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kashmir

I morti che parlano

David Barsamian non era venuto in India per comprare una miniera né per partecipare a un convegno. Era venuto solo per parlare con le persone. L’accusa nei suoi confronti, secondo le “fonti ufficiali”, era che durante la sua visita precedente aveva raccontato quello che succedeva nel Jammu e Kashmir e che i suoi servizi non erano “basati sui fatti”. Barsamian non è solo un giornalista, è un uomo che parla con le persone, per lo più con i dissidenti, delle società in cui vivono. È illegale che un turista parli con la popolazione dei paesi che visita? Sarebbe illegale se io andassi negli Stati Uniti o in Europa e scrivessi un articolo sulle persone che ho incontrato, anche se il mio racconto non fosse “basato sui fatti”? Chi decide quali “fatti” sono corretti e quali non lo sono?

Chissà se Barsamian sarebbe stato espulso se le conversazioni che ha registrato avessero esaltato l’imponente partecipazione alle elezioni nel Kashmir invece che raccontare come si vive in un paese con la più alta densità di militari del mondo (seicentomila uomini armati su una popolazione di dieci milioni di persone). O se avessero parlato delle operazioni di soccorso dell’esercito dopo il terremoto del 2005 invece che delle imponenti rivolte pacifiche che ci sono state per tre estati consecutive (che non hanno attirato l’attenzione dei mezzi d’informazione e che nessuno ha pensato di chiamare “primavera del Kashmir”). Tutto qui.