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Il Comune di Vercelli nega la solidarietà a Patrick Zaki: l’assurda logica del “prima gli italiani”

Accade a Vercelli. I consiglieri comunali Alberto Fragapane, Manuela Naso, Michele Cressano, Maura Forte, Carlo Nulli Rosso (Partito Democratico) e Alfonso Giorgio (Vercelli per Maura Forte) hanno proposto un ordine del giorno per chiedere la scarcerazione di Patrick Zaki, il ragazzo di 27 anni che dal 7 febbraio si trova in carcere in Egitto e che non ha ancora potuto nemmeno accedere alla prima udienza del suo processo (fissata ora per il 7 ottobre, secondo le ultime informazioni dei suoi legali). Zaki è in carcere per alcuni suoi post su Facebook additati come “propaganda sovversiva” e da tempo la comunità internazionale sta chiedendo la sua liberazione in quel’Egitto che continua indegnamente a portare le macchie dell’omicidio di Giulio Regeni. Patrick Zaki studiava a Bologna e per questo molti comuni italiani stanno simbolicamente esprimendo la propria solidarietà.

La maggioranza del consiglio comunale di Vercelli (Lega, Fratelli dItalia e Forza Italia) e il sindaco Andrea Corsaro hanno deciso di bocciare l’ordine del giorno giustificando il loro voto contrario con il fatto che vi siano casi analoghi di persone italiane a cui pensare e in consiglio comunale hanno citato il caso dei 18 pescatori siciliani ormai segregati da due settimane a Bengasi, prigionieri delle milizie di Khalifa Haftar, in Libia.

Siamo alle solite: il “prima gli italiani” diventa il motivo valido per risparmiare la solidarietà a qualcuno in giro per il mondo secondo la solita retorica per cui c’è sempre “altro” a cui pensare, sempre “altro” di cui occuparsi e così alla fine si finisce per non prendere posizioni scomode e per svicolare dalle proprie responsabilità.

Potrebbe sapere, il sindaco di Vercelli Andrea Corsaro, che la solidarietà non si consuma, non finisce e non scade. Forse sarebbe il caso di dirsi che proprio la solidarietà è uno di quegli ingredienti su cui è consigliato eccedere, che sia per un giovane egiziano o per i poveri pescatori italiani (di cui il governo si sta occupando da giorni). Ci si chiede allora perché non presentarne due di ordini del giorno, che potessero comprendere anche le persone indicate dalla maggioranza. Ma loro sono così, sempre: agiscono per sottrazione perché solo negando i diritti riescono a parlarne e a distinguersi. Così si finisce che con l’urlo “prima gli italiani” si riesce a non occuparsi di niente e di nessuno. Quando la libertà smette di essere universale diventa un bieco interesse di bottega da sventolare per propaganda. Ancora una volta, come sempre.

Leggi anche: 1. Studente arrestato in Egitto, testimonianza esclusiva dal Cairo: “Vi racconto il vero motivo per cui hanno incarcerato il mio amico Patrick”; 2. “Torturato per ore, Al Sisi lo faccia tornare in Italia”: la collega dello studente arrestato in Egitto a TPI; 3. ESCLUSIVA TPI: ecco le accuse contro Patrick George Zaki, lo studente arrestato oggi in Egitto

4.Libertà per Patrick Zaki, il ragazzo fermato al Cairo (illustrazione di Gianluca Costantini); 5.Regeni, 4 anni dopo: tutta la fuffa della politica che ci ha preso in giro (di L. Tomasetta)

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Elly Schlein a TPI: “Io segretario Pd? Sto bene dove sto. Sui migranti troppe ambiguità, ci vuole più coraggio”

Vicepresidente della Regione Emilia Romagna ed ex europarlamentare, Elly Schlein fondato le liste “Coraggiosa” hanno corso alle ultime elezioni amministrative con buoni risultati. TPI l’ha intervistata su Ue, politiche migratorie e futuro del governo.
L’Europa dice “superiamo gli accordi di Dublino” e poi esce con questa solidarietà invertita tra stati del Migration Pact. Che ne pensi?
È un errore strategico perché, al di là della dichiarazione del volere abolire il regolamento di Dublino, non risolve il nodo fondamentale che solo la riforma approvata dal parlamento nel 2017 risolveva: cioè un ricollocamento automatico per condividere equamente tra gli stati la responsabilità sull’esame delle richieste di asilo, valorizzando i legami delle persone. Quello è il tema. Mi sembra un piano deludente perché in questo modo mette da parte il lavoro fatto dal parlamento e approvato dalla maggioranza e che poteva essere utilizzato anche per convincere i governi dentro al consiglio a votare, anche a maggioranza qualificata. E invece ripropone l’idea molto vecchia della solidarietà flessibile. Un’operazione culturalmente molto pericolosa è mettere sullo stesso piano i ricollocamenti (e quindi la condivisione dell’accoglienza) e la sponsorizzazione dei rimpatri. Mi sembra che lasci le mani libere a quei governi che si sono dimostrati molto interessati alla solidarietà europea quando vuol dire fondi strutturali e assolutamente indisponibili quando si tratta di un’altra forma di responsabilità europea che è quella che già i trattati chiedono sull’asilo e sull’accoglienza. Mi sembra anche un errore strategico perché anziché farsi forte di una posizione già approvata dal parlamento si riparte da zero con una proposta che non risolve il tema della solidarietà obbligatoria.

L’Europa dice che è solidarietà obbligatoria perché comunque devi dare un contributo…
Cosa sceglieranno i paesi del blocco di Visegrad tra i ricollocamenti e tra il dare un po’ di soldi per fare i rimpatri o dare altro supporto operativo? C’è poi un’altra preoccupazione che sono le procedure accelerate alle frontiere che sembrerebbero aumentare il carico di lavoro ai paesi di confine come l’Italia e soprattutto non si capisce basate su cosa. La convenzione di Ginevra chiede un pieno esame individuale delle domande d’asilo e se tu fai una procedura accelerata – magari basata sul concetto molto discrezionale di paese terzo sicuro – rischi di costituire un filtro d’ingresso che nega il permesso di asilo a seconda del paese da cui provieni. Non mi sembra un passo avanti. Mi sembra un passo indietro. Perfino la commissione Junker, anche se con soglie altissime, faceva scattare un obbligo di ricollocamento per tutti i paesi europei. Al governo italiano spetta un difficile negoziato in cui trovare alleati sui ricollocamenti obbligatori.

In Italia qualche giorno fa hanno bloccato la Mare Jonio ed è la sesta nave ferma in porto per questioni burocratiche anche piuttosto discutibili. I decreti sicurezza rimangono sempre lì e Lamorgese ha parlato di possibili profili penali per le Ong. Come siamo messi qui da noi a criminalizzazione della solidarietà?
Evidentemente male. Mi sembra che ci sia ancora troppa ambiguità in relazione all’obbligo di ricerca e soccorso in mare e non mi sembra che si sia risolto il tema facendo la guerra a coloro che cercano di sopperire alle mancanze istituzionali. Non si sta discutendo di rimettere in mare un’operazione di ricerca e soccorso istituzionale come è stata Mare Nostrum, no, e a fronte di questo a maggior ragione è sbagliato criminalizzare chi si sta occupando di salvare vite in mare che è un obbligo giuridico e morale. Male.

Troppe ambiguità anche da parte di questa maggioranza. Spero possa risolverla in modo diverso anche con la modifica di questi decreti sicurezza che davvero stiamo aspettando da troppo tempo. Era il primo segnale necessario di discontinuità del governo Conte e ne stiamo parlando ancora dopo un anno. È importante che arrivi in fretta e che corregga non solo la criminalizzazione delle Ong ma anche gli altri profili gravissimi come quello che tendeva a smantellare l’unico sistema di buona accoglienza che è quello diffuso, che rifiuta la grande concentrazione di persone dove spariscono i diritti e spesso si infila l’ interesse economico, quello che privilegia le piccole soluzioni abitative distribuite sul territorio con adeguati servizi di inserimento nella società e con adeguati controlli da parte delle amministrazioni locali e con trasparenza sull’utilizzo dei fondi. Chi ha scritto i decreti sicurezza privilegiando le grandi concentrazioni rispetto all’accoglienza diffusa è proprio chi vorrebbe fare dell’accoglienza un business, calpestando i diritti. Con un po’ di coraggio in più questa maggioranza dovrebbe riscrivere complessivamente le leggi sull’immigrazione rimediando ai disastri delle destre che hanno prodotto irregolarità e ingiustizia, non certo inclusione e sicurezza per le comunità.

Molti ti vorrebbero segretaria del Pd ma le tue liste “Coraggiosa” hanno corso alle amministrative ottenendo ottimi risultati. Hai intenzione di continuare su questa linea o pensi che si possa pensare a un partito di centrosinistra che tenga insieme tutto?
Noi stiamo bene dove stiamo. Anzi, in una tornata che ha segnato dei risultati importanti ma non brillanti per le forze progressiste e la sinistra siamo rimasti positivamente sorpresi che le liste di coraggiosa abbiano avuto una crescita significativa. a Faenza abbiamo fatto il 7,22 per cento, a Vignola abbiamo avuto una crescita del 145 per cento rispetto alle regionali di 8 mesi fa. A Imola è andata bene, siamo cresciuti al 5 per cento. Quindi in una tornata in cui il centrosinistra si è difeso bene ma non c’è stata una crescita in valori assoluti, “Coraggiosa” è in controtendenza forse perché stiamo provando a dare una chiarezza di visione che in questo momento a livello nazionale manca. Stiamo cercando, dentro le coalizioni, di contribuire a fermare la destra ma qualificando la nostra proposta sui temi della lotta alle disuguaglianze e alla transizione ecologica, due temi su cui chi si sta mobilitando anche fuori dalla politica è stufo di titubanze e di ambiguità. Questo può essere anche uno spunto importante per le forze che formano questa maggioranza. Sui temi del clima, dell’immigrazione e del lavoro di qualità bisogna che si sblocchi questo governo. Su giustizia sociale e transizione ecologica questo governo può fare fronte comune e fare un balzo in avanti. “Coraggiosa” non ha mai avuto l’ambizione di essere un nuovo partito o una sigla in più, ha sempre avuto l’ambizione di scuotere l’intero campo delle forze ecologiste e progressiste pretendendo chiarezza nella visione condivisa di futuro. Unità sì ma non ha senso se non è accompagnata dalla coerenza di un progetto condiviso. Quindi per ora noi continuiamo a stare dove stiamo e continueremo su questa strada.

Come vedi il futuro del governo?
I risultati elettorali danno un respiro ampio ma non per stare fermi, guai a sedersi sui risultati. Quei risultati consegnano la responsabilità alle forze di governo di rilanciare in avanti. Abbiamo un’occasione straordinaria, le risorse in arrivo vanno utilizzate coinvolgendo i territori e le parti sociali, non è un sfida di governo, è una sfida che riguarda il paese. Quelle risorse ci danno l’occasione di ricostruire il paese su basi nuove, possiamo risolvere alcuni ritardi accumulati nei decenni.
Quali sono le priorità?
Transizione ecologica, su cui bisogna investire il 37 per cento delle risorse del Recovery Fund, la trasformazione digitale, su cui bisogna investire il 20 per cento e la coesione sociale. Le priorità indicate dalla commissione europea centrano proprio la congiunzione tra lotta alle diseguaglianze e transizione ecologica che sono i temi su cui insistiamo da tempo. Se il governo avrà la capacità di progettare il nuovo e non semplicemente aprire cassetti polverosi per accontentare qualcuno, si potranno spendere bene. Nei vecchi cassetti ci sono progetti scritti troppi anni fa per riuscire a interpretare i cambiamenti che servono. Io credo che la tenuta di questo governo si misurerà se le forze che lo compongono, piuttosto che continuare a distinguersi, proveranno a lavorare concretamente sui temi che li uniscono. E questi sono i temi su cui possono provare a fare un passo avanti insieme.

Transizione ecologica significa investire su un nuovo modo di spostarsi, una mobilità dolce e sostenibile puntando su ferro, intermodalità e ciclabili, vuol dire creare occupazione di qualità nelle rinnovabili, nell’efficientamento energetico degli edifici e nella prevenzione del dissesto, perché l’unica grande opera che serve al paese è la cura del territorio così colpito dai cambiamenti climatici. E poi investire sulla trasformazione digitale per rimediare i ritardi enormi che abbiamo a partire dalle pubbliche amministrazioni, ma vuol dire riuscire a governare anche processi di innovazione tecnologica per metterli al servizio delle persone, perché non governati hanno prodotto un’enorme concentrazione di ricchezze e saperi. Si dovrà assicurare pari accesso alla rete per chiudere i divari territoriali, e per il privato investire nel digitale vuol dire innovare e contribuire all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese.

Coesione sociale significa anche fare un enorme investimento sulla scuola, sul capitale umano, sulla formazione a partire dagli asili nido. Investire sui nidi vuol dire rendere più solidi i percorsi educativi contrastando povertà educative e dispersione scolastica, ma significa anche fare politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro indispensabili per colmare il divario occupazionale delle donne, favorendo una migliore distribuzione del carico di cura. Dopo la crisi del 2008, le ricette hanno reso il lavoro più precario, specie per donne e giovani. Oggi dobbiamo evitare quegli errori e ricostruire su basi diverse. Non abbiamo più scuse, le risorse ci sono.

Leggi anche: TPI intervista Elly Schlein, campionessa di preferenze in Emilia-Romagna: “Vi racconto la nuova sinistra che può battere Salvini”

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M5S, Giarrusso a TPI: “Così ci facciamo male”

Dino Giarrusso, 8 milioni di voti persi: c’è un problema reale nel M5S?
Il problema c’è, ma non ha senso parlare di 8 milioni di voti persi perché quando si va a votare per i presidenti di regioni o per i sindaci scatta il meccanismo per cui l’elettore vota uno dei due favoriti per non “sprecare” il voto, votando altri che non possono vincere. Quindi non paragonerei le nazionali con le comunali e con le regionali. Ogni voto ha regole diverse. Qui ci sono le preferenze. Alle nazionali esistono sostanzialmente tre poli – centrosinistra, centrodestra e M5S – e scegli fra tre. In Campania soltanto De Luca aveva 15 liste, più quelle di Caldoro: noi ci presentavamo con una lista soltanto. Un conto è essere 1 su 25, un conto 1 su 3. Mischiare le pere con le mele.

Ma il calo c’è…
Al netto di questo c’è un reale calo di fiducia, di voti e di affezione. Questo è vero e non dobbiamo sottovalutarlo. Non parlerei di 8 milioni di voti: parlerei di una stanchezza e di un calo psicologico. Glielo dico perché ho girato moltissimo nei territori e vedo più smarrimento, meno entusiasmo e meno persone spesso.

Di Maio ha messo in dubbio le scelte politiche nelle regionali dicendo che lui avrebbe agito diversamente, indirettamente mettendo sotto accusa il capo politico Vito Crimi. Che ne pensa?
Non credo accusasse Crimi, ma questo dovrebbe chiederlo a Di Maio. Noi abbiamo deciso di andare da soli in tutte le regioni tranne la Liguria e siamo andati male in tutte le regioni compresa la Liguria. Tutti stanno puntando il dito sulle alleanze, ma la realtà sta lì, se la vogliamo guardare: quando qualcuno dice che c’è un problema di alleanze bisognerebbe mostrargli le campagne di Puglia e Campania, dove abbiamo fieramente detto di non essere alleati e siamo andati malissimo come in Liguria, dove invece ci siamo alleati, secondo me con un candidato che non aveva un grande appeal. Posso dire cosa avrei fatto io.

Cosa?
Un anno fa, nel momento in cui nasceva un governo nazionale si dovevano aprire dei tavoli per verificare la possibilità di creare eventuali alleanze anche nelle regioni scegliendo però insieme il programma, il candidato presidente e eventuali liste a supporto. Allearsi all’ultimo momento chiedendoci solo di fare i portatori di voti non è nel nostro dna. Ricordo però a tutti che le tante cose buone fatte dai governi di Giuseppe Conte le abbiamo potute fare solo grazie ad accordi con altre forze politiche.

I prossimi Stati Generali saranno uno scontro al vertice tra Di Maio e Di Battista?
Mi auguro fortemente di no. In questo momento, se qualcuno vuole bene al Movimento, deve lavorare all’unità e non deve parlarne male dalla mattina alla sera sui social e nelle interviste. Faccio un ragionamento semplice: la grande stampa, i grandi giornali, il potere antico italiano non ci amano e non ci hanno mai amato. Nel referendum Repubblica, che prima era a favore, ha cambiato rotta per andare contro il M5S e ha intervistato perfino Costacurta, che fa un po’ ridere come cosa. Se questi giornali di destra o conservatori di sinistra, degli Agnelli, di Vittorio Feltri, mi dessero tanto spazio mi preoccuperei. Se uno di noi spende la propria visibilità per parlare male del Movimento – non parlo di Di Battista, parlo anche di tanti altri – questo fa il male del Movimento. Filtrare tutto con occhio negativo, dire che tutto va male – ho letto qualcuno che ha scritto “siamo come l’Udeur” – si fa male al Movimento. Non mi sembra che Di Battista sia a questi livelli, ma io starei molto attento a usare ognuno la propria visibilità. Anche per non farsi strumentalizzare dai nemici. Se si va allo scontro ci facciamo del male. Dobbiamo rispettare tutte le anime, mi auguro che ci sia un gruppo e non più un solo capo politico. Oggi preparerò le mie proposte per gli Stati Generali.

Lei è ottimista?
Sono ottimista se penso che c’è ancora molto entusiasmo, molte persone per bene. Sono ottimista se penso a tutto quello che abbiamo fatto di buono rispettando i punti del nostro programma. Ma sono preoccupato quando vedo che dall’interno c’è gente che per ambizioni personali piccona il Movimento e aizza guerre locali sui territori.

Leggi anche: Elezioni regionali, Di Battista striglia il M5S: “È la più grande sconfitta nella storia del Movimento”

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Il caso Suarez ci dice che in Italia gli immigrati ricchi si accolgono e quelli poveri si odiano

È la fotografia della distorsione di un paese e, per questo, la vicenda del calciatore del Barcellona Luis Suarez va raccontata per bene e va tenuta a memoria. Non tanto per le dimensione di un’indagine, quella della Procura di Perugia, che forse ha scovato i soliti furbi fare i furbi per mettersi a disposizione del luccicante mondo dei ricchi, ma perché le disuguaglianze sono talmente evidenti che basta mettere in fila i fatti per comprendere come in Italia ci siano diverse velocità (e forse anche regolarità) di procedura per ottenere un diritto.

E cosa c’è di più schifoso di un diritto che dovrebbe universale e invece è accessibile solo a chi può permetterselo? Un calciatore del Barcellona nato in Uruguay briga per ottenere la cittadinanza italiana (ha sposato un’italiana) in poche settimane. È la stessa cittadinanza che, lo dicono le statistiche, tanti attendono in media in quattro anni. Anni contro settimane, tanto per rendere l’idea.

Suarez doveva ottenere la cittadinanza per firmare per venire a giocare in Italia e sostiene, come tutti, un esame di italiano. Secondo le intercettazioni Suarez “non coniuga i verbi”, “parla all’infinito” e quindi concordano l’esame “perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare”, dicono gli esaminatori e quindi il calciatore “sta memorizzando le varie parti d’esame” e addirittura il voto finale è stato comunicato in anticipo al candidato. Prima di un esame che è durato una manciata di minuti quando di solito dura circa due ore e mezza.

Così ora la Procura di Perugia indaga, tra gli altri, il Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Giuliana Grego Bolli, e il direttore Generale dell’università, Simone Olivieri. Ma in fondo, se ci pensate bene, Suarez ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per diventare un italiano, un italiano di quelli che sono convinti che questo Paese appartenga ai furbi, ai ricchi, agli amici degli amici, alle raccomandazioni, al servilismo di certi funzionari, al seguire gli interessi prima ancora delle regole e alla prepotenza di chi può permettersi di comprare risultati che andrebbero conseguiti per merito.

In questa sua predisposizione Suarez ha dimostrato di essere perfetto per diventare un italiano di quelli. Resta solo da spiegare ai tanti che sono italiani di fatto, ma che lottano per anni per vedersi riconosciuti, che gli immigrati qui pesano in base al loro reddito. Si accolgono i ricchi e si odiano i poveri, semplice semplice. E così quella che era già una farsa ora diventa ancora più vergognosa.

Leggi anche: Suarez, cittadinanza italiana ottenuta con truffa: il punteggio attribuito prima della prova

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Le ossa rotte di Salvini in Toscana e Veneto: il declino del leader leghista

Bacioni, Salvini. Il leader leghista continua il suo filotto di sconfitte che rivende come vittorie e esce con le ossa rotte dalle elezioni regionali. Torniamo indietro di qualche ora: Matteo Salvini non riesce a non smargiassare e per mesi continua a urlacciare dappertutto che queste elezioni sarebbero state quelle che avrebbero “mandato a casa Conte e il suo governo” e che avrebbero dimostrato che la gente non ne poteva più del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. Rendere delle elezioni regionali come cartina di tornasole del quadro nazionale è sempre un rischio ma il leader leghista ha questa grande, invidiabile caratteristica: le sbaglia tutte.

Così nonostante i suoi soliti messaggi che solleticano i soliti stomaci (riuscire a parlare solo di migranti in occasione di elezioni locali è una banalità da fuoriclasse) Salvini riesce a uscirne male in Toscana (dove la candidata Ceccardi era una “sua” creatura) e riesce a farsi sconfiggere perfino dal legista Zaia che in Veneto con la sua lista personale prende il triplo dei voti della lista ufficiale della Lega.

Dalle parti della Lega minimizzano ma proprio in Veneto Salvini pretese che tutti gli assessori uscenti fossero capilista della lista del partito e proprio in Veneto Salvini scrisse ai 400 segretari locali del Carroccio per invitarli a votare la lista ufficiale del partito e non quella di Zaia: missione fallita, evidentemente, lo dicono i numeri. “La lista del presidente intercetta il consenso che non va al partito”, ha detto ieri Zaia in conferenza stampa: chi ha orecchie per intendere intenda. I numeri, si sa, non mentono e i numeri dicono che i consensi della Lega sono in calo in tutti i territori e solo l’enorme ascesa di Giorgia Meloni è riuscita a tamponare una sconfitta di proporzioni maggiori.

Matteo Salvini politicamente negli ultimi 13 mesi, dal famoso pomeriggio del Papeete, è riuscito a sbagliarle tutte e se serve una fotografia di queste sue elezioni basta andare a Lesina, provincia di Foggia dove l’unico candidato sindaco era proprio un leghista: “Un sindaco pugliese lo abbiamo già eletto ancor prima del confronto elettorale”, disse Salvini il 23 agosto. Sbagliata anche questa: il candidato sindaco è riuscito nella mirabile impresa di non raggiungere nemmeno il quorum. Niente da fare.

Se, come diceva Salvini, queste elezioni sarebbero state la spallata definitiva del governo Conte e il primo passo per il suo ritorno al governo…Beh, Conte può dormire sonni tranquilli. Bacioni, Salvini.

TUTTO SULLE ELEZIONI REGIONALI 2020

TAGLIO DEI PARLAMENTARI: TUTTO SUL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Leggi anche:
– Regionali, 3 scenari per il dopo-elezioni (di Luca Telese)
– Referendum, perché votare Sì contro l’establishment e la monarchia editoriale (di Alessandro Di Battista)
– Referendum, Francesco Merlo a TPI: “Votare no per fermare i progetti eversivi del M5s e della destra”
– Giovani per il No, over 50 per il Sì: il paradosso generazionale sul referendum

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E insomma galleggiano

I partiti e i leader dopo le elezioni regionali. E i cittadini italiani dopo il referendum costituzionale, in attesa delle riforme che sono state promesse

Primo dato, appariscente e importante: questo refrain che gli italiani non vedessero l’ora di andare a votare per prendere a calci i partiti del governo e per incoronare la destra di Salvini e di Meloni è una bufala pazzesca. Nei giorni scorsi qualcuno, Salvini in testa, sognava e sparlava di una vittoria clamorosa e invece quel turbine sovranista che latra sui social, sui giornali e in televisione è solo un ruttino. Matteo Salvini ha voluto trasformare questo voto in un voto nazionale e ha sbagliato. A proposito: la Lega stravince in Veneto ma la lista di Zaia stravince relegando la lista ufficiale del partito a percentuali per niente eclatanti. Per intendersi: ha stravinto Zaia, più della Lega e presto farà valere il suo peso politico anche sul resto del partito. Il centrodestra galleggia.

Il Partito Democratico tiene, vince in Toscana e si afferma come partito, vince in Puglia con candidato che non voleva nessuno (Emiliano) e stravince in Campania con De Luca (ma quella è una vittoria di De Luca). Zingaretti ha rischiato ma è riuscito a rimanere in piedi. C’è da dire che nessuno dei candidati è un “suo” uomo. Ora chissà se riuscirà a fare il segretario e a governare con decisionismo il partito. Si rimane in attesa, come sempre. Una notazione: Zingaretti in conferenza stampa è riuscito a proporsi come rappresentante di chi ha votato Sì e anche di chi ha votato No al referendum, come se con un po’ di retorica si potesse tenere i piedi in tutte le scarpe. Il Pd galleggia.

Il Movimento 5 Stelle si sa che avrebbe deluso e infatti Di Maio corre in conferenza stampa intestandosi la vittoria del referendum e poi lascia agli altri l’incombenza di analizzare i deludenti risultati delle regionali. Ora si giocherà la battaglia interna nei prossimi Stati Generali e lì si capirà di più. Insomma il M5S galleggia.

Matteo Renzi si è tolto la soddisfazione di esistere solo per fare perdere il centrosinistra e non ci è riuscito. Incassa un risultato patetico ma non se ne renderà conto. Sono anni che non riesce a fare i conti con la realtà. E quindi galleggerà continuando a pestare i piedi.

Intanto per il taglio dei parlamentari stravince il Sì ma verrebbe da chiedersi chi rappresenti quel 30% di No. Ora tutti ci promettono che faranno le riforme. Restiamo in attesa di sapere quali siano le idee. Insomma, galleggiamo anche noi.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

«Come godo»

Manlio Germano era un profilo fake, esistente su Facebook, che vomitava insulti razzisti, odio, rancore, bile e tutte quelle altre schifezze sui social. Se ne stava tranquillo nella sua bolla a rimestare nella merda finché un giorno ha esagerato ed è stato notato: in fondo, se ci pensate, lo fanno proprio per quello, per creare rumore, per guadagnarsi un seguito che non sarebbero capaci di avere esprimendo idee proprie che non siano violenza.

Manlio Germano aveva riportato la foto dei fratelli Bianchi (in carcere con l’accusa di avere ucciso Willy Monteiro Duarte) definendoli “eroi” e apostrofando Willy come “scimpanzé”. “Come godo”, aveva anche scritto. Quando il suo post è diventato virale (perché per fortuna l’indignazione scova la feccia che rimane sotto traccia e la fa venire a galla) il nostro coraggiosissimo Manlio Germano (che ovviamente non è il suo vero nome) aveva addirittura annunciato querela (per cosa poi? Per essere uno schifoso? Si voleva costituire?) e come al solito aveva scritto che non era stato lui a scrivere quel messaggio ma dei suoi amici, “per fare uno scherzo”. Sono sempre così: quando vengono beccati i leoni da tastiera diventano pecorelle.

La Polizia postale ha individuato il proprietario di quel profilo, un 23enne definito “esperto informatico”, che mascherava le tracce della navigazione, convinto che sarebbe stato impossibile rintracciarlo. E invece l’hanno rintracciato e hanno bussato alla porta dell’hotel in cui si trovava. Ora rischia fino a 8 anni di carcere.

La storia (triste) ci insegna due cose: innanzitutto che le parole contano, sul web o al bar, e delle parole che si pronunciano bisogna prendersi la responsabilità ma ci insegna anche che esistono tutti gli strumenti per punire i colpevoli senza bisogno delle fantasticherie di qualche politico che di tanto in tanto si inventa qualche proposta per normare un luogo in cui vigono già le normali leggi. E insegna anche che “gli esperti informatici” alla fine sono meno esperti di quello che pensano.

Buon lunedì.

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Lo schiaffo della Lega al popolo bielorusso: si astiene su Lukashenko per non scontentare Putin

Tanto tuonò che finalmente piovve. Il Parlamento Europeo “non riconosce il risultato delle elezioni presidenziali tenute in Bielorussia il 9 agosto” perché portate avanti “in palese violazione degli standard riconosciuti a livello internazionale” e non riconoscerà Lukashenko presidente “una volta che il suo mandato corrente sarà giunto al termine”, cioè dopo il 5 novembre. È il testo della risoluzione che è stata votata ieri con 574 sì, 37 no e 82 astensioni. La protesta bielorussa, del resto, continua a essere viva e forte in tutto il Paese e la presa di posizione dell’Europa finalmente indica una netta scelta di campo che ci si aspettava da giorni.

Ursula von Der Leyen ha detto nettamente che “i cittadini devono essere liberi di decidere il futuro da soli. Non sono pedine sulla scacchiera di qualcun altro”, rinforzano le richieste di chi chiede delle liberi elezioni che si svolgano in maniera democratica. In Bielorussa continua a essere detenuta Maria Kolesnikova, che aveva strappato il proprio passaporto per evitare di essere deportata in Ucraina. Del resto il senso dell’Europa è tutto qui (quando funziona): ciò che accade agli altri ci deve interessare, la difesa dei diritti degli altri è un nostro dovere.

Spicca, al solito, la vigliaccheria dell’astensione della Lega di Matteo Salvini, che per non scontentare il suo amico Putin invece ha deciso di non decidere, come spesso gli accade quando c’è da difendere qualche prepotente del mondo. Ed è il solito Salvini che mostra un’irrefrenabile affetto per i tiranni, per l’amore dei “pieni poteri” che non sempre vengono esercitati secondo le regole. Lo fa con Orban (in numerosi occasioni la Lega in Europa si è schierata in difesa del dittatore ungherese) e continua con Lukashenko. Ed è un segnale politico che deve essere preso terribilmente sul serio perché dimostra un certo modo di intendere il potere che non è di destra o di sinistra (il partito di Giorgia Meloni ha votato compatta per la risoluzione) e perché ancora una volta rinsalda l’asse delle personalità peggiori del mondo.

In tutto questo, ovviamente, non è nemmeno stata data una giustificazione politica dalla Lega. Silenzio e petto in fuori. E se è vero che un politico si giudica dalle sue frequentazioni allora il quadro è chiaro, chiarissimo e sconfortante. L’aggressione per politica, per qualcuno, continua a essere una modalità di governo. E tutto questo è assolutamente inaccettabile.

Leggi anche: 1. “Torturato da forze russe pro-Lukashenko in un campo di concentramento”: la denuncia di un attivista bielorusso a TPI / 2. Bielorussia, la dissidente Tarasevich a TPI: “Lukashenko usa il Covid per violare i diritti umani. Vuole annetterci alla Russia” / 3. Quei ragazzi che (grazie a Internet) possono svegliare la Bielorussia dalla dittatura dopo 30 anni

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Aborto, in Piemonte Fratelli d’Italia usa il corpo delle donne per una becera propaganda politica

Il trucco è sempre lo stesso e forse sarebbe il caso di smontarlo una volta per tutte: prendi un argomento che faccia presa sulla pancia dei tuoi elettori, lancia una proposta che non è nemmeno una proposta ma è una sterile provocazione, decidi di prenderla con una di quelle categorie che funzionano sempre nella guerra ideologica e poi mischi tutto per farne un bel pastone e riuscire a meritarti qualche spazio sui giornali. Questa volta tocca alla Regione Piemonte che per mano del suo assessore regionale alla semplificazione Maurizio Marrone (di Fratelli d’Italia) che decide di scagliarsi contro la decisione del governo dei primi d’agosto con cui il ministro Speranza aveva abolito l’obbligo di ricovero per le donne che scelgono l’aborto farmacologico.

Ai tempi la decisione venne presa per contrastare un altro blitz della destra che aveva deciso di obbligare le donne che volevano ricorrere all’aborto farmacologico a un ricovero ospedaliero che ovviamente (non ci vuole un genio per capirlo) avrebbe aumentato lo stress psicologico e fisico, l’esposizione e le difficoltà delle donne. Non avendo la possibilità di combattere con lealtà le proprie idee, del resto, questi sono abituati a disincentivare scientemente le idee degli altri, come se fosse normale, come se la sottrazione dei diritti fosse l’unico modo per immaginare un modo di governo e una propria identità politica.

E la scienza? No, no, a loro la scienza non interessa per niente e il fatto che il Consiglio di Sanità e le società di ginecologia e ostreticia abbiano espresso sulla questione un parere univoco (e favorevole alla decisione del ministero) non intacca minimamente l’assessore Marrone, che ovviamente si sente sicuro delle proprie idee con la stessa sicumera che hanno sempre quelli che giocano a fare politica sulla pelle della libertà di scelta (preferibilmente le donne) e che sanno solo attaccare il corpo per fingere di avere delle idee.

Non è un caso, no, è una lucida strategia che si inventa qualsiasi passaggio punitivo pur di scoraggiare un atto che non hanno il coraggio di discutere deliberatamente faccia a faccia con le donne. E infatti appena si alza il polverone si tirano indietro e dicono che era solo una proposta, solo un’idea che al momento non c’è nessuna ipotesi di calendarizzazione ma intanto sono già riusciti a frugare gli intestini dei loro elettori e a meritarsi un po’ di spazio sui giornali. Fino al prossimo giro, fino al prossimo timido tentativo. Sempre avanti così.

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