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Opportunità e colpevolezza

Ho passato i miei ultimi anni provando a riaccendere il senso di opportunità che abbiamo banalmente tralasciato sostituendolo con l’eventuale condanna o assoluzione (senza nemmeno riuscire a raccontare per bene cosa sia la prescrizione). Ne parlo ovunque: negli spettacoli, nei libri, nelle scuole. Tra i risultati nefasti di questa sclerotizzazione del senso di opportunità (e ovviamente inopportunità) c’è anche l’impunità politica di cui godono politici come Schifani, Formigoni (solo per citarne un paio, ma sono tantissimi) che nonostante siano talvolta stati assolti risultano chiaramente, carte alla mano, inopportuni in alcune loro amicizie e in alcuni loro comportamenti. Per questo credo che valga la pena leggere Alessandro Gilioli oggi su L’Espresso:

Ecco, da noi vent’anni di berlusconismo e antiberlusconismo, nonché di serrato confronto fra cosiddetti ‘garantisti’ e cosiddetti ‘giustizialisti’, ci hanno privati del giudizio politico. Siamo tutti lì incatenati ai tre gradi di decisioni togate, come se (almeno in alcuni casi) non potessimo esprimere un giudizio di opportunità politica a prescindere dalle sentenze.

E mi permetto di consigliare, a proposito di false innocenze, il mio libro qui.

(Autopromozione, sì.)

Uno dei libri più belli mai letti

So che l’affermazione può sembrare forte ma Prima che la notte è un libro che mi è rimasto per intero nel cuore. Claudio Fava e Michele Gambino dimostrano di essere cuore e testa oltre che penna e la vicenda di Pippo Fava è raccontata come una dolorosissima poesia.

Ne vale la pena, credetemi. Potete comprarlo qui.

La scomparsa della vergogna di non sapere

“Non c’è solo la corruzione del denaro, che devasta larga parte del Paese, c’è la corruzione delle menti, la scomparsa della vergogna di non sapere, di non sapere parlare e quindi di pensare con difficoltà”.

(Corrado Augias)

Il rumore là fuori

1393775838_TECH_rumoreRispondendo ad un utente sulla propria pagina Facebook Bono degli U2 parlando della promozione del loro ultimo disco ha scritto: “c’è un sacco di rumore là fuori. Penso che sia necessario fare un po’ di casino per superarlo”. Sto scrivendo L’amico degli eroi, lo spettacolo e libro sulla vicenda inumana di Marcello dell’Utri e i suoi poco onorevoli compari di vita e sono rimasto incastrato dal silenzio qui dentro e anch’io dal rumore là fuori. Dopo lo spettacolo su Giulio Andreotti ho avuto grandi difficoltà a scrivere e produrre, non lo nascondo, per motivi che probabilmente non mi sono ancora del tutto chiari: mettici la paura, la stanchezza, mettici la malattia nera che hai sempre il sospetto di non avere superato del tutto e mettici l’indolenza che mi ha lasciato addosso. Abbiamo inventato qualcosa, sì, messo in scena giullarate, scritto articoli ma tutti questi ultimi anni si sono svolti con una dinamica granulosa e molle che ha perso la spinta dei primi anni di produzione. Con poca speranza, forse, principalmente faticando ad accendere quella vecchia energia. Ecco: il “rumore là fuori” comincia a farti paura quando hai paura di avere perso quell’equilibrio che avevi, ti salvava e non hai mai capito bene come ricrearlo quasi se ti fosse arrivato sempre un po’ per caso oppure perché non ci hai dedicato abbastanza tempo per carpirne gli ingredienti. Solo un pensiero. Tutto qui. Torno a scrivere, eh.

La grigie “white lists” a Catania

Tutto si può dire di Claudio Fava tranne che sia timido a denunciare con nomi e cognomi.

Una gestione ‘distratta e leggera’ quella della white list a Catania. Non usa mezzi termini Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia alla Camera dei Deputati che con il collega Davide Mattiello componente della Commissione hanno illustrato, in conferenza stampa, le ‘criticità’ della gestione della ‘white list’.

Nell’interrogazione presentata alla Camera Fava si chiede come sia stato possibile inserire due società legate a famiglie che da 30 anni a questa parte gestiscono gli affari a Catania.

“Esprimo molti dubbi e una forte preoccupazione per quello che sta accadendo a Catania perché il tema della gestione dei beni confiscati – ha detto Fava – soprattutto in una terra avara di lavoro come la Sicilia e in questa provincia, la gestione della white list è un tema di estrema e dovuta sensibilità. La prima ragione di preoccupazione è che noi pensiamo che ci sia una gestione un po’ distratta, un po’ disinvolta della white list in questa città e lo dico affiancando a questo il mio apprezzamento per quello che sta facendo la Procura della Repubblica che per al prima volta a Catania ha posto un tema che per noi è fondamentale preservare i posti di lavoro nelle aziende confiscate. E’ un tema a cui sta dedicando tempo, lavoro, passione e se si arriverà ad un risultato positivo ad esempio con l’azienda Riela lo dovremo al modo in cui anche la Procura di Catania ha saputo intestarsi questa battaglia di buonsenso più che di civiltà giuridica”.

LA JUDICA ALLA FINE ESCLUSA DALLA WHITE LIST – “I casi Basilotta ed Ercolano sono casi che raccontano una città forse non del tutto perlustrata, non del tutto conosciuta. La vicenda Basilotta che adesso si conclude in modo positivo dal nostro punto di vista con il fatto che la Prefettura sia tornata sulle sue decisioni e abbia deciso di escludere dalla white list la Judica, la ditta intestata a Luigi Basilotta. Ci preoccupa per molte ragioni, Vincenzo Basilotta, condannato in appello per concorso in associazione mafiosa, giudizio poi cancellato dalla cassazione, rappresenta un punto di incontro importante e significativo tra diversi livelli affaristici e criminali. Basilotta che è rappresentante manifesto, nelle intercettazioni che sono state raccolte nel clan La Rocca: che vuol dire le famiglie Ercolano e Santapaola. Vincenzo Basilotta è tutto questo: e nel 2010 Basilotta decide di liberarsi di tutte le proprietà, le quote che possedeva cedendole ai fratelli che sono stati considerati, riteniamo anche giustamente, in questi anni dalla Procura della Repubblica e dal tribunale, dei prestanome. In questo modo si è arrivati alla confisca del 66% della Incoter e del 30% della Judica. A noi sembra abbastanza paradossale che la judica che ha formalmente come ad Luigi Basilotta, fratello di Vincenzo che risulta avere avuto la funzione di prestanome del fratello, possa iscrivere serenamente nella white list la propria azienda, un terzo della quale è confiscata, una quota non sufficiente per nominare un amministratore giudiziario, ragione per cui amministratore di questa azienda ha continuato ad essere dal 31 luglio dell’anno scorso Luigi Basilotta. Ci sembra una cosa grave anche per la giustificazione che noi abbiamo letto nelle dichiarazioni del portavoce della Prefettura che hanno parlato di un ‘rapporto parentale irrilevante’. Ora, se è irrilevante il rapporto parentale tra due fratelli, uno dei quali è di fatto, prestanome dell’altro fratello che è condannato per associazione mafiosa e che rappresenta nell’inchiesta in corso uno snodo fondamentale degli equilibri e delle geografie mafiose in questa provincia, questa giustificazione a noi preoccupa perché rivela un preoccupante eccesso di formalismo”.

“Anche perché – ha chiarito Fava – il decreto che prevede l’istituzione della white list che è cosa diversa dalla certificazione antimafia, prevede che la richiesta venga fatta dall’impresa, ma naturalmente è una scelta della Prefettura accettare nella white list un imprenditore che ne fa richiesta e il decreto parla della necessità di garantire l’assoluta impermeabilità di quell’azienda che ne ha chiesto l’inserimento. Che questo rapporto tra i due fratelli sia totalmente bonificato da qualsiasi rischio è una cosa della quale noi siamo assai poco convinti”.

LA SUD TRASPORTI DI ANGELO ERCOLANO – ”Un altro passaggio fondamentale è quello di revocare dalla white list la sud Trasporti di Angelo Ercolano. La famiglia Ercolano è l’autobiografia di questa città ed è un’autobiografia di cui in parte questa città ha ancora pudore o si vergogna o nasconde a se stessa cosa abbia rappresentato e cosa rappresenti ancora questa famiglia. Aldo Ercolano, all’ergastolo, rimesso nel circuito carcerario normale in modo inspiegabile, adesso affidato di nuovo al 41bis. Enzo Ercolano, al quale anche se era prestanome del padre Pippo, viene sequestrata la Geotrans qualche mese fa, che è tra coloro che hanno lavorato alla Coop collegato alla Pizzarotti come sub appalto per la realizzazione della Siracusa-Catania. La Pizzarotti chiese, presentando l’elenco dei propri sub appaltatari, informazioni alla Prefettura se i fornitori fossero tutti in regola. La Prefettura in quel caso arrivò con otto mesi di ritardo con la Coop che aveva ampiamente cominciato a lavorare. Successivamente Enzo Ercolano ha chiesto alla Prefettura se ci fossero elementi ostativi per continuare a lavorare negli appalti pubblici e la risposta è stato un nulla osta che è stato trasmesso nel maggio del 2008″.

“Angelo Ercolano subisce una confisca perché c’è un procedimento penale in corso per un’evasione fiscale di più di 5 milioni di euro. Siamo di fronte al cugino di Aldo Ercolano, nipote di Pippo Ercolano, dentro ad una famiglia che ha gestito in questi anni come core business della propria attività e in passato con la capacità di riciclaggio delle attività criminali, il settore dei trasporti. Angelo Ercolano, oggi sottoposto ad un procedimento penale per un reato particolarmente insidioso, con l’azienda sottoposta a confisca, si ritrova inserito ed accolto nella white list. Noi lo consideriamo un fatto grave, come consideriamo un fatto grave che non ci sia la possibilità anche da parte del circuito imprenditoriale sano di questa città di assumere l’urgenza di separare destini, livelli di responsabilità e di fare in modo che chi oggi lavora onestamente nel mercato degli appalti pubblici sai in condizioni di poterlo fare senza dovere subire la concorrenza di chi si trascina dietro l’ombra familiare e non solo di rapporti indicibili. A noi tutto questo sembra la testimonianza di una preoccupante leggerezza. Noi siamo qui perché su queste vicende ci sia un’ampia assunzione di responsabilità da parte di tutti i livelli istituzionali. Pensiamo che la ‘Sud Trasporti’ debba essere esclusa dalla white list e ci auguriamo che ci sia in questi mesi una vigilanza estrema su queste vicende che ci sia una linea di demarcazione chiara, netta e responsabile così come si sta costruendo ad esempio a Milano”.

(fonte)

Abbiamo aperto una Piccola Libreria

Praticamente abbiamo seguito il percorso inverso rispetto agli indici del mercato dell’editoria: una libreria a chilometro zero dall’autore al lettore, in tempo di globalizzazione. Nella nostra Piccola Libreria trovate i libri che ho scritto in questi anni e i prossimi che scriverò, per ora, e quando ci capiterà l’occasione metteremo anche qualche piccola sorpresa. Confesso che l’idea ci è venuta grazie al suggerimento di qualcuno che  mi faceva notare come fosse difficile trovare tutte le pubblicazioni e in più ho sempre pensato a questo mio blog come una casa in cui si possa mettere le mani tra le mie cose.

La Piccola Libreria la trovate qui. Aspettiamo come sempre le idee e i suggerimenti, eh. Ah: anche le critiche.

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Come quell’altro: a Reggio Calabria in lista c’è l’amante del boss

Qualcuno invoca la svolta a Reggio Calabria. La invoca soltanto però. Invece, nonostante il vestito nuovo dei candidati a sindaco, le 32 liste in corsa per il Comune sciolto per mafia nell’ottobre 2012 sono ancora piene di impresentabili. Dopo due anni di commissariamento, la puzza di ‘ndrangheta ricomincia a sentirsi a Palazzo San Giorgio a dispetto delle affermazioni del sottosegretario Marco Minniti che, pochi giorni fa, ha parlato di “liste a 24 carati”. Basta leggere i nomi per rendersi conto che non è così. Se poi si incrociano con gli atti giudiziari sfornati negli ultimi anni dalla Dda, si comprende bene come il monito del procuratore Federico Cafiero De Raho è stato completamente inascoltato dai vertici del centrosinistra, che candida il giovane Giuseppe Falcomatà del Pd (figlio d’arte dell’ex sindaco Italo) e del centrodestra che candida il presidente della Camera di Commercio Lucio Dattola. Falcomatà è favorito per una vittoria al primo turno, ma a tenere banco sono gli impresentabili infilati nelle sue liste. A partire dal carabiniere Roberto Roccella, che ieri pomeriggio ha ritirato la sua disponibilità a partecipare alla tornata elettorale. Il suo nome compare nella lista “A testa alta”, vicina al Pd. Nei confronti di Roccella è stato chiesto il rinvio a giudizio per i suoi rapporti con il commercialista Giovanni Zumbo, la talpa che forniva le notizie alle cosche Ficara e Pelle. Per la par condicio, “Sud” (lista collegata a Dattola) punta su Nicolina Zumbo, l’amante del boss Checco Zindato, detenuto al 41 bis e assolto in appello dall’accusa di aver ucciso Giuseppe Lauteta, fidanzato della candidata. “Ho un’altra entrata di seicento euro al mese e gliel’ho… gliel’ho fatta girare a lei perché… per il bambino!”. La voce è quella di Zindato, intercettato in carcere con la moglie mentre parla di Nicolina Zumbo che, per gli investigatori, avrebbe ricevuto denaro proveniente dalle attività illecita della cosca legata alla famiglia Libri. Nonostante la giovane età è un habitué delle candidature Claudio Miro Suraci, estremista di destra in lista con “Fratelli d’Italia”e condannato per aver lanciato una molotov contro una sezione dei Comunisti italiani. Se l’Ncd candida l’ex assessore al patrimonio edilizio Michele Raso, condannato a 2 anni di carcere per aver indebitamente assegnato un alloggio popolare alla cognata, la lista “Reggio Futura”punta su altri due “Scopelliti Boys”: Giuseppe Agliano e Michele Marcianò. Il primo, assessore al Bilancio di Scopelliti, è indicato dal pentito Roberto Moio come vicino ai fratelli Tegano, padroni di Archi. Marcianò, invece, è stato più volte intercettato con il boss Cosimo Alvaro al quale, all’interno della sua Smart, aveva dato indicazioni su come comportarsi in caso di un eventuale posto di blocco: “Tu documenti non ne hai… Sordomuto”. Le sue intercettazioni sono finite nel fascicolo del processo “Meta”. “Prima viene il rispetto e poi viene la politica con me…”. È la frase detta da Marcianò ad Alvaro al quale aveva chiesto di trovare giovani da tesserare in Forza Italia. Nella lista sarebbe stato candidato Nicola Paris se non avesse deciso di saltare il fosso e appoggiare Falcomatà. Adesso è con il “Centro Democratico” dopo aver schivato una sentenza di incandidabilità perché fratello di Tommaso Paris, condannato a 11 anni in quanto vicino alla cosca Zindato. Nella stessa lista c’è Stefania Eraclini (figlia di un ex consigliere “incandidabile”) e il medico Giuseppe Zuccarelli, un oculista citato più volte nell’inchiesta “Zap – pa” per i suoi rapporti con il boss narcotrafficante Santo Maesano. Il 26 ottobre si vota. E tanti “in odore” sono della partita.

(Lucio Musolino per  Il Fatto Quotidiano)

Cosa stiamo facendo, cosa potete fare con noi.

berlusconi-dellutriDunque è fine agosto e devo dire che fine agosto mi ha sempre lasciato un fondo di voglia di tornare per rimettersi al lavoro. Poi riprendo le mie cose giusto il tempo per accorgermi che in fondo non le ho mai lasciate muovendomi in questa estate tra i convegni, gli spettacoli e la scrittura. La scrittura, appunto: potrebbe essere una dolcissima maledizione se non fosse che stiamo tutti incastrati sotto un tetto così incerto. Tornano tutti, mi dicono. Ma tornano dove?

Quando scelgo di scrivere e preparare un nuovo spettacolo mi assale il dubbio che non sia abbastanza importante; non che debba essere importante lo spettacolo, per carità, ma almeno vorrei che fosse abbastanza urgente il tema trattato poiché l’occasione di immergersi nella costruzione finita di un progetto per intero ti capita in un anno più o meno per una sola volta per questione di tempi, di energie e di produzioni. E’ un’idea che mi manda in affanno: sprecare un anno dedicandosi a qualcosa che è morto perché non parla più a nessuno. Per questo dedicarsi a Marcello Dell’Utri, Vittorio Mangano e l’imprenditore milanese che completa il terzetto per la prossima stagione è una scelta lungamente ponderata soprattutto dopo esserci dedicati alla conclamata innocenza di Giulio negli scorsi anni.

Cosa stiamo facendo? Stiamo scrivendo e preparando L’amico degli eroi che è uno spettacolo, un libro e anche una scelta eticamente diversa nel percorso di produzione: abbiamo deciso di non avere finanziatori pubblici ma di affidarci al nostro pubblico e ai nostri lettori. Ognuno di voi può contribuire su questa pagina preacquistando il libro e gli ingressi allo spettacolo permettendoci così di raccogliere quanto serve per andare in stampa ed in scena. Perché abbiamo deciso di seguire questa strada l’ho scritto qui e qui, se avete voglia di rileggerlo.

Le regole sono semplici.

La pagina del progetto la trovate cliccando qui. Si possono fare donazioni da 25 € in su e ogni donazione dà il diritto ad alcune cose:

  • LIBRO, Nome e cognome tra i ringraziamenti a fine libro e a fine spettacolo e ricevete una copia cartacea del libro. 25,00 €
  • LIBRO E INGRESSO SPETTACOLO, Nome e cognome tra i ringraziamenti a fine libro e a fine spettacolo e ricevete una copia cartacea del libro e un ingresso omaggio per uno spettacolo su Milano o su Roma entro 12 mesi dal debutto. 50,00 €
  • 2 LIBRI E 2 INGRESSI SPETTACOLO, Nome e cognome tra i ringraziamenti a fine libro e a fine spettacolo e ricevete due copie cartacee del libro e due ingressi omaggio per uno spettacolo su Milano o su Roma entro 12 mesi dal debutto. 100,00 €
  • 5 LIBRI E 2 INGRESSI SPETTACOLO PER LA “PRIMA”, Nome e cognome tra i ringraziamenti a fine libro e a fine spettacolo e ricevete cinque copie cartacee del libro e due ingressi omaggio per il debutto riservato ai comproduttori e alla stampa in luogo da decidersi (in base alle residenze dei sottoscrittori). 200,00 €
  • 5 LIBRI E PRESENTAZIONE CON LA PRESENZA DI GIULIO CAVALLI, Nome e cognome tra i ringraziamenti a fine libro e a fine spettacolo e ricevete cinque copie cartacee del libro e organizzazione di una presentazione del libro in luogo a vostra scelta. 500,00 €
  • 1 REPLICA DELLO SPETTACOLO “L’AMICO DEGLI EROI”, 1 replica dello spettacolo (esclusi i costi di location e eventuale attrezzatura tecnica). Per info paola.vicari@bottegadeimestieriteatrali.it 2500,00 €

Poi ci sono novità sul mio romanzo “Mio padre in una scatola di scarpe”: nei primi mesi del prossimo anno sarà in uscita. E io con lui. E mi auguro anche voi.

Buon lavoro a tutti.

Io me lo ricordo bene. Una mia storia.

Me lo ricordo talmente bene che potrei mettermi con una matita a disegnare tutti i dettagli se solo sapessi disegnare. Dico il giorno che avevo avuto la sensazione di avere il dovere di farcela. Ero giovanissimo egocentrico ma con il dosaggio contenibile dei ragazzi e mi ero detto che sarebbe stato bellissimo raccontare storie di professione, scritte e orali come all’esame di maturità, sul palco o sul foglio immaginando già che sarei finito a rovesciare fogli sul palco e palchi sul mio foglio. Il luogo davvero non era un granché originale visto che stavamo in fondo al corso dove tutti i ragazzini della città si strisciavano sperando di impigliarsi in qualche femmina: Corso Roma, come tutti i corsi Roma di tutte le città che mi è capitato di girare in Italia, tutti i corsi Roma come se tutte le città fossero finite ad essere qualcos’altro tentando di essere Roma. Io mi ricordo bene il sapore di quella speranza lì, che era una sfida certo ma aveva anche il corrimano delle possibilità, che insomma nessuno mi diceva che non fosse fattibile ma piuttosto che non fosse fattibile da lì,  in quel posto, da uno come me. Quindi impossibile non per me ma per quelli come me che erano tutti i lodigiani che al sabato di tardo pomeriggio sfilano per impigliarsi in Corso Roma e poi dopo la domenica è già lunedì e si frequenta il liceo dei figli della città bene, quelli che di lavoro faranno i figli dei propri genitori, almeno che non siano proprio scemi o diventino tossici.
Mi ero seduto al tavolino del bar di capolinea al corso, verso la periferia nella direzione che si allontana dalla piazza e c’era quel caldo alcolico che diventa sudore il primo secondo dopo il primo sorso di spritz. Eravamo io e Marco, anzi, io e Marco e chi ci aveva presentati perché pensava che ci dovessimo parlare io e Marco perché Marco veniva da Venezia (che fa sempre molto teatro per tutti i lodigiani del mondo), aveva studiato teatro (a Venezia, eh, per di più) e voleva mettere in piedi una compagnia teatrale proprio lì, proprio a Lodi, proprio in fondo alla coda sul culo di Corso Roma. Non ci eravamo nemmeno salutati con un garbo particolare, niente di più del rispetto per la presentatrice condivisa che stava seduta come se dovesse accadere la Creazione universale un’altra volta. Lo spritz era talmente mediocre, caldo e guarnito con una fragola troppo matura e sdraiata tutta molliccia, che mentre mi sorbivo l’introduzione che introduce tutte le presentazioni conto terzi mi ero ritrovato a pensare che sarebbe fallito in qualsiasi altro quartiere della città quel bar con quegli spritz caldi e il cadavere di fragola. Parlammo di tutto ciò che potesse essere potabile come prologo, di tutte quelle cose lì che ci prepariamo tutti come breve biografia pronta all’uso, solo con l’aggiunta di qualche momento di enfasi che ci era concesso a noi che volevamo fare gli attori, del resto.
Poi ricordo perfettamente, alcuni mesi dopo, quando io e Marco ci eravamo vestiti meno sbracati del solito ma con il solito tocco di enfasi, fermi nell’anticamera dell’ufficio dell’assessore alla cultura che era anche il vicesindaco di Lodi, era una donna, una donna in gamba che a ripensarci oggi è stata con noi più mamma che vicesindaco, Paola Tramezzani si chiamava, e quell’antisala ci sembrava una stanza ducale, o forse almeno a me perché Marco da Venezia era già più avvezzo agli stucchi, lui. Mi ricordo l’espressione che teneva, il vicesindaco, mentre noi le comunicavamo di essere già una compagnia teatrale bell’e finita, mancava solo che se ne accorgessero gli altri, lei per prima.
Ecco, io ho ancora nelle narici e sotto i polpastrelli quella nostra ambizione lì, così visionaria ma riconosciuta come un diritto da esercitare, quella voglia di prenderci il nostro posto nel mondo, mica il mondo, così ingenui e autentici ma con la sensazione che fosse possibile.
Oggi, non so se lo penso solo io, oggi manca questo senso di possibilità, che è diverso dalla speranza nuda e cruda e che innesca la meglio gioventù: quella che riforma, evolve e coglie la bellezza dell’affermazione. E ci rende un paese abitabile, denso.