Morire per una candela
La striscia di Gaza ancora senza elettricità e la popolazione rimasta fortemente colpita dalla morte di tre fratelli bruciati vivi in un ospedale a Dir el Balah, nella notte fra domenica e lunedì.
IL FUOCO ALL’OSPEDALE – I tre bambini sono morti nell’incendio provocato da delle candele utilizzate per far fronte alla mancanza di luce elettrica. Intanto, l’opinione pubblica ha attribuito la responsabilità al governo della striscia di Gaza e a quello israeliano per il mancato accordo tra i due sul problema delle forniture di carburante. La Croce rossa internazionale ieri ha consegnato 150 mila litri di gasolio ricevuti da Israele agli ospedali di Gaza.
Chissà come ne avrebbe scritto Vik Vittorio Arrigoni, mentre il processo sulla sua morte ha il suono della farsa come ha scritto Francesco Battistini, inviato in Medio Oriente per il Corriere della Sera:
«Niente processo! Ragioni di sicurezza! Non ha visto che gl’israeliani bombardano? ». Ma se hanno smesso da tre giorni… «No, è troppo pericoloso. Per l’incolumità dei giudici, degl’imputati e anche vostra. Giusto rinviare». A quando? «Non lo so». La delusione è di pochi. Qualche amico, qualche giornalista, nessuno che si sorprenda. Va così da mesi: una procura non tradotta, una carta senza timbro, un testimone assente (in)giustificato, il pubblico ministero che s’è dimenticato a casa le domande da fare, gli avvocati che non possono stare vicino alla gabbia… «Ogni volta ne inventano una», sorride Nathan Stuckey, 34 anni, che faceva il broker a Chicago e adesso vive da cooperante dell’Ism, l’International Solidarity Movement: «Diciamo che i tribunali veri sono un’altra cosa. E che l’attenzione del mondo, ecco, non è proprio quella del processo O.J. Simpson…». In piedi, entra la corte. Anzi no.