paese in questione è l’Egitto e i due studenti sono Giulio Regeni e Patrick Zaky. A Regeni, come sappiamo tutti, è andata molto peggio e non è un caso che i suoi genitori giusto pochi giorni fa abbiano ribadito di essere molto delusi dalle istituzioni italiane.

Con l’Egitto l’Italia sta trattando per un affare militare del valore di 9-11 miliardi di euro e il presidente del Consiglio Conte qualche giorno fa ha dato il via libera per la vendita di due fregate Fremm. Vendere armi a un regime è già qualcosa di orrendo, venderle a un Paese che insiste a prenderci in giro sulla morte di Regeni è qualcosa di insulso.

Ieri Liberi e Uguali ha presentato un’interrogazione al ministro Di Maio (se vi chiedete se governino insieme la risposta è sì, torniamo al #buongiorno di ieri della simbologia che annoia) in cui chiedeva conto di questa torbida situazione con Al-Sisi e il ministro Di Maio ha risposto precisando che «resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni. Il governo e le istituzioni italiane continuano ad esigere la verità dalle autorità egiziane attraverso una reale, fattiva ed efficace cooperazione».

Ed è una frase che non vuol dire nulla. Non c’è nessuna cooperazione tra Egitto e Italia sulla questione Regeni: l’hanno detto in molti, tra cui quelli che indagano. Esigere la verità stringendo accordi è quantomeno curioso. Di Maio ha anche aggiunto: «l’Egitto resta uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante Mediterraneo, nell’ambito di importanti dossier, come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico».

Ecco, no, non ci siamo proprio. Qui non servono “progressi”, non ci si avvicina ad annusare la verità. La verità è una, limpida e manca.

Grazie.

Buon giovedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

«Che governino loro! Vediamo cosa sanno fare». E loro governano, appunto

Che i giornalisti debbano limitarsi a raccontare i fatti senza esprimere opinioni è l’ultima moda di chi opinioni radicate non ne ha, ideali nemmeno a parlarne, e vorrebbe disinfettare il mondo tutto intorno per non dovere spiegazioni. Che ci sia una barca in mezzo al Mediterraneo davvero stupisce qualcuno? Che quest’Europa preoccupata più dai bilanci che dalle persone venisse pungolata da Salvini nel modo più salvinamente possibile vi stupisce? Beh, male: il rafforzamento della rotta già impunemente intrapresa da Minniti e i suoi sodali è il minimo che Salvini debba fare per non essere preso a pesci in faccia dai suoi sostenitori.

Stupisce piuttosto che ci si stupisca che mettere Salvini al ministero dell’Interno significhi sdoganare l’imbruttimento etico e sociale e stupisce che tutti quelli che hanno concorso al suo trionfo oggi sembrano meravigliati da ciò che accade. La Lega di Salvini, vale la pena ricordarlo, ha preso il 17% dei voti alle elezioni: chi scrive gli italiani hanno scelto scrive un’immane cazzata: Salvini è lì perché il Movimento 5 Stelle gli ha regalato i suoi voti e ne finirà mangiato (a proposito: dove sono i respingimenti nel contratto di governo?), Salvini è lì perché l’intellighenzia si è scagliata tutta contro Savona a ministro ma non ha battuto ciglio su uno xenofobo al ministero dell’Interno ma soprattutto è lì per la pessima modalità di chi ha declamato tutto soddisfatto “lasciamoli governare così si vanno a schiantare”. E ora a schiantare ci va la nave Aquarius con 629 persone (tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte). E poi ci andrà il Paese.

Ecco, dove sono, cosa pensano, che ci dicono tutti quelli che hanno votato per il cambiamento e si ritrovano Salvini? Cosa dicono quelli che avrebbero voluto gustarsi i pop-corn assistendo allo spettacolo ora che lo spettacolo è arrivato? Cosa dicono quelli che hanno ripetuto il mantra “facciamoli provare”?

Dico, quelli, quelli che non fanno parte della parte xenofoba, spaventata, rissosa eppure sono finiti in questa maggioranza, cosa dicono? Il presidente della Camera Roberto Fico cosa dice? Quelli che “voto M5s perché non c’è più la sinistra” cosa dicono?

A me pare che Salvini faccia il Salvini. Sono gli altri, che non sento. E per favore evitateci i seguaci di Minniti: quello il lavoro sporco lo faceva fare agli altri, semplicemente.

Buon lunedì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/06/11/che-governino-loro-vediamo-cosa-sanno-fare-e-loro-governano-appunto/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

L’opposizione non si fa “augurandosi” che gli altri non governino (o falliscano)

Piccola premessa, nel caso in cui ci sia bisogno di ribadire: non mi piace questo governo, non mi piace il salvinismo al ministero degli Interni e non mi piacciono per niente i balletti ipocriti che hanno portato alla formazione di questo governo. Ma non è questo di cui voglio parlare, no.

Mi interessano molto di più le parole di Cottarelli (che con garbo è entrato in scena quando è stato chiamato dal presidente della Repubblica e con identico garbo è uscito di scena, chapeau) che ieri rimettendo il suo mandato ha dichiarato: «La formazione di un governo politico è di gran lunga la migliore soluzione per il Paese». E ha completamente ragione. Circolava in questi giorni (dalle parti di quella che sarà l’opposizione) la malsana idea che ostacolare la formazione di un governo che ha la maggioranza parlamentare fosse un buon modo per adempiere al proprio ruolo. Ed è, come direbbe Fantozzi, una cagata pazzesca. 

Se per anni si è insistito nel ripetere che l’Italia è una democrazia parlamentare (e ai tempi, vale la pena ricordarlo, lo si ripeteva per legittimare lo sciagurato patto del Nazareno con Silvio Berlusconi) ora non si può fare una giravolta e smentirsi. Se un governo non piace ci si oppone sottolineandone gli errori, le incongruenze, proponendo soluzioni alternative e impedendo che possano fare leggi sbagliate (per questo lascia piuttosto perplessi la dichiarazione di Ettore Rosato del Pd che dice «verificare se almeno le promesse le manterranno»: un p0′ deboluccia come promessa di opposizione).

Non funziona gustarsi i pop corn augurandosi che questi si sfascino sfasciando il Paese. Non funziona nemmeno nemmeno investire un’istituzione come il presidente della Repubblica a leader di un partito per non prendersi la briga di trovare un leader. Non funziona nemmeno imitare l’opposizione che ti hanno fatto quegli altri che ora governano sperano di sostituirli. Non funziona nemmeno fingersi morti per novanta giorni. Non funziona nemmeno mettersi tutti insieme perché si è rimasti in pochi.

Fate qualcosa di sinistra, si diceva una volta. Ecco: fate qualcosa sarebbe già qualcosa. Qualcosa in più di aspettare (e sperare ad alta voce) che quelli si schiantino.

Buon venerdì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/06/01/lopposizione-non-si-fa-augurandosi-che-gli-altri-non-governino-o-falliscano/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.