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Isola Capo Rizzuto

Abbas intanto è recluso, per niente

Abbas Mian Nadeem, un ragazzo pakistano con regolare permesso di soggiorno, è finito per errore nel Cara di Isola Capo Rizzuto insieme a migranti trovati positivi al Covid. Lui è sieropositivo, malato di epatite, immunodepresso e in quel luogo la sua salute è fortemente a rischio

È una storia che inizia con una pesca a strascico solo che si pescano uomini, mica pesci. L’hanno raccontata Alessia Candito e Floriana Bulfon per Repubblica e inizia a Amantea, in Calabria, dove i giorni scorsi molti cittadini sono scesi in piazza per protestare contro il trasferimento di alcuni migranti trovati positivi al Covid. Immaginate la scena: arrivano i mezzi per trasferire 11 persone da Amantea al Cara di Isola Capo Rizzuto. La struttura di Amantea è presidiata dai militari e molta gente esulta per essere riuscita a liberarsi dal peso di questi negri, sporchi e forse malati. Ma fin qui la storia non stupisce, è una storia che abbiamo già sentito in questi anni.

I militari arrivano a raccogliere le persone e a un certo punto una donna da una finestra si mette a urlare «Anche lui! Anche lui! Prendete anche lui!» e indica un altro ragazzo, lì nei pressi della struttura, anche lui nero per cui nella pesca a strascico il nero va con il nero. Prendono anche lui.

Lui è Abbas Mian Nadeem, un ragazzo pakistano con regolare permesso di soggiorno che vive da qualche anno a Amantea, si arrangia con qualche lavoretto e si trovava in quel momento in quel posto perché sa bene cosa significhi attraversare il mare e quindi aveva deciso di portare supporto e qualcosa di utile ai suoi compagni di sventura. Una persona legittimamente sul suolo italiano e legittimamente impegnata a portare solidarietà. Nel dubbio l’hanno caricato ed è finito anche lui al Cara di Isola Capo Rizzuto, una struttura in condizioni vergognose dove qualche materasso dovrebbe sembrare un letto. Il Cara di Isola Capo Rizzuto, tanto per capirsi, è lo stesso che stava nelle mani del clan di ‘ndrangheta Arena con un prete come prestanome.

All’arrivo al Cara qualcuno si accorge che le persone sono 12 rispetto alle 11 programmate, si prova a fare notare l’errore, Mian Nadeem prova a spiegarsi non accade niente. Niente. Il ragazzo, illegalmente recluso, contatta giornalisti e associazioni ma non si riesce a sbrogliare questa kafkiana situazione. Ma c’è di più: Mian Nadeem è sieropositivo e malato di epatite quindi immunodepresso e in questo momento sta con persone in quarantena per rischio coronavirus. Immaginate l’odore della paura.

Lui ha girato anche un video per mostrare le terribili condizioni in cui si ritrova ma ieri hanno tolto l’elettricità e non riesce nemmeno a caricare il suo telefono per comunicare con l’esterno. L’associazione La Guarimba Film Festival si è mossa per chiedere un intervento della Croce Rossa e della Questura. Per ora tutto tace. Abbas intanto è recluso, per niente.

Il Paese che siamo.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La ‘ndrangheta, il prete e il calcio come arma lì a Isola Capo Rizzuto

(un gran bel pezzo di Giuseppe Baglivo)

“La società di calcio di Isola Capo Rizzuto è gestita da Leonardo Sacco formalmente, sebbene colui il quale sostanzialmente la gestisce è il prete don Edoardo Scordio”. E’ un fiume in piena Santo Mirarchi, il collaboratore di giustizia gestore degli affari illeciti del clan Arena su Catanzaro Lido che, in nuovi e recenti verbali finiti agli atti dell’inchiesta denominata “Jonny”, getta un fascio di luce su rapporti sinora rimasti nell’ombra aprendo ulteriori filoni investigativi e chiamando in causa da vicino pure il “mondo” del pallone.

“La società di calcio è importante – spiega infatti Mirarchi ai magistrati della Dda di Catanzaro – in quanto consente di avvicinare imprenditori col pretesto di chiedere la sponsorizzazione”. Nella vicenda assume così un ruolo importante direttamente colui che viene ritenuto come il “cassiere” e “contabile” del clan Arena, ovvero Paolo Lentini, finito in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo il collaboratore di giustizia sarebbe stato proprio Paolo Lentini ad intimare al prete di contattare imprenditori che quindi erano costretti al pagamento estorsivo. Il prete contattava gli imprenditori – chiarisce Mirarchi – anche con il pretesto di chiedere loro donazioni per un’associazione che si occupa di volontariato che lo stesso prete gestisce”.

Gli imprenditori, Lentini e don Scordio. “Ribadisco che gli imprenditori venivano indicati al prete da Paolo Lentini ed erano tutti imprenditori del Crotonese. E’ stato proprio il prete nell’estate del 2015 a contattare il nuovo gestore del villaggioValtur di Isola di Capo Rizzuto – continua ancora il pentito – in modo tale che questo fosse costretto all’assunzione di tutta una serie di persone indicate da Paolo Lentini. Le assunzioni erano solo sulla carta, perché le persone non lavoravano al villaggio. L’80% dello stipendio veniva versato nelle casse della bacinella isolitana, la restante parte rimaneva agli assunti. Costoro venivano assunti per 5 mesi, poi, godevano della indennità di disoccupazione che rimaneva loro per l’intero. Sono state assunte solo persone di Isola di Capo Rizzuto. Gli stessi imprenditori contattati erano costretti ad elargire danaro sotto forma di sponsorizzazioni. Io ho incontrato in tante occasioni il prete – ricorda Santo Mirarchi – in quanto Paolo Lentini si fidava di me e di Nico Gioffrè per cui non aveva remore ad incontrarlo sebbene mi raccomandasse sempre di tenere riservato il prete che non doveva farsi vedere con noi delinquenti. Infatti, incontravamo il prete di domenica, in alcuni campetti da calcio che sono vicini al cimitero di Isola di Capo Rizzuto”.

I lavori al Centro profughi e i tentati incontri con i vertici del Crotone calcio. Ci sarebbe stato quindi un diretto collegamento fra il parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio ed il clan Arena, con favori di non poco conto che il sacerdote avrebbe elargito in favore dei mafiosi locali. In tal senso sono significative le confessioni del pentito Santo Mirarchi. “Lo stesso prete – incalza il collaboratore – ho sentito che, seguendo le indicazioni di Paolo Lentini, affidava ad imprese a noi vicine i lavori di giardinaggio nel Centro profughi. Ricordo inoltre di un incontro di una domenica, sempre presso i campetti, fra me, il prete e Paolo Lentini, nel corso del quale si è parlato del fatto che il prete avrebbe dovuto provocare un incontro fra Paolo Lentini ed il presidente del Crotone Calcio o un loro rappresentante. Infatti, Paolo Lentini voleva richiedere pagamenti a titolo estorsivo in percentuale rispetto agli incassi per la vendita dei biglietti. “Paolo Lentini si era fissato – conclude il collaboratore di giustizia – in quanto voleva avere un contatto con un imprenditore edile che lavora presso il quartiere Farina di Crotone, che faceva da sponsor al Crotone Calcio e che Paolo Lentini sapeva essere amico del presidente del Crotone Calcio”. Tentativi di contatti sui quali gli inquirenti sono impegnati a fare piena luce.

‘Ndrangheta: ecco gli arrestati dell’operazione Jonny

Questi i nomi delle persone per le quali la Dda ha disposto il fermo nell’operazione “Jonny”, che ha messo nel mirino le infiltrazioni della cosca Arena nel Cara di Isola Capo Rizzuto:

ABBRUZZO Salvatore, alias “Tubetto”, nato a Catanzaro il 05.07.1977;
ARENA Antonio Francesco il 27/03/1991 (figlio di Giuseppe ARENA tropeano);
ARENA Francesco cl. ’79, nato Crotone il 12/03/1979;
ARENA FRANCESCO Antonio detto “Antonio” nato il 19.09.1980 (figlio di ARENA Pasquale alias “Nasca”);
ARENA Francesco cl. ’60, nato a Isola Capo Rizzuto il 21/11/1960;
ARENA Giuseppe nato il 16.06.1986 (figlio di ARENA Pasquale alias “Nasca”);
ARENA Pasquale nato a Crotone il 03.12.1992 (figlio di Giuseppe ARENA tropeano);
ARENA Salvatore “Scrucco” , nato il 20.09.1959, nato a Isola di Capo Rizzuto il 20.09.1959, residente a Isola Capo Rizzuto, via Fiume Naviglio;
ARENA Salvatore, alias “ricchia” nato il 25.7.1969;
BABBINO Luciano, nato a Catanzaro il 08.03.1979;
BRUNO Francesco cl. 70, nato a Vallefiorita il 24.07.1970;
CATARISANO Leonardo, (detto Nando), detto Nando, nato a Borgia (CZ) il 15.06.1954;
COLACCHIO Salvatore, nato ad Isola Capo Rizzuto il 23.09.1971;
COSCO Giuseppe, nato a Catanzaro il 13.07.1980;
DANIELI Salvatore (detto Turi), nato a Catanzaro il 30.05.1984;
DI GENNARO Raffaele, alias “Lello”, nato a Crotone (Kr) il 02.07.1970;
FOSCHINI Salvatore, nato a Crotone (Kr) il 02.11.1962;
GARERI Luigi “giobbo”, nato a Isola di Capo Rizzuto il 13.10.1958;
GENTILE Tommaso cl. 80, nato a Crotone il 08.09.1980;
GIOFFRE’ Nicola, nato a Taurianova il 29.12.1975;
GODANO Vincenzo, nato a Crotone il 23.12.1987;
GRECO Maurizio n. il 18.03.1980 “spinzu”, nato il 18.03.1980;
GUALTIERI Francesco, nato a Catanzaro il 19.10.1980;
GUARNIERI Andrea, nato a Milano il 02.05.1994;
KANE Leye detto “marco” nato Dakar (Senegal) il 28.04.1981;
LENTINI Paolo, alias “pistola” nato a Crotone il 07.11.1964;
LENTINI Rosario, alias “liborio” nato il 19.10.1960;
LENTINI Vincenzo di Paolo, nato a Crotone il 06.08.1990;
LIONETTI Costantino, nato a Melito Porto Salvo (RC) il 7.6.1973;
MAMMONE Francesco, nato a Catanzaro il 26.08.1979;
MANFREDI Antonio alias “mussutu” o porziano, nato a Crotone il 29.05.1978;
MARTIRADONNA Francesco nato a Bari 27.03.1973;
MINIACI Luigi, nato a Catanzaro il 19/10/1975;
MORELLI Pasquale cl. 1947 alias “cavuzi larghi”, nato a Isola di Capo Rizzuto il 11.07.1947;
MORELLI Pasquale cl. 92, nato a Crotone il 07.01.1992;
PIRRO’ Fortunato, alias “barzetta” nato il 14.10.1969;
POMPEO Antonio, nato a Isola Capo Rizzuto il 22.04.1968;
PULLANO Giuseppe alias “tifune” o “molla” nato a Isola di Capo Rizzuto il 04.12.1962;
ROMANO Francesco, nato a Crotone (Kr) il 10.01.1982;
ROMANO Salvatore, nato a Rocca di Neto (Kr) il 18.03.1950;
ROMEO Pietro, nato a Cropani il 01.10.1967;
SAPORITO Antonio, nato a Crotone il 16.12.1978;
TAVERNA Francesco, nato a Crotone (Kr) il 09.02.1974;
VALEO Roberto, alias Killer, nato a Scherzingen (Svizzera) il 14.07.1972;
POERIO Antonio, nato a Isola di Capo Rizzuto (KR) il 31/07/1971;
POERIO Domenico, nato a Crotone il 30.12.1974;
POERIO Fernando, nato a Isola di Capo Rizzuto (KR) il 06/09/1966;
POERIO Pasquale, nato a Crotone il 10.03.1974;
SACCO Leonardo, nato a Cariati (CS) il 12/10/1979;
SCORDIO Edoardo, nato a Petilia Policastro (KR) il 07/01/1947;
LANATA’ Maria, nata a Isola di Capo Rizzuto il 23.05.1972;
CANTORE Francesco, nato a Scandale (KR) il 27/11/1975;
COZZA Aurora, nata a Isola di Capo Rizzuto il 24.12.1972;
DE FURIA Salvatore, nato a Catanzaro il 12.01.1974;
MANFREDI Luigi, cl. 74 alias “Gino Porziano”, nato a Crotone il 18/08/1974;
MANFREDI Mario nato a Crotone il 23/12/1991;
MERCURIO Domenico, nato a Crotone il 30/06/1970;
MURACA Angelo, nato a Isola di Capo Rizzuto il 11.09.1959;
MURACA Stefania, nata a Crotone il 14.02.1979;
MUTO Beniamino, nato a Isola di Capo Rizzuto (KR) il 26/01/1972;
MUTO Benito, nato a Crotone l’8 marzo 1976;
NICOSCIA Domenico, nato a Crotone il 7 agosto 1978;
NICOSCIA Pasquale, nato a Crotone il 23 ottobre 1991;
RANIERI MARIO, nato a Crotone il 22 marzo 1980;
RASO Ercolino, nato a Isola Capo Rizzuto il 30 agosto 1972;
TIPALDI Santo, nato a Crotone il 12 settembre 1978;
POERIO Antonio, nato a Crotone il 10 febbraio 1981;
GUARERI Mario, nato a Isola Capo Rizzuto il 16 febbraio 1963.

CROTONE I soldi destinati dallo Stato per l’accoglienza dei migranti finivano dritti dritti nella “bacinella” del clan Arena. Cifre da capogiro: su 103 milioni stanziati in meno di dieci anni, almeno 36 sono stati distratti in un modo tanto semplice quanto ingegnoso. I protagonisti di questo vorticoso giro di denaro sono il governatore delle Misericordie, Leonardo Sacco, e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto. Entrambi sono finiti in carcere, con l’accusa di associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione “Jonny” condotta dalla Dda di Catanzaro, che ha svelato gli interessi del clan Arena nel Cara crotonese. Sono loro i veri promotori di un business illecito che in un solo anno, il 2009, ha permesso di stornare qualcosa come 6 milioni di euro, sul totale dei 13 a disposizione della Fraternita di Misericordia di Isola in virtù di convenzioni stipulate con il ministero dell’Interno per la gestione dei centri per l’accoglienza. In quell’anno Sacco avrebbe distratto, «con il concorso morale e materiale del prete don Edoardo Scordio, beneficiario della condotta», somme pari a 3 milioni di euro: 528mila destinati proprio alla parrocchia per non meglio precisati prestiti e saldi di note di debito; 432mila attraverso prelievi in contanti dai conti della Fraternita; 2 milioni per mezzo di investimenti immobiliari.

LA VECCHIA LOCANDA Ma Sacco, secondo gli inquirenti, poteva contare anche su Stefania Muraca, titolare della ditta “La vecchia locanda”, che gestiva l’appalto di catering per la fornitura di pasti nel centro di accoglienza Sant’Anna, e sui suoi soci Angelo Muraca e Antonio e Fernando Poerio. Gli investigatori hanno annotato voce per voce le somme destinate a finalità che con l’accoglienza c’entravano poco: ci sono 105mila euro prelevati in contanti per fini non chiariti, altri 180mila distratti a favore di Stefania Muraca, 385mila ad Antonio Poerio, 234mila a Fernando Poerio, 209mila e Silvia Muraca, 386mila e Maria Lanatà. Il totale fa 2,8 milioni. Nel solo 2009, annotano ancora gli inquirenti, le somme non destinate alle finalità di pubblico interesse sono state pari a 5,8 milioni, «con la circostanza aggravante dell’avere agito al fine di agevolare le illecite attività consortili della locale di ‘ndrangheta (gli Arena, ndr)», destinando quindi parte dei proventi illeciti alla «bacinella» della cosca, «in tal modo concorrendo all’acquisizione di maggiori profitti e di fatto incrementando le capacità economiche di quest’ultima».
Stesso canovaccio illegale nel 2010, quando il “sistema” messo in piedi da Sacco e Scordio ha “ingoiato” circa 3 milioni di euro, tramite prelievi in contanti, acquisto di immobili, finanziamenti e pagamenti di fatture alla società Sea Lounge srl, di fatto riconducibile a Sacco e ad Antonio e Fernando Poerio. Così la bacinella cresceva sempre più.

(fonte)

Ecco chi lucra sui migranti: gente da terraferma (amica di Angelino Alfano)

Impeccabile Giovanni Tizian (qui):

C’è un’inchiesta antimafia che fa tremare i signori dell’accoglienza. Descrive nei dettagli le origini di un impero fondato sul business dei migranti. Con la ’ndrangheta protagonista, infiltrata nelle pieghe dell’emergenza. Pronta a lucrare sulla pelle dei rifugiati. Un crinale, quello dell’accoglienza, in cui si intersecano interessi diversi. Capi bastone, imprenditori e politici. Ognuno con un ruolo ben determinato. Ecco perché l’indagine sull’accoglienza dell’antimafia di Catanzaro fa paura a molti. E crea imbarazzo a quei politici, ministri, sottosegretari e prefetti che negli ultimi anni hanno avuto a che fare con Leonardo Sacco, il governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto, satellite calabrese della storica Confraternita delle Misericordie, che ha visto la luce nel lontano 1244 e oggi conta su 800 cellule sparse per l’Italia. Sacco ha ricoperto peraltro la carica di vicepresidente nazionale della Confraternita.

Ora è presidente della federazione Basilicata-Calabria, che partecipa al Consorzio “Opere di Misericordia”. L’indagine in realtà va avanti da tempo. La prima informativa reca la data del 2007. Sono trascorsi dieci anni. Un’eternità, che ha permesso al sistema su cui il Ros dei Carabinieri aveva acceso un faro di sopravvivere serenamente e di continuare a fare incetta di appalti, da Crotone a Lampedusa. Sacco può contare su amicizie trasversali, dal centrosinistra al centrodestra. Nel tempo ha costruito una rete di rapporti diplomatici con le istituzioni che si occupano dell’emergenza immigrazione.

ACCOGLIENZA E’ POTERE

Sacco è tante cose. Imprenditore di successo, spazia fino al noleggio di imbarcazioni. Manager della solidarietà. Presidente della squadra di calcio locale che milita in Eccellenza. Ma mister Misericordia è soprattutto un personaggio abile nel tessere relazioni istituzionali. Per capire meglio la sostanza di questi rapporti è utile ricordare un’immagine scattata nel febbraio di tre anni fa alla convention dei vertici calabresi del partito del Nuovo centrodestra convocata a Cosenza. In quell’istantanea c’è Leonardo Sacco in posa con il ministro Angelino Alfano, all’epoca numero uno del Viminale. Il ministero con competenza diretta nell’emergenza sbarchi.

All’evento era presente anche Giuseppe Scopelliti: un mese dopo sarà condannato in primo grado e darà le dimissioni da presidente della Regione. Quella sera con Leonardo Sacco, al fianco di Alfano, c’era anche un sorridente Antonio Poerio, che fino al 2011 ha gestito il servizio catering all’interno del centro di accoglienza crotonese. Fino a quando la prefettura non gli ha revocato la certificazione antimafia. Poerio è l’imprenditore che il Ros già nel 2007 definiva in contatto con alcuni personaggi del clan Arena di Isola Capo Rizzuto. Qualche mese dopo la foto di rito tra Alfano, Sacco e Poerio, l’associazione Misericordia ottiene un’importante commessa. La prefettura di Agrigento, con procedura negoziata e d’urgenza, gli affida la gestione del centro di prima accoglienza di Lampedusa. Per dirigere la struttura viene scelto Lorenzo Montana. Travolto, però, dalle polemiche per la sua parentela con il fratello del ministro dell’Interno. Infatti la moglie di Alessandro Alfano è la figlia di Montana. Messo alle strette il prescelto ha poi deciso di rinunciare all’incarico.

Ora, però, l’Espresso è in grado di ricostruire la vicenda. Fu la Misericordia a fare il suo nome, come Montana stesso ha ammesso. Risulta tuttavia che il curriculum del suocero di Alfano junior non fosse adatto a quel ruolo. Lui, in fondo, proveniva dall’Agenzia delle Entrate e con l’immigrazione non aveva mai avuto a che fare. Ma il dato rilevante è un altro: quella nomina e la successiva bufera mediatica hanno mandato su tutte le furie il prefetto Mario Morcone, capo dell’Immigrazione del Viminale, che con Leonardo Sacco è in contatto continuo. I bene informati riferiscono di un Morcone decisamente irritato per la mossa ritenuta un vero azzardo. E di un Leonardo Sacco che avrebbe persino sollecitato l’intervento della sottosegretaria ai Beni culturali Dorina Bianchi. Con l’obiettivo di far capire ad Alfano che non era sua intenzione metterlo in difficoltà con la nomina di Montana.

L’episodio è tra quelli che gli investigatori dell’antimafia stanno rileggendo alla luce di quella sbiadita informativa di dieci anni fa, in cui il nome di Sacco e Poerio veniva accostato al potente clan Arena di Isola Capo Rizzuto. Dorina Bianchi, 50 anni, è molto vicina al ministro fresco di nomina agli Esteri. La storia politica della parlamentare è costellata da cambi di casacca: in quindici anni sette partiti. Democristiana di base con alcune puntate nel centro sinistra, Pd incluso, per poi tornare a destra, Pdl prima e Ncd dopo con il collega Alfano. Bianchi è in ottimi rapporti con il governatore Sacco. La parlamentare d’altronde è di Crotone. E qui ha corso come candidata a sindaco nel 2011. Era la parentesi berlusconiana.

Il Cavaliere in persona chiuse la campagna elettorale della sottosegretaria. Non bastò, perché perse al ballottaggio. Dorina l’alfaniana, tuttavia, si è distinta anche per un’altra battaglia che stava molto a cuore a Leonardo Sacco: l’aeroporto di Crotone. Sacco, infatti, è stato nel Cda della società di gestione. Per questo nell’onorevole Bianchi ha sempre cercato un appoggio, anche solo per sollecitare l’intervento dell’allora ministro Ncd Maurizio Lupi. Che in effetti volerà nel crotonese per rassicurare gli interessati. Insomma, Sacco aveva trovato in Bianchi una chiave per parlare ai ministri della Repubblica. Eppure, per quanto il governatore calabrese della Misericordia cercasse di presentarsi come un paladino della legalità, organizzando convegni sulla mafia insieme a illustri ospiti, le ombre e i sospetti sulla sua figura erano noti da tempo. Dicevamo della trasversalità politica di Sacco. Ha, infatti, ottimi rapporti con alcuni Democratici renziani. Alle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato alla presidenza della Regione, ha fatto il tifo per Gianluca Callipo, sindaco di Pizzo Calabro di rito renziano e membro dell’Assemblea nazionale del Pd assai quotato tra gli eletti del giglio magico. Il governatore dell’accoglienza ha poi avuto la grande fortuna di conoscere Matteo Renzi, poco prima che diventasse premier. Era il 2012 e Sacco, ai tempi numero due della Confraternita, ha incontrato l’allora sindaco di Firenze durante un evento pubblico sul volontariato. Alle buone relazioni politiche, si aggiungono poi quelle col mondo cattolico ed ecclesiastico. L’enfant prodige dell’accoglienza calabrese è l’allievo di don Edoardo Scordio: il parroco fondatore della Misericordia di Isola, e in contatto con i vertici dei padri Rosminiani, ordine a cui appartiene il sacerdote.

I SOLITI SOSPETTI

Tornando al rapporto dei detective di dieci anni fa, dal contesto descritto dai carabinieri del Ros poco o nulla è cambiato. Fatta eccezione per qualche sigla aziendale. Di quell’informativa dettagliata, tuttavia, si sono perse le tracce. Già allora gli investigatori gettavano un’ombra inquietante sulla gestione del centro di accoglienza crotonese. L’ipotesi mai tramontata è che il clan Arena di Isola Capo Rizzuto si fosse inserito nel business dell’accoglienza. Grazie proprio alla fornitura dei pasti all’interno della struttura dello Stato. Non deve sorprendere, del resto questa ’ndrina è dotata di uno spiccato fiuto per gli investimenti di nuova generazione. È accaduto, per esempio, con il boom delle energie alternative. Gli Arena hanno riempito di pale eoliche le campagne circostanti, in combutta con società estere. Il capostipite è il boss Nicola Arena. Il nipote, Carmine, fu ucciso nel 2004 a colpi di bazooka mentre si trovava nella sua auto blindata. Le nuove leve continuano a dettare legge.

DAL VENTO AI MIGRANTI

Che siano pale eoliche, rifiuti o immigrati, agli imprenditori delle cosche interessa relativamente. Per il semplice fatto che dove girano quattrini il clan locale mette il naso ed entrambe le mani. Nel documento investigativo del 2007, letto dall’Espresso, un’intercettazione rafforza il sospetto che i boss abbiano mangiato una fetta della torta milionaria dell’affare: «Questi neri girano per Isola Capo Rizzuto… di conseguenza tutto ciò che li riguarda è competenza nostra». Il sistema lo spiegava Antonio Poerio, altro grande protagonista dell’accoglienza calabrese che compare nello scatto insieme ad Alfano e all’amico governatore delle Misericordia. Poerio è un imprenditore noto nel settore del catering. Nell’informativa del Ros già veniva indicato come in contatto con una famiglia della ’ndrangheta locale. Fino al 2011 con la sua impresa – la Vecchia Locanda- riforniva ufficialmente la struttura d’accoglienza gestita dalla Misericordia. Pasta, patate, riso, pollo e verdure entravano nel centro a bordo dei mezzi targati Vecchia Locanda. Questo fino a quando la prefettura di Crotone non è intervenuta sospendendo il certificato antimafia alla società di Poerio. Un incidente di percorso che ha obbligato la Misericordia a rescindere il contratto. Al suo posto è subentrata la Quadrifoglio Srl. Il proprietario si chiama Pasquale Poerio, cugino del Poerio della Vecchia Locanda. Insomma, l’affare è rimasto in famiglia. Tuttavia l’azienda di Pasquale gode di referenze molto in alto: la società Quadrifoglio, infatti, aveva stipulato con la prefettura una convenzione per fornire il servizio di mensa ai poliziotti della questura crotonese. Un curriculum, perciò, al dì sopra di ogni sospetto. Il titolare, Pasquale Poerio, è anche consigliere comunale di Isola Capo Rizzuto, area centrodestra, e appoggia l’attuale sindaco. Due anni fa Sacco, rispondendo a un articolo pubblicato sull’Espresso definiva l’associazione che rappresenta «il braccio dello Stato» nell’accoglienza. Al pari, in pratica, dei colossi legati a Comunione e liberazione e di Legacoop che hanno trasformato l’accoglienza in un business, come mafia Capitale ha insegnato.

IL PADRINO

Alcune foto raccontano la vita pubblica di Sacco. Altre invece ne rivelano il lato più controverso. Come lo scatto che lo immortala al battesimo del figlio di un personaggio del clan Arena. Sacco è lì in veste di padrino. Un indizio, è la tesi dei detective, della vicinanza di Sacco alla criminalità organizzata. La foto è stata sequestrata per caso nel 2010, durante il blitz dei carabinieri di Modena che ha portato all’arresto di Fiore Gentile in un’indagine dell’antimafia di Bologna su un giro di riciclaggio tra Calabria, Emilia e Svizzera. Sacco versione padrino di battesimo assume ancora più importanza agli occhi degli investigatori se legato a un’altra immagine fino ad allora poco valorizzata. Si tratta di una riunione del 2005 tra importanti personaggi del clan Arena. Tra i presenti c’era Pasquale Tipaldi, che verrà ucciso la vigilia di Natale dello stesso anno. Davanti al bar dove gli uomini degli Arena si erano riuniti, al fianco di Tipaldi, i carabinieri riconoscono Leonardo Sacco. Un legame solido, quello tra Tipaldi e il governatore della Misericordia di Isola. A tal punto che la protezione civile della Misericordia utilizza il capannone che fu di Paquale Tipaldi, oggi intestato a suoi parenti. È lo stesso fabbricato dove viene ucciso il 24 dicembre di dodici anni fa dai killer della cosca avversaria.

UN LAVORO PULITO

Un tempo Crotone era la Torino del Sud, oggi di quell’industrializzazione sono rimaste solo le scorie velenose. Il merito di Sacco, perciò, è aver trasformato la solidarietà in un’industria moderna dell’accoglienza. Il centro per migranti è gestito almeno a partire dal 2007 da mister Misericordia. L’ indotto attorno è strepitoso: i cibi da preparare, giovani operatori da assumere, lavanderie industriali per pulire lenzuola e tovaglie. Subappalti, posti di lavoro, forniture. Tuttavia sarebbe stato semplice per i controllori (Prefettura e Viminale) bloccare l’infiltrazione denunciata dal Ros ormai 10 anni fa. Si sarebbe potuto evitare se solo quel fascicolo col timbro del 2007 avesse avuto una fortuna diversa. Intanto Leonardo Sacco ha coronato un successo dietro l’altro. Da tre anni ha ottenuto anche i finanziamenti per la gestione di due Sprar, in pratica gli appartamenti in cui i rifugiati alloggiano una volta ottenuto il riconoscimento. Ulteriori somme che entrano in cassa: gli enti locali sborsano 35 euro al giorno per i maggiorenni, 54 per i minori. E poi ci sono le due gare vinte. L’appalto del centro crotonese, 12 milioni e mezzo, e quello di Lampedusa, 4 milioni all’incirca, da dividere con la Croce Rossa. Quest’ultimo è stato assegnato nell’ottobre scorso: a gestirlo sarà il raggruppamento formato da Croce Rossa e Consorzio Opere di Misericordia, struttura della confraternita di cui fanno parte solo alcune realtà territoriali, tra queste la federazione Basilicata-Calabria presieduta da Leonardo Sacco. Il direttore, questa volta, non ha parenti ingombranti e proviene dalla Croce Rossa. Non vale per il catering: fornito sempre dalla Quadrifoglio, come del resto, è avvenuto negli anni scorsi, a partire dal 2014 quando a Lampedusa lavorava soprattutto la Misericordia di Capo Rizzuto. Nella forma nulla da eccepire: Il subappalto è previsto nel capitolato d’appalto. Tutto nella norma, dunque, se non fosse per quel filo che lega Lampedusa al lato più oscuro di Isola Capo Rizzuto.