1. L’abusivismo edilizio in Italia
Il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che ha prosperato indisturbato per decenni, è un’autentica piaga del nostro Paese. Una ferita continuamente riaperta dalle promesse di condono edilizio. Ma a promuovere il nuovo cemento illegale è un altro “incentivo” micidiale: la quasi matematica certezza che l’immobile abusivo non verrà abbattuto.
Le ordinanze di demolizione effettivamente eseguite, anche quando sono previste da sentenze della magistratura diventate definitive, sono l’eccezione, non la regola. E il mattone fuorilegge continua a prosperare, devastando il paesaggio, alimentando una vera e propria filiera del cemento illegale (dalle cave agli impianti di calcestruzzo fino alle imprese edili), arricchendo in molti territori le casse dei clan Non basta. Nei cantieri del mattone illegale il lavoro nero è la regola, la sicurezza semplicemente non esiste, i materiali utilizzati sono di pessima qualità.
La legalità e il rispetto delle regole diventano, così un “fastidioso” problema, risolto con la rimozione delle responsabilità e la negazione delle caratteristiche ormai esclusivamente speculative del fenomeno dell’abusivismo edilizio. E nelle rare occasioni in cui qualche magistrato o qualche sindaco coraggioso decidono di dare corso all’obbligo, previsto per legge, della demolizione, la casa da abbattere è sempre abitata da qualche “bisognoso”, che merita proteste e manifestazioni di solidarietà da parte di rappresentati politici (spesso senza distinzioni di schieramento) o autorità ecclesiastiche.
In questo clima, inaccettabile per un Paese civile, solo nel 2011 l’industria del mattone illegale ha messo a segno 25.800 nuovi abusi, tra case ex novo e significativi ampliamenti di volumetria in immobili preesistenti. Una cifra che rappresenta il 13,4% del totale delle nuove costruzioni. Significa che oltre una nuova casa su dieci di quelle sorte nell’ultimo anno è fuorilegge. Il “processo di accumulazione” nel corso del tempo è micidiale. Tra il 2003, ultimo anno in cui era possibile presentare la domanda di condono edilizio, e il 2011, infatti, il Cresme ha censito la cifra record di 258 mila case abusive, per un giro di affari illegale, basato sui numeri e sui valori immobiliari medi, che Legambiente calcola in circa 18,3 miliardi di euro.
A questa colata di cemento fuorilegge si deve sommare il vecchio abusivismo, quello costruito prima del 2003 e non condonabile, che fa brutta mostra di se lungo la penisola, molto spesso sulle coste, nelle zone di maggiore pregio paesaggistico, nelle aree più fragili del territorio dove esistono vincoli precisi legati al dissesto idrogeologico. Dove non si può edificare perché la terra frana e i fiumi esondano, inghiottendo tutto quello che trovano sulla loro strada, case e abitanti compresi.
A fronte di questa realtà, le demolizioni effettivamente eseguite nei comuni capoluogo di provincia che hanno risposto al questionario di Legambiente (realizzato nell’ambito della ricerca Ecosistema urbano 2012) sono state, dal 2000 al 2011, appena 4.956, ovvero il 10,6% delle 46.760 ordinanze emesse. Il provvedimento, insomma, arriva ma la possibilità di farla franca è comunque elevatissima.
La città con il maggior numero di ordinanze di demolizione emesse negli ultimi undici anni è Napoli, con 16.837 provvedimenti, che però riesce a portarne a termine solo 710, pari al 4% delle ordinanze. Va ancora peggio a Reggio Calabria (2.989) e Palermo (1.943), dove secondo i dati forniti dalle amministrazioni comunali non risulta eseguito neppure un abbattimento. Tra i comuni virtuosi vale la pena segnalare Prato (957 demolizioni effettuate, +111,5% rispetto a quelle emesse nello stesso periodo per l’esecuzione di provvedimenti relativi ad anni precedenti) e Genova, con 498 abbattimenti (25,7%).
Accanto al “buco nero” delle demolizioni, i risultati della ricerca evidenziano l’esistenza di una vera e propria eredità avvelenata dei precedenti condoni edilizi, rappresentata da centinaia di migliaia di richieste inevase, presentate in occasione delle leggi 47/1985, 724/1994 e 326/2003. Complessivamente le domande presentate sono state 2.040.544, quelle respinte 27.859, quelle ancora in attesa di una risposta ben 844.097 pari al 41,37% del totale, il grosso delle quali risale addirittura al primo condono, quello del 1985. Il primo comune come numero di domande è di gran lunga quello di Roma, con oltre 596.000 richieste di cui circa 262.000 ancora senza risposta.