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Spese militari: il grande imbroglio del Governo

Ne scrive Flavio Lotti (Coordinatore Nazionale della Tavola della pace) sull’Unità. E credo non ci sarebbero parole migliori da scrivere.

Il grande imbroglio. L’Ammiraglio-Ministro tecnico della Difesa, Giampaolo Di Paola, ci sta lavorando incessantemente da parecchi mesi. E oggi, alla Camera dei Deputati, ha uno dei passaggi più delicati. Ad attenderlo ci sono ben otto mozioni sugli F-35 presentate da altrettanti gruppi e sottogruppi parlamentari. Ma andiamo con ordine. Il 14 febbraio l’Ammiraglio Di Paola ha annunciato un progetto di riorganizzazione dello strumento militare italiano che prevede tra l’altro la riduzione degli F-35 (da 131 a 90) e dei soldati (da 180 a 150.000). Dove sta l’imbroglio? Nel dire una cosa e nel farne un’altra. Altro che riduzione delle spese militari. Se venisse approvato il progetto del Ministro produrrebbe un vero e proprio aumento della spesa pubblica. Alla faccia di tutte le manovre rigoriste che stanno mettendo in ginocchio milioni di giovani e meno giovani, famiglie, associazioni, scuole, imprese, Enti Locali e Regioni. La prima parte dell’imbroglio sta nello scaricare una parte del personale e dei suoi costi sulle altre amministrazioni dello stato per poter spendere di più in armi. La seconda, e non meno grave, parte dell’imbroglio sta nel tentativo di modificare radicalmente il profilo delle nostre FFAA senza alcun mandato parlamentare. Il modello del Ministro non ha nulla a che vedere né con il dettato costituzionale né con le “missioni di pace” previste dalla Carta dell’Onu. E’ un modello fortemente aggressivo imperniato sulle portaerei, sui cacciabombardieri e sulla capacità di partecipazione alle guerre ad alta intensità come quella che qualcuno sta progettando in Iran. Ma tutto ciò non si può e non si deve dire. Per questo il Ministro ha messo il veto sul progetto di “Istituzione di una Commissione parlamentare per l’elaborazione di un Libro bianco sulla difesa e sicurezza nazionale” proposto dal Partito Democratico in entrambi i rami del Parlamento. Per questo il Ministro non vuole che si parli di “nuovo modello di difesa” ma solo di “riorganizzazione dello strumento militare”. Per questo il Ministro pretende che il parlamento si affretti ad approvare una “legge delega-in-bianco” che gli lasci il bilancio inalterato e la possibilità di fare quello che vuole. E’ troppo chiedere che qualcuno intervenga? E’ troppo invocare un po’ di ragionevolezza? Può essere che per qualcuno il Parlamento possa costituire un intralcio, ma i parlamentari che ne pensano? Tra le otto mozioni che oggi saranno votate dai nostri deputati ce n’è una dell’IdV che dice di no agli F-35 e a tutto il resto, come la pensano tanti italiani. Ma ce n’è anche un’altra firmata da 22 deputati di diversi partiti (tra cui Pezzotta, Sarubbi, Carra, Giulietti, Castagnetti, Lucà, Bobba) che chiede al governo di “rinviare qualunque decisione relativa all’assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d’arma, sino al termine del processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano.” Come a dire: non toglieteci anche la dignità. Prima discutiamo compiti e obiettivi delle nostre forze armate e poi decidiamo gli acquisti di cui abbiamo bisogno. E’ troppo anche questo?

Presidente Monti, per favore, li faccia stare zitti

pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO

Non ho amato dal primo minuto l’aura francescana che si è voluto costruire intorno al governo Monti: questo dovere di gratitudine per presunti esperti che si sono dovuti scomodare per salvarci mentre erano indaffarati in altri importantissimi affari. Non mi è piaciuta l’idea dell’economia unica cura all’economia come cicuta senza alternativa e ancora meno mi piace l’aggettivo “tecnico” che sta a dire che non spetta ai cittadini giudicare.

Con la manovra la montagna ha partorito il topolino e il governo che in molti temono troppo vicino alle banche si è smutandato ben prima davanti ai tassisti, alla Chiesa e all’equità in fase di prelievo ma mai in fase di ridistribuzione. Ma questa è una mia opinione e leggo con molto interesse il dibattito di chi la pensa diversamente (esclusi quelli che agitano lo spettro del fallimento evitato e della “responsabilità nazionale”, perché in nome della “responsabilità nazionale” la sempre viva bicamerale sotterranea ha affossato questo Paese).

Una cosa però non sopporto: le interviste inconcludenti, spocchiose e sceme di alcuni Ministri ad alcuni (presunti) quotidiani come quella del Ministro Clini rilasciata a Libero. Ci raccontano della loro adolescenza, delle loro amicizie e del loro passato politico come se potesse essere interessante sapere delle vecchie correnti del Psi o delle discoteche notturne con De Michelis. Aprono l’album dei ricordi e viene un conato per l’immersione per niente tecnica nel peggio della Prima Repubblicae i “professori” risultano carneadi del politichese da Prima Repubblica. Politici con nomea di tecniciper lontana sparizione dal quadro politico: nuovi perché ci sono sempre stati ma non li aveva notati nessuno.

Quando esprimono opinioni, invece, smentiscono i risultati dei referendum (dall’alto della caratura tecnica, evidentemente) invocando il ritorno al nucleare o altre scemenze della stessa stregua. Nell’Italia dissanguata dal porcellum i nominati per eccellenza del governo Monti dimenticano di avere il compito di amministrare la crisi e non ispirare il gossip e ammaestrare la stampa.

Per favore Presidente Monti, li faccia lavorare e li faccia stare zitti. Per sobrietà, almeno.

La banalità della politica

Stavo per scrivere di questo Governo Monti che tutti invocavano a gran voce in senso di responsabilità e che si è svelato presto come la banalità al potere (tecnica si intende) che ora imbarazza quasi tutti. Mi ricorda molto la falsa opposizione che vivo pressoché quotidianamente in Regione Lombardia dove si ha la sensazione che la differenza tra i due grandi partiti (di governo e di “opposizione”) sia tutta sulle quote assegnate nelle diverse distribuzioni di uomini, opportunità e poteri. Perché il “terzo polo” anche in Lombardia non esisterebbe se non fosse il luogo che polarizza le derive centriste di alcuni pezzi delle due ali che non riescono a trattenersi dal volere a tutti i costi andare d’accordo. Pensavo anche a come si esulterà appena si insedierà la commissione d’inchiesta sul San Raffaele e poi subito vivremo queste kafkiane sedute dove in modo bipartisan si urlerà di lasciare fare alla magistratura e di avere responsabilità per l’eccellenza dell’Istituto (alla Monti, per intendersi) e alla fine sarà il solito conciliabolo di contriti e dispiaciuti che scartabellano qualche carta per chiudere con la promessa di non farlo più (del resto si litiga sulla presidenza della commissione per avere qualche rilancio di agenzia in più a disposizione e mica per esercitare curiosità. Non sia mai). Oppure avrei voluto scrivere dell’occasione persa con la vicenda Penati per aprire una seria discussione sul ruolo lobbystico delle cooperative per il centrosinistra, almeno per essere diversi nell’onestà intellettuale e nella voglia di spiegare e spiegarsi. Poi questa mattina ho letto l’editoriale di Giovanni Sartori sul Corriere e ho pensato che per fortuna abbiamo teste che sanno analizzare e raccontare guardando dall’alto. Con un pezzo che potrebbe essere un punto del programma per le prossime elezioni. E’ che mi lasciano perplesso gli alleati, per l’occasione.

Una politica a corto di idee di Giovanni Sartori

Forse esagero, ma è da cinquant’anni che dalla politica italiana non nasce una sola idea. Siamo partiti con il Bipartitismo Imperfetto di Giorgio Galli, dove «imperfetto» stava per dire che non c’era alternanza al potere. È sì un difetto. Ma sin da allora facevo notare che i Paesi senza alternanza di governo erano parecchi, specialmente il Giappone, che pure è stato per lungo tempo un Paese di prima fila.

Poi si è affermata l’idea che se un Paese non aveva una struttura bipolare non poteva funzionare. Per anni ho cercato di spiegare che una struttura bipolare (tipo destra-sinistra) veniva di solito da sé, che era fisiologica. Chi si prova, ogni tanto, a dichiararsi «terzo polo» è un politico spiazzato dagli eventi. D’altronde, i sistemi bipolari hanno spesso bisogno di un piccolo partito intermedio di sostegno. Come in Germania.

Qual è, allora, lo scandalo italiano? È che non abbiamo il voto di preferenza. Lo avevamo, ma a furor di popolo venne cancellato da due referendum. Non era un secolo fa, eppure ce ne siamo dimenticati. E ci siamo anche dimenticati perché non funzionò allora, e perché funzionerebbe ancora peggio se ripristinato. In passato la prassi costante, tra gli scrutatori dei seggi, era di controllare attentamente i voti di lista ma di consentire a sé stessi di aggiungere crocette di preferenza ai raccomandati del proprio partito. Oggi siamo più smaliziati. Così è ancora più sicuro che il votante non riuscirà quasi mai a eleggere chi voleva. Eppure ci crede.

In questo cinquantennio la vera novità è invece passata inosservata. Nel 1918 Max Weber scriveva un saggio, La politica come professione, che è illuminante già nel titolo, e che stabilisce una volta per tutte qual è il problema. Questo: che si è man mano consolidata e moltiplicata una popolazione che vive di politica e che non sa fare altro. Se perde il posto o le entrature nella «città del potere», allora resta disoccupato: o politica o fame. È evidente che la politica come professione è una inevitabile conseguenza della entrata in politica delle classi povere. Finché l’accesso al potere era ristretto ai benestanti, il cosiddetto «politico gentiluomo», non si faceva pagare. Non ne aveva bisogno. Ma i nullatenenti, invece, sì.
Va da sé che il politico di professione esiste oramai un po’ dappertutto. Ma da noi con una virulenza inedita che ci assegna tra i Paesi più corrotti al mondo (al 69° posto).

È che da noi mancano le controforze politiche, manca un vero pluralismo politico. Il fascismo ha favorito lo sviluppo di quelle che oggi ci siamo abituati a chiamare lobbies , ovvero corporazioni di interessi economici. Dopodiché il dopoguerra ci ha restituito un sindacalismo largamente massimalista. Mentre nel 1959 i sindacati tedeschi ripudiavano a Bad Godesberg il sindacalismo rivoluzionario e da allora collaborano con le aziende, noi continuiamo il rito di inutili e dannosi scioperi.

Il punto è, allora, che lo strapotere della nostra casta di politici di professione non si imbatte in vere controforze che lo combattono. Noi siamo precipitati nel momento in cui la stupidità della sinistra, allora di D’Alema e di Violante, ha consegnato il Paese a Berlusconi regalandogli tutta o quasi tutta la televisione.

Gilioli sulla manovra

Confesso che mi ha rubato le parole. Su quello che non c’è nella manovra e che nonostante le lacrime in mondovisione non è potabile. “Quello che non c’è insomma è il coraggio di cambiare passo, di mostrare una nuova visione, una cultura diversa, un’ipotesi alternativa di futuro. E quello che non c’è mi sembra, purtroppo, più importante e brutto di quello che invece c’è.”

Il centrosinistra inadeguato che ama Monti

Prendi Monti e taci di Alessandro Gilioli

Onestamente, non credo che i vertici del centrosinistra abbiano poi tutti questi titoli per storcere il naso di fronte alla manovrona di Monti.

Voglio dire, ce l’avrebbero (eccome) se almeno a partire dallo scorso agosto – quando la pentola è esplosa – ci avessero proposto limpidamente una ricetta economica fortemente alternativa non solo ai pasticci ubriachi con cui B. e la sua banda Bassotti hanno incasinato tutto fino a soccomberne, ma anche agli ukaze ultrà del neocapitalismo mondiale.

Se ci avessero detto ad esempio con quali strumenti provare ad azzannare alle caviglie gli speculatori, a ingabbiare gli evasori e a far piangere i grandi privilegiati – ma magari anche quale modello complessivo di società proporre ai cittadini dopo il fallimento a livello globale del greedy capitalism e a livello locale di quel mix di promesse per tutti e cricca per pochi in cui si è risolto il berlusconismo

Invece, niente: un po’ per paura di scontentare qualcuno, un po’ per timore di polemiche interne, ma soprattutto perché dal tempo delle ideologie assolute si è rapidamente passati alla pura gestione del presente, senza incrociare il rischio di migliorare un po’ il mondo.

Quindi, beccarsi Monti e tacere.

Almeno finché non si riesce a esprimere una proposta chiara di futuro (e pure di programma, di coalizione, di leader).

Insomma, almeno finchė non si diventa capaci di fare il proprio mestiere.

I consigli di Grande Oriente

Consiglio di GOD: anche Il Presidente Giorgio Napolitano raddrizzi la rotta, si dia una regolata e si metta in discussione. Serve un Quirinale autorevole, autonomo e lungimirante e non una Presidenza della Repubblica all’estero succube del Bruxelles/Frankfurt Consensus e in Italia in combutta con la LOBBY del Consiglio di Stato e con altre caste oligarchiche che male amministrano la nazione. Hai capito, le lobby.

Amare la propria terra

Smettiamola di dire che le alluvioni sono eventi eccezionali. Perché le abbiamo rese normali. Di fronte a cittadini ormai disabituati alla cura, lo Stato e la politica su questo fronte hanno colpe enormi. Sono anni che non si vede tra le priorità di un programma elettorale o di governo la difesa del territorio, nemmeno tra i riempitivi. Spero che mentre si contesta questo governo, visti i drammi recenti, i partiti inizino a pensarci seriamente, a programmare, a spendere parole e impegni forti, proprio a partire dalle adunate di piazza. Spero che ascoltino quella buona parte di società civile che lo chiede da tempo e già ci lavora con passione e sacrifici. O quegli agricoltori distrutti dai debiti che nonostante tutto lo fanno ogni giorno, nel proprio podere. Un poeta come Tonino Guerra un anno fa mi ha detto: «L´Italia non è più bella come una volta, è inutile che mi rompano le scatole, perché una volta c´era chi la curava. Non erano dieci persone messe lì e pagate dallo Stato, erano quelli che l´abitavano: i contadini. Dobbiamo riapprendere quella forza d´amore che avevano loro». Qui non è più sufficiente indignarsi, bisogna tornare ad amare per davvero questa terra. Vilipesa non soltanto nei comportamenti inqualificabili di chi governa, ma nell´indifferenza di fronte a scempi che non sono più tollerabili. Anche se non lo erano già ben prima di arrendersi allo sgomento di questi tristi giorni della nostra storia. (Carlo Petrini)

Il Requiem per l’antimafia di questo Governo

Giornata dura ieri, per la retorica antimafia governativa.

19:39 MAFIA: GRASSO, OGGI CANDIDATURE SERVONO AD AVERE IMMUNITA’ PARLAMENTARI

‘MAGISTRATURA NON FACCIA LISTE MA LA POLITICA SI AUTOLIMITI’ Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – “Oggi le candidature servono quasi per avere immunita’ parlamentare. E’ vero, non e’ la magistratura che deve fare le liste ma la politica si deve autolimitare a candidare solo persone che possano essere candidate. Se uno e’ indagato e l’altro no, non si spiega perche’ si sceglie quasi sempre l’indagato. Quasi in dispregio della magistratura”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso intervenendo a palermo ad un covegno su giustizia e pentiti.
“Non si deve aspettare la sentenza definitiva per candidare un politico -ha aggiunto Grasso- semplicemente la politica deve imparere a scegliere i propri candidati. I cittadini possono manifestare con il proprio voto la mancanza di assenso alla persone incriminate”. Grasso ha parlato brevemente anche del ddl intercettazioni. “Si deve trovare un equilibrio perche’ altrimenti si rischia l’imbarbarimento”.

20:25 MAFIA: GRASSO, DIETRO STRAGI SI INTRAVEDE DELL’ALTRO

Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – Dietro le stragi mafiose del ’92 in cui furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino “si intravede dell’altro. E’ un dato di fatto, lo dicono anche i magistati di Caltanissetta che hanno da poco completato questa parte di indagine”. Lo ha detto il procuratore antimafia Pietro Grasso intervenendo questa sera a Palermo a un convegno su mafia e giustizia.
“Il problema e’ come proseguire adesso per potere andare oltre -ha aggiunto Grasso- bisogna che ci siano nuovi spunti e approfondimenti, ecco perche’ oggi ho ribadito che chi sa deve parlare. Non so se devono parlare soltanto uomini della criminalita’ organizzata o chi fa parte di altre istituzioni, ma non si puo continuare nell’indifferenza e nella rassegnazione, perche’ non si possono dimenticare quei brandelli di carne che si intravedevano sui balconi dei palazzi in via D’Amelio oppure l’autostrada di Capaci sventrata con i corpi innocenti”.
Secondo il procuratore nazionale antimafia “qualche memoria e’ tornata e questo ci ha consentito di fare degli approndimenti, ma c’e’ ancora tanta strada da fare per andare piu’ a fondo. Io continuero’ a credere nella ricerca della verita’ e non lascero’ nulla di intentato.
Cosi’ come sono riuscito a prendere per i capelli Gaspare Spatuzza posso ascoltare chiunque altro abbia qualcosa da dirmi”.

20:27 MAFIA: GRASSO, DA NOI RISULTATI MIRACOLOSI MA I MERITI LI PRENDONO ALTRI

Palermo, 29 ott. – (Adnkronos) – “Nonostante i mezzi che ci sono i risultati che facciamo quotidianamente sono miracolosi, perche’ ogni giorno facciamo operazioni di polizia con arresti e sequestri, anche se poi i meriti li prendono gli altri a noi non interessa. Noi continueremo”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso intervenendo questa sera a Palermo ad un convegno su pentiti e giustizia.

Amen

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Il sistema è salvo. Ma quale sistema?

Questa lettera ai potenti piace perché protegge le elite dominanti e disprezza la vita del 99% (o giù di lì) della popolazione. La sola speranza è che rimangano impegni presi sulla carta perché Berlusconi e i suoi ascari non hanno la forza per realizzarli. Speranza è anche che il futuro governo sappia fare di meglio. Ma più di un dubbio è autorizzato considerati i ripetuti applausi ricevuti dalle richieste delle autorità europee all’Italia. Anche dalle forze di opposizione, anche dai richiami rivolti agli opposti schieramenti politici dal presidente della repubblica. Berlusconi potrebbe essere sostituito con un governo tecnico che porti a compimento il massacro.  Perché, come si legge su Eddyburg, cane non morde cane.