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il cavaliere

Nonostante le figuracce, Zangrillo dà voti agli altri medici. Ma è lui che andrebbe giudicato

Nonostante le figuracce, Zangrillo dà voti agli altri medici. Ma è lui che andrebbe giudicato

In un Paese normale almeno avrebbe la dignità di rimanere defilato. Alberto Zangrillo, il primario di rianimazione e anestesia del San Raffaele di Milano, continua a imperversare nelle trasmissioni televisive (in cui va per dire che troppi suoi colleghi sono in televisione) e sui giornali: non è bastata la catena di brutte figure che ha inanellato in questi ultimi mesi per consigliargli un po’ di pudore. Non è bastata la sua affermazione mostruosa su un virus “clinicamente morto” e che invece è tornato a imperversare e non è bastata la figuraccia rimediata con Silvio Berlusconi che lui descriveva in “ottima salute” mentre il Cavaliere poco dopo avrebbe raccontato a tutto il Paese le sue “enormi difficoltà”.

Niente, niente di tutto questo. Anzi Zangrillo ora addirittura si supera e esce in prima pagina su Libero (e dove, sennò?) per dare voti agli altri medici. Lui, Zangrillo, che giudica l’operato degli altri. Roba da fantascienza. “Il Sars-Cov2 ha messo in linea di produzione una serie di scienziati privi dei necessari parametri per essere definiti e riconosciuti come tali”, risponde Zangrillo alla domanda di Pietro Senaldi sull’esposizione pubblica di medici in questo ultimo periodo. Zangrillo, che probabilmente pensa di essere un tuttologo, si lancia anche a dare consigli alla stampa, ci dice che “non tornerà l’emergenza di marzo”, ritiene “pericolosi” i tamponi fatti per prevenzione (sarà per questo che il suo ospedale li vende privatamente e dietro un lauto compenso come servizio privato) e ci tiene a precisare che molti dei volti che ascoltiamo non sono virologi: “Guardi che Remuzzi, Gattinoni, Richeldi, Bassetti, Lorini, Ippolito e il sottoscritto non sono virologi”, dice al giornalista. Ce ne eravamo accorti, Zangrillo, ce ne eravamo accorti.

Poi difende i membri del Comitato Tecnico-Scientifico: “Mantengo un rapporto di stima e amicizia con molti membri del CTS. Conosco il valore del lavoro silenzioso a supporto del legislatore. Certe inopportune grida di allarmismo estremo non provengono da lì”. Insomma, Zangrillo ci dice che ci sono troppi medici poco affidabili sui media e sparge giudizi senza nemmeno un briciolo di autocritica e lo fa al suo solito: schiacciando l’occhio ai minimizzatori e pronunciando proprio le parole che servono e che tornano utili a una certa politica. È il solito Zangrillo, quello che ha sempre la frase giusta per sovraesporsi e per esprimere giudizi che spesso hanno poco a che vedere con la sua professione. E Libero, ovviamente ce lo propone in prima pagina. Avanti così.

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A volte ritornano

Dove vuole arrivare Prodi quando strizza l’occhiolino al suo acerrimo nemico? Come mai il Pd non si scompone più di tanto di fronte all’ipotesi di una “alleanza” di governo con Berlusconi? Ecco perché le manfrine di Palazzo di queste settimane sono un (brutto) film già visto

Lo sapete cosa accade quando partiti hanno il terrore mettersi davanti allo specchio degli elettori, quando hanno paura di dover cominciare considerare i possibili effetti di un possibile voto e quando soprattutto cominciano a sentire che il governo in carica ha problemi di tenuta nella percezione popolare? Iniziano a frugare dentro, tra gli anfratti dello scacchiere parlamentare, si lanciano in merletti e alambicchi di strategia che da fuori appaiono come spericolate ipotesi senza capo e senza coda e tengono in mano la calcolatrice per immaginare altre pericolanti maggioranze che restino in piedi giusto il tempo di riorganizzarsi di nuovo. Una burocrazia di maggioranze che ottiene di solito l’effetto di disgustare ancora di più gli elettori (di qualsiasi parte politica) che per anni sono stati scagliati contro i giochi di palazzo e che fa schizzare i populisti nei sondaggi. Poi, quando accade, quando ci si mette tutti insieme in un’accozzaglia di partiti che hanno come unico punto quello della loro autopreservazione, insistono nel dirci che l’hanno fatto per senso di responsabilità, di solito mettono come presidente del Consiglio quello che si definisce un tecnico e di solito danno vita a tutte le misure impopolari che hanno succhiato la vitalità del Paese (il governo Monti, per dirne una facile facile, ve lo ricordate?).

Ecco, quello che sta accadendo in Italia in questi giorni convulsi in cui si torna a parlare di un possibile ingresso nel governo di Silvio Berlusconi corrisponde esattamente alla fase iniziale di un momento del genere, con parte del Partito democratico che non riesce proprio a trattenersi da un filo-destrismo che non riesce proprio a scrollarsi di dosso; con i renziani di Italia Viva che invece Silvio Berlusconi (o meglio: i moderati di destra) lo corteggiano da un bel po’ (quindi niente di nuovo sotto al sole) e con il Movimento 5 stelle che ancora una volta prova le vertigini che procura la sensazione di perdere il potere. Tutto parte da Romano Prodi, icona di un centrosinistra che ha bisogno di idoli in mancanza di classe dirigente, che nel suo ruolo di souvenir del centrosinistra che c’era ci fa sapere che non sarebbe «un tabù l’ingresso di Forza Italia». Dicendolo come ci ha abituato a dire le cose Romano Prodi, a lato di qualche altro evento o mentre viene incrociato per caso da qualche giornalista durante la sua passeggiata mattutina. L’innesco funziona perfettamente: è tutto un profluvio di riabilitazioni politiche e di venute in soccorso verso il Cavaliere caduto in disgrazia con frasi che superano la semplice circostanza e che addirittura mostrano una sfrenata volontà di riabilitare in fretta quella classe dirigente che fu senza l’impiccio del Movimento 5 stelle e senza i populismi di Salvini e di Meloni: il sogno di un centrosinistra e di un centrodestra che rimangano soli nell’arco elettorale e che fingano di farsi la guerra lavorando sotto traccia per la pace è il desiderio recondito di molti dirigenti che ancora non hanno fatto pace con ciò che è successo in Italia negli ultimi dieci anni. In mancanza di un vocabolario per leggere e per scrivere il presente preferiscono rimettere in piedi quel passato in cui nuotavano così agilmente.

Ma, seriamente, cos’è tutto questo baccano sulla riabilitazione di Berlusconi? Proviamo a fare due conti, passo passo, analizzando le diverse situazioni dei personaggi in commedia. Prodi, innanzitutto, è quello che nemmeno troppo segretamente aspira alla presidenza della Repubblica e sa benissimo che per riuscirci ha bisogno dei voti di un centrodestra che in tutti questi anni l’ha demonizzato e l’ha indicato come la causa di tutti i mali europei: per assurdo…

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

A Mafiopoli aspettando gli incentivi sulla rottamazione per pigliare Matteo Messina Soldino

denaroLa crisi taglia risorse per cercare il super latitante Matteo Messina Denaro.
Il cavaliere Francesco Ingravallo è un omaccione, commissario della Squadra Mobile di Roma. Indaga su delitti e furti, e per muoversi usa una bicicletta. È riconoscibilissimo perchè indossa sempre lo stesso vestito. Non ne ha molti, uno per tutti i giorni, per quando è al lavoro, l’altro nei giorni di festa. Ogni tanto serrato in bocca tiene un mezzo toscano, per pausa pranzo nei giorni feriali un panino con la mortadella che tira fuori da una tasca della giacca. Ingravallo indaga su delitti e furti, un paio sono accaduti nello stesso condominio, quello di via Merulana. Scena e personaggio sono degli anni ’20, fanno parte di un famoso libro di Carlo Emilio Gadda, «Quer pasticciaccio brutto di via Merulana». La bicicletta invece no, potrebbe finire con il fare parte dell’immagine della Polizia di oggi.

Tutta colpa della crisi. Quella stessa che fa restare senza liquidità le famiglie italiane già quasi a metà del mese e che ha messo in difficoltà anche i poliziotti che a Trapani danno la “caccia” a Matteo Messina Denaro, il nuovo capo della “cupola” siciliana. Il badget ministeriale per pagare missioni e straordinari a questi agenti si è esaurito quando l’anno è appena iniziato. Ma il questore Giuseppe Gualtieri è fortunato, ha agenti in gamba che da tempo hanno fatto l’abitudine ai sacrifici. Lui che ha catturato Binnu Provenzano e adesso punta a Messina Denaro ha la garanzia che la ricerca non si fermerà mai, anche se ci sono pure problemi per mettere in moto le auto, e per questo viene da pensare alle due ruote, ma a pedali.

«I nostri colleghi della squadra Mobile – dice Peppe Culcasi segretario del Sap – cattureranno Matteo Messina Denaro, probabilmente ciò che non potranno “prendere” saranno le indennità per straordinari e missioni». La questione praticamente per ogni agente è questa: o fermarsi, rispettando rigorosamente gli orari di lavoro, senza però pensare a spostarsi di un solo metro dagli uffici, oppure continuare, anche senza salari accessori come si chiamano infatti i soldi guadagnati con missioni e straordinari. I sindacati locali di polizia lanciano l’allarme ma tranquillizzano  tutti: «Le indagini non si fermano, le investigazioni contro ogni genere di crimine continuano, la “caccia” al super boss, nuovo capo della “cupola” siciliana, non sarà mai interrotta». I poliziotti continueranno a muoversi in mezzo a quel sottobosco dove l’“area grigia” protegge il super boss latitante. Le ultime indagini, il sequestro di ingenti patrimoni, dicono che attorno a Messina Denaro si è fatta sempre di più «terra bruciata», ma paradossalmente succede che ciò che si sequestra non può essere impiegato a rimpinguare le risorse che lo Stato destina alla sicurezza, a Trapani rispetto al plafond messo a disposizione si sforza di due terzi.

I «tagli» sono il tema. Nessun settore della nostra vita pubblica è oramai indenne, anche le forze dell’ordine non si «salvano», nemmeno quelle che lavorano nel trapanese, territorio che ad ogni occasione si riconosce, a parole, essere lo «zoccolo duro» di Cosa Nostra e dove chi indaga ha da affrontare una mafia oltremodo «sommersa» e quindi indagare non è facile. «I tagli sono qualcosa che si ripetono da almeno 10 anni – dice Giacomo Ilari dirigente sindacale del Siap – oggi sono più evidenti ci dicono che è colpa della crisi, ma di fatto anno dopo anno le risorse messe a disposizione dal ministero per il pagamento di straordinari e missioni vanno via via diminuendo».

Per il 2009 il badget è di 50 mila euro. Ecco un po’ di conti: nel 2008 l’ammontare delle spese per le missioni dei poliziotti trapanesi ha sfiorato i 180 mila euro, solo 80 mila impiegati per la ricerca del latitante Matteo Messina Denaro; le norme prevedono che ogni mese un investigatore ha a disposizione 20 ore di straordinario, quelli che si trovano impegnati nel fronte della lotta alla mafia, ma non solo loro, ci sono anche i poliziotti che si occupano di immigrazione clandestina per esempio, già al 10 di ogni mese hanno già superato il limite; le unità della squadra nautica hanno avuto notificato un badget annuale di 2 mila euro per carburante e manutenzione dei mezzi, significa che per buona parte dell’anno non potranno staccarsi dagli ormeggi.

L’ultimo dei problemi è quello delle autovetture. In questi giorni si è scritto che manca il carburante, a sentire i sindacati a non esserci sono le automobili. «È vero – dice Francesco Miceli segretario provinciale del Siap – c’è a proposito di risorse una coperta troppo corta». «Ma è altrettanto vero – aggiunge Ilari – che potrebbero essere trovate soluzioni. È di pochi giorni addietro la notizia che non possiamo immatricolare un paio di auto di grossa cilindrata sequestrate, per il ministero i costi sono esorbitanti, noi abbiamo dimostrato che una “supercar” che viene impiegata solo in determinate occasioni, per pedinamenti particolari, non incide più di tanto sui bilanci proprio perchè l’uso non è quotidiano».

Paradossale quello che accadrà. Le auto fino a quando non saranno confiscate dovranno stare ferme in un garage, quando si potranno vendere all’asta varranno poco o nulla perchè nel frattempo sarà trascorso almeno un decennio. E il ministero non spende e non può nemmeno guadagnarci.
Non tutto è però negativo. Nel trapanese le recenti norme sulla sicurezza non hanno trasformato tutti i sindaci in «sceriffi», c’è chi ha inteso interpretare in maniera diversa il ruolo. La prefettura, col prefetto Stefano Trotta, poi ha varato una sorta di «patto per la sicurezza» che coinvolge diverse amministrazioni locali, i risultati ci sono stati: il Comune di Erice ha messo a disposizione 15 mila euro per la questura, negli uffici della squadra Mobile grazie al contributo di enti pubblici, la Provincia, ancora il Comune di Erice, alcuni privati, è stata allestita e inaugurata una stanza adibita all’«ascolto» dei minori vittime di violenze.

E tra le note positive c’è da mettere anche gli agenti che senza soldi per missioni e straordinari, lavorano «gratis», forse come desidera il ministro Brunetta tanto severo nel pretendere sempre e comunque dipendenti pubblici all’altezza del momento.

di Rino Giacalone

Tratto da: liberainformazione.org