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Fantocci che impiccano Greta

Hanno preso un pupazzo con le sembianze di Greta Thunberg e hanno deciso di impiccarlo sotto un ponte a Roma. Tanto che c’erano ci hanno messo anche un messaggio di quelli che vorrebbe essere solenne e invece non significa nulla: “Greta is your God”, scritto in inglese perché questi quando fanno una cagata vogliono anche sentirsi internazionali. Vorrebbero essere Banksy e invece sono degli imbecilli che vomitano addosso a qualcuno di conosciuto sperando di avere un po’ di riflesso. E invece tornano solo schizzi.

Eppure i fantocci, quelli veri, non sono come quel pupazzo appeso sotto al ponte: i fantocci veri sono quelli che hanno bisogno di strusciarsi contro qualcuno, possibilmente in evidenza, per ritagliarsi un po’ di notorietà e per provare a redimere la propria invidia e i propri fallimenti. Sono quelli che ancora non hanno capito che lo scopo di una ragazzina di sedici anni (e in fondo il suo valore) è quello di avere acceso una discussione su un tema urgente e spesso troppo dimenticato: prendersela con lei piuttosto che discutere delle proprie tesi sul cambiamento climatico è da fantocci, appunto.

Sono fantocci quelli che ancora insistono a contestare le soluzioni di Greta senza rendersi conto che lei stia semplicemente evidenziando un problema: se vi sentite soddisfatti a discutere della giustezza di manifestare perdendo un giorno di scuola forse qualcuno dovrebbe avvisarvi che state discutendo di altro. Del resto proprio Greta all’inizio della sua protesta, quando era sconosciuta, ripeteva spesso: «Perché dovrei studiare se i capi di governo non ascoltano quello che dice la scienza?». Ecco, questa è una buona domanda.

Sono fantocci quelli che usano una ragazzina (e poi notatelo, per favore, sempre con le donne escono gli istinti peggiori dei vigliacchi, sempre così) per volere combattere il mondo. Fate una cosa: uscite di casa, metteteci la faccia, spiegate le vostre idee e poi voltatevi a vedere quanti e come vi seguono.

Perché in fondo da sempre gli odiatori provano a travestirsi di contenuti ma senza odio rimangono in mutande, vuoti, sono niente.

Buon martedì.

L’articolo Fantocci che impiccano Greta proviene da Left.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/10/08/fantocci-che-impiccano-greta/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Quando l’italofobia era l’isteria collettiva

Fa bene ricordare, allenare la memoria. Per questo torna utile l’articolo di Giovanna Nuvoletti per La Rivista Intelligente:

Per decenni gli americani bianchi, i discendenti dei coloni, hanno odiato gli italiani in maniera feroce e sistematica. Dalla fine del XIX secolo agli anni ’30 del XX siamo stati probabilmente i più detestati e temuti.
Sbarcati a milioni, alla lettera, ci chiudevamo nelle nostre comunità, spesso ostaggi di connazionali che ci vendevano come schiavi di fatto. Non imparavamo la lingua, non mandavamo i bambini a scuola (ma a lavorare o a mendicare), rifiutavamo le nuove usanze e coltivavamo le nostre incomprensibili tradizioni.
Intorno al 1920 a New York arrivavano così tante navi da intasare il porto. Intercettate al largo, le imbarcazioni provenienti dall’Italia venivano dirottate verso Boston.
Eravamo classificati come “negroidi”: troppo vicini all’Africa, si diceva, per non avere “sangue negro” nelle vene. Prova ne fosse il colorito olivastro che TUTTI avremmo avuto.
Venivamo considerati un pericolo subdolo: a differenza di neri, asiatici e ispanici, gli italiani dalla carnagione più chiara potevano essere scambiati per bianchi, a un esame superficiale, quindi per noi era più facile “contaminare la razza bianca”.
Un italiano che intrattenesse una relazione con una donna bianca rischiava il linciaggio, come i neri.
Il Ku Klux Klan ci equiparava in tutto e per tutto ai neri: da impiccare al minimo pretesto, così prima o poi avremmo capito di restare a casa nostra.
Negli stati del sud ancora oggi perdura la convinzione che siamo non-bianchi, al pari degli ispanici.
[Nel 1973 Nixon, poco prima di essere spazzato via dallo scandalo Watergate, disse che eravamo diversi da loro, ci vestivamo in modo strano, puzzavamo di aglio ed era impossibile trovarne uno onesto.]

Immigrazione senza controllo
Immigrazione senza controllo

Anche gli altri immigrati ci odiavano. Accettavamo salari e condizioni di lavoro che ormai irlandesi, olandesi e francesi rifiutavano. Avevamo sostituito i neri nelle piantagioni, mandavamo all’aria le prime contrattazioni sindacali.
I meridionali soprattutto erano considerati “inadatti a imparare o mantenere qualsiasi lavoro, inclini per natura alla violenza”, incompatibili con lo stile di vita americano. Per un certo periodo siciliano o napoletano è stato sinonimo di “feroce bandito”.
Peccato che, per i loro esperti, il meridione cominciasse a Padova. Sotto Padova, tutti mafiosi; sopra Padova, invece, biologicamente stupidi, mentalmente inferiori al resto d’Europa.
Contro nessun altro si è scatenata una simile campagna di odio. Si arrivò a una vera e propria italofobia. Il principale veicolo di diffusione fu la stampa, sia quella ufficiale che quella clandestina, creata apposta per perseguitarci. Contro nessun altro è stata adoperata una tale mole di articoli denigratori, vignette insultanti, perfino canzoncine.
Ci rubano il lavoro, stuprano le nostre donne, non si vogliono integrare, corrompono il nostro spirito, si diceva. Chiudiamo le frontiere, bombardiamo le navi al largo, lasciamoli marcire nei porti, non facciamogli toccare terra, scrivevano i giornali.
Professano una strana religione, si insisteva, che niente ha a che fare con i nostri valori. Un misto di paganesimo e superstizione, impossibile da sradicare.
Eravamo raffigurati come orrendi sorci che nuotavano verso la riva con il coltello tra i denti. Venivano mostrati gli “argomenti” migliori per trattare con noi: gabbie, randelli, corda e sapone.
Giravano saporite barzellette: sapete quando un italiano vede il sapone per la prima volta? Quando lo impiccano

Tampa 1910 - Costanzo Ficarotta e Angelo Albano linciati
Tampa 1910 – Costanzo Ficarotta e Angelo Albano linciati

Ammazzare un italiano era di fatto tollerato. Bastava dire: “Mi ha aggredito lui” e la legittima difesa era scontata. Nemmeno si arrivava al processo. Caso chiuso.
Se vittima e assassino erano entrambi italiani, il disinteresse era quasi totale: finché ci ammazzavamo tra di noi andava bene.

(continua qui)