Vai al contenuto

libri

Viva Via Gaggio domanda su Malpensa: ecco le risposte

viva-via-gaggio-tra-terra-e-poesia-lo-spot-L-_8V71RIl comitato Viva Via Gaggio pone alcune domande ai candidati. Ecco le mie risposte:

  • Sapreste descrivere brevemente in cosa consiste il Masterplan?

E’ il “piano di espansione” dell’aeroporto di Malpensa per l’ampliamento della struttura aeroportuale con la costruzione, tra le altre cose, di una terza pista e del relativo terminal, oltre a nuovi capannoni, collegamenti ferroviari e strutture turistiche (es. hotel). Il tutto “invadendo” un’area esterna all’attuale sedime dell’aeroporto, quella brughiera “bene comune”, ambiente unico da tutelare e salvaguardare.

Io, il Masterplan, l’ho definito “l’Expo dei Filippelli”. Non è un caso che il progetto della terza pista comprenda in gran parte una fetta del territorio di Lonate. Ci sono le indagini che lo provano, con tanto di intercettazioni: gli affari li faranno soprattutto gli ‘ndranghetisti.

  • In merito al Masterplan di SEA, come intenderete procedere se eletti?

Da sempre ho dichiarato la mia assoluta contrarietà, un NO chiaro, ostinato, “senza se e senza ma”, che si è tradotto, in questi due anni e mezzo da consigliere SEL, in diverse interrogazioni e osservazioni sull’argomento.

E’ mia intenzione continuare su questa strada.

Sono convinto che la Regione soffra di mancanza di pianificazione e di disegno strategico. Attualmente siamo di fronte ad una crescita dell’aeroporto di Bergamo, mentre quello di Brescia è sottoutilizzato e le stime sul traffico (36 milioni di passeggeri effettivi a fronte di 60 milioni di capacità massima) rendono del tutto ingiustificato l’ampliamento di Malpensa, il cui traffico, tra l’altro, è in calo.

E’ quindi necessario che la Lombardia si doti di un piano di sviluppo del sistema aeroportuale basato sui dati effettivi e non sulla smania di cementificazione e sul “costruire per costruire” che ha caratterizzato tutta l’“era Formigoni”. Occorre concentrare l’attenzione sull’ottimizzazione dei movimenti a terra e in volo, sulla riduzione del rumore, sull’uso dei pontili per evitare eccessive movimentazioni di bus e rullaggi, sull’uso di mezzi elettrici per i movimenti a terra.

  • L’alta densità di popolazione nei pressi dell’aeroporto è un fattore da non sottovalutare: sapete quali rischi corrono i cittadini in termini di salute e qualità della vita?

So che il livello di inquinamento – dell’aria, acustico e luminoso – nel territorio intorno all’aeroporto è preoccupante, com’è stato accertato anche da numerosi studi dei Comuni e del Parco del Ticino e dallo studio HYNEA. E’ un dato molto grave, che colpisce l’ambiente e la salute dei cittadini.

Parliamo, per quanto riguarda della salute, di aumento dell’insorgenza di malattie respiratorie, cardiovascolari, forme tumorali, e dell’aumento del numero di decessi da queste causati: dal 1997 al 2009 – secondo Andrea Bagaglio, medico del lavoro ex funzionario Asl – i decessi per malattie respiratorie in tutti i comuni dell’Asl di Varese sono aumentati del 14%, e nei comuni del Cuv lo stesso parametro è salito del 54%.

La Regione Lombardia aveva affermato la necessità di procedere in modo coordinato tra Valutazione di impatto ambientale e Valutazione ambientale strategica. Nei fatti, è stato avviato esclusivamente il primo dei due iter. E invece il punto è che soltanto la Vas permette di valutare se la zona sia in grado di sopportare un aumento del sedime aeroportuale e un incremento dei voli per passeggeri e merci, ed è l’unico mezzo che ci permetta di  valutare  l’impatto della terza pista su tutto il territorio, brughiera e popolazione.

  • Malpensa viene spesso descritta come principale – quando non unica – fonte di lavoro per i cittadini dei Comuni circostanti: sapete descrivere le condizioni e la qualità del lavoro all’interno dell’aeroporto?

Quando su una “grande opera” iniziano ad alzarsi le voci contrarie, arriva sempre alle nostre orecchie la frase “Ma non si può impedire, perché crea occupazione”.  Ma è la verità? E qual è prezzo?

Se anche fosse vero che Malpensa assicura l’occupazione ai cittadini dei Comuni circostanti, cosa tutta da dimostrare, è sicuramente vero che le condizioni di lavoro sono inconfessabili.

Lavoro nero, aumento della precarietà, appalti e subappalti tra cooperative che sfruttano la manodopera (pagata con salari sempre più bassi, come in una “guerra tra poveri”) e che, a forza di “passare l’incarico” creano un sistema di sfruttamento a catena. E i diritti dei lavoratori diventano un’utopia, mentre aumentano, da parte della Dirigenza, le ritorsioni e le discriminazioni verso i lavoratori più sindacalizzati.

Non manca la cassa integrazione, visto il calo del traffico (ma a cosa serve, allora, costruire la Terza pista?) e il fallimento – o la riduzione del numero dei voli – di molte compagnie.

Tra le iniziative che SEL proporrà nei primi sei mesi di nuovo governo regionale, ci sono leggi per la sperimentazione del reddito minimo di cittadinanza e per il contrasto al lavoro nero e la destinazione di risorse per situazioni di crisi e politica attiva del lavoro.

  • Ad oggi, credete possibile che un territorio come il nostro abbia bisogno di un ulteriore Polo Logistico di 200.000 mq in pieno Parco del Ticino?

Non credo proprio. Non ne vedo l’utilità ma, soprattutto, sono convinto che l’area sia assolutamente da tutelare.

La realizzazione del Polo Logistico comporterebbe la scomparsa di un’ampia fetta di territorio di brughiera e un’ulteriore delocalizzazione dei cittadini del Comune di Lonate Pozzolo.

C’è bisogno, invece, di tutelare l’area del Parco del Ticino, che ha caratteristiche da proteggere secondo la direttiva habitat e secondo la direttiva uccelli. La scomparsa di questo habitat sarebbe una perdita immensa, visto che non potrà rigenerarsi spontaneamente altrove né essere ricostruito artificialmente in altro luogo per le particolari caratteristiche del suolo, come studi del Parco del Ticino in collaborazione all’Università di Pavia hanno sottolineato.

Con SEL, abbiamo in programma la promozione di provvedimenti di legge sulla tutela ambientale e l’inquinamento (riduzione delle sostanze inquinanti).

  • Il nostro territorio si trova all’interno del Parco Naturale della Valle del Ticino, il più grande parco fluviale europeo. Quali sono le vostre ricette per realizzare il giusto equilibrio tra Aeroporto e Parco?

Come sottolineavo prima, le previsioni sull’utenza non sono affatto in “forte crescita”, anzi.

Credo quindi che sia doveroso pensare ad un tavolo con gli enti locali e le associazioni per studiare insieme le soluzioni per il futuro.

Punto molto sulla discontinuità rispetto alla precedente amministrazione regionale: se con Formigoni la programmazione era basata sul “costruire per costruire”, io invece voglio impegnarmi per una programmazione reale degli interventi, una programmazione che sia basata sulle reali necessità del territorio, dei suoi abitanti e dell’ambiente. La Regione quindi dovrà interfacciarsi con le realtà territoriali locali e con le associazioni e i cittadini, invece che con i “soliti noti” interessati unicamente al profitto. Per una più sana gestione dei fondi pubblici e dell’ambiente.

  • Sulla pagina di Expo2015 – il cui tema è logicamente in contrasto con il consumo di suolo – si legge: “All’Expo in mostra la frontiera della scienza e della tecnologia: preservare la bio-diversità, rispettare l’ambiente in quanto eco-sistema dell’agricoltura, tutelare la qualità e la sicurezza del cibo, educare alla nutrizione per la salute e il benessere della Persona […].” Come credete si possano supportare tali tesi, quando il Masterplan è finalizzato a supportare i milioni – e perchè non miliardi – di visitatori in arrivo per Expo2015? [ricordiamo che nei primi 10 mesi del 2012 Malpensa ha registrato un traffico che sfiora i 16 milioni di passeggeri. Le previsioni per il 2030 sono di 50/70 milioni di passeggeri]

Sono convinto che Expo vada ripensata, proprio nell’ottica di poter accogliere un gran numero di visitatori mantenendo un profilo di sostenibilità. Non può mascherarsi da evento “buono” e poi calpestare la legalità,  i diritti delle persone e l’ambiente.

Parlando di EXPO, ma anche in generale di politiche ambientali, credo fortemente che vadano incentivate, promosse e supportate tutte quelle pratiche che sono oggi possibili e imprescindibili per un ambiente che sia davvero “bene comune”. Penso alle energie rinnovabili, alla mobilità “sostenibile” (veicoli  innovativi con motori e combustibili a minimo impatto per il trasporto pubblico e collettivo), alla forestazione compensativa per pareggiare il consumo di suolo, all’estensione dell’agricoltura invece che della cementificazione, e ad un’edilizia che prediliga il risparmio energetico e delle risorse idriche e la riduzione delle emissioni.

La tutela ambientale è strettamente collegata alla lotta alle mafie. Pensiamo alla presenza della criminalità organizzata nel settore degli appalti e del trattamento e smaltimento dei rifiuti: salvaguardando l’ambiente, rifiutando la cementificazione selvaggia e sostenendo le politiche del riciclo e riuso, si “tagliano le gambe” alla catena di illegalità che da sempre va a braccetto con le grandi opere e i grandi eventi.

E’ possibile prevedere un EXPO che sia davvero “Nutrire il pianeta”, se lo si ripensa in chiave sostenibile, come terreno di sperimentazione di nuove politiche che sappiano coniugare l’aspetto di “attrattiva” per i visitatori con quello etico e sostenibile per l’ambiente e il territorio.

n.b.: nel 2010, insieme a Chiara Cremonesi (SEL) e Pippo Civati (PD) ho promosso “EXPO No Crime”, il primo intergruppo interistituzionale che vuole coagulare i rappresentati della Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comune di Milano in un percorso di vigilanza, dibattito e confronto nella realizzazione di EXPO 2015. Un luogo di partecipazione di politici, associazioni, movimenti, giornalisti, liberi cittadini dove fare domande ma soprattutto provare a costruire risposte. Un segnale chiaro per chi oggi infila il malaffare nelle pieghe della sonnolenza lombarda. Per dire che sappiamo chi sono “le famiglie” e quali sono “i modi” al banchetto dell’Expo ma adesso ci siamo anche noi. Adesso tocca a noi. Ognuno con il proprio ruolo e la propria storia siamo chiamati ad assumerci la responsabilità di un’azione politica e civile che diventa sempre più urgente.

Segna con me

E’ un documentario sulla Lingua dei Segni Italiana, dalla parte di chi sostiene un percorso legislativo per far riconoscere alla LIS lo status di lingua vera e propria (e quindi avere tutela “costituzionale” burocratica e didattica), un percorso che era iniziato ma che poi è stato ostacolato (soprattutto dalla Binetti) e da associazioni che sono più vicine agli audioprotesisti (come la FIADDA). Per produrlo manca pochissimo ed è una produzione dal basso. Ne vale la pena. Tutte le informazioni le trovate qui.

C’è una lingua che non si parla con la voce, ma con le mani, e si ascolta con gli occhi. La lingua dei segni italiana oggi è usata da decine di migliaia di persone nel nostro paese, sorde e udenti. In questo documentario raccontiamo le storie di un gruppo di loro, che ci ha aperto le porte delle proprie case e lasciato spiare nelle proprie intimità. Con la lingua dei segni, ci hanno spiegato, puoi farti una famiglia, uscire con gli amici, lavorare, viaggiare e giocare. Puoi persino andare a ballare.
Ma questa è anche la storia di una lingua che, a dispetto di quel che dice la scienza e di quel che succede nel resto del mondo, in Italia non è riconosciuta dalla legge. E di conseguenza non è conosciuta dalla maggior parte degli italiani.
Non si parla nei luoghi pubblici e pochi, al di fuori delle comunità dei sordi, l’hanno vista usare. Alimentando così miti e misteri, da “è tanto affascinante…” a “sarà un linguaggio universale?”. Ma alimentando anche mille difficoltà: i pregiudizi e gli ostacoli che le persone sorde si trovano a dover affrontare nella nostra rumorosa comunità.
Per loro, la domanda chiave è una: come cambierebbe la tua vita, domani, se la lingua dei segni diventasse per legge una lingua?
Per tutti, il documentario vuole invece essere una riflessione sull’importanza della comunicazione nelle nostre vite, ma anche su quanto questa comunicazione costruisca la nostra cittadinanza e, a tratti, anche la nostra felicità.

Note tecniche
Lingua: italiano parlato e lingua dei segni italiana. Sarà tutto sottotitolato, per udenti e non udenti.
Durata: 50’ circa.

20121222lori_frame_2Le autrici
Silvia Bencivelli: giornalista scientifica free lance, collabora con la Rai (radio e televisione), con giornali, eventi culturali e case editrici. Ha scritto (per ora) due libri, uno dei quali è stato tradotto in francese, spagnolo e inglese, e ha vinto diversi premi per il giornalismo scientifico.
Chiara Tarfano: videomaker e documentarista, con i suoi lavori ha vinto diversi premi per il documentario sociale. L’ultimo è stato il premio Short on Work della Fondazione Marco Biagi per 2033, con Silvia Bencivelli.

Note di produzione
Stiamo girando da più di un anno. Adesso ci mancano le ultime riprese e soprattutto il montaggio. 
Fino a oggi abbiamo scelto l’autoproduzione: la cifra che speriamo di raggiungere con PdB ci servirà per coprire queste ultime spese, per le quali abbiamo immaginato altri sei mesi di lavoro.

Come sostenerci
Se decidi di sostenerci, puoi cliccare Sostieni, qui in alto a sinistra, e in questo modo ti prenoterai. Sul momento non pagherai niente.
Se il progetto raggiungerà le 300 quote nei tempi prefissati, ti invieremo una mail per il bonifico o per un’altra forma di pagamento che sceglieremo insieme.
Attenzione: se scegli di sostenerci con almeno due quote, avrai il gadget del documentario!
Se poi ci sosterrai con cinque quote, ti regaleremo anche il dvd originale autografato.

Cultura: per non morire di fame

con la cultura non si mangiaFederculture con altre associazioni nei giorni scorsi ha lanciato un appello che in realtà come ha dichiarato il presidente Roberto Grossi è “una richiesta di precise assunzioni di responsabilità su alcuni punti qualificanti – centralità delle competenze e della formazione, modernizzazione della gestione di beni e attività culturali, valorizzazione del lavoro giovanile, investimenti su creatività e innovazione, riforma della fiscalità per il settore culturale – che rivolgiamo a coloro che si candidano a guidare lo sviluppo del paese. Perché, al di là della retorica, senza cultura non c’è sviluppo e per questo è ora di passare dalle parole ai fatti.”

Ecco l’appello, partito da MAB Musei Archivi Biblioteche, AIB – Associazione Italiana Biblioteche, ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana, ICOM Italia- International Council of Museums, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, FAI – Fondo Ambientale Italiano, Federculture, Italia Nostra, Legambiente, Comitato per la bellezza e che ha tra i primi firmatari, Tullio De Mauro, Luciano Canfora, Giuliano Montaldo, Tomaso Montanari, Salvatore Settis

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono a chi si candida a governare l’Italia impegni programmatici per il rilancio della cultura intesa come promozione della produzione creativa e della fruizione culturale, tutela e valorizzazione del patrimonio, sostegno all’istruzione, all’educazione permanente, alla ricerca scientifica, centralità della conoscenza, valorizzazione delle capacità e delle competenze.
La crisi economica e la conseguente riduzione dei finanziamenti stanno mettendo a dura prova l’esistenza di molte istituzioni culturali, con gravi conseguenze sui servizi resi ai cittadini, sulle condizioni di lavoro e sul futuro di molti giovani specificamente preparati ma senza possibilità di riconoscimento professionale. Questa situazione congiunturale è aggravata dalla crisi di consenso che colpisce la cultura, che una parte notevole della classe dirigente – pur dichiarando il contrario – di fatto considera un orpello inattuale, non elemento essenziale di una coscienza civica fondata sui valori della partecipazione informata, dell’approfondimento, del pensiero critico.
Noi rifiutiamo l’idea che la cultura sia un costo improduttivo da tagliare in nome di un malinteso concetto di risparmio. Al contrario, crediamo fermamente che il futuro dell’Italia dipenda dalla centralità accordata all’investimento culturale, da concretizzare attraverso strategie di ampio respiro accompagnate da interventi di modernizzazione e semplificazione burocratica. La nostra identità nazionale si fonda indissolubilmente su un’eredità culturale unica al mondo, che non appartiene a un passato da celebrare ma è un elemento essenziale per vivere il presente e preparare un futuro di prosperità economica e sociale, fondato sulla capacità di produrre nuova conoscenza e innovazione più che sullo sfruttamento del turismo culturale.
Ripartire dalla cultura significa creare le condizioni per una reale sussidiarietà fra stato e autonomie locali, fra settore pubblico e terzo settore, fra investimento pubblico e intervento privato. Guardare al futuro significa credere nel valore pubblico della cultura, nella sua capacità di produrre senso e comprensione del presente per l’avvio di un radicale disegno di modernizzazione del nostro Paese.
Per queste ragioni chiediamo che l’azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all’attuazione delle seguenti priorità.

  • Puntare sulla centralità delle competenze
  • Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura
  • Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull’innovazione
  • Modernizzare la gestione dei beni culturali
  • Avviare politiche fiscali a sostegno dell’attività culturale

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l’azione del prossimo Governo. Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall’adesione ad essi e dalla loro realizzazione.

Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell’educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.
Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d’Italia.
Incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l’incompetenza, l’inefficienza e le pratiche clientelari.
Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l’immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza. Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.
Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all’imprenditoria giovanile.
Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.
Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente “nazionali”, cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l’efficienza, l’efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.
Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell’agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l’accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.
Riconoscere l’insegnamento delle discipline artistiche e musicali tra le materie curriculari dell’insegnamento scolastico nelle primarie e secondarie e sviluppare un sistema nazionale di orchestre e cori giovanili e infantili.
Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l’investimento privato e per l’attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l’aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l’editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

 

Alberto, i libri e “LePubblicAzioni”

560286_502221086473537_459028606_nQuesta è una comunicazione di servizio, forse parapubblicitaria, di amichevole informazione e di letteratura. Per questo mi ci applico.

Alberto Ibba è un amico ma, soprattutto, è la prima persona che ha cresciuto insieme a me il mio primo libro: quando Nomi Cognomi e Infami era solo un’idea che stava ferma in gola ad una penna, Alberto, Maddalena e gli altri (che ai tempi erano la spina dorsale di Verdenero) hanno preso gli arnesi del mestiere e l’hanno fatto diventare libro.

Oggi Alberto (e Maddalena e altri) ha aperto un network editoriale, Le Pubblicazioni, che è il volo spericolato di chi crede che la crisi delle parole e dell’editoria sia un male curabile e da sfidare con cuore, lavoro, professionismo e fantasia. Oggi Le Pubblicazioni e Alberto sono la mia agenzia letteraria che mi ha caricato sulla loro scialuppa. Ho sempre amato perseguire sogni con coerenza e cuore, e oggi sono lì con loro. Se volete seguirli qui c’è la loro pagina facebook oppure dal vivo c’è la nuova Libreria Shake-Interno4 in Vicolo Calusca 10/f a Milano.

Fateci un salto. Ne vale la pena.

Domenico Leotta arrestato.

20130202_leotta-arrestoDomenico Leotta è accusato della strage di Pegli dalla pentita Giuseppina Pesce, nipote del boss Giuseppe Pesce. La donna si è pentita per «amore dei figli» dopo essere stata arrestata nell’operazione All Inside, nell’aprile 2010. Sei mesi dopo Giuseppina Pesce ha deciso di collaborare con i magistrati della dda di Reggio Calabria, raccontando la storia e le attività criminali del suo clan. Tra i ricordi della Pesce anche il triplice omicidio di Maria Teresa Gallucci, 37 anni, di sua madre Nicolina Celano, 72 e della cugina Marilena Bracalia, 22. La pentita ha fornito agli inquirenti tutti i retroscena di quel massacro e ha indicato proprio in Domenico Leotta il killer che, partito da Rosarno, raggiunse Pegli per compiere la missione di morte. Il motivo della strage sarebbe stato il riequilibrio mafioso nella zona, ma ci sarebbero stati anche motivi legati all’onore per presunti legami extraconiugali di una delle donne. Subito dopo la strage fu arrestato in Calabria Francesco Alviano, un ragazzo di 20 anni, figlio di Maria Teresa Gallucci. Il giovane fu accusato da un pentito di ‘ndrangheta, Francesco Facchinetti. I magistrati contestarono ad Alviano i tre omicidi commessi per lavare col sangue la relazione di sua madre Maria Teresa Gallucci, vedova da quindici anni, con Francesco Arcuri, proprietario di una boutique nel centro di Rosarno. A novembre del 1993, un anno prima della strage di Pegli, l’uomo fu ucciso all’interno del suo negozio con nove colpi al basso ventre. Maria Teresa si aspettava forse che lo stesso killer raggiungesse anche lei e quindi scappò da Rosarno per rifugiarsi a Pegli dalla madre. Dopo tre notti d’isolamento Francesco Alviano fu scagionato. Di quel triplice delitto non si seppe più nulla sino a quando Giuseppina Pesce non aprì la mente ai ricordi indicando in Domenico Leotta l’autore della strage. Con lui – secondo le dichiarazioni della pentita – avrebbe agito Francesco Di Marte, altro esponente del clan di Rosarno.

Oggi Domenico Leotta è stato arrestato concludendo così la sua fastidiosa latitanza. Fastidiosa non solo per la giustizia ma per il pudore. E’ una buona notizia, una mezza buona notizia, di quelle buone notizie che sarebbe meglio che non fossero state possibili eliminandone le cause piuttosto che gli effetti. Ma è una dolce sera per la memoria e l’impegno.

E i latitanti, in Italia, si arrestano anche con il Governo vacante, per dire.

Cavalli (Sel) ad Affari: “Ambrosoli abbia più coraggio. E c’è bisogno di Idv e Radicali”

(La mia intervista per Affari Italiani)

Schermata 2013-01-16 alle 13.39.37di Fabio Massa

Giulio Cavalli era uno dei candidati alle primarie per la scelta del candidato presidente della Regione Lombardia. Poi, dopo aver battagliato affinché le consultazioni si tenessero, aveva fatto pubblicamente un endorsement a favore di Umberto Ambrosoli e si era ritirato. Oggi, torna “sul luogo del delitto”, in un’intervista ad Affaritaliani.it. Per lanciare un messaggio forte al candidato civico del centrosinistra: “Io penso che si stia riuscendo nell’incredibile impresa di riabilitare Pdl e Lega, uno schieramento politico che nella realtà si ripresenta assolutamente uguale. Forse questa attitudine a presentare l’eccellenza della Regione Lombardia ha lasciato un po’ indietro l’attitudine a raccontare che cosa è stata la Lega Nord, che cosa è stato il formigonismo e che cosa questo matrimonio ha creato in questi anni. Umberto abbia più coraggio. Parli meno di liste e più di contenuti. E di una politica che non derivi da ultracentenari ex presidenti o da moderati per sfizio e per forza”. E ancora, sulle alleanze: “Ambrosoli ha bisogno dell’Idv. E anche i Radicali potrebbero dare un grande contributo”

Giulio Cavalli, è guerra di sondaggi. C’è chi dice che è in vantaggio Maroni. E chi dice che è in vantaggio Ambrosoli. Come commenta?
Io penso che si stia riuscendo nell’incredibile impresa di riabilitare Pdl e Lega, uno schieramento politico che nella realtà si ripresenta assolutamente uguale. Forse questa attitudine a presentare l’eccellenza della Regione Lombardia ha lasciato un po’ indietro l’attitudine a raccontare che cosa è stata la Lega Nord, che cosa è stato il formigonismo e che cosa questo matrimonio ha creato in questi anni.

Sta criticando la campagna elettorale di Ambrosoli?
Io credo che sarebbe il caso di parlare un po’ meno di liste e un po’ di più di contenuti. Farebbe più piacere ai nostri elettori. Ambrosoli sta giocando la sua campagna elettorale a suo modo. Io personalmente mi permetto di dare un consiglio ad Umberto, nonostante sia “forte perché libero”: il civismo è un ottimo ingrediente per dare il vestito iniziale dell’entrata in scena. Adesso è tempo di parlare di politica. I partiti così tanto bistrattati, sulle liste hanno seguito percorsi più o meno condivisibili, ma che sono stati discussi ed elaborati nei territori.

E Ambrosoli?
Mi sarei aspettato, proprio in nome del civismo, un’elaborazione politica e dialettica anche sulla composizione delle altre liste. Se nelle altre liste compare, come mi pare di capire, gente che ha come semplice merito il fatto di non avere un’investitura politica, allora forse qualcosa va rivisto. Umberto si occupa della Lombardia civica ma c’è una Lombardia politica che in consiglio regionale c’è stata, che è fiera di esserci stata, che è fiera di aver fatto l’opposizione a Formigoni, che in questo momento potrebbe dare un contributo concreto.

E’ d’accordo sul movimento che sta facendo il Pd per tenere lontano Ingroia, per difendersi da questo attacco da sinistra?
Io sono un resistente. Tutto quello che ha sullo sfondo una desistenza mi è antipatico. Credo che dentro Ingroia ci siano pezzi di centrosinistra e di sinistra diffusa che hanno voglia di dialogare e che possono essere utili a questa campagna elettorale. Dico di più: in questa formazione, con Ambrosoli, serve davvero l’Idv, la sua forza e la sua voglia di legalità.

E i Radicali?
I Radicali, pur con le loro contraddizioni, sono portatori di una radicalità dei diritti civili della quale in Lombardia ci sarebbe molto bisogno. Quando sento parlare di discontinuità, e di declinazione al plurale di famiglia, io penso che i Radicali avrebbero potuto essere dei buoni alleati per cambiare le cose.

Si pente della scelta di ritirarsi dalle primarie per sostenere Ambrosoli?
Assolutamente no, io penso che Ambrosoli sia una persona credibile. Ma credo che dovrebbe essere più coraggioso: per parlare di innovazione bisogna anche formulare pensieri politici che non derivano da ultracentenari ex presidenti o da moderati per sfizio e per forza. Tra l’altro io mi sono ritirato anche per motivazioni private. Dopo aver passato un momento abbastanza complicato, ad oggi posso dire di essere molto sereno e molto combattivo. Con gli avversari politici e anche con gli alleati, quando sono troppo moderati.

Lei come sta affrontando la campagna elettorale?
Direi bene. Procede. Sinistra ecologia e libertà ha dimostrato di essere molto più matura dell’età che ha. La battaglia politica interna ha dato i risultati di un confronto retto e leale. Sono contento di essere in un partito composto da persone civiche, che oggi si trova unito e compatto per Camera, Senato e Regione. Io e Chiara Cremonesi, come mia capogruppo abbiamo sulle spalle un’attività amministrativa sotto gli occhi di tutti. Per questo invito gli alleati ad essere più concreti. Uscendo da quel dibattito stucchevole di sanità pubblica o privata per parlare di obiettivi di riequilibrio. O di riforma della legge elettorale. A me non piace quest’idea per la quale tutto il lavoro che è stato svolto nei nostri anni di consigliatura, sia un’ombra da dimenticare.

Ripartire dalla cultura

Un impegno chiaro e definito sulla cultura. L’appello Ripartire dalla cultura è molto di più di una semplice raccolta firme: un impegno preciso. Che volentieri sottoscrivo (e vi invito a sottoscrivere) per declinarlo il prima possibile qui nella Prossima Lombardia che sarà.

 

cultura-bene-comune_full

Promotori:

MAB Musei Archivi Biblioteche:
AIB – Associazione Italiana Biblioteche
ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana
ICOM Italia- International Council of Museums
Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli
Italia Nostra
Legambiente
Comitato per la bellezza

————————-

Chiediamo che l’azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all’attuazione delle seguenti priorità.

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l’azione del prossimo Governo. Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall’adesione ad esse e dalla loro realizzazione.

  1. Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell’educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.
  2. Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d’Italia.
  3. Incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l’incompetenza, l’inefficienza e le pratiche clientelari.
  4. Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l’immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza. Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.
  5. Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all’imprenditoria giovanile.
  6. Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.
  7. Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente “nazionali”, cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l’efficienza, l’efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.
  8. Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell’agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l’accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.
  9. Potenziare l’insegnamento delle discipline artistiche e musicali nei programmi di studio della scuola primaria e secondaria e sviluppare un sistema nazionale di orchestre giovanili.
  10. Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l’investimento privato e per l’attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l’aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l’editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

La smoderatezza linguistica dei moderati

Ragionamento che parte da una premessa: le parole della politica sono intrise di significati e quelli effettivi molto spesso non coincidono con quanto si intende far apparire. Il termine “moderato” è uno dei più classici esempi di questa polisemia ad uso mistificatorio. Come dovrebbe aver dimostrato l’uso/abuso che ne ha fatto –

attribuendosi tale titolo – uno smodato cronico quale Silvio Berlusconi, sdoganatore di tutte le nuance di fascismo disponibili, legittimatore in proprio o per interposta persona (da Dell’Utri a Lunardi) della malavita organizzata, machista fallocrate a livelli deliranti…

Certo, a confronto di siffatto personaggio chiunque risulterebbe cultore dell’equilibrio, ossia la connotazione che si vorrebbe attribuire all’essere moderati. Equilibrio come scelta della via di mezzo, in base alle indicazioni di una saggezza disinteressata che tiene conto di tutti e non vuole penalizzare nessuno.

Ma è questa la ricetta praticata dai presunti moderati? In effetti risulta esattamente il contrario; sicché quella connotazione psicologica che viene proclamata (la moderazione dovrebbe essere uno stato d’animo), in effetti è una maschera per realizzare politiche al servizio di specifici interessi. E a danno di ben chiari soggetti.

Insomma, un’abile costruzione comunicativa per turlupinare il corpo elettorale e incamerare consensi maggioritari da investire in politiche vantaggiose per minoranze di privilegiati. Una storia che va avanti da quando il suffragio universale ha obbligato il Potere a sostituire l’intimidazione diretta, esercitata sui corpi, con la manipolazione delle menti. Comunque, storia che è tornata a rinverdire negli anni Ottanta, con l’attacco allo Stato Sociale: il compromesso reaganiano che assicurava ai meno abbienti di accedere ai consumi grazie all’indebitamento consentito dal credito facile, andato in tilt con l’esplosione delle bolle finanziarie.

Pierfranco Pellizzetti sulle parole che in Politica sono importanti.

20121222-225946.jpg

A proposito di leggi pro mafia

Di slot e videopoker ne parliamo da qualche tempo, grazie all’aiuto di Giovanni Tizian ne abbiamo voluto fare anche una scena dello spettacolo “Duomo d’onore“. Ci sono leggi (o meglio emendamenti notturni e a soppressa) che anche se di poche righe si portano dietro l’odore di tutti i capitoli dei libri di storia di questi ultimi anni.

Gli emendamenti sul decreto stabilità che interessano il gioco d’azzardo sono sconcertanti, come scrive Balduzzi. E forse sarebbe il caso che anche le regioni (magari cominciamo noi, qui in Lombardia) trovino il tempo e la voglia di legiferare in questo senso. Perché c’è molto di più di un pulsante o una manovella dietro le slot: c’è un sistema che ingrassa e porta (troppo) spesso alle mafie. E i firmatari di una legge che ne facilita il lavoro.

slot

Omnimilanolibri su DUOMO D’ONORE

“Siamo la regione con più morti di mafia e non li sappiamo nemmeno contare”, ma sappiamo contare 100 passi, e tutto quello che Giulio Cavalli racconta nel suo spettacolo “Duomo d’onore – A cento passi dal Duomo”, da ieri per 7 sere in prima nazionale al Teatro della Cooperativa. Lea Garofalo, “morta ammazzata”, raccontata fino alle ultimi recenti notizie del ritrovamento del corpo, l’operazione “Crimine-Infinito” con gli intrecci “tutti casuali”, Loreno il paninaro di Città Studi, e le patetiche, se non ridicole amnesie dei suoi colleghi davanti ai giudici, Expo, e tutti gli interessi lì nascosti, “ma neanche troppo nascosti”. “Anche a Milano c’è l’irraccontabile, ma fa meno paura se ci parli su” e l’attore, consigliere regionale uscente di Sel, “l’unico ad esser ascoltato dal Gip senza essere stato arrestato” – togliendosi sassolini dalle scarpe e senza tralasciare nomi e particolari -, ieri sera è partito con il suo viaggio aprendo il sipario di via Hermada. Nella valigia, invisibile, di cartone, come l’essenziale scenografia, tante storie raccolte con l’aiuto del gip di Milano Giuseppe Gennari e diversi giornalisti (Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta e Giovanni Tizian) . Date, numeri, nomi che hanno fatto titolo nei Tg, forse per qualche ora, a teatro, nel secondo capitolo di “A cento passi dal Duomo”, prendono forma e diventano organici se spiegati con la mimica e la grinta di Cavalli, accompagnato dal fisarmonicista Guido Baldoni in scena con lui, ad eseguire musiche appositamente composte e da improvvisare seguendo flash back e divagazioni appassionate Come l’ultima storia, che arriva perfino dopo i ringraziamenti, concessa ad un pubblico che non ha fiatato “ed è venuto ad ascoltare queste cose, il martedì sera, in un teatro di periferia, pure” scherza attore. L’appendice fuori programma dello spettacolo ha il rumore dei 14 spari, 3 a segno, arrivati all’altezza del secondo lampione della passeggiata domenicale con il cane, che uccisero il magistrato Bruno Caccia, il 26 giugno 1983, a Torino. Cavalli, dopo il successo del primo capitolo, risalente alla stagione 2009-2010, torna a raccontare, aggiorna, riprende il filo del discorso lombardo, a pochi mesi dalla questione Zambetti, immancabile: “e con 50 euro a voto, si è fatto anche fregare sul prezzo”. Suscitando anche risate, risate consapevoli, risveglia tutti dal torpore, un torpore meno torpore di quelli in cui irruppe in scena con il capitolo primo, ma non manca di sottolineare che a Milano “di queste cose non si parla” con l’ironia che sa ben dosare punzecchiando senza offendere. “Sono fantasie, illazioni, supposizioni”. Intanto, attorno al palco, al pubblico, a cento passi da lì, ci sono “case a forma di case che sono soldi vestiti da case, invendute. Soldi, a forma di capannoni e di bar. Mafia a forma di bar, in centro, con consumazione obbligatoria. Strade, asfalto. E sotto: merda. Pensioni buttate in videopoker. E in ipermercati ogni 5 km”. C’è altrettanta potenza, ma meno spensieratezza, di due anni fa, ammette lui stesso, a sipario che sta per chiudersi, mentre ringrazia la sapiente regia di Renato Sarti: “ci sono state evoluzioni e rivoluzioni, e c’è scappata anche qualche involuzione, scusate”. In ogni caso ieri il suo viaggio è cominciato, ricominciato, dal capitolo due, senza perdere il segno, e neanche la voglia di raccontare quel binomio ‘ndrangheta-Lombardia sempre più forte ma anche sempre più noto.

L’articolo è qui

20121212-171735.jpg