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‘Tracce nel villaggio’ intervista Giulio Cavalli

L’intervista originale la trovate qui.

Giulio Cavalli è consigliere regionale della Lombardia. Eletto inizialmente come candidato indipendente nelle liste di IDV ha aderito, successivamente, al gruppo diSINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’.
Oltre che con la politica, Giulio Cavalli, esprime la sua passione civile e lo spirito di appartenenza attiva ad una comunità attraverso la sua multiforme attività di narratore, artista, autore e scrittore.
I suoi libri, “LINATE 2001: la strage” – “Nomi Cognomi ed Infami” – “L’innocenza di Giulio” e gli spettacoli teatrali che scrive e mette in scena sono contaminati da un impegno civile forte ed appassionato.
Le produzioni artistiche ed intellettuali di  Giulio Cavalli sono la declinazione più naturale della sua partecipazione umana ed emotiva  ai grandi temi della vita civile.
Nei suoi spettacoli ha “sbeffeggiato” la mafia ed, a causa delle minacce ricevute dalle cosche,  vive sotto scorta.
Nel dicembre 2009, Giulio Cavalli è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che gli ha manifestato la propria solidarietà.

Ho chiesto al consigliere regionale lodigiano di SEL di aiutarci a ragionare sulla situazione politica attuale e sugli scenari futuri dell’Italia che verrà. Lo ringrazio molto per la disponibilità.

La fiducia nella politica e negli uomini che la rappresentano ha raggiunto ormai livelli sconcertanti di impopolarità. Meno del 3% della popolazione è ancora disponibile a riconoscerle un valore positivo. Ci dobbiamo davvero rassegnare alla situazione di rabbia e disaffezione che accomuna indistintamente tutti i politici ?
La rassegnazione non è nel mio vocabolario, sia quello politico che, in modo più largo, in quello professionale e umano. La disaffezione ai partiti è l’effetto di una causa che va affrontata con la voglia di mettersi in discussione sul serio, pensando che la “partecipazione” e la “democrazia interna” non possono essere slogan elettorali ma pratiche reali. Non credo che la disaffezione ai partiti si possa semplicemente risolvere con un “movimentismo” retorico quanto piuttosto con una riforma reale nei bilanci, nei finanziamenti, nella scelta della classe dirigente e nella scuola politica interna. Se il partito viene vissuto come un accrocchio di poche persone che coltivano la propria autopreservazione è normale che i risultati siano quelli che ci si presentano in questo periodo.

A livello nazionale SEL ha aderito formalmente all’alleanza con il PD. Non ritiene che su alcune questioni decisive vi sia una distanza talmente inconciliabile di vedute da disorientare l’elettorato ? Penso ad esempio al giudizio sulle riforme Monti, agli impegni militari internazionali, alla diversa visione sull’utilità delle opere pubbliche (TAV – rigassificatori), ai rapporti con il mondo della finanza e dell’economia.
Il rischio c’è ed è alto. La scelta di SEL è quella di rinunciare a lasciare il campo del centrosinistra scoperto per rivendicare i propri temi in un’ottica di governo. Si può essere d’accordo o meno nella scelta (è la bellezza della politica, del resto) ma resta un segnale chiaro di assunzione di responsabilità in un dibattito con posizioni spesso così diverse. La riuscita del percorso si può leggere nel momento in cui alcuni punti fortemente di SEL sono entrati nel dibattito delle primarie costringendo tutti i candidati a prendere una posizione. La vittoria stessa di Bersani bilancia la coalizione verso l’ala che non vede nessuna possibilità di un Monti bis. I prossimi mesi potranno dirci quanto possiamo riconoscere di avere influito su programmi e alleanze.

Il Movimento 5 Stelle è ormai segnalato come la seconda forza politica del Paese. Non le pare troppo sbrigativo liquidarlo come un fenomeno populista e frutto del sentimento incalzante dell’antipolitica ?
Certamente sì. Spesso sono stato criticato perché considerato troppo vicino al Movimento semplicemente perché ne sottolineo una rappresentatività che è da irresponsabili ricondurre al populismo. Il M5S risponde ad esigenze che non trovano risposte nelle altre forze politiche: questo dovrebbe essere lo spunto da cui partire. Quali dei punti di programma possono essere adottati anche da noi in modo intellettualmente onesto? Ci sono dei meccanismi del M5S che siamo pronti a riconoscere e sviluppare? Se partiamo da queste domande ritorneremo finalmente nel campo della politica.

Il consiglio regionale lombardo è stato falcidiato da una sequenza impressionante di episodi legati all’illegalità, alla corruzione ed alle infiltrazioni mafiose. La domanda è ricorrente: è mai possibile che solo l’intervento della magistratura possa modificare l’andazzo vergognoso della politica ?
E’ la sconfitta del primato della politica che proprio per questo paga pegno nel campo della credibilità. La caduta di Formigoni deve essere la discussione di un nuovo modello politico al di là delle responsabilità di questo o quell’assessore. La magistratura e gli scandali (se visti dall’alto con oggettività e la giusta distanza per giudicare le cose) raccontano un modello amministrativo in balìa dell’etica e della corruttibilità dei diversi interpreti assolutamente incapace di difendersi. Formigoni ha puntato tutto in questi 17 anni sull’accentramento dei poteri alla Giunta svuotando di fatto il Consiglio dei propri diritti e doveri di controllo e indirizzo: solo così infatti ha potuto prolungare un’attività di lobby che in Lombardia ha svenduto diversi settori a questo o quel gruppo di amici da mantenere.

Il suo giudizio sulla Lega 2.0. La convince il nuovo corso targato Maroni ?
Pubblicità allo stato puro e più banale: rimozione del passato per proiettare un futuro di speranza ignorante.

Le grandi opere regionali, la sanità, gli appalti ed EXPO sono materie particolarmente appetitose per la criminalità mafiosa. Dal suo punto di osservazione (da uomo politico, scrittore e conoscitore dei fenomeni mafiosi) qual è il livello di compromissione con la mafia e la corruzione della vita pubblica nella nostra regione ?
Al di là del fattore politico la questione lombarda è una questione morale. Mi rimane il dubbio che i “premiati” di questi ultimi anni siano (e non è un caso) coloro che sono riusciti a misurare con attenzione le proprie spericolatezze. Abbiamo dimenticato di innescare processi etici non solo in politica ma anche nell’imprenditoria, nell’educazione civica e nell’applicazione di una meritocrazia che premi la moralità. Quando ero poco più di un ragazzino coglievo già questo fenomeno tutto lombardo di ammirazione per le carriere “con ombre” come se fossero necessarie per tenere alto il PIL lombardo.

Formigoni non manca di celebrare pubblicamente l’eccellenza di regione Lombardia. Un confronto oggettivo con il resto del Paese ed il raffronto con i più standard avanzati europei depongono a favore della dichiarazione del presidente. Anche i cittadini lombardi riconoscono una elevata qualità complessiva del sistema dei servizi regionali. Qual è la sua opinione ?
Parlare di eccellenza lombarda è offensivo. Formigoni spieghi l’eccellenza della sanità ai parenti delle vittime della clinica Santa Rita o alle famiglie rimaste senza reddito dei lavoratori del San Raffaele. Poi ne riparliamo.

So che non è un argomento di cui parla volentieri, ma può chiarire meglio la vicenda della sospensione della sua scorta ? Le è stata reintegrata ? Come ha vissuto quel passaggio delicato della sua vita personale ? La questione è, a mio parere, di rilievo pubblico perché la sua battaglia contro la mafia è la battaglia della gente perbene e corrisponde al nostro desiderio di Stato e legalità.
Ritengo le questioni di scorte e sicurezza non notiziabili. La mia sicurezza rientra in un “patto” tra me e lo Stato che inevitabilmente ogni tanto si inceppa in alcuni atteggiamenti dei diversi interpreti come succede in ogni burocrazia. Sono e mi sento al sicuro.

Conferma la sua decisione di candidarsi alla guida di regione Lombardia ? Quali saranno i punti qualificanti del suo programma ?
La decisione definitiva è stata quella di appoggiare la candidatura di Umberto Ambrosoli che, tra le altre cose, è anche un amico. Credo che il rilancio etico della Lombardia possa trovare in lui un ottimo volano.

Il dopo Monti è una prospettiva ancora sfocata ed oggi impossibile da rappresentare. Quali sono secondo lei le linee guida che dovranno ispirare la nuova stagione politica ?
L’alternativa a Monti. Uscire dall’angolo in cui ci hanno cacciato tutti coloro che insistono nel convincerci che non esiste alternativa all’austerità per uscire dalla crisi, possibilmente con una sinistra che si prenda la responsabilità di essere di sinistra e di governo.

Dobbiamo davvero considerare concluso il periodo storico che passa sotto il nome di “berlusconismo” ? Che eredità lascia quest’esperienza ventennale al Paese ?
Culturalmente ci vorranno anni per un dipanarsi serio e sincero nei diversi strati sociali e nei modi della comunicazione imprenditoriale e politica. Il berlusconismo è l’amor proprio elevato a dovere antisociale per le legittima difesa, è la banalizzazione dello scontro per creare tifo e annullare le analisi, è nello strizzare l’occhiolino ai furbi che si arrovellano in prepotenze comunque legali e nelle regole privatizzate e vendute al migliore offerente. Purtroppo è un modello politico, imprenditoriale e sociale: ci vorrà un convincente controlavoro per rimettere in rete chiavi di lettura collettive di questi ultimi vent’anni.

Il suo giudizio sulle elezioni primarie del centro-sinistra.
Partecipate nella discussioni e nell’ampiezza della discussione, sicuramente, ma le primarie si pesano quando si arriva alla sintesi finale che serve per risultare convincenti alle secondarie. E le secondarie da sempre sono le elezioni che mi interessano di più.

 

Scrivere una ferita e chiamarlo spettacolo

Ne ho parlato poco per ora (mi hanno anche sgridato come mi sgridano i miei collaboratori quando comincio le mie passeggiate travestito da estraneo per i sentieri del “fuori davvero” come lo canterebbe Vinicio) ma tra qualche giorno sarò in scena con il mio nuovo spettacolo Duomo d’onore. Ma non è la pubblicità che mi interessa, quella no. Per quella potete guardare qui, prenotare, decidere e fare.

Ogni volta che scrivo uno spettacolo butto una scaletta di corda nel burrone delle mie cose peggiori e ritorno in superficie solo qualche giorno più tardi portandomi dietro il mio odore di zolfo. Erano anni che non scrivevo di mafie al nord, da quel A 100 passi dal Duomo che mi ha circuito come una sciantosa infedele e pericolosa che una mattina mi ha fatto svegliare da solo nel letto. Sono passati anni e sembra un’era di rivoluzioni, evoluzioni e qualche involuzione che ci è scappata di mano: la politica, i libri, gli amici persi e poi ritrovati, le reti che abbiamo tirato su all’alba e hanno portato pescato bellissimo, vecchie scarpe e denti pronti a staccarti una mano. Non sarei più capace di tornare in scena con la profumata spensieratezza di quel debutto di qualche anno fa, non ho più nemmeno il pulsante per convincermi che questa storia di fili e paure sia una parentesi breve come un’avventura: torno in scena invecchiato nella botte di questi miei tempi e con un retrogusto barricato amaro di un’abitudine alla solitudine più che alla paura.

Non so promettervi come sarà questo nostro nuovo marchingegno da palcoscenico che smutandiamo insieme settimana prossima nel nostro solito Teatro della Cooperativa lì a Niguarda dove vengo riadottato tutti gli anni. Ma ci sono tutti gli ultimi anni: una valigia con tutti gli ultimi anni piegati, dentro.

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Arriva l’allarme: stanno smantellando la “Catturandi” di Palermo

Il comunicato sindacale mi arriva da IMD, amico, scrittore di ottimi libri e poliziotto della catturandi. Per questo vale la pena leggerlo e divulgarlo:

ALLARME: STANNO SMANTELLANDO LA “CATTURANDI” di PALERMO

Quando si crede di aver toccato il fondo, ci si accorge drammaticamente che si può cominciare a scavare. Credevamo di averle viste tutte alla Questura di Palermo. Accordi Nazionali e decentrati ripetutamente violati, colleghi umiliati e vessati con presunte storie di sicurezza (vedasi la storiella dei parcheggi), movimenti interni con improbabili logiche, risorse (Reperibilità, Cambi Turno, Straordinari…) distribuite a mo’ di prebenda ed in maniera tale da causare disparità da ufficio a ufficio, anche se poi i servizi in cui erano occupati i colleghi erano uguali.. 

Tuttavia a questo proprio non potevamo arrivarci, a questa “soluzione finale” non credevamo in nessun modo di poterci arrivare: Questore e Dirigente della Mobile di Palermo iniziano a smantellare di fatto la CATTURANDI. 

Già la mitica CATTURANDI, squadra formata da quegli uomini sulle cui fatiche e sacrifici si sono, anche, fondate le carriere e le fortune di molti Dirigenti (Capi della Polizia, Vice Capi, Questori, Dirigenti Generali e Superiori, Primi Dirigenti). Sarà un caso che lo smantellamento di questa squadra avvenga per mano del primo che non ci ha ricavato un ragno dal buco?

Abbiamo ancora vive le immagini festanti della parte sana della gioventù di Palermo adunatasi sotto la Squadra Mobile. Eravamo lì quando con cori da stadio i giovani, che credevano possibile e volevano una Palermo migliore, inneggiavano alla cattura di Provenzano, dei Lo Piccolo, di Pulizzi, Adamo, Nicchi, Raccuglia.. fino all’ultimo recente arresto in Venezuela di Bonomolo. Segno dei tempi che cambiavano, segno di un mondo in evoluzione di una Palermo ogni giorno più solare. Non era solo un reparto della Mobile da incardinare in un’ottica spartitoria di risorse e compiti, é stato ed é il segno che la mafia poteva essere sconfitta, che i suoi mostri sacri non erano intoccabili, che vincere era possibile, che IL SANGUE DEI TROPPI COLLEGHI CHE CI HANNO PRECEDUTO NON ERA STATO VERSATO INVANO. Sulle fredde scrivanie dei ragionieri delle ragioni dei conti e degli “straordinari” e delle “missioni” tutto ciò non é valso a nulla.

Tutti i Questori che si sono susseguiti a Palermo si sono recati presso la Squadra Mobile per lodare, incitare e festeggiare questa o quella impresa. Capo della Polizia e Ministri di turno andavano a rendere omaggio con tanto di suono del campanaccio e mefisto indossato. Dall’attuale Questore e dal Dirigente della Mobile neppure una telefonata per quegli stessi uomini destinati, obtorto collo, ad altri servizi, spostati das quell’Ufficio che era divenuto un altare su cui sacrificare tempo, salute, famiglia, feste.. tutto insomma! Neppure un tentativo di conciliare le posizioni. Emblema forse che i tempi cambiano e non sempre in bene! Come dire “ieri osannati, lodati e premiati, oggi, siccome non servite più in questa quantità, spostati e destinati ad altro”!

Certo ormai ci aspettiamo le probabili, ma improponibili, risposte: potrete dirci che quasi la metà di questi rimarranno a lavorare alla Catturandi, che non c’erano più latitanti (e Matteo Messina Denaro chi é? Un ladro di polli? ), che non c’erano risorse.. che comunque.. bla bla bla.. A meno che non si voglia sostenere che, poiché oggi non ci sono grandi latitanti di mafia, non c’è bisogno della Catturandi strutturata come è sempre stata e che a Palermo e in tutto il Distretto di Corte d’Appello non ce ne saranno in futuro, che, in una sola parola, “la mafia è stata sconfitta!”

Ma se così fosse allora il Questore di Palermo dovrebbe suggerire allo SCO di Roma ed al Capo della Polizia di cancellare, per Decreto, (perché così è stata istituita insieme ad altre poche “Sezioni Catturandi” di Squadre Mobili d’Italia) la “Catturandi” di Palermo, “Per Cessata Esigenza!”   

Di fatto la CATTURANDI viene smembrata. L’affidabilità, l’esperienza, la professionalità, i sacrifici di alcuni dei suoi uomini e donne, proprio mentre si sta cercando ad un tiro di schioppo l’ultimo grande latitante, vengono destinate altrove. Si doveva aspettare ancora un attimo. Si deve dare la possibilità di chiudere il cerchio a quegli uomini che hanno avuto il gravissimo torto di essere stati troppo bravi, di avere arrestato tutti.

Perché Signor Questore questo non è più un problema sindacale riguardante l’assegnazione di nuovi incarichi al personale, né tanto meno una “semplice riorganizazione del lavoro o delle risorse”, o di spending review “de noiartri”. 

NO!! questa è una questione che riguarda i mezzi per la lotta alla mafia e che quindi riguarda TUTTI  I CITTADINI

Il SIAP di Palermo non arretrerà di un passo. Chi decide di uffici come questo decide delle speranze e delle aspettative della gente e la gente, la Società Civile deve sapere. Nessuna telefonata ambigua riuscirà a fermarci. 

Sig. Questore come vede, questa volta, non si tratta solo di rispetto degli Accordi Sindacali Nazionali e Decentrati, disattesi e spesso vilipesi, non si tratta solo dell’ossequio delle “pari opportunità” che ci siamo tanto sciacquati la bocca in questi anni, ma che ancora una volta  con la complicità di “maggioranze”non ha esitato a gettare alle ortiche, questa volta si tratta della mortificazione della dignità di uomini che a Palermo hanno fatto la storia della lotta alla mafia, hanno costruito la carriera di molti funzionari e costituiscono per il futuro il vero baluardo antimafia del nostro Paese.!!!

E noi, zitti zitti, quieti quieti, non abbiamo trovato di meglio che soffocarla in silenzio e nell’oblio generale!

No, sig. Questore di Palermo, questa volta l’ha fatta veramente grossa!!

 

Palermo 26/11/2012

LA SEGRETERIA PROVINCIALE SIAP 

Segreteria Provinciale SIAP Palermo, tel./fax 091/6569773

www.siappalermo.blogspot.com

siap.palermo@gmail.com

 

Pensai che avrei capito tutti i libri da quel momento in poi

“Mi passò le dita sopra gli occhi e poi con quelle dita scese ai lati del naso, passando per la bocca, fino al mento. E mi posò le labbra sulla bocca mezza aperta dalla meraviglia.
“Meraviglia,” dissi quando si staccò, facendolo pianissimo.
“Questo era tuo. Te lo chiedo ancora, ti piace l’amore?”
“Be’ sì, se è questo, sì.” Pensai che avrei capito tutti i libri da quel momento in poi.”

Erri De Luca

Se Milano confisca la mafia

“La mafia non esiste” firmato: la mafia. A Milano i beni confiscati smettono di essere orrori da nascondere per un dannosissimo senso del pudore e finalmente si prendono la briga di parlare e di fare parlare di sé. Noi ci vediamo domenica alle 21:30 presso Ortomercato Discoteca Sogemi Via Lombroso, 54.

La Lombardia si colloca al quinto posto in Italia per numero di beni confiscati alla mafia, con 807 immobili attualmente confiscati. 
Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC), nella sola città di Milano si contano circa 300 beni, tra immobili e aziende, sottratti alla criminalità organizzata.
Questi spazi rappresentano una ricchezza per la città e per le associazioni che vi operano. Sono la prova tangibile dell’Antimafia che prevale sulla mafia.
Il 9-10-11 novembre il Comune di Milano, in collaborazione con Libera e ANBSC, promuove il 1° Festival dei beni confiscati alle mafie.
Nel corso delle tre giornate numerosi beni verranno aperti a tutti i cittadini con l’obiettivo di promuovere la cultura della legalità e rendere visibili immobili che in passato hanno rappresentato il fulcro dell’attività illegale e che oggi ospitano progetti sociali importanti per la città.
All’interno degli immobili si svolgeranno attività per bambini, performance teatrali e musicali, film e documentari, presentazioni di libri, secondo la direzione artistica curata da Barbara Sorrentini. Saranno inoltre organizzate visite guidate di scolaresche.

 I beni aperti per il Festival sono localizzati in tutta la città e tre (via Cenisio 25, via Canonica 87, via Baldinucci 13) saranno inaugurati in occasione del Festival: in tutto sono 19 quelli aperti al pubblico. Saranno aperti anche due beni simbolo della lotta alla ‘ndrangheta a Milano: la discoteca della Sogemi all’Ortomercato, chiusa nel 2009 dopo la relazione annuale antimafia e il Centro sportivo comunale Iseo, parzialmente danneggiato un anno fa da un incendio doloso. Nell’ex locale delle cosche si esibiranno tra gli altri Giulio Cavalli, con l’anteprima dello spettacolo “Duomo d’Onore”, Manuel Ferriera nel monologo “Lezione di Tango all’Ortomercato” e Vinicio Capossela.

 

“Credo che sia il caso di osare una Lombardia migliore”: intervista a Il Cittadino

L’ndrangheta sembra rincorrerlo. Primo attore italiano sotto scorta per gli attacchi delle cosche, ora consigliere regionale per Sel. Giulio Cavalli è pronto a candidarsi alle primarie di coalizione e a correre come governatore nella regione in cui, l’ultimo scandalo giudiziario, racconta proprio dell’incontro «osceno» tra mafia e politica, che spesso ha denunciato in libri e spettacoli. Una vicenda che ha portato all’arresto dell’assessore Domenico Zambetti, con l’accusa di voto di scambio e legami con l’ndrangheta. Il lodigiano fa sul serio per la corsa alle primarie e sta già preparando i comitati per la campagna elettorale.

Cavalli, cos’è successo in Lombardia negli ultimi mesi?

«Abbiamo assistito ad un lento sgretolamento del sultanato di Formigoni dove i servitori che non si sentivano pagati abbastanza hanno deciso di ribellarsi. Il vero problema di Formigoni è che si è sempre circondato di persone che erano brave ad essere inopportune e altrettanto brave a non farsi incastrare dagli avvisi garanzia. Qualcosa ora si è rotto, ma a vincere le primarie è stata solo la magistratura. Questa però è anche una sconfitta culturale per il centrosinistra».

Come vive questo risveglio delle coscienze sul tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata?

«Mi consideravano un allarmista, ora sono diventato un profeta: si sono rotti gli argini della curiosità democratica. In Lombardia, però, l’indignazione dura il battito d’ali d’una farfalla».

È stato tra i primi a chiedere le dimissioni di Formigoni.

«L’ho fatto il giorno dopo l’insediamento perché si è fatto una legge “ad hoc” per superare l’empasse del quarto mandato e lo ha fatto con listino sottoscritto anche con firme false. L’illegalità si respirava dal primo giorno in Lombardia».

Si è parlato di elezioni a dicembre. Cosa ne pensa?

«Penso che neppure l’ultima fan ultracentenaria di Pertini andrebbe a votare il 23 dicembre. Quella data è un tentativo di Formigoni per alzare “il prezzo” con i referenti romani del partito. La data più probabile per le elezioni è tra febbraio e marzo. Ci sarà tutto il tempo per le primarie del centrosinistra, il più alto livello di coinvolgimento di cui ha bisogno un paese che deve rispondere al vento dell’antipolitica».

Cosa hanno significato per lei questi anni in Regione? E quali delle sue battaglie hanno toccato il Lodigiano e il Sudmilano?

«Ho sempre pensato che la politica fosse uno dei servizi più alti per la comunità e ho cercato di rispettare il mio ruolo. Fra le battaglie, c’è quella per l’osservatorio sulla legalità, la questione ambientale, che per il Lodigiano ci ha portato a presentare più di un’interrogazione sulla discarica di Cavenago e ancora la soddisfazione di essere riusciti a far rimuovere persone inopportune come Felice Tavola (già revisore dei conti di Arpa Lombardia, indagato per una frode fiscale da decine di milioni di euro, ndr) e Pietrogino Pezzano. Ci siamo anche impegnati sulla sanità e nel Lodigiano abbiamo sollevato il caso dei fondi spesi per il faraonico nuovo ospedale che sposta l’attenzione dalle persone all’azienda».

In caso di primarie quindi il suo nome ci sarà?

«Sì, i comitati sono in fase di costruzione. Voglio pensare che il Partito democratico garantirà le primarie in una regione in cui si deve tornare a parlare di persone, di vita, di amore, etica e diritti. Credo che sia il caso di osare una Lombardia migliore».

Tra gli altri candidati si citano il consigliere per il Pd Beppe Civati. La sua sarà una corsa alternativa a Civati? Qualcuno la vedeva già pronto a scalare il Parlamento.

«Non credo che io e Civati ci scontreremo mai. E Roma per ora non mi interessa. Il mio posto è in Lombardia».

Rossella Mungiello

da IL CITTADINO

Anna Stepanovna Politkovskaja

Uccisa sei anni fa.

Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me.

Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto.

È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci: erano queste le condizioni in cui lavoravo durante la seconda guerra in Cecenia, scoppiata nel 1999. Mi nascondevo dai soldati federali russi, ma grazie ad alcuni intermediari di fiducia riuscivo comunque a stabilire dei contatti segreti con le singole persone. In questo modo proteggevo i miei informatori.

Dopo l’inizio del piano di “cecenizzazione” di Putin (ingaggiare i ceceni “buoni” e fedeli al Cremlino per uccidere i ceceni “cattivi” ostili a Mosca), ho usato la stessa tecnica per entrare in contatto con i funzionari ceceni “buoni”. Molti di loro li conoscevo da tempo dato che, prima di diventare “buoni”, mi avevano ospitato a casa loro nei mesi più duri della guerra.

Ormai possiamo incontrarci solo in segreto perché sono considerata una nemica impossibile da “rieducare”. Non sto scherzando. Qualche tempo fa Vladislav Surkov, viceresponsabile dell’amministrazione presidenziale, ha spiegato che alcuni nemici si possono far ragionare, altri invece sono incorreggibili: con loro il dialogo è impossibile. La politica, secondo Surkov, dev’essere “ripulita” da questi personaggi. Ed è proprio quello che stanno facendo, non solo con me.

L’imboscata
Il 5 agosto del 2006 mi trovavo in mezzo a una folla di donne nella piccola piazza centrale di Kurchaloj, un villaggio ceceno grigio e polveroso. Portavo una sciarpa arrotolata sulla testa come fanno molte donne locali della mia età. La sciarpa non copriva completamente il capo ma non lo lasciava neanche scoperto. Era fondamentale non essere identificata, altrimenti mi sarebbe potuto succedere di tutto. Su un lato della piazza, appesa al gasdotto che attraversa Kurchaloj, c’era una tuta da uomo intrisa di sangue. La testa, invece, non c’era più. L’avevano portata via.

Nella notte tra il 27 e il 28 luglio due guerriglieri ceceni sono caduti in un’imboscata tesa alla periferia di Kurchaloj da alcuni uomini fedeli all’alleato del Cremlino, Ramzan Kadyrov, il primo ministro ceceno. Adam Badaev è stato catturato mentre Hoj-Ahmed Dushaev, originario di Kurchaloj, è stato ucciso. Verso l’alba una ventina di Zhiguli piene di uomini armati hanno raggiunto il centro del villaggio dove si trova il commissariato di polizia. Portavano la testa di Dushaev. Due uomini l’hanno fissata al gasdotto al centro del villaggio e sotto hanno appeso i pantaloni macchiati di sangue. Poi hanno trascorso le due ore successive a fotografare la testa con i cellulari.

La testa mozzata è rimasta esposta per ventiquattr’ore. Alla fine gli uomini della milizia l’hanno portata via, lasciando i pantaloni appesi alla tubatura. Gli agenti dell’ufficio del procuratore generale intanto stavano esaminando la scena dell’imboscata. Gli abitanti del paese assicurano di aver sentito uno degli agenti chiedere a un subordinato: “Hanno finito di ricucire la testa?”. Il corpo di Dushaev, con la testa ricucita al collo, è stato riportato sul luogo dell’imboscata, e l’ufficio del procuratore generale ha avviato l’indagine seguendo le normali procedure investigative. Ho scritto un articolo per raccontare l’episodio, senza fare commenti ma fornendo una ricostruzione dei fatti. Sono tornata in Cecenia proprio quando in edicola usciva il giornale con il mio articolo.

In piazza le donne hanno cercato di nascondermi. Erano sicure che gli uomini di Kadyrov mi avrebbero sparato se avessero saputo che ero lì. Tutte mi hanno ricordato che il premier aveva giurato pubblicamente di uccidermi. Era successo durante una riunione dell’esecutivo: Kadyrov aveva dichiarato di averne abbastanza e aveva aggiunto che Anna Politkovskaja era una donna spacciata. Me lo hanno raccontato alcuni membri del governo. Perché tanto odio? Forse non gli piacevano i miei articoli? “Chi non è dei nostri è un nemico”. Lo ha detto Surkov, il principale sostenitore di Kadyrov nell’entourage di Putin.

“È talmente stupida che non conosce neanche il valore dei soldi. Le ho offerto del denaro ma non lo ha accettato”, ha detto Kadyrov a un mio vecchio conoscente, un ufficiale delle forze speciali della milizia. È “uno dei nostri”, e se ci avessero sorpresi a parlare di certo avrebbe passato dei guai. Al momento di salutarci, fuori era buio. L’ufficiale mi ha pregato di non uscire, perché aveva paura che mi uccidessero. “Non andare. Ramzan è molto arrabbiato con te”. Sono uscita lo stesso. Quella notte a Grozny avrei dovuto incontrare una persona di nascosto.

Si è offerto di farmi accompagnare con un’auto della milizia, ma l’idea mi sembrava ancora più rischiosa: sarei diventata un bersaglio per i guerriglieri. “Ma almeno nella casa dove stai andando sono armati?”, mi ha chiesto con aria preoccupata. Durante tutta la guerra sono stata tra due fuochi. Quando qualcuno minaccia di ucciderti i suoi nemici ti proteggono. Ma domani la minaccia verrà da qualcun altro. Perché mi dilungo su questa storia? Solo per spiegare che in Cecenia le persone sono preoccupate per me, e questo fatto mi commuove profondamente. Temono per la mia vita più di me.

Perché Kadyrov vuole uccidermi? Una volta l’ho intervistato e ho pubblicato le sue risposte senza cambiare una virgola, rispettando tutta la loro incredibile stupidità e ignoranza. Kadyrov era convinto che avrei riscritto completamente l’intervista, per farlo apparire più intelligente. In fondo oggi la maggior parte dei giornalisti, quelli che fanno parte “dei nostri”, si comporta così.

Basta questo per attirarsi una minaccia di morte? La risposta è semplice come la visione del mondo incoraggiata dal presidente russo Vladimir Putin. “Dobbiamo essere spietati con i nemici del reich”. “Chi non è con noi è contro di noi”. “Gli oppositori devono essere eliminati”.

“Perché ti sei fissata sulla storia della testa tagliata?”, mi ha chiesto a Mosca Vasilij Panchenkov, che dirige l’ufficio stampa delle truppe del ministero degli interni, pur essendo una persona per bene. “Non hai altro a cui pensare?”. Mi sono rivolta a lui per avere un commento su Kurchaloj per la Novaja Gazeta. “Lascia perdere, fai finta che non sia successo niente. Lo dico per il tuo bene!”.

Ma come posso dimenticare? Detesto la linea del Cremlino elaborata da Surkov, che divide le persone tra chi “è dalla nostra parte” e chi “non lo è” o addirittura “è dall’altra parte”. Se un giornalista è “dalla nostra parte” otterrà premi e rispetto, e forse gli proporranno perfino di diventare un deputato della duma, il parlamento russo. Ma se “non è dalla nostra parte”, sarà considerato un sostenitore delle democrazie europee e dei loro valori, diventando automaticamente un reietto. Questo è il destino di chiunque si opponga alla nostra “democrazia sovrana”, alla “tradizionale democrazia russa”.

Riferire i fatti
Non sono un vero animale politico. Non ho aderito a nessun partito perché lo considero un errore per un giornalista, almeno in Russia. E non ho mai sentito la necessità di difendere la duma, anche se ci sono stati anni in cui mi hanno chiesto di farlo. Quale crimine ho commesso per essere bollata come “una contro di noi”? Mi sono limitata a riferire i fatti di cui sono stata testimone. Ho scritto e, più raramente, ho parlato.

Pubblico pochi commenti, perché mi ricordano le opinioni imposte nella mia infanzia sovietica. Penso che i lettori sappiano interpretare da soli quello che leggono. Per questo scrivo soprattutto reportage, anche se a volte, lo ammetto, aggiungo qualche parere personale. Non sono un magistrato inquirente, sono solo una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo. I servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico. I cittadini sanno poco o niente di quello che accade in altre zone del paese e a volte perfino nella loro regione.

Il Cremlino ha reagito cercando di bloccare il mio lavoro: i suoi ideologi credono che sia il modo migliore per annullare l’effetto di quello che scrivo. Ma impedire a una persona che fa il suo lavoro con passione di raccontare il mondo che la circonda è un’impresa impossibile. La mia vita è difficile, certo, ma è soprattutto umiliante. A 47 anni non ho più l’età per scontrarmi con l’ostilità e avere il marchio di reietta stampato sulla fronte. Non parlerò delle altre gioie del mio lavoro – l’avvelenamento, gli arresti, le minacce di morte telefoniche e online, le convocazioni settimanali nell’ufficio del procuratore generale per firmare delle dichiarazioni su quasi tutti i miei articoli. La prima domanda che mi rivolgono è sempre la stessa: “Come e dove ha ottenuto queste informazioni?”.

Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po’ più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo, ricevere ogni giorno in redazione persone che non sanno dove altro andare. Per il Cremlino le loro storie non rispettano la linea ufficiale. L’unico posto dove possono raccontarle è la Novaja Gazeta.

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Questo articolo è stato scritto per Another sky, un’antologia curata dall’associazione English Pen (www.englishpen.org) che sarà pubblicata nella primavera del 2007 da Profile Books.

Internazionale, numero 665, 26 ottobre 2006

Se EXPO assomiglia alla Salerno – Reggio Calabria

La notizia è questa e la scrive Il Fatto Quotidiano:

Expo, la Prefettura blocca un’altra impresa e stavolta il collegamento con la criminalità organizzata è la base della decisione. Un fulmine, il secondo in pochi mesi, nel cielo di Milano e sotto l’arcobaleno di Giuliano Pisapia. Nella serata di mercoledì la Prefettura ha siglato un provvedimento di interdizione nei confronti di un’azienda che opera sui lavori di interconnessione stradale che portano al cantiere dell’Expo 2015. Si tratta della Fondazioni Speciali spa, società parmense di geoingegneria del gruppoItalterra con commesse in tutta Italia che sta ristrutturando la viabilità per congiungere la fermata metropolitana di Molino Dorino con l’autostrada delLaghi A8/A9.

Forse adesso risulta più chiaro perché ci avevamo tenuto tanto a pubblicare su questo piccolo blog un articolo che ci stava a cuore e che ci interessava fosse letto (oh, viene voglia di fare la commissione antimafia 2.0, per dire):

A fare le spese più pesanti del racket dei Nasone, però, è stata la Fondazioni Speciali S.p.A., che ha ottenuto un subappalto per eseguire dei lavori di consolidamento per 850 mila euro sulla A3 all’altezza di Scilla. Hanno aperto i cantieri a luglio del 2011 e in meno di due mesi hanno subito tre danneggiamenti. Il 28 agosto a un impiegato della ditta viene danneggiata l’auto privata. Il capocantiere, che ha capito bene cosa sta succedendo, gli consiglia di «non parlare troppo», di non dire in giro che lavora per la Fondazioni Speciali. «Tu devi fare una cosa Salvo, quell’adesivo che gli hai messo cosi bello carino che si vede lì glielo devi togliere». Spiega, il capocantiere, che prima, quando non serviva, di fronte al recinto c’era una postazione dell’esercito, e che ora che servirebbe come protezione l’hanno rimossa.Poi, per diversi mesi, le acque sembrano essersi calmate. Non per merito, però, delle denunce contro ignoti ai carabinieri: pochi giorni dopo quelle intimidazioni, la Fondazioni Speciali ha accettato di rifornirsi dal bar dei Nasone in paese per la colazione degli operai. Fino a dicembre.Il 3 marzo scorso, allora, il giorno dopo avere messo in piedi un’intimidazione a un’altra ditta che lavorava su altri cantieri dell’autostrada, la cosca si riunisce al solito bar per progettare un nuovo attentato alla Fondazioni Speciali. Gli uomini del clan hanno già fatto dei sopralluoghi, hanno studiato i mezzi per scegliere quale danneggiare. Alla fine decidono di togliere i freni a un compressore e lasciarlo cadere giù per un dirupo. «Là ci sono le ruote, ci sono due pietre. Togli quelle pietre; di qua davanti ha una levetta (incomprensibile) freno a mano (incomprensibile) precipitano di sotto nella strada. Che cazzo ce ne fottiamo!».

Poi pianificano una via di fuga coi motorini, semmai qualcuno capitasse nei paraggi. E una scusa nel caso dovessero essere colti in flagrante. E se i carabinieri non dovessero credere loro, nessun problema: «Che mi interessa? Gli faccio scoppiare in aria!». L’obiettivo della missione è costringere l’azienda a trattare. L’intimidazione deve essere abbastanza grande da spingere gli uomini della Fondazioni Speciali a farsi vivi con i boss. «Io voglio almeno che andiamo al fine di farli venire. Non che io vado e loro dicono: sono stati ragazzini di due anni. Dev’essere un lavoro bello, in maniera da scendere», da farli venire a negoziare. «E se non vengono?». «E se non vengono glieli bruciamo».

Quella notte, il compressore liberato dai freni si schianta contro uno spartitraffico in cemento. La mattina dopo, gli operai della ditta lo trovano semidistrutto. Sopra c’è una bottiglia di plastica piena di una sostanza liquida, tutta avvolta da un nastro da imballaggio marrone. Sembra un ordigno pronto a esplodere, ma la miccia è finta. Serve solo a spaventare.Gli uomini della ‘ndrina però non sono soddisfatti. Quel macchinario non doveva finire sul guard rail: secondo i piani sarebbe dovuto cadere di sotto, nella scarpata. «Non valiamo nulla. Anzi, soprattutto tu non vali niente, perché io – ride, spaccone – io sarei andato. Che cazzo me ne sarebbe fottuto? Io non ho problemi con l’altezza. Io se mi devo buttare da una montagna, mi butto, non ho paura di buttarmi. Posso rompermi le gambe qualche volta. Lì sai cos’è stato? Non è caduto di sotto! Se fosse caduto lì sotto mi sarei divertito di più io!».
Quell’intimidazione non basta a ridurre la ditta a farsi viva. Bisogna tornare sul cantiere. La notte tra l’8 e il 9 marzo alla Fondazioni Speciali viene danneggiato un altro macchinario. Un semaforo finisce sotto la scarpata.Da un po’ di giorni, però, una microspia, che la Procura di Reggio Calabria aveva fatto installare nel bar, stava registrando tutti i colloqui dei boss. Gli inquirenti avevano potuto assistere in diretta al lavoro quotidiano di soprusi ed estorsioni della ‘ndrangheta. Potrebbero continuare a registrare per raccogliere altre prove. Ma c’è un imprevisto. Una talpa tra le forze dell’ordine ha avvertito i Nasone delle indagini in corso. A dire il vero, che ci fossero indagini in corso su di loro e che i magistrati fossero intenzionati a farli arrestare, i Nasone lo sapevano già da novembre. Lo era venuto a sapere Domenico Nasone e lo aveva raccontato a sua cugina Annunziatina che aveva avvertito suo fratello, Giuseppe Fulco, in carcere, dov’era andata a fargli visita accompagnata dalla madre.Nel verbale di questo colloquio, finora inedito, avvenuto nel carcere di Benevento l’11 novembre scorso e filmato a loro insaputa, la madre dice al figlio detenuto che «è tutto registrato». «Pure in cella», aggiunge la sorella. «Non devi aprire né bocca né niente», lo avvertono.Nelle indagini l’atteggiamento della ditta Fondazioni Speciali SPA risulta molto controverso, del resto. Leggere le carte, studiare, analizzare: ecco il protocollo che funziona.

Ma c’è dell’altro. Operazione “Alba di Scilla” a carico della cosca Nasone-Gaietti. Negli atti si legge:

Dalle intercettazioni telefoniche attivate in conseguenza delle denunce presentate (R.I.T. n°1718/11 – proc. pen. 6612/11 RGNR mod. 44), ed in particolare dalle conversazioni di seguito riportate, emerge il clima di timore ed omertà sorto tra i dipendenti della Fondazioni speciali spa in conseguenza di tali indimidazioni:

  • in data 25.08.2011, MUSUMECI Concetto
  • , responsabile del cantiere di Scilla per conto della Fondazioni speciali spa, riferisce ad un collaboratore quello che è successo la notte precedente in merito all’asportazione di un semaforo. Il collaboratore gli chiede se stanno continuando a lavorare. MUSUMECI gli riferisce di sì, che ci sono alcuni problemi con la direzione dei lavori e che ha saputo che la zona su cui stanno lavorando è una zona calda.

MUSUMECI C.:- Si, ci sei adesso?———————————————————————–//

CILLO:- Si, con i Carabinieri cos’era successo?————————————————-//

MUSUMECI C.:- Che questa notte hanno trafugato un semaforo, quello di monte!—————–//

CILLO:- Hanno?————————————————————————————-//

MUSUMECI C.:- Trafugato! Trafugato, che poi si è scoperto che non era stato trafugato ma solo rimosso e buttato giù per la scarpata.  E quindi niente abbiamo denunciato questo atto vandalico e sono arrivati, anche perché sembra che quella sia una zona calda e quindi particolarmente “attenzionata”. -//

(Conversazione del 25.08.2011 alle ore 16:36, registrata sull’utenza nr. 3939324493 in uso a MUSUMECI Concetto al progressivo n°9, R.I.T. n°1718/11)

  • in data 28.08.2011 MUSUMECI Concetto parla con ZAPPIA Salvatore, il quale gli racconta dell’anomalo danneggiamento del lunotto posteriore della propria autovettura. MUSUMECI Concetto gli consiglia di non far sapere in giro che lavora per conto della “Fondazioni Speciali” e pertanto di rimuovere dall’autovettura l’adesivo della ditta, ritenendo implicitamente che il danneggiamento sia stato effettuato proprio in quanto dipendente della predetta società.

ZAPPIA S.:- Pronto

MUSUMECI C.:-Ciao Totò

ZAPPIA S.:- Buon giorno!

MUSUMECI C.:-Ciao, mi hai chiamato?

ZAPPIA S.:- Ti disturbo?

MUSUMECI C.:-Eh?

ZAPPIA S.:- Ti disturbo?

MUSUMECI C.:-No, no dimmi … dimmi?

ZAPPIA S.:- Allora ieri sera mi hanno, non so se mi hanno rotto un vetro oppure è scoppiato in macchina.

MUSUMECI C.:-Cosa ti hanno scoppiato in macchina?

ZAPPIA S.:- Il vetro di dietro del porta bagagli!

MUSUMECI C.:-Ah!

ZAPPIA S.:- Non so se me l’hanno rotto o se è scoppiato, questo non lo so. Dentro non c’era nulla, fuori …incomprensibile….

MUSUMECI C.:-Ed è scoppiato da solo, ma dove?

ZAPPIA S.:- Sotto casa mia!

MUSUMECI C.:-Minchia! Ma tu non sei il Sindaco, il figlio del ….. o no?

ZAPPIA S.:- E che vuoi che ti faccio?

MUSUMECI C.:-Eh! Vedi quando ti dico di non parlare troppo perché,

quando … quando la situazione.. che … tu devi fare una cosa Salvo, quell’adesivo che gli hai messo cosi bello carino che si vede lì glielo devi togliere.

ZAPPIA S.:- Si lo so!

MUSUMECI C.:-Eh!

ZAPPIA S.:- Allora oggi vado dai Carabinieri 

MUSUMECI C.:-Fai denuncia contro ignoti. Non lo so scoppiare, che scoppia un vetro così?

ZAPPIA S.:- No, può anche .. può succedere  ..in teoria.

MUSUMECI C.:-Si va bene, però!

ZAPPIA S.:- Dentro non c’era nulla Concetto!

MUSUMECI C.:-Come?

ZAPPIA S.:- Dentro non c’era nulla.

MUSUMECI C.:-L’ho capito, ma non è detto che l’hanno spaccato per farti .. 

per rubarti qualcosa. Può essere che l’hanno spaccato così per sfregio, per dispetto, per farti danno insomma.

ZAPPIA S.:- Si va bene ma io non ho problemi, non ho mai avuto problemi con nessuno. Di questo ieri parlavo con mio padre.

MUSUMECI C.:-No, tu non hai mai avuto problemi con nessuno ma la macchina è Fondazioni Speciali

ZAPPIA S.:- Si lo so

MUSUMECI C.:-Nemmeno io ho mai avuto problemi con nessuno se no quelli che sappiamo però! 

(Conversazione del 28.08.2011 alle ore 13:05, registrata sull’utenza nr. 3939324493 in uso a MUSUMECI Concetto al progressivo n°116, R.I.T. n°1718/11)

  • in data 23.09.2011 MUSUMECI Concetto conversa con un soggetto non meglio identificato sulle difficoltà incontrate sul lavoro. L’interlocutore riferisce che “la cosa più brutta è l’aria che si respira”. MUSUMECI risponde a tale commento asserendo che da questo punto di vista “si sono calmati”, perchè egli è andato dai Carabinieri. L’interlocutore dice che, prima, quando non serviva, di fronte al cantiere c’era una postazione dell’Esercito, ora che potrebbe servire come protezione allo stesso quella postazione è stata rimossa.

UOMO:- La cosa più brutta è l’aria che si respira, veramente!

MUSUMECI C.:- Ma diciamo che da questo punto di vista si sono anche abbastanza calmati. Anche perché io me ne sono andato dove dovevo andare … dai Carabinieri ed ho detto senti o mi fanno lavorare oppure cioè non me ne fotte un cazzo!

(Conversazione del 23.09.2011 alle ore 09:57, registrata sull’utenza nr. 3939324493 in uso a MUSUMECI Concetto al progressivo n°2116, R.I.T. n°1718/11)

Per diversi mesi la ditta in questione non ha denunciato altre azioni intimidatorie, ciò fino ai primi giorni del mese di marzo 2012 allorquando sono state compiute e regolarmente denunciate dalla Fondazioni speciali spa le seguenti azioni delittuose:

  • la notte tra il 3 ed il 4 marzo 2012, presso il cantiere “PARATIA SCILLA” in cui la ditta Fondazioni speciali spa è impegnata in lavori di perforazione adiacenti alla strada Provinciale per Melia (comune di Scilla), viene liberato dai freni e dai fermi un compressore marca “INGERSOL”; il mezzo, collocato in un tratto di strada in discesa, va ad urtare contro uno spartitraffico in cemento, riportando danni rilevanti. Su tale compressore inoltre, viene rinvenuta posizionata una bottiglia di plastica contenente una sostanza liquida, avvolta da nastro da imballaggio di color marrone e con una finta miccia incendiaria realizzata con della carta arrotolata. 

Sul medesimo cantiere viene inoltre danneggiata una sonda marca “COMACCHIO” modello MC 1200 attraverso la distruzione del quadro di comando. Anche su tale mezzo viene posizionata una bottiglia di plastica avente le medesime caratteristiche di quella sopra indicata.

  • la notte tra l’8 ed il 9 marzo 2012, nel cantiere sopra indicato, viene ulteriormente danneggiato, mediante un corpo contundente, il quadro comando ed i tubi idraulici della sonda di cui sopra. Inoltre, il semaforo mobile presente sul cantiere, utilizzato per la regolazione della circolazione stradale, come già in occasione dell’atto intimidatorio compiuto il 25.08.2011, viene gettato nell’adiacente scarpata.

Ma c’è un punto che è interessante:

BURZOMATO e PUNTORIERI continuano a discutere sul come comportarsi all’interno del cantiere ed ipotizzano il rischio che il mezzo che vogliono danneggiare possa fermarsi sulla discesa a causa degli spartitraffico che sono stati posizionati in prossimità del cantiere (situazione che, come vedremo, si verificherà concretamente). Pertanto, BURZOMATO chiede a PUNTORIERI se non sia il caso di evitare di danneggiare i mezzi e limitarsi a posizionare solo delle bottiglie (“Per forza danni gli devi fare? E se gli mettiamo solo le bottiglie e basta?”). PUNTORIERI teme però che l’intimidazione non risulti  abbastanza chiara ed efficace (“E se non vengono? E se non vengono?”), in tal modo provocando la reazione di BURZOMATO, il quale lo rassicura affermando che in quel caso tornerebbero sul posto a bruciare i mezzi (“E se non vengono glieli bruciamo”). 

Il suddetto contesto dialogico conferma – se ve ne fosse bisogno – che i suddetti interlocutori stanno organizzando un’azione intimidatoria di tipo estorsivo ai danni di una ditta impegnata nei lavori di ammodernamento dell’autostrada SA-RC (nella specie la Fondazioni Speciali spa); l’espressione “se non vengono” non si presta infatti ad altra interpretazione, se non quella riferita al contatto che i rappresentanti della ditta danneggiata cercheranno al fine di regolare i conti con la cosca mafiosa operante a Scilla. 

(Per i curiosi l’ordinanza è qui in pdf)

Insomma basterebbe essere curiosi, scassaminchia, leggere e fare. Perché se le stranezze si notano nei blog non si capisce dove si perdano tra le decine di protocolli, comissioni, convegni sulla legalità e presentazioni di libri. Se ci è arrivato il Prefetto di Milano a intervenire significa che assistiamo al primato della Prefettura e quindi ha perso il primato della politica. Appunto.

Auguri Libera Como

Oggi nasce ufficialmente il presidio di Libera a Como nell’ambito della fiera “L’isola che c’è”.

In quel gruppo ci sono ragazzi con cui ci siamo confrontati in questi ultimi anni (nella Como delle locali di Erba, Canzo e Mariano Comense solo per stare in tema di ‘ndrangheta, e nella Como dei Fiori di San Vito e di Antonino Belnome) e per questo mi scappa di farvi gli auguri. Anche perché ogni volta che nasce un’associazione antimafia diventa inevitabile il dibattito sulle mafie. Quindi la vostra nascita è già un cambiamento di equilibri che può essere solo salubre.

 

Anch’io, come Roberta e come tanti altri ragazzi della mia età, ho un sogno da proteggere. E, come loro, mi sento soffocare.

Dopo la lettera di Roberta mi scrive anche Francesco. Le sensazioni se sono collettive diventano un disagio sociale, eppure di fondo rimane la speranza. La bellezza della speranza. Ecco la sua lettera. E la risposta.

Caro Giulio,

Sono un ragazzo di quasi ventidue anni. Proprio come Roberta, la ragazza della lettera che hai postato sul tuo sito.

Anch’io, come Roberta e come tanti altri ragazzi della mia età, ho un sogno da proteggere. E, come loro, mi sento soffocare.

Mi sento soffocare perché non abbiamo punti di riferimento.

Mi sento soffocare perché viviamo la precarietà sotto ogni punto di vista.

Mi sento soffocare perché la nube di cattiveria che siamo costretti ad attraversare è troppo densa.

Mi sento soffocare perché non c’è nessuno in grado di ascoltarci e di farci innamorare del mondo.

Mi sento soffocare perché la politica, pensata per migliorare la vita delle persone, non riesce a dare risposte concrete. Veniamo costantemente strumentalizzati, ridotti a unità destinate a formare statistiche su quanto siamo “sfigati” o precari. O entrambi.

Mi sento soffocare perché le priorità di chi dovrebbe lavorare per noi sono la legge elettorale, la coalizione-addizione alla D’Alema da presentare alle elezioni, lo spread e il mantra dell’Europa che ci chiede tutto (tranne il reddito minimo garantito per assicurarci una dignità appena sufficiente per camminare a testa alta quando usciamo di casa).

Mi sento soffocare perché le poche persone dedite al bene comune (“politici” è diventato quasi un insulto, purtroppo) che stimo, come te e pochi altri, fanno fatica a farsi ascoltare. Non siete tutti uguali, e lo so. La logica di partito vi mette da parte e ci costringe a cercarvi col lanternino. Ma, una volta trovati, so che non tradirete mai me e i ragazzi che hanno un sogno da proteggere. Perché per voi, per te Giulio, so che quel sogno è importante. So che lo puoi capire, so che stai cercando una risposta per vederci sorridere, un giorno.

Sogno di essere rappresentato da qualcuno capace di commuoversi e starmi vicino se gli racconto che la ragazza che amo mi ha tolto dalla sua vita con un colpo di bianchetto.

Sogno di essere rappresentato da chi sa ascoltare e da chi ama la parola e il suo esercizio. Non per ingannare, ma per emozionare e raccontare che la vita potrebbe essere vissuta senza paura e senza odio.

Sogno di essere rappresentato da chi ama.

Senza questi sogni e senza gente dedita al bene comune come te, Giulio, che è in grado di capirli e farli propri, la mia vita non avrebbe senso. Almeno, non in questa vita (e nemmeno sono credente).

Grazie di esistere. È di grande conforto sapere che il tuo cuore batte anche per noi, ragazzi con un sogno e con tanto dolore nel cuore.

Ti sono vicino. Sono sicuro che un giorno potrai camminare liberamente senza paura -e senza scorta- fra la gente. E sorridere insieme a noi.

Francesco Bondielli

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Ciao Francesco,

la tua lettera mi onora. Sul serio. Mi onora perché quando in una discussione sulla politica e sul futuro (che sono sorelle quando funzionano insieme) si decide di parlare di sé stessi, delle proprie fragilità e delle proprie paure significa che in fondo vogliamo crederci al nostro futuro, rivendicarne la paternità.

Ogni tanto fatico a raccontare quanto la sensazione di essere bloccati in una preservazione argillosa renda tutto terribilmente difficile. Quanta differenza ci sia tra la politica rispetto alla politica come fine che decide (o non decide) in nome di piccole amicizie o inimicizie di bottega, servilismi senza ideali o dissociazioni dalla realtà incancrenite dall’esercizio del potere.
Quando mi capita di sentirmi affogare penso ad una promessa che mi sono fatto qualche anno fa, davanti ai miei amici migliori, quelli così vicini che ti sentono senza ascoltarti: insieme ci siamo promessi che non avremmo smesso di essere autentici anche nel ruolo politico che con tanto onore mi avevano consegnato. Provare il piacere di riconoscersi nella speranza senza compromessi che sta nei miei libri, nei miei spettacoli e nel nostro agire politico. Volare alto, direbbe qualcuno; ho sempre preferito invece pensare che sia uno stare al livello del mare dove non si perde la prospettiva e nemmeno la possibilità di scoprire le onde più brevi.
Se decidessimo di coltivare i nostri sogni per un certificato di sana e robusta realizzazione saremo degli ottimi commercianti. Teniamoceli Francesco i nostri sogni, con la fierezza e la dignità di chi vuole andarselo a confiscare il proprio futuro dai conti correnti in cui qualcuno vorrebbe incastrarlo.
Buona giornata