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Libertà di opinione

Siamo tutti Sallusti?

Prima di rispondere sarebbe il caso di leggere Chiara Lalli e il suo articolo per Il Mucchio:

Perché qui la questione non è essere contrari all’aborto (opinione) ma avere raccontato il falso, avere descritto la ragazzina come vittima di crudeli carnefici e i genitori in combutta con il giudice per costringerla ad abortire, anzi per stapparle il figlio dai visceri. Sulla diffamazione si potrebbe discutere a lungo: vogliamo considerarlo reato senza vittima, siamo pronti a prenderci tutte le conseguenze? Siamo sicuri che non ci sia una vittima e come potremmo difenderci se qualcuno scrive su un giornale che siamo dei serial killer? Che pensare dell’incitazione all’odio razziale o dell’omofobia? In Italia il primo è reato come crimine d’odio, sulla seconda siamo terribilmente evasivi. Si potrebbe – e dovrebbe – discutere sul tipo di pena e sull’inopportunità del punire l’intemperanza del linguaggio, anche se le critiche si basano su fatti veri. Il carcere non può che apparire spropositato e insensato – ma anche giocare a fare i martiri dopo avere rifiutato qualsiasi rimedio lo è. Prima di decidere cosa pensare è consigliabile leggere almeno Sallusti secondo me di Federica Sgaggio, 23 settembre 2012 eLibertà di diffamazione di Michael Braun, 27 settembre 2012, Internazionale. Così siamo pronti per l’ultima puntata, cioè il cosiddetto SalvaSallusti. È lo stesso Sallusti a commentare il 13 novembre sul suo profilo “Mi sento meno solo. Con la legge approvata dal Senato a San Vittore finiremo in tanti”.

Il caso Sallusti oltre Sallusti

Ho fatto un sogno. Niente di rivoluzionario, per carità, ma qualcosa di utile: provare a cogliere le opportunità oltre che crogiolarsi nelle piccole soddisfacenti vendette. E provare a cogliere nel recente caso Sallusti (almeno per la dimensione mediatica che sta suscitando) un quadro generale di tutela non tanto per chi ha fatto della diffamazione e l’aizzamento a mezzo stampa un marchio di fabbrica (verrebbe da dire che a Sallusti stia capitando un banale contrappasso, del resto) ma per i molti giornalisti precari che non hanno casse di risonanza.

Come scrive Matteo su ValigiaBlu:

La difesa del diritto all’informazione non può essere subordinata allo scalpore provocato dal caso di turno, o allo status del giornalista coinvolto. Non deve diventare, implicitamente, una questione di classe riguardante i giornalisti di serie A. Spesso è proprio il giornalista che lavora nella piccola redazione locale  a subire le pressioni più forti, a essere più esposto a ogni tipo di censura, anche solo antropologica. Perché quando esce dalla redazione, e va in piazza o al bar, si trova gomito a gomito con quei personaggi di cui ha indagato e denunciato le malefatte. Lì trova il sindaco, l’assessore, l’amministratore delegato. Lì vede in faccia chi potrebbe, il giorno dopo, rivolgersi a un avvocato per zittirlo a suon di milioni, una volta letta la cronaca locale. In questi casi il rischio di querela è come avere una parte del cervello chiusa in un carcere le cui pareti sono fatte di paura, ansia, frustrazione e incertezza. Diventa dunque vitale, per poter svolgere al meglio la professione, essere tutelati.

Vale la pena di leggere il suo post e la sua intervista a Stefano Santachiara.

Hamza Kashgari: morire per un tweet

Lo scorso 4 marzo Hamza Kashgari, editorialista di ventitré anni del quotidiano Al-Bilad, posta una serie di tweets riguardanti immaginarie conversazioni con il profeta Maometto. Nel giorno del compleanno del fondatore dell’Islam, il poeta arabo saudita scrive: nessuna donna saudita andrà all’inferno, perché è impossibile andarci due voltenel tuo compleanno  dirò che ho amato il ribelle che era in te, che sei sempre stato una fonte di ispirazione per me, e che non amo l’alone di divinità che ti circonda. Non pregherò per te. Nel tuo compleanno, ti troverò dovunque mi girerò. Dirò che ho amato aspetti di te, ne ho odiati altri, e che non ne capisco molti altri. Nel tuo compleanno, non mi inchinerò a te. Non bacerò la tua mano. Piuttosto, la stringerò come fanno due uguali, e sorriderò come tu mi sorridi. Ti parlerò come amico, niente più.

Ora rischia la pena di morte. Qual è la posizione dell’intera comunità europea? Ne parla Odetta su Non Mi Fermo.

Anna Stepanovna Politkovskaja e il bavaglio nelle sue declinazioni

Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci: erano queste le condizioni in cui lavoravo durante la seconda guerra in Cecenia, scoppiata nel 1999. (da Il mio lavoro a ogni costoInternazionale, 26 ottobre 2006)

Stampa clandestina

La Corte d’Appello di Catania ha condannato in appello il blogger Carlo Ruta a 150 euro di ammenda per “stampa clandestina”. Succede qui, in Italia, dove l’informazione e la libertà di opinione stanno diventando sempre più pericolosamente … “un’opinione” (come dice l’osservatorio Ossigeno). Se ne parla da anni ma non si riesce a vedere all’orizzonte una riforma seria della legge sulla stampa. Che è del 1948. E vieta cose possibili in Libia.

Cos’è questo vento

Il dissenso è la pratica delle idee diverse. In una democrazia moderna (ma anche in una democrazia di opinioni che galleggi appena sopra la soglia della decenza) dovrebbe essere obbligatorio. Qualcuno dice che per amore dello Stato oggi si consiglia addirittura l’indignazione, come dose minima. Eppure dire fai ridere alla Moratti, con questo brutto vento, può portare ad essere identificati per il reato di opinione non timida. Comunque, ovviamente, è colpa di Pisapia. Il video kafkiano lo potete vedere su youreporter.

Da AGORAVOX: Voglio battermi per costruire un’Italia migliore

L’ho scritto già il giorno dopo l’approvazione della legge al Senato. Lo ribadisco oggi. Ci troviamo dinanzi una situazione per cui Antigone si deve scontrare con Creonte. Sono sempre più convinto che bisogna chiedere, ad ogni cittadino, la disobbedienza civile a una legge ingiusta. Dobbiamo fare in modo che Creonte riconosca le ragioni di Antigone e non possa permettersi di mandarla in esilio, perché il consenso elettorale non equivale all’annichilimento del diritto.

Essere eletti non significa agire sopra le leggi ma per esse. Agire affinché i cittadini siano coinvolti nella vita del paese e non si sentano succubi del re di turno. No, questa volta il re non deve agire per sé. Nell’Italia dei furbetti, delle cricche, delle tangenti, approvare questa legge significa abiurare alla democrazia. Perché con questo disegno di legge il Governo si contrappone inevitabilmente al diritto, poiché in uno stato di diritto non è accettabile una legge che si scontra con la norma costituzionale e con la Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo).

Non è accettabile che si facciano leggi a tutela dei propri interessi. Non è accettabile che si imbavagli la stampa. Non è accettabile. Punto.

Sono stato tra i primi a scrivere per AgoraVox e da sempre gli sono accanto nella battaglia per la libertà d’espressione. Ero sul palco il giorno in cui è stata presentata a Roma, sono qui, oggi, mentre adempie al suo compito di watchdog della poltica e dell’informazione.

Insieme abbiamo creato Mafiopoli, abbiamo sfidato boss e comparse, abbiamo seguito l’Expo, denunciato connivenze. Abbiamo fatto un percorso lungo. Un percorso che non può fermarsi, ora, dinanzi alla volontà di un’élite il cui unico scopo è la tutela dei propri interessi.

Se dovrò disobbedire, lo farò. Se dovrò pubblicare su AgoraVox le notizie che altrove non si potranno pubblicare lo farò. Non è con una legge che si è espropiati del nostro diritto alla parola. Non è con una legge che si annullano i nostri diritti di cittadinanza.

Tutto ciò non è solamente un’ipoteca sul futuro ma anche una tomba sulla nostra storia recente. E’ un macigno gettato sulla lotta alla criminalità organizzata e sulle loro vittime. Perché tante volte le indagini non nascono come indagini di mafia ma lo diventano. Con questa legge, alcune, non sarebbero mai partite. Io non voglio vivere in un paese che dimentica il suo passato e ipoteca il suo futuro. Voglio battermi per costruire un’Italia migliore.

Io ci sono. E voi?

http://www.agoravox.it/Voglio-battermi-per-costruire-un.html

Resta, Silvia. Usciamo noi dai tuoi cassetti.

Ci sono momenti nella vita in cui la confusione tutta sottosopra della propria vita è uno stato che ti rimbalza in pancia e solo dopo è una questione di cassetti e voci. Le mani messe dentro il proprio stomaco sono la fucilata dei codardi che vorrebbero giocare a fare i militari ma hanno il naso da pagliaccio della propria codardìa. Silvia Resta si è ritrovata una porta scardinata come fotografia di una violazione che ha sensi diversi. E immagino gli occhi di Silvia mentre frugano con la stessa fretta a scardinarsi il cervello per capire o cercare almeno di immaginare con un pizzico di realismo. Non so nient’altro che immaginare quanto costi oggi parlare con lo sguardo diritto e la certezza comune di sbagliare spesso. So che gli occhi di Silvia nei suoi servizi andati in onda (e in quelli lasciati nel cassetto) sono gli occhi di chi ci crede. Nonostante tutto. Disinteressata. Con tutto solo da perdere. O trafugare. Per questo vorrei provare ad uscirci io dai cassetti in disordine per stringerti la mano Silvia. Per dirti che non sei da sola. Che ci possono portare via a pezzetti ma mai tutti insieme. E che siamo qui. Tutti. Insieme. Questa sera ancora di più con te.

L’intercettazione che intimorisce Creonte

Ieri è stato approvato dal Senato il disegno di legge sulle intercettazioni. Ancora una volta il Governo ha abusato dello strumento della fiducia, ancora una volta ha relegato il Parlamento a semplice delegato della volontà del potere esecutivo. La separazione dei poteri, uno dei principi fondanti dello Stato di diritto, è stata sostituita dall’emergenza e dall’urgenza, che ormai sembrano essere gli unici parametri valutativi di ogni evento nel nostro paese.

Molti esperti giuristi hanno descritto gli effetti di questa legge a livello processuale, ma la sua influenza negativa va al di là dell’aspetto meramente tecnico-giuridico.

Su “la Repubblica” di oggi Gustavo Zagrebelsky scrive “il potere politico può proteggersi, ma non può farlo imbavagliando un potere – il potere dell’informazione- che ha la sua ragion d’essere nel controllo del potere”. Il potere politico vuole proteggere sé stesso a tutti i costi senza confrontarsi con lo ius, con il diritto che, come ha ben evidenziato lo stesso Zagrebelsky, non coincide con la lex. Il diritto è molto più ampio, è quell’insieme che comprende il tutto e che contiene norme internazionali, principi costituzionali, interpretazione ecc.

Ebbene con questo disegno di legge il Governo si contrappone inevitabilmente al diritto, poiché in uno stato di diritto non è accettabile una legge che si scontra con la norma costituzionale e con la Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo).

Mi auguro che il Presidente della Repubblica si rifiuti di firmare una tale abiura dei principi costituzionali. Spero che il garante della Costituzione non permetta la soppressione futura dei processi contro la criminalità organizzata, che trovano nelle intercettazioni uno strumento investigativo fondamentale. Spero che il Presidente Napolitano ricordi con forza il valore e l’importanza dell’art.21 della nostra Costituzione e affermi con decisione la libertà di cronaca e di espressione dei giornalisti.

Siamo ormai nella situazione in cui Antigone si deve scontrare con forza contro Creonte. Dobbiamo richiedere a ogni cittadino la disobbedienza civile a una legge ingiusta. Dobbiamo fare in modo che Creonte riconosca le ragioni di Antigone e non possa permettersi di mandarla in esilio, perché il consenso elettorale non equivale all’annichilimento del diritto.

Quando si scambia malainformazione per disturbatori

Ieri i Radicali Italiani hanno manifestato durante l’insediamento del Consiglio Regionale in Lombardia. I Radicali hanno organizzato un presidio davanti al Consiglio Regionale per denunciare le gravi violazioni che hanno afflitto tutto il procedimento elettorale e ribadire che il Consiglio e il Presidente Formigoni sono stati eletti illegalmente. La notizia è scomparsa, sommersa, inghiottita nella sola nota di costume dell’irruzione di Marco Cappato durante la seduta. Come uno svilente santino che dipinge l’ennesimo “disturbatore” per le foto ricordo. Eppure le accuse dei Radicali sono circostanziate e dello stesso sapore di un malcostume elettorale tutto italiano. Nascondere sotto il tappeto della “pittoresca irruzione” una situazione che dovrebbe quantomeno aprire un dibattito è oscurantismo della libera circolazione delle idee. Alzi la mano chi oggi, dopo aver letto i quotidiani, conosce i reali motivi della protesta. Per tutti gli altri li potete ascoltare qui: