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governo renzi

Su TAV

Viene accolto dal Governo un Ordine del Giorno di Orellana e altri che (testualmente):

impegna il Governo ai fini dell’adozione dell’ulteriore Protocollo addizionale di cui al secondo comma dell’articolo quattro della presente legge, a valutare l’opportunità di introdurre un richiamo più diffuso ed incisivo alla legislazione italiana vigente, in materia di contrasto al fenomeno delle infiltrazioni mafiose negli appalti di opere pubbliche.

Non ha torto il Senatore Scibona del Movimento 5 Stelle nel suo intervento al Senato:

il pericolo connesso alla ratifica dell’Accordo 2012 tra Italia Francia: l’inapplicabilità del codice nazionale antimafia. Scolpitevi nella mente l’art. 6.5. capoverso 2: Agli appalti e subappalti in territorio italiano verrà applicata solo la normativa francese. E’ da tempo che ci battiamo contro la ratifica dell’accordo. E’ da tempo che si conoscono le motivazioni di questa nostra opposizione. Se conoscete l’art. 6.5 capoverso 2 dell’accordo e siete contro la mafia, voi voterete contro la ratifica di questo accordo. Se non conoscete il contenuto dell’art. 6.5. capoverso 2 e siete contro la mafia leggetelo prima di votare e voterete contro la ratifica. Ma se conoscete l’art. 6.5 capoverso 2, se siete contro la mafia e voterete a favore della ratifica, siete degli ipocriti. Caro Presidente Grasso, Lei sì conosce l’art. 6.5. capoverso 2 e lei sì è contro la mafia, spero che metta in guardia i numerosi Senatori del suo partito. E non fatevi illusioni, l’articolato in questione non può essere emendato ed il regolamento di esecuzione non può contenere disposizioni contrarie all’accordo. Tale mostruosità non verrà corretta, come molti per ignoranza o in mala fede hanno detto, dalla risoluzione del Parlamento Europeo del 23 ottobre 2013 sulla mafia e appalti pubblici: quella è solo una risoluzione, una raccomandazione politica agli stati membri di dotarsi di una normativa antimafia.

Non penso che come risposta basti basti un ordine del giorno approvato. No.

La balla dei 600mila profughi (e bolle blu)

Per dare un’idea dell’etica, della responsabilità e dello spessore politico dell’alleato di Renzi Angelino Alfano possiamo riprendere una sua dichiarazione lanciata a forma di disperato grido di allarme in cui ci preannuncia l’invasione di un’orda di 600.000 (seicentomila) profughi verso il territorio italiano. Roba da apocalisse.

Peccato sia una balla. Ma colossale.

Anche al Consiglio italiano per i rifugiati sono rimasti sbigottiti dall’affermazione di Alfano: “Sicuramente moltissime persone stanno fuggendo dalla guerra siriana e dal Corno d’Africa, ma uno sbarco di 600 mila persone è impensabile”. Certamente, dicono gli esperti del Cir, nell’ultimo periodo il numero di profughi arrivati in Italia è aumentato soprattutto per il conflitto siriano: dal primo gennaio 2014 sono 12 mila persone, e con la buona stagione gli sbarchi aumenteranno.

Le informazioni sono qui.

Si tagliano gli armamenti per armarsi

(ANSA) ROMA, 18 MAR – “Sì al taglio degli F35 ma non in virtù del principio alla John Lennon, ‘tagliamo le armi per fare gli asili'”. Questa la posizione espressa a Radio Anch’io dal vice ministro degli Esteri Lapo Pistelli che si dice completamente d’accordo con il ministro della Difesa Roberta Pinotti. “Si tratta di mettere le questioni nell’ordine giusto: prima fare un libro bianco della difesa, poi una mappatura dei rischi, quindi capire quali sono le dotazioni militari che ci servono”, ha aggiunto Pistelli.

Insomma sembra proprio che sugli F35 non riescano a dirne due buone di seguito.

#lasvoltaarmata

E insomma alla fine il taglio dei caccia F35 rimane nei cassetti delle leggende metropolitane. Se ne è parlato tanto, tantissimo con numeri e condizioni contrattuali che ogni volta fluttuavano nel mare delle chicchere ma Renzi non è riuscito a risparmiare denari che sarebbero molto più utili in altri capitoli di spesa. Un giorno forse riusciremo a parlare del “blocco organizzato” che sono le Forze Armate ben più “casta” dei gruppi parlamentari che le fiancheggiano. Ne parlano anche su Eddyburg:

È evi­dente che que­ste noti­zie non sono state inven­tate e non sono il frutto di una «leg­genda metro­po­li­tana»: se sono cir­co­late il tema era evi­den­te­mente all’ordine del giorno. Più che una resi­stenza del Dipar­ti­mento di Stato ame­ri­cano, sem­bra che il vero osta­colo sia stato posto dai ver­tici delle forze armate, dalla mini­stra della Difesa e dal pre­si­dente della Repub­blica. Non sem­bra certo casuale che nel momento in cui si discu­teva di tagliare le spese mili­tari per finan­ziare il taglio dell’Irpef, pro­prio nello stesso giorno, il pre­si­dente Napo­li­tano con­vo­cava il Con­si­glio Supremo di Difesa (per il pros­simo 19 marzo) con all’ordine del giorno, tra gli altri punti, la «cri­ti­cità rela­tive all’attuazione della legge 244 di riforma ed impatto sulla difesa del pro­cesso di revi­sione della spesa pub­blica in corso».

La legge 244 (una legge delega appro­vata alla fine della scorsa legi­sla­tura con i decreti di attua­zione da poco emessi) è la riforma dello stru­mento mili­tare in cui, tra l’altro, si pre­vede un par­ziale con­trollo perio­dico del par­la­mento sulle scelte rela­tive ai sistemi d’arma, anche gli F35. E tra l’altro la Com­mis­sione Difesa ha uti­liz­zato il dispo­si­tivo della legge 244 per valu­tare l’efficacia e la vali­dità di que­sto sistema d’arma: tra pochi giorni la Com­mis­sione con­clu­derà i suoi lavo­ra­tori e ci farà sapere a quali con­clu­sioni è giunta. Il mes­sag­gio della con­vo­ca­zione — allar­mata — del Con­si­glio Supremo di Difesa è chiaro: uno stop a ogni ipo­tesi di ridu­zione delle spese mili­tari (e a Renzi) e la richie­sta di supe­rare le «cri­ti­cità della legge 244» che impone risparmi alle Forze Armate.

Quindi, i cac­cia­bom­bar­dieri riman­gono quelli — 90 — e sem­pre 14 miliardi dovremo spen­dere nei pros­simi anni per acqui­starli e pro­durli. In più, ieri il Par­la­mento ha votato la pro­roga delle mis­sioni mili­tari all’estero: 600 milioni di costi, altro che ridu­zione delle spese militari.

Come ha più volte ricor­dato la cam­pa­gna Sbi­lan­cia­moci arri­viamo a circa 20 miliardi con i quali finan­ziare — oltre che il taglio delle tasse sul lavoro — anche un vero piano del lavoro o misure di red­dito di cit­ta­di­nanza. Tutto que­sto avrebbe un signi­fi­cato sostan­ziale vera­mente impor­tante: per la prima volta si taglie­reb­bero in modo sostan­ziale le spese mili­tari e non la sanità e le pen­sioni. Sarebbe stata la «svolta buona», ma sarà per un’altra volta.

RadioMafiopoli19. Antonio Nicaso: “La regola del magistrato in servizio usata per Gratteri ma non per Mancuso, perché?”

La nuova puntata di RadioMafiopoli è un gioiello a cui tengo moltissimo. Antonio Nicaso è probabilmente lo studioso di ‘ndrangheta che più di tutti mi ha insegnato attraverso i suoi scritti e (soprattutto) attraverso la sua splendente etica e umanità (ah, averne di grandi professori che non siano piccoli uomini…). Abbiamo parlato di ‘ndrangheta internazionale, di cultura, leggi e ovviamente di Nicola Gratteri. Ovviamente perché Antonio Nicaso è grande amico e da anni coautore del magistrato calabrese. L’intervista andrebbe sbobinata per diventare materiale di studio:

Piergiorgio Odifreddi sul ministro Madia

Usa parole forti Odifreddi ma aggiunge alcune informazioni sulla fresca nomina di Marianna Madia che vale la pena leggere:

di Piergiorgio Odifreddi, da repubblica.it

Alle elezioni del 2008, Walter Veltroni usa le prerogative del porcellum per candidare capolista alla Camera per il Pd nella XV circoscrizione del Lazio la sconosciuta ventisettenne Marianna Madia. Alla conferenza stampa di presentazione, agli attoniti giornalisti la signorina dichiara gigionescamente di “portare in dote la propria inesperienza”.

In realtà è una raccomandata di ferro, con un pedigree lungo come il catalogo del Don Giovanni. E’ pronipote di Titta Madia, deputato del Regno con Mussolini, e della Repubblica con Almirante. E’ figlia di un amico di Veltroni, giornalista Rai e attore. E’ fidanzata del figlio di Giorgio Napolitano. E’ stagista al centro studi Ariel di Enrico Letta. La sua candidatura è dunque espressione del più antico e squallido nepotismo, mascherato da novità giovanilista e femminista. E fa scandalo per il favoritismo, come dovrebbe.

In parlamento la Madia brilla come una delle 22 stelle del Pd che non partecipano, con assenze ingiustificate, al voto sullo scudo fiscale proposto da Berlusconi, che passa per 20 voti: dunque, è direttamente responsabile per la mancata caduta del governo, che aveva posto la fiducia sul decreto legge. Di nuovo fa scandalo, questa volta per l’assenteismo. La sua scusa: stava andando in Brasile per una visita medica, come una qualunque figlia di papà.

Invece di essere cacciata a pedate, viene ripresentata col porcellum anche alle elezioni del 2013. Ma poi arriva il grande Rottamatore, e la sua sorte dovrebbe essere segnata. Invece, entra nella segreteria del partito dopo l’elezione a segretario di Renzi, e ora viene addirittura catapultata da lui nel suo governo: ministra della Semplificazione, ovviamente, visto che più semplice la vita per lei non avrebbe potuto essere. Altro che rottamazione: l’era Renzi inizia all’insegna del riciclo dei rottami, nella miglior tradizione democristiana.

La riciclata ora rispolvererà l’argomento che aveva già usato fin dalla sua prima discesa paracadutata in campo: “Non preoccupatevi di come sono arrivata qui, giudicatemi per cosa farò”. Ottimo argomento, lo stesso usato dal riciclatore che dice: “Non preoccupatevi di come ho ottenuto i miei capitali, giudicatemi per come li investo”. Se qualcuno ancora sperava di liberarsi dai rottami e dai riciclatori, è servito. L’Italia, nel frattempo, continui ad arrangiarsi.

(22 febbraio 2014)