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Rendiamoci conto: con questa crisi si torna a parlare di Berlusconi presidente della Repubblica

La prima conseguenza della crisi di governo del Conte bis si annusa nell’aria, si legge sui giornali e circola tra i social: la destra, ringalluzzita dai problemi del governo, si spinge addirittura dove non ha mai osato e Silvio Berlusconi, quello stesso Berlusconi che negli ultimi anni galleggiava nella sua inconsistenza politica e tra i problemi dati dai suoi processi, improvvisamente si ridesta e diventa addirittura papabile per la presidenza della Repubblica.

Un disastroso capolavoro, non c’è che dire, se non fosse che il rischio è molto più concreto di quello che sembra. Matteo Salvini, interpellato sull’argomento a Non è l’Arena su La7, risponde: “Berlusconi candidato a presidente della Repubblica? Se mi chiede il mio parere personale, le dico di sì: secondo me può ambire al Quirinale“.

Con un anno di anticipo il leader leghista avanza la candidatura del leader di Forza Italia al Colle e in mente ha un piano perfetto: togliersi l’impiccio del Cavaliere decaduto in un centrodestra in cui tutti vogliono essere leader, assicurarsi una presidenza della Repubblica rassicurante e amica e spingere Silvio a non cedere a nessuna tentazione di governi di unità nazionale insistendo su nuove elezioni.

Avrebbe potuto essere solo una boutade (una delle tante) del leader leghista, se non fosse che la palla è stata presa subito al balzo dal deputato di Forza Italia Gianfranco Rotondi, che è corso a dichiarare: “Berlusconi è stato il fondatore della Seconda Repubblica, del bipolarismo, del centrodestra”. “In questo momento – ha continuato Rotondi – il centrodestra è maggioranza elettorale nei sondaggi e nel ‘sentiment‘ del Paese. L’elezione di Berlusconi al Quirinale sarebbe naturale, legittima e pacificatrice. Sarebbe, sarà”.

Così l’ex datore di lavoro del mafioso Mangano, l’amico intimo del condannato Marcello Dell’Utri che per conto di Berlusconi faceva da tramite con Cosa Nostra, un condannato in via definitiva per frode fiscale, l’imputato nel processo Ruby ter, l’indagato dalla procura di Firenze come presunto mandante occulto della stragi mafiose del 1993 di Milano, Roma e Firenze, quest’uomo oggi si ritrova tra i papabili presidenti della Repubblica.

Lega e Forza Italia si dicono già d’accordo, Giorgia Meloni per ora osserva e tace in attesa di prendersi la leadership del centrodestra. E nell’Italia del 2021 si discute di qualcosa che sarebbe stato osceno anche solo ipotizzare fino a qualche mese fa. Un altro piccolo capolavoro, sicuro.

Leggi anche:  1. La malattia morale e politica di chi invoca il ritorno di Berlusconi (di Marco Revelli) / 2. Il governissimo con Berlusconi è il simbolo di una politica marcia voluta da certi salotti e certe redazioni (di Luca Telese)

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Bibbia in mano, mascherina abbassata: quei simboli branditi per coprire il vuoto politico

È un neo-simbolismo furioso e coprente, solo che copre il vuoto, copre il niente che c’è sotto e tutta una serie di commentatori finiscono per analizzare il cerotto dimenticandosi che sotto c’è il nulla. È un neo-simbolismo che attraversa la politica internazionale e si appiattisce sulla comunicazione veloce che è solo un vomito di spot (e no, non è colpa dei social, lancerebbero le loro tiritere anche solo nei dieci secondi montati in qualche tg nazionale, allo stesso modo) e che ha bisogno di rendersi riconoscibile. Qualcuno dice “indossate le mascherine” e loro non indossano le mascherine, qualcuno protesta dall’altra parte del mondo per un razzismo cancellato solo sulla carta e Trump risponde con i poliziotti a cavallo e la Bibbia in mano, qualcuno lamenta le morti nere in mare (che chissà perché valgono meno dei morti sotto le ginocchia) e qualcuno risponde sferragliando il rosario, alcuni dettano una regola e altri violano le regole rivendicando la violazione come eroico dissentimento.

Da Salvini con la mascherina abbassata a Bolsonaro che si assembra fino a Trump che invoca i proiettili, la politica di questi giorni è tutta una lava di gesti brevi e di metafore belliche che non rispondono a una che sia una delle questioni che sono sul tavolo. Trump risponde alla violenza invocando ancora più violenza e poi lamentandosi della violenza degli altri: rispondere a una questione complessa con uno spot di qualche parola è più da incapaci che irresponsabili. I Gilet Arancioni invocano un complotto mondiale ordito per mettere in scena una finta pandemia ma non si capisce chi ci stia guadagnato e che cosa: a domanda non rispondono, sono i soliti poteri forti. Bolsonaro in Brasile ci avvisa che tanto “moriremo tutti” prima o poi: mo’ me lo segno, grazie per l’illuminante rivelazione.

Dovunque si gratti non ci sono mai soluzioni, una che sia una. Esistono solo per contrapporsi senza nemmeno sentirsi in dovere di proporre un’alternativa. Chiedete a Trump, Salvini o Bolsonaro quale sia la via per vincere: l’eliminazione degli avversari. Solo quello, solo così, come dei ragazzini che giocano a battaglia navale sul tavolo della cucina. Vivono solo di riflesso dei loro nemici, se glieli togli balbetterebbero per ore di riforme che li mostrerebbe per quelli che sono: muri, condoni, preghiere mimate, sostegno ai più forti, calpestamento dei più deboli. Modelli economici impraticabili e culto di se stessi. Sono il niente mischiato con niente che usa i simboli per nascondere le proprie pudenda.

Leggi anche: 1. Per la Festa della Repubblica in piazza ci vanno i nemici della Repubblica (di Marco Revelli) / 2. Roma, gilet arancioni in piazza del Popolo senza protezioni. Pappalardo: “Abbracciatevi!”. Troupe di La7 aggredita in diretta 

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‘Ndrangheta e impresa in Lombardia: questa sera proviamo a parlarne

Alle 22.30 su LA7 con Gianluigi Nuzzi. Se avete voglia e tempo, noi siamo lì.

 

La metastasi ndranghetista ha risalito l’Italia verso nord con aggressività nuove, e interessi in settori e aziende fino a ieri impensabili. Appuntamento sabato 13 aprile alle 22.30 con una nuova inchiesta di Gianluigi Nuzzi, ospite Giulio Cavalli.

Le dinamiche e le regole che hanno dominato per decenni le sorti del territorio calabrese si ritrovano oggi anche in provincia di Torino, Varese, Novara, Bologna, clonate ovunque, a partire dalla ricca Lombardia.
E qui una nuova generazione di giovani ndranghetisti gestisce le proprie reti di potere e di relazione col tessuto economico, forte di inedite e insospettabili collusioni.

Roma, LA7, Milano, Monza, in scena: dove sono questa settimana

Domani, martedì 15 maggio, alle 21 ospite a Quello che (non) ho, in diretta su LA7 dalle ore 21.

Mercoledì 16 alle 18, a Monza, Feltrinelli Libri e Musica in via Italia 41, con Pippo Civati presento il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO e parliamo di andreottismi in Lombardia.

Venerdì 18 alle 16 a Roma “Legalità, cittadinanza e istituzioni dello Stato nell’ambito della lotta alle mafie” con Danilo Chirico (presidente associazione DaSud) e Giovanni Impastato, Fondazione Internazionale Lelio Basso, via della Dogana Vecchia, 5.

Sabato 19 a Milano, Sala dell’acquario civico, viale Gadio 2, alle 14:  “La Tav della Lombardia – distruzione del territorio, mafie, Formigoni” presiede Maria Carla Baroni, Coord. regionale Fds presentazione: Ugo Boghetta, portavoce regionale Fds; Giuseppe Boatti, Politecnico di Milano interventi programmati: Andrea Di Stefano, rivista “Valori” Elena Lattuada, CGIL Lombardia Giulio Cavalli, consigliere regionale SEL Claudia Sorlini, Facoltà di Agraria Università di Milano Sergio Cannavò, Legambiente Lombardia Massimo Gatti, consigliere Fds provincia di Milano Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale di Milano conclusioni: Massimo Rossi, portavoce nazionale Fds

Sempre sabato 19 al Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco alle 21: L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” in scena con Cisco. Per info e prenotazioni telefono 0371/761268 o cel. 331/9287538 oppure via e-mail a info@teatronebiolo.org

Per tutti gli aggiornamenti c’è la pagine degli appuntamenti. Buona settimana.

Resta, Silvia. Usciamo noi dai tuoi cassetti.

Ci sono momenti nella vita in cui la confusione tutta sottosopra della propria vita è uno stato che ti rimbalza in pancia e solo dopo è una questione di cassetti e voci. Le mani messe dentro il proprio stomaco sono la fucilata dei codardi che vorrebbero giocare a fare i militari ma hanno il naso da pagliaccio della propria codardìa. Silvia Resta si è ritrovata una porta scardinata come fotografia di una violazione che ha sensi diversi. E immagino gli occhi di Silvia mentre frugano con la stessa fretta a scardinarsi il cervello per capire o cercare almeno di immaginare con un pizzico di realismo. Non so nient’altro che immaginare quanto costi oggi parlare con lo sguardo diritto e la certezza comune di sbagliare spesso. So che gli occhi di Silvia nei suoi servizi andati in onda (e in quelli lasciati nel cassetto) sono gli occhi di chi ci crede. Nonostante tutto. Disinteressata. Con tutto solo da perdere. O trafugare. Per questo vorrei provare ad uscirci io dai cassetti in disordine per stringerti la mano Silvia. Per dirti che non sei da sola. Che ci possono portare via a pezzetti ma mai tutti insieme. E che siamo qui. Tutti. Insieme. Questa sera ancora di più con te.