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governo letta

Governo sull’orlo di una crisi di servi

Alla fine quelli del PDL anche oggi urlano di voler fare cadere il Governo. E non lo faranno perché non sono ancora abbastanza forti per presentarsi alle elezioni e perché il semestre europeo bisogna completarlo per non perdere la faccia. Ma ancora una volta oggi gli interessi di uno tengono in bilico tutto il resto scrivendo un’agenda delle priorità che è disgustosa e indegna per una democrazia reale. Ancora una volta oggi dobbiamo constatare che le “larghe intese” sono state semplicemente la legittimazione di un politico che senza questo centrosinistra sarebbe già finito. So che alla fine sono sempre gli stessi discorsi, so che alla fine siamo sempre gli stessi (e in tanti) ad essere d’accordo su questo ma non possiamo esimerci dal valutare quanto sia impossibile parlare di politica in senso più ampio e compiuto. Alla fine tocca essere d’accordo con Renzi quando dice che questo è il tempo dell’immobilismo.

Sarà così ancora a lungo. E quando non sarà così vorrà dire che Berlusconi e Forza Italia saranno abbastanza forti per non essere battibili. E’ un capolavoro di idiozia politica, davvero.

Godot

Siamo fermi, come sospesi, ad aspettare che ci dicano quando hanno deciso di smettere di aspettare per votare un procedimento che è già stabilito per legge (scritta e votata da loro, eh). Stiamo qui a leggere paginate di giornali sugli umori (raccontati ‘de relato’) del Cavaliere che ce l’ha oggi con Napolitano e domani con il PD. Sullo sfondo il Governo sfodera lo spread come spada di Damocle per non fare cadere il Governo parlando di ‘responsabilità’ come nemmeno Monti nei suoi momenti peggiori. La legge elettorale intanto è sempre la stessa, la crisi ci dicono che sia finita (come la storiella dei ristoranti sempre pieni) e non si registrano novità rilevanti nella quotidianità dei lavoratori e cittadini.

Perderebbe la pazienza anche Godot, a vedere un nostro tg.

Tenere il punto. Fermo.

Per ottenere questo, oltre tutto, la strada è assai semplice: basta che ognuno faccia la sua parte, nella distribuzione dei ruoli che l’assetto istituzionale prevede: assicurare la decadenza; sanzionare la ineleggibilità; nessuna grazia a posteriori, neanche di tipo semplicemente risarcitorio o consolatorio; garantire l’esecuzione della pena nelle forme previste dalla legge. E, per favore, ci sia risparmiata almeno questa volta la farsa penosa di un ricorso dilatorio (infondato e inutile) alla Consulta, che svelerebbe, forse ancor più drasticamente di quanto non farebbe una qualche forma di “assoluzione”, di quale pasta sia fatto il cosiddetto tessuto politico italiano.

Dopo aver detto “sì” per vent’anni o, ancor più frequentemente, “nì”, – vero simbolo del malcostume nazionale, – si decida per favore di dire con chiarezza “no”: non si può discutere; non si può accettare; non si può fare. L'”agibilità politica” è una nozione che lo Stato di diritto ignora. Infatti: o c’è, perché le condizioni, giuridiche e politiche dell’interessato, la consentono; o, se le condizioni, giuridiche e politiche dell’interessato, non la consentono, non c’è. Non può essere reinventata a posteriori, sulla base del principio, in ogni caso molto dubbio, che il consenso popolare sottrae al controllo e ai rigori della legge.

Un’Italia in risalita, non solo nei mercati e nello spread, ma come tono pubblico generale, civiltà del confronto, libertà del pensiero e, se mi è consentita la parola forte, dignità nazionale (troppe volte evocata solo per lasciarla trascinare nel fango), può partire solo dal punto fermo che ipotizziamo. L’occasione ce l’ha offerta anche questa volta la magistratura; ma spetta ai politici e alle istituzioni di portarla rapidamente fino in fondo.

Non sarà facile, anche restando dentro i limiti rigorosamente fissati dalla “semplice” applicazione delle leggi (come io ipotizzo). Siccome la battaglia è decisiva, – e questo lo sa bene anche il principale protagonista della faccenda, – tutti i mezzi verranno usati, dal rovesciamento dell’attuale governo (esempio supremo di confusione delle sfere) a intraprese anche più dure. Sotto la scorza mediatico-plutocratica emergerà più chiaramente in questa fase finale il caudillo potenzialmente eversore. Verrà evocata senza mezzi termini la guerra civile; ne saranno messe in opera concretamente le premesse, magari attraverso l’alleanza con altre forse eversive incistate ormai da anni nel degradato sistema italiano.

Per fare fronte allo scarto d’irrazionale che s’introduce qualche volta e poi permane a tratti nella storia, l’esperienza insegna che l’unico strumento adatto alla bisogna, – si pensi al Novecento, – è l’assoluta fermezza: l’eloquente dimostrazione, fin dal primo momento, fin dalle prime battute, che l’eversione, il rovesciamento delle parti, lo stupido arrangiamento, il compromesso che posticipa al passaggio successivo l’inevitabile catastrofe, non hanno neanche una minima possibilità di fare il primo passo avanti.

Asor Rosa, qui.

Chi semplicemente dissente, che mezzi usa?

Matteo Pascoletti per ValigiaBlu si supera sulle pacificazioni per forza (ne parlavamo a proposito di macchiavellismo cattolico):

Ora, in questo scenario, vorrei capire: come si attuano pacificazione e coesione? Gli operai avrebbero dovuto mettersi in ginocchio e chiedere ai camionisti di non spostare i macchinari? Avrebbero dovuto pregare chi ha deciso il trasferimento, affinché ci ripensasse? Avrebbero dovuto scrivere a Letta affinché, tra la fine di Ferragosto e l’inizio del meeting di Cl, dichiarasse che quanto prima avrebbe valutato una possibile soluzione in merito al problema venutosi recentemente a creare alla Firem? E le vittime dei terremoti che hanno colpito l’Aquila nel 2009 e l’Emilia nel 2012, con chi si devono pacificare, con le macerie? E chi non ha lavoro, esattamente, con chi si deve pacificare? E gli indigenti veri e propri, ossia coloro che vivono con più forza il peso dell’oppressione, tanto da esserne schiacciati, non sono forse lasciati completamente fuori da una simile retorica, alla stregua di paria? Forse si dà per scontato che erediteranno il Regno dei Cieli, dalle parti di Rimini. Evitare il conflitto in uno stato simile significa mantenere intatte le disuguaglianze. Oppure costringe le persone a pregare Papà Governo Buono perché risolva il problema del figlio che sta zitto e quieto: si precipiterebbe nel peggior paternalismo autoritario. La tradizione non-violenta (quella di Gandhi e Capitini, per intendersi) riconosce il valore del conflitto, in presenza dell’ingiustizia, ma ragiona sul fatto che i mezzi sono fini, quando si lotta contro di essa. Mezzi violenti portano alla violenza, e nessun fine, alla lunga, può giustificarli; ma di fronte all’oppressione, la presa di coscienza rende impensabile il retrocedere, o la «coesione». Allora l’inevitabile domanda per Letta e per tutti quelli che «bravo Letta!» è: questo Governo, nei confronti delle classi più disagiate o di chi semplicemente dissente, che mezzi usa?

(http://www.valigiablu.it/letta-professionisti-conflitto/ Licenza cc-by-nc-nd valigiablu.it)

#Tifiamoasteroide l’opposizione culturale (a gratis)

Immagine-43A metà mattina ho sentito il telefonino vibrare: era qualcuno che mi menzionava su Twitter. Ero impegnato e non ci ho badato. Sono andato a controllare pochi minuti dopo ed erano i Wu Ming.
Due anni fa li avevo conosciuti di persona, così: «Ma sei a Bologna? Allora stiamo facendo un chiasmo perché noi invece siamo a Pavia».
Un chiasmo. Miracolo che ricordassi dal liceo, per giunta scientifico, che diamine fosse un chiasmo.
Avevo proposto un caffè per l’indomani a Pavia, loro in partenza per tornare a Bologna e io appena rientrato nella mia città. In effetti mi avevano poi chiamato per far colazione: «Ciao, siamo i Wu Ming».
Questo è per dire che sono dei tipi che a volte saltano dei passaggi.

Su Twitter avevano scritto che nominavano «ufficialmente e a sua insaputa» me curatore di una raccolta di racconti che era stata appena immaginata. Ero perplesso ma lusingato. L’hashtag che stavano utilizzando era #TifiamoAsteroide. L’idea, che veniva fuori dal cazzeggio antigovernativo sui social network di Alberto Biraghi, era abbastanza essenziale: un ebook, scaricabile gratuitamente dal celebre sito dei Wu Ming, Giap, fatto di un gran numero di racconti tutti con lo stesso finale. Il finale era semplice ed efficace: un grande meteorite, forse addirittura un asteroide, colpisce e annienta il governo Letta.

La nota/prefazione scritta da Mauro Vanetti per Tifiamo asteroide, l’antologia di racconti che annichilisce il governo Letta e le sue basse intese, e lo fa non una volta, ma cento volte, cento volte cento, cento volte cento volte cento!
A cura di Mauro Vanetti.
Da un’idea di Alberto Biraghi.
Postilla di Wu Ming.
Editing e revisione a cura di Simona ArditoRoberto GastaldoNatale aka VecioBaeordoMauro Vanetti e Alessandro Villari.
Copertina di Luigi Farrauto.
Progetto grafico e impaginazione di Simona Ardito

Il libro si scarica gratuitamente qui.

in PDF e in ePub

Nell’appiattimento generale

Vale la pena leggere le parole (e coglierne lo spirito) di Alfonso Gianni:

Ma la Grosse Koalition non è un’invenzione dell’ultima ora. Parafrasando Giulio Bollati – quando parlava del fascismo, che è cosa diversissima, per dire che non era improvviso né imprevedibile – «il fenomeno può essere condensato in una formula: nulla è (nelle larghe intese) quod prius non fuerit nella società, nella cultura, nella politica italiana, tranne che (le larghe intese) stesse» da almeno 25 anni a questa parte. Infatti questa forma di governo a-democratica, prima ancora che tecnocratica, è la più congrua al capitalismo finanziario nel quadro europeo. Il Pd è diventato il pivot di questa politica. Non ha senso proporsi di modificarlo all’interno (oltretutto tutti lavorano per Renzi) né attenderne la possibile implosione. Il “campo del cambiamento” va organizzato fuori e contro. La caduta del governo Letta è il primo compito di un’opposizione di sinistra che si rispetti e non può essere messo in ombra da calcoli congressuali.

Il bluff di Governo

Insomma alla fine noi Angelino Alfano ce lo dobbiamo tenere perché altrimenti cade il Governo. Ha detto, così, più o meno nel fondo del significato del suo discorso al Senato, Enrico Letta mentre, da Presidente del Consiglio, proclamava l’inettitudine da sopportare di un Ministro dell’Interno che ha espulso illegittimamente Alma Shalabayeva accompagnata dalla figlia di sei anni Alua. Abbiamo sbagliato, Alfano ha colpe, ma lasciateci fare cose più importanti: il senso politico nelle parole del Presidente del Consiglio è questa orrida cosa qui.

Un bluff, come scrivono bene su Il Post.

Ora, in fondo, è anche il caso di dirsi che in nome della “responsabilità” la politica ha officiato le macellazioni sociali e etiche peggiori in tutti questi ultimi vent’anni ma quello che non si riesce a cogliere nella diaconale sicumera del mai giovane Letta è cosa ci sia davvero importante nell’agenda di un Governo che ha deliberato solo slittamenti nei prossimi mesi su tutte le questioni più delicate e urgenti di questo Paese e si incarta facilmente ogni volta che rischia di incarnire un’unghia di Silvio Berlusconi.

Ci vuole una bella faccia tosta per parlare di “urgenze” e “cose importanti” ai cittadini stritolati in una morsa di crisi etica, dei diritti e dei servizi, oltre che economica, che assistono alla saga di un esecutivo che somma i voti dati per altri scopi e crede di essere davvero maggioranza.

Ecco, io non so se vale la pena sperare che Civati o qualcuno che possa rendere potabile questo PD al prossimo congresso (o almeno non ricattabile, per dire) o forse non sarebbe il caso di organizzarsi fuori dai tempi dei congressi degli altri provando ad andare sopra (o sotto, che è anche più umile) dai tempi delle larghe intese tornando fuori da quel Paese a cui è stato venduto un “pacco”.

Ci vuole una bella faccia. Certo.