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ILARIA ALPI

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin: il gip di Roma non archivia

Piccole buone notizie. 

L’8 giugno scorso il pm di Roma Elisabetta Ceniccola aveva insistito e chiesto nuovamente l’archiviazione. Ma non cala il sipario giudiziario sugli omicidi della giornalista del Tg3, Ilaria Alpi e del collega cameraman, Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Il gip di Roma, Andrea Fanelli, che si era riservato la decisione, ha respinto la richiesta della Procura avanzata nei mesi scorsi con la motivazione che era stato impossibile stabilire il movente e l’autore dell’assassinio. Il giudice ha quindi disposto una nuova tranche di indagini. Accertamenti che dovranno essere completati entro i prossimi 180 giorni.

A determinare il rigetto dell’archiviazione, che arriva a pochi giorni dalla morte della madre di Ilaria, Luciana che per anni si è battuta senza conoscere la verità, c’è anche la trascrizione di una intercettazione tra due cittadini somali, presente nelle carte di una inchiesta della Procura di Firenze e inviata a piazzale Clodio nell’aprile scorso, proprio alla vigilia dell’udienza davanti al gip, in cui i due parlando di quanto avvenuto a Mogadiscio affermano che Ilaria “è stata uccisa dagli italiani”. Per la procura però quelle conversazioni captate sono “irrilevanti”e e per questo la titolare del fascicolo aveva comunque chiesto di chiudere definitivamente il vaso. Per la Procura questo dialogo non rappresentava un elemento probatorio sufficiente a riaprire le indagini ma per il gip Andrea Fanelli non è così.

Il giudice, quindi, chiede ai pm di ascoltare i protagonisti di quella intercettazione e in particolare di ascoltare Abdi Badre Hayle “al fine di accertare da chi è partito l’ordine di versare la somma di 40mila dollari all’avvocato Duale e come egli facesse a sapere che era ‘per la questione Hashi”. Il gip, inoltre, chiede di ascoltare “Mohamed Geddi Bashir al fine di accertare da chi ha ricevuto l’informazione – è detto nel documento del gip – che Hashi Omar Hassan (a cui erano stati inflitti 26 anni, assolto nel processo di revisione e risarcito con 3 milioni di euro per ingiusta detenzione) era stato ingiustamente condannato per l’omicidio di Ilaria Alpi e che quest’ultima era stata invece uccisa da militari italiani”. Tra le richieste anche quella di audire l’avvocato Douglas Duale per accertare se effettivamente “gli sia stato corrisposto del denaro dal governo somalo o da altri soggetti per la difesa di Hashi Omar Hassan”.

Infine il giudice cita una relazione del Sisde del 1997 e in particolare chiede a chi indaga di ascoltare “la fonte confidenziale” citata in quella relazione “previa nuova richiesta al direttore pro tempore in ordine all’attuale possibilità di rivelarne le generalità”. Nella relazione dei servizi segreti “emergerebbe il coinvolgimento dell’imprenditore Giancarlo Marocchino nel duplice omicidio nonché in traffici di armi”. A tal proposito il gip Andrea Fanelli cita il suo collega, Emanuele Cersosimo, che con una ordinanza del 2 dicembre 2007, aveva chiesto che venisse ascoltata quella fonte confidenziale dell’allora servizio segreto civile ma “il ministero dell’Interno aveva risposto, con nota del primo aprile 2008, che perduranti esigenze di tutela della fonte stessa non consentivano di fornire elementi atti a rivelarne l’identità“. Dopo oltre dieci anni “appare utile verificare la persistenza delle ragioni di segretezza addotte dal Sisde”, conclude Fanelli.

(fonte)

Ilaria Alpi: forse sappiamo chi (non) è stato

hassan-omar-hashi-rai3Ora non ci sono più dubbi. Ahmed Ali Rage, alias “Gelle”, supertestimone del processo sulla morte della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin, è l’uomo di origini somale raggiunto dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” che ha dichiarato di avere reso falsa testimonianza. La Procura di Roma, infatti, ha ricevuto la prima risposta dai periti, che hanno comparato la foto del cartellino segnaletico con le immagini del servizio televisivo. “Non è stato Omar Hashi Hassan ad uccidere Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Io non ho visto chi ha sparato, non ero lì” aveva rivelato, parlando dell’omicidio dei due italiani da parte di un commando a Mogadiscio, il 20 marzo 1994. “Gli italiani – si leggeva nella nota della redazione di “Chi l’ha visto?” – avevano fretta di chiudere il caso e gli hanno promesso denaro in cambio di una sua testimonianza al processo”. Ora è partita, da parte dei magistrati, la richiesta di rogatoria internazionale per il Regno Unito, dove Gelle vive. Il fascicolo è sulla scrivania del ministro della giustizia Andrea Orlando.

L’ennesima conferma del depistaggio operato sul caso Alpi-Hrovatin potrebbe ora essere l’input per la revisione del processo nei confronti di Hashi Omar Assan, colui che era stato accusato da Gelle. Grazie alla sua deposizione, infatti (rilasciata solo davanti alla Digos e al Pm romano Franco Ionta, ma mai confermata in Tribunale) Hashi era stato condannato a 24 anni di reclusione, accusato di aver fatto parte del commando che uccise il cameraman e la giornalista. Hashi Omar Hassan viene arrestato a gennaio del 1988 dalla Digos di Roma, dopo la testimonianza resa da Gelle, alla quale però mancava il riconoscimento da parte del teste e la conferma delle dichiarazioni nell’aula del tribunale. Nè l’uno nè l’altra, però, avranno luogo: a dicembre ’97, infatti, Gelle sparisce per 17 anni, per poi ricomparire qualche mese fa, rilasciando quell’intervista shock.
In realtà Gelle aveva già parlato di questo nel 2002 a un giornalista somalo, Sabrie, nel corso una conversazione telefonica registrata, ma secondo il tribunale di Roma non era certo che si trattasse proprio di Ahmed Ali Rage, essendo impossibile effettuare confronti e verifiche.
Gelle mise piede in in Italia quattro anni dopo la morte di Ilaria e Miran, nel 1997, dopo essere stato considerato teste chiave e attendibile dall’ambasciatore italiano Giuseppe Cassini, che ricevette l’incarico dal Governo Prodi. “Non ho registrato alcun indizio che possa suffragare la nota tesi del traffico d’armi legato alla cooperazione italiana” si legge nel verbale raccolto da Cassini. Le dichiarazioni di Gelle sarebbero state avallate da “incontri a Bosaso”, a Nord-Est della Somalia, e da “dichiarazioni di testimoni” non meglio precisati. A Bosaso, però, Ilaria Alpi ci sarebbe andata per raccogliere notizie sulla Shifco, la compagnia italo-somala che avrebbe trasportato armi dalla Lettonia alla Somalia. Un rapporto dell’Onu, infatti, attesterebbe che nei giorni in cui la Alpi si trovava a Bosaso un trafficante di armi sarebbe giunto in città proprio dalla Lettonia grazie a una nave Shifco.
“Vorrei vedere se adesso non si decidono ad andarlo a prendere. Sono anni che si sa che (Gelle, ndr) sta lì. Il procuratore Giuseppe Pignatone mi ha sempre promesso che avrebbe fatto luce sul caso Ilaria e Miran, e io sono sicura che riprenderanno l’inchiesta ora che esiste questa nuova prova” aveva detto Luciana Alpi, madre di Ilaria. Tanti sono i misteri che ancora circondano la sua morte e quella di Miran, e il depistaggio che è venuto dopo. L’intervista di Gelle, a 21 anni dal loro brutale assassinio, aggiunge ancora altri interrogativi. Chi ha pagato Gelle per dire il falso? E chi l’ha aiutato a fuggire dall’Italia?

(fonte)

La dignità della madre di Ilaria Alpi

La madre di Ilaria Alpi, Luciana Riccardi Alpi, decide di rinunciare al proprio ruolo nell’annuale Premio Ilaria Alpi anzi chiede di annullarlo. Dice cha mancano sviluppi alle indagine e quindi non ha senso. E dietro la sua richiesta c’è tutta la dignità di chi vuole solo la verità e non le sue rappresentazioni.

La notizia da Repubblica:

“Le indagini non hanno portato ad alcun risultato, quindi il Premio che ricorda Ilaria Alpi non è più utile”. A denunciarlo è Luciana Riccardi Alpi, la madre della giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 insieme al suo operatore Miran Hrovatin, mentre stava facendo inchieste su traffici di armi e rifiuti tossici.

La madre lo scrive in una lettera inviata all’assessore alla Cultura della Regione-Emilia Romagna Massimo Mezzetti, al sindaco di Riccione (dove si tiene annualmente il Premio) Renata Tosi, ai direttori del Premio Francesco Cavalli di Riccione e Barbara Bastianelli di Rimini, al presidente della Giuria Luca Airoldi.

La madre, nella breve lettera, afferma di “aver sempre sentito il dovere di seguire la vostra attività e possibilmente collaborarvi, specialmente nei rapporti con l’esterno, al fine di garantirne la rispondenza agli ideali di mia figlia”. Prosegue dicendo che “questo impegno, con l’andare degli anni, è divenuto particolarmente oneroso, anche per l’amarezza che provo nel constatare che nonostante il nostro impegno, le indagini giudiziarie non hanno portato ad alcun risultato”.

Ecco quindi la richiesta della madre di Ilaria: “Vi prego di prendere atto delle mie dimissioni irrevocabili da socio dell’Associazione e del mio desiderio che si ponga termine ad iniziative quali il Premio Alpi, di cui non è più ravvisabile alcuna utilità”.

Ancora su Ilaria Alpi

Noi ne avevamo parlato qui. Ora ne parla anche Greenpeace:

Tra pochi giorni ricorrono i 20 anni dall’omicidio di Ilaria Alpi e Mikhail Hrovatin, che rappresenta uno dei “misteri” su cui mai è stata fatta piena luce. Lo scorso novembre Greenpeace, tra gli altri, ha inviato ai Presidenti di Camera e Senato una lettera per la desecretazione della voluminosa quantità di documenti citati nelle diverse commissioni d’inchiesta sui rifiuti e i traffici illegali.

La lettera seguiva la decisione di desecretare le dichiarazioni del pentito di camorra Schiavonesulla vicenda della “terra dei fuochi”. A dicembre la decisione della Presidente Boldrini di avviare le procedure della desecretazione, una decisione che se effettivamente applicata sarebbe storica.

Più recentemente i giornalisti de il manifesto Andrea Palladino e Andrea Tormago hanno sollevato la questione dei criteri adottati dai funzionari della Camera per rispondere positivamente alle richieste di Greenpeace; dalle fonti intervistate sembrerebbe che i documenti identificati sarebbero un numero ridotto rispetto alle attese.

La Presidenza della Camera ha risposto ai giornalisti (al titolo del loro blog sui “documenti spariti”) che non ci sono documenti “spariti” e che i documenti identificati sarebbero 152. A quanto è dato sapere, questa lista è quella estratta dagli archivi delle commissioni parlamentari inserendo alcune parole chiave (come, ad esempio, “navi a perdere”).

Rimane dunque la perplessità dei criteri di scelta che non appaiono molto logici, su cui siamo già intervenuti.

Pubblichiamo qui in allegato un estratto degli archivi parlamentari – datato al settembre 2012 – che riporta l’elenco dei documenti . Quelli riservati sono circa 750 e forse non sono tutti (a questo link un nostro elenco dei soli documenti classificati e riservati). Guardando i titoli, oltre un centinaio di documenti riguardano esplicitamente il ruolo del faccendiere Giorgio Comerio e dell’ODM (Oceanic Disposal Mangment), una settantina più generalmente i traffici di rifiuti tossici e radioattivi, oltre un centinaio le cosiddette “navi a perdere” e una sessantina riguardano laSomalia. Forse andrebbero valutati con criteri legati alla maggiore rilevanza, più che con semplici parole chiave.

P.S. Uno dei documenti secretati è di provenienza Greenpeace e riguarda il tema del caso delle ricerche a mare relative alla nave affondata al largo di Cetraro (2009) che, secondo il pentitoFonti, sarebbe stata la Cunski, una delle navi sospettate di traffici di rifiuti, mentre, secondo le ricerche condotte per conto del Ministero dell’Ambiente, sarebbe la nave “Catania” affondata nella prima guerra mondiale. Su questa ipotesi sia Greenpeace che altre associazioni hanno espresso i loro dubbi.

Nel rapporto di Greenpeace “The toxic ships” si riporta che per effettuare le ricerche a mare il Ministero della Difesa inglese aveva presentato al governo italiano una offerta di valore più basso di quella poi concessa alla Mare Oceano di proprietà dell’armatore Attanasio (vedi pag. 10 del rapporto). Greenpeace, nel corso di un’audizione parlamentare sul tema, ha chiesto di mantenere il segreto su questo documento esclusivamente per la tutela delle proprie fonti.

Ma l’informazione che tali fonti citano è chiaramente riportata nel rapporto citato: e cioè che un’offerta del Ministero della Difesa inglese (sembrerebbe fatta a supporto dell’offerta di collaborazione della Nato riportata da Repubblica il 26-9-2009) sia stata respinta pur essendo, a parere della stessa fonte, economicamente vantaggiosa rispetto a quella poi assegnata alla Mare Oceano. Proteggere le fonti a volte è necessario, ma non i contenuti delle informazioni.

Giuseppe Onufrio – Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia

Caro Renzi, desecreta i faldoni delle commissioni rifiuti. Onora Ilaria Alpi.

Foto_desecretazione1-672x372Mentre la presidenza della Camera dei Deputati sta analizzando i faldoni delle commissioni rifiuti e Alpi-Hrovatin per avviare la procedura di desecretazione, Aisi e Aise (ex Sisde e Sismi) hanno già detto no alla rimozione del segreto su decine di dossier. Lo hanno fatto lo scorso anno, tra il 18 aprile e il 15 maggio, rispondendo – sempre negativamente – alle richieste della “Commissione stralcio” di Montecitorio.

Dopo la chiusura della XVI legislatura e la fine dei lavori dell’ultima Commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti – presieduta dall’onorevole Gaetano Pecorella – i parlamentari si erano espressi per una declassificazione di gran parte dei documenti sotto segreto, provenienti dai Servizi d’informazione e sicurezza (in gran parte dall’Aise, che si occupa di intelligence estera). La Camera si è però trovata di fronte ad un secco rifiuto da parte dei direttori delle agenzie, come hanno spiegato fonti autorevoli a toxicleaks.org .

Nei prossimi giorni Aisi e Aise riceveranno di nuovo la richiesta dall’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati. Greenpeace – sostenuta dal quotidiano il manifesto – nei mesi scorsi aveva inviato una lettera alla presidente Laura Boldrini chiedendo l’apertura e la desecretazione di tutti i fascicoli sui traffici di rifiuti internazionali, sulle “navi a perdere” e sul caso Alpi-Hrovatin.

Dove sono questa settimana

La “settimana del quorum”:

domani martedì 14 a Cesate, ore 21 (Biblioteca in via Piave) per parlare di mafie e partecipazione

mercoledì 15 (ci tengo) h21.30 Giulio Cavalli (cioè io) e Massimo Bubola in “Si sono presi il nostro cuore” Carroponte via Granelli 1 Sesto San Giovanni (MI)

giovedì 16 al PREMIO ILARIA ALPI Villa Mussolini, Palacongressi Via Milano 31 Riccione (RN) 18.00Silenzio, c’è la mafia al nord! con me c’è Gianluigi Nuzzi, giornalista di Libero e scrittore, Mario Portanova, giornalista e collaboratore de L’Espresso, Piergiorgio Morosini, magistrato presso il Tribunale di Palermo e segretario di Magistratura Democratica, Marco Nebiolo, redattore di Narcomafie. Modera Antonella Mascali, giornalista de Il Fatto Quotidiano

domenica 19 a Milano per la FESTA DI NAZIONE INDIANA, ore 18 “Sapessi com’è strano, la ‘ndrangheta a Milano” Con Eleonora Bianchini, Giuseppe Catozzella, Giulio Cavalli, Marco Rovelli, Evelina Santangelo, Gianni Biondillo
“La Mafia non appartiene alla tradizione di questa città” ha detto una volta l’ormai ex-sindaco Letizia Moratti. Subito dopo, degna del proverbiale struzzo, ha ricacciato la testa sotto la sabbia. La stessa dei cantieri edili e dei movimenti terra gestiti da decenni dalle cosche della ‘Ndrangheta, che a Milano da sempre vivono un legame a doppio filo con l’affarismo e la politica. E la Lega che fa, finge di non sapere? È ora che Milano apra gli occhi, e che impari da chi, come a Palermo, fa dell’antimafia una autentica battaglia di civiltà.
circolo Arci BellezzaVia Giovanni Bellezza 16 Milano