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legge bavaglio

Come (non) cambia il PD sulle intercettazioni

«Non è una priorità», dice il segretario Guglielmo Epifani, lasciando trasparire una velata minaccia di crisi. Il Pdl non ha «i numeri per imporre leggi o modifiche legislative non previste nel programma di governo», dice Luigi Zanda. «Porre ora il tema non è opportuno», ribatte il capogruppo a Montecitorio, Roberto Speranza. E Anna Finocchiaro, al Messaggero: «Allo stato non fa parte dell’impianto delle riforme». Sembra una questione di tempistica, di metodo più che di merito. 

Ha ragione Fabio Chiusi: ormai la questione della “legge bavaglio” sembra diventata inopportuna solo perché presentata ora e non perché è una scempiaggine orrenda e antidemocratica. Eppure i toni del PD sono molto cambiati in questi ultimi mesi sulle intercettazioni. O forse, non sono cambiati mai.

«Altro che politiche per la sicurezza. Questo testo farà brindare boss mafiosi e camorristi» (Donatella Ferranti, 11 giugno 2009).

«Prosegue il progetto che punta a garantire la totale immunità del presidente del consiglio rispetto alla legge, nell’ottica del legibus solutus consona alle monarchie assolute piuttosto che ai sistemi democratici a cui appartiene il nostro paese» (Pina Picierno, 10 giugno 2009).

«Le nuove norme sulle intercettazioni altro non stanno a rappresentare se non la morte della giustizia» (Maria Grazia Laganà Fortugno, 10 giugno 2009).

«Il ddl è una licenza a delinquere, è un provvedimento ammazza indagini» (Donatella Ferranti, 12 giugno 2009).

«Il ddl del governo sulle intercettazioni è criminale» (Felice Casson, 30 giugno 2009).

«Il disegno di legge sulle intercettazioni è un altro modo per evitare che vengano perseguiti per atti molto gravi i soli noti» (Anna Finocchiaro, 1 luglio 2009).

«Ladri, spacciatori, strozzini e sfruttatori sarebbero gli unici beneficiari di un provvedimento che ha il solo effetto di spuntare le armi dello Stato nella lotta alla criminalità» (Donatella Ferranti, 4 luglio 2009).

«L’articolo 21 della Costituzione verrebbe travolto» (Stefano Ceccanti, 7 luglio 2009).

«E’ lo stesso Berlusconi che oggi tuona contro le intercettazioni dei magistrati quello che ieri ringraziava chi, illegalmente, gli portava nastri rubati?» (Andrea Orlando, 24 marzo 2010).

«Un testo che mette a repentaglio la sicurezza nazionale» (Donatella Ferranti, 12 aprile 2010).

«E’ un provvedimento ingiustificato sotto tutti i punti di vista. Il vero obiettivo è mettere al riparo i tanti furbi e delinquenti, che ormai affollano le classi dirigenti del nostro Paese, sia dal giudizio della giustizia, sia da quello dell’opinione pubblica. Le limitazioni delle intercettazioni all’utilizzo dei magistrati e alla pubblicazione da parte dei giornalisti risponde a questo disegno. Nel frattempo la criminalità, grande e piccola, ringrazia» (Giuseppe Lumia, 29 aprile 2010).

«Non è una questione che attiene a una riforma di alcune parti della procedura penale, ma a una questione democratica che si è aperta nel Paese» (Anna Finocchiaro, 12 maggio 2010).

«Questo ddl è espressione della volontà di imbavagliare per sempre i giornalisti e di togliere ai cittadini il diritto ad essere informati» (David Sassoli, 19 maggio 2010).

«Grave la decisione di governo e maggioranza volta a mettere sotto la ghigliottina la libertà di stampa in Italia» (Felice Casson, 19 maggio 2010).

«Non si può, per tutelare la privacy, mettere il bavaglio alla stampa» (Beppe Fioroni, 24 maggio 2010).

«Stiamo consegnando una legge al paese che non si è mai vista in nessuna democrazia occidentale. Una stretta inconcepibile per la democrazia». (Pierluigi Bersani, 25 maggio 2010).

«Ci metteremo di traverso più che possiamo, con tutti i mezzi a disposizione. Questo ddl è una cosa vergognosa, insostenibile» (Pierluigi Bersani, 1 giugno 2010).

«Il ddl sulle intercettazioni è un regalo a Gomorra» (Ermete Realacci, 8 giugno 2010).

«Questo provvedimento ci fa pensare a una dittatura piuttosto che a una democrazia» (Ignazio Marino, 10 giugno 2010).

«Il governo Berlusconi ha esposto l’Italia a una umiliazione» (Enrico Letta, 15 giugno 2010, sui rilievi dell’Ocse al ddl intercettazioni).

«Penso che ogni italiano, nella sua vita quotidiana, trovi incredibile che il tema siano le intercettazioni (…) io dico banalmente chi se ne frega delle intercettazioni per la vita quotidiana di ogni italiano» (Enrico Letta, 4 luglio 2010).

«Una riforma delle intercettazioni avrebbe già potuto farsi se la maggioranza non avesse ritenuto di renderle una rarità, escludendole per reati importanti, alla ricerca della soluzione che più fa comodo anche per evitare che emergano vicende come il caso Ruby» (Anna Finocchiaro, 25 gennaio 2011).

«Limitare l’uso delle intercettazioni o addirittura proibirle significa fare il più grosso regalo possibile alla criminalità» (Dario Franceschini, 10 febbraio 2011).

«In questa materia non c’e’ alcuna possibilità di collaborazione con il governo, persino a prescindere dal merito. Il punto di partenza per discutere di questi temi è che Berlusconi si dimetta» (Massimo D’Alema, 22 febbraio 2011).

«Di nuovo, per gli interessi di uno si produce un danno grave per tutti» (Emanuele Fiano, 14 aprile 2011).

«Interventi di urgenza pensati ai fini del salvataggio del Premier sono inaccettabili, impotabili e velleitari perché Berlusconi non è più in condizione di fare una legge ad personam» (Pierluigi Bersani, 15 settembre 2011).

«La nostra opposizione sarà intransigente perché è inaccettabile che per nascondere i rapporti del presidente del Consiglio con escort e faccendieri si affossi uno strumento di indagine fondamentale per la ricerca della prova e si leda il diritto di cronaca» (Donatella Ferranti, 30 settembre 2011).

«Non accetteremo mai limitazioni all’uso delle intercettazioni» (Laura Garavini, 17 luglio 2012).

La feccia dietro la privacy

Ha ragione Nicola Gratteri: «I cittadini che votano hanno diritto a sapere tutto delle persone che dicono di lavorare per il bene del Paese», ha detto intervistato da Repubblica. E allora «è sbagliato mettere la sordina all’informazione: fanno bene in America a pubblicare tutti gli atti relativi alla vita di chi è stato votato dagli elettori a ricoprire incarichi pubblici». Questione di democrazia. Questione di buona politica.

L’idiozia della legge bavaglio è ufficialmente enciclopedica

L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell’Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l’abbiamo conosciuta fino a oggi. Wikipedia, oggi.

Prova di rettifica

Questa è una prova generale di quello che potrà accadere se il comma 29 dell’articolo 1 del DDL di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma “ammazzablog”, dovesse entrare in vigore così com’è. Buona rettifica a tutti. Metilparaben si mette alla prova provando a provare la legge bavaglio. E non è per niente uno spasso.

Post a rete unificata

L’idea che accolgo e vi invito a diffondere: invitare i blogger, chi frequenta e “abita” la rete a condividere, postare (anche su facebook e su twitter), diffondere lo stesso post come segnale di protesta contro il comma 29, cosiddetto ammazza-blog.

Il post scelto è di Bruno Saetta e spiega bene COSA NON VA IN QUESTA NORMAQUIraccogliamo tutte le adesioni, inserite l’url del vostro post.
Perché abbiamo scelto proprio questo post? Perché vogliamo sottolineare che la nostra non è ‘indignazione automatica’, come per esempio MASSIMO MANTELLINI ha sottolineato, ma una protesta informata. Sulla questione della scelta di definire quella norma ‘ammazzablog’ consigliamo la lettura di QUESTO ARTICOLO sempre di Bruno Saetta.  Qui raccogliamo tutte le adesioni, inserite l’url del vostro post.

ECCO IL TESTO DA DIFFONDERE:

Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?

Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica?

La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.

Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione?

La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?

La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?

E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?

La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?

Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

Mummie (e ignoranti)

La furia e l’ignoranza con cui Bruno Vespa e Maurizio Gasparri hanno parlato ieri sul primo canale del servizio pubblico della norma ammazza-blog mi pare un eccellente spaccato dell’Italia moribonda. A me invece ha fatto impressione vedere e ascoltare questi signori chiusi nel loro tinello di codici culturali e politici del secolo scorso, terrorizzati da ciò che cambia senza che loro riescano a capirlo, ansiosi quindi di sfornare divieti e multe per arginare in qualche modo ciò che gli sfugge. Alessandro Gilioli ha trovato le parole giustemummie imbalsamate, con gli occhi e il cervello avvolti da molteplici strati di bende.

Legge bavaglio: di cosa stiamo parlando

Perché siamo tutti d’accordo (vero?) che informarsi prima di indignarsi (giustamente) è un obbligo morale. E perché agli attacchi insulsi della corporazione dei servi ignoranti sarebbe bello rispondendo nel merito.

DA LEGGIOGGI

Oggi – giorno in cui Google compie 13 anni – riprende il suo iter in Italia – alla Camera, dopo un anno di stop a causa delle polemiche – il ddl1415-C, soprannominato, tra le tante, “anti-intercettazioni“, “anti-blog“, “ammazza-internet“, “legge-bavaglio“.

Si tratta di un disegno di legge già approvato dai deputati, poi modificato in Senato, che ora torna in terza lettura all’attenzione dei deputati.

Oggi verranno esaminate e votate le questioni pregiudiziali di costituzionalità di merito presentate.

Il ddl, dal titolo “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche“, potrebbe formare oggetto di una questione di fiducia posta dal Governo, tesa a scavalcare il dibattito parlamentare ed approvare in tempi rapidissimi le nuove norme.

Il 29 settembre – giorno in cui si prevede da più parti la presentazione della questione di fiducia da parte del Governo – è stata indetta una manifestazione in piazza del Pantheon a Roma, dalle 15 alle 18.

Due opinioni intanto, tra le tantissime che in queste ore vengono espresse sulla Rete:

“Bendare tutti per salvarne uno. Questo sembra essere ormai l’unico criterio che guida la maggioranza nella riproposizione della legge bavaglio, perché di bavaglio si tratta, come confermano le critiche dei magistrati e dei cronisti, i veri destinatari della legge, quelli che dovranno essere ‘ammanettati’ per impedire loro l’accertamento degli illeciti e soprattutto per oscurare il diritto ad essere informata della pubblica opinione” (Giuseppe Giulietti, Articolo 21).

Sarebbe davvero una sciagura per la libertà di parola sul web se, preoccupato di assecondare l’urgenza della maggioranza nell’approvazione del ddl, il Parlamento licenziasse il testo nella sua attuale formulazione” (Guido Scorza, Istituto per le Politiche dell’Innovazione)

E per finire, i testi, quelli su cui (non) si discuterà in Parlamento, in attesa che venga posta dal premier la questione di fiducia:

Il testo del ddl anti-intercettazioni e anti-blog come approvato dal Senato il 10 giugno 2010

Il testo del ddl approvato dal Senato confrontato con il testo approvato in prima lettura dalla Camera

 

 

Le firme e la ribellione

Le firme per l’abolizione del Porcellum (dicono i bene informati) ci sono. Sono scesi in campo i partiti ma non solo: comitati, associazioni, aree di partito (quelle che fino a qualche anno fa si chiamavano correnti ma adesso soffiano venti molto più estesi) e cittadini. Perché alla fine i cittadini hanno capito che la legittimazione della politica conviene costruirsela in casa. E se i partiti seguono, tanto meglio. Ma nessuno si gira a controllare dove sono. E la ribellione democratica, in fondo, ha già eclissato per visioni e modi tutti coloro che fingono (male) di averla inventata e di esserne il padre unico. Si rinuncia alle ferie per sistemare moduli e banchetti (lo racconta Elisee per ValigiaBlu), a Casalpusterlengo (città tagliata in due da una via Emilia come una spada) il comitato di cittadini è quasi riuscito a scongiurare il pericolo inceneritore, si (ri)serrano le fila per la Legge Bavaglio: è una resistenza metodica e professionale come risulta inimmaginabile per gli eletti (nominati) professionisti.

I ragazzi di Casalpusterlengo li ricordo mentre in Commissione illustravano le ragioni del loro dissenso e fornivano valutazioni tecniche e giuridiche: avevano un rispetto per l’istituzione che li ascoltava che da solo è stato una lezione di dignità. Sono passati dalla piazza alle formule chimiche, dagli incontri istituzionali (con la cravatta buona) alle cantine per dividersi i volantini. Forse anche loro ce l’hanno fatta. Forse. E sui giornali la politica si prende a pugni per assumersene il merito. Anche la ribellione e l’indignazione ormai danno lezione (alla politica) di democrazia.

Da AGORAVOX: Voglio battermi per costruire un’Italia migliore

L’ho scritto già il giorno dopo l’approvazione della legge al Senato. Lo ribadisco oggi. Ci troviamo dinanzi una situazione per cui Antigone si deve scontrare con Creonte. Sono sempre più convinto che bisogna chiedere, ad ogni cittadino, la disobbedienza civile a una legge ingiusta. Dobbiamo fare in modo che Creonte riconosca le ragioni di Antigone e non possa permettersi di mandarla in esilio, perché il consenso elettorale non equivale all’annichilimento del diritto.

Essere eletti non significa agire sopra le leggi ma per esse. Agire affinché i cittadini siano coinvolti nella vita del paese e non si sentano succubi del re di turno. No, questa volta il re non deve agire per sé. Nell’Italia dei furbetti, delle cricche, delle tangenti, approvare questa legge significa abiurare alla democrazia. Perché con questo disegno di legge il Governo si contrappone inevitabilmente al diritto, poiché in uno stato di diritto non è accettabile una legge che si scontra con la norma costituzionale e con la Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo).

Non è accettabile che si facciano leggi a tutela dei propri interessi. Non è accettabile che si imbavagli la stampa. Non è accettabile. Punto.

Sono stato tra i primi a scrivere per AgoraVox e da sempre gli sono accanto nella battaglia per la libertà d’espressione. Ero sul palco il giorno in cui è stata presentata a Roma, sono qui, oggi, mentre adempie al suo compito di watchdog della poltica e dell’informazione.

Insieme abbiamo creato Mafiopoli, abbiamo sfidato boss e comparse, abbiamo seguito l’Expo, denunciato connivenze. Abbiamo fatto un percorso lungo. Un percorso che non può fermarsi, ora, dinanzi alla volontà di un’élite il cui unico scopo è la tutela dei propri interessi.

Se dovrò disobbedire, lo farò. Se dovrò pubblicare su AgoraVox le notizie che altrove non si potranno pubblicare lo farò. Non è con una legge che si è espropiati del nostro diritto alla parola. Non è con una legge che si annullano i nostri diritti di cittadinanza.

Tutto ciò non è solamente un’ipoteca sul futuro ma anche una tomba sulla nostra storia recente. E’ un macigno gettato sulla lotta alla criminalità organizzata e sulle loro vittime. Perché tante volte le indagini non nascono come indagini di mafia ma lo diventano. Con questa legge, alcune, non sarebbero mai partite. Io non voglio vivere in un paese che dimentica il suo passato e ipoteca il suo futuro. Voglio battermi per costruire un’Italia migliore.

Io ci sono. E voi?

http://www.agoravox.it/Voglio-battermi-per-costruire-un.html