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liguria

Coff(erat)i break

Certo che Cofferati è proprio strano: è rimasto nel PD mentre si demoliva l’articolo 18 (per cui con il governo Berlusconi lui stesso aveva portato due milioni di persone in piazza) e se ne esce per le primarie (per carità, gestite in modo schifoso). E’ che ogni tanto (forse sono ingenuo io) mi sfugge la bilancia dei pesi, dei valori e delle misure.

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Motivazioni processo “la svolta”: il 416 bis in Ligura

Imperia.”La Svolta”, “Roccaforte”, “Spiga”, “Maglio”, “Crimine”, “Infinito“. Questi sono solo alcuni nomi di diverse operazioni e processi anti ‘ndrangheta portati avanti sul territorio ligure e nazionale.

Sono nomi particolari che, sentendoli per la prima volta, non comunicano niente, ma in realtà dietro queste brevi parole si cela un mondo complesso di intercettazioni, osservazioni, pedinamenti portati avanti dalle forze dell’ordine per smascherare la presenza anche nella nostra terra della mafia. Precisamente della ‘ndrangheta che, anche se operante in modo silente, senza faide e uccisioni in pieno giorno, ha minato profondamente il territorio ligure, infiltrandosi in modo capillare nelle istituzioni, nella realtà amministrativa e politica e quindi indirettamente nella vita di ogni singolo comune cittadino.

La sentenza del processo “La Svolta” ha segnato un punto di non ritorno per la lotta alla criminalità organizzata perchè, per la prima volta, è stato riconosciuto il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, in Liguria, e tutto questo è stato possibile solo grazie ai processi precedenti che hanno creato una sorta di rete, una mappa, che tassello dopo tassello ha portato ad avere sotto gli occhi degli inquirenti un quadro completo dell’associazione ‘ndranghetistica nel ponente ligure.

Ecco perchè il passaggio fondamentale delle motivazioni della sentenza del processo “La Svolta” è: “Per la dimostrazione della sussistenza del reato associativo è necessario avere un quadro panoramico delle vicende dei fatti criminosi commessi in un arco di tempo più o meno prolungato. Una visione parcellizzata dei fatti difficilmente consentirebbe di individuare i requisiti di un agire organizzato con metodo mafioso“.

In queste poche parole si racchiude la motivazione essenziale per cui in questo storico processo è stato contestato agli imputati, per la prima volta in Liguria, il reato 416 bis di associazione mafiosa. Lo sguardo che i giudici hanno infatti mantenuto su tutto il processo è stato molto ampio, senza focalizzarsi su singoli avvenimenti, ma trovando in ogni fatto un collegamento e una connessione con indagini passate (le stesse Maglio, Infinito, Crimine… di cui sopra).

Come si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate il 5 gennaio, hanno avuto un ruolo fondamentale le deposizioni del Maresciallo Camplese e del Maresciallo Torrente, ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Francesco Oliverio e Gianni Cretarola, che hanno “sostanzialmente dato conferma di fatti già ampiamente dimostrati sulla base di altri elementi di prova“.

Il processo “La Svolta” è stato infatti basato sulla grande consistenza quantitativa e qualitativa delle risultanze delle attività di intercettazioni e “le conversazioni intrattenute da imputati (tra di loro o con terzi) hanno rappresentato il nucleo probatorio fondamentale, stante la ovvia, particolare attendibilità di dichiarazioni fatte da soggetti ignari di essere ascoltati”.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state così riconosciute solo dopo la dimostrazione di credibilità soggettiva del dichiarante, di una sua attendibilità intrinseca e della presenza di riscontri esterni individualizzanti, non lasciando spazio a opinioni. “Gran parte dei dati indicati da Oliverio e Cretarola erano in ogni caso già noti in quanto evidenziati in importanti sentenze di ‘ndrangheta acquisite nel presente processo“, inoltre i due collaboratori hanno riconosciuto in foto molti soggetti chiamati in causa nel processo e hanno riportato fatti vissuti direttamente o hanno indicato precisamente la fonte della loro conoscenza.

Ai fini della costituzione di un sodalizio criminoso sono dunque essenziali diversi elementi che sono stati ritrovati in questo processo: “elemento personale con un minimo di tre persone, la struttura operativa organizzata articolata in ruoli e competenze, i fini perseguiti il cui ambito viene ad essere dilatato e l’elemento centrale in aggiunta dato dalla capacità dell’organizzazione di sprigionare per il solo fatto della sua esistenza una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all’organismo criminale”.

(fonte)

Cemento e asfalto come idea stessa di “progresso”

A proposito di elezioni regionali in Liguria (ne parlavo qui), Roberto Della Seta ripercorre le Burlandiadi cementizie:

Prima da assessore, vicesindaco e sindaco di Genova (1981-1993), poi da ministro dei trasporti (1996-1998) e infine da presidente della Liguria (dal 2005), Burlando nelle sue scelte di governo ha sempre dimostrato di identificare con cemento e asfalto l’idea stessa di “progresso”. Che si tratti di mega-porti turistici o di centri commerciali, di nuove autostrade più o meno inutili o di villette a schiera, per Burlando l’eccessivo consumo di suolo è un non-problema e gli scrupoli per l’impatto della cementificazione su ambiente e territorio sono temi secondari. Come nel caso dell’outlet della Val di Vara costruito in piena area di esondazione, o del progetto-Marinella nel comune di Sarzana, immenso piano di cementificazione a due passi dalla foce del Magra (fortunatamente per ora bloccato). Nel 2009, la maggioranza “burlandiana” in consiglio regionale propose poi un Piano casa all’insegna della più spericolata deregulation edilizia: case e capannoni potevano essere liberamente aumentati fino al 50% della cubatura originaria, e il “premio” avrebbe riguardato anche gli immobili condonati. Alla fine venne approvato un testo più moderato, che in ogni caso prevedeva la possibilità per moltissime case di ampliamenti tra il 10% e il 30%.

Questo sono state le scelte di Burlando. Adesso tra un’alluvione e l’altra il suo mandato sta per scadere, ma il governatore vorrebbe che a succedergli sia Raffaella Paita, sua fedelissima e attuale assessore regionale alla protezione civile. Per intenderci, la stessa che il 9 ottobre, poche ore prima che esondassero il Bisagno, il Fereggiano e lo Sturla, “dimenticò” di diffondere l’allarme meteo già presente su molti siti web che annunciava tempesta. La speranza e l’auspicio è che i liguri questa volta mostrino più saggezza di chi finora ha governato, malissimo, il loro territorio.

Genova secondo Ferruccio

Considero Ferruccio Sansa uno dei migliori giornalisti sulla dissennata cementificazione ligure che cola nell’alluvione di questi giorni. Per questo credo che valga la pena leggere il suo pezzo su Burlando e Liguria:

Questa volta parlerò di me. Un giornalista non dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché Genova in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E a voi lettori.Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una calunnia – il metodo Sansa invece del metodo Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua combriccola sono allarmati dalla voce di una mia candidatura alle elezioni regionali (ma di questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”. Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere.
Mi limiterò ai fatti:

1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando scelse un architetto che negli anni successivi ha firmato operazioni immobiliari da centinaia di migliaia di metri cubi realizzate da costruttori oggi latitanti.

2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come assessore all’Urbanistica. La priorità era chiara: basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che, ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come ricordano i genovesi, fu che non si verificarono più alluvioni per diciotto anni.

3. Burlando è il dominus della politica ligure da trent’anni (è in congedo per motivi politici dai primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto, fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni.

4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta BurlandoQuasi metà del consiglio regionale è indagato.

5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: 2010, 2011 (Genova e Cinque Terre), 2014.

6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”. L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è stato poi arrestato.

7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti)

8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la realizzazione di un porticciolo da mille posti barca alle foci del fiume Magra che ogni anno provoca disastri. La società realizzatrice era controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando.

9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il via alla realizzazione di un centro commerciale da 5.000 persone in una zona che lo stesso assessore all’Ambiente della Regione di Burlando definì “zona a rischio di alluvioni”. È certo un caso che l’operazione sia stata realizzata in pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloccavano le opere anti-alluvione) e con maggiore solerzia dei lavori del Bisagno.

10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli organi di informazione locale. Senza dire dei 2 milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia.

11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere.

12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando ha annunciato che i lavori riprenderanno nel 2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché non l’ha fatto prima?

13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione.

14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto sono rimasti nelle casse della Regione invece di finire alla gente e ai commercianti.

Questi sono fatti.

Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro, la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade.

Fare antimafia con “Abbondanza” in Liguria

Il mio pezzo scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

gli-innominabili-FOTIA_ii-vol-quaderni-dell-attenzione“Due colpi di pistola alle gambe e se continua a scrivere un colpo alla testa che gli passa la voglia”, “Sanno tutto, scrivono di tutti”, “vanno lasciati perdere per un paio d’anni per eliminarli dopo”.
Dicono così i protagonisti delle intercettazioni dell’inchiesta “La Svolta” che ha colpito la ‘ndrangheta in Liguria. Messaggio chiaro: Christian Abbondanza e Marco Ballestra rischiano la pelle. Anche perché sono soli. Niente protezione per loro.

Comincia così l’articolo (che è più un grido di allarme) di Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano nel numero della vigilia di Natale; del bandito Christian ne abbiamo parlato e ne parliamo da un po’ cercando di sostenere  le sue denunce che risultano antipatiche e spigolose come sono spigolosi i rompipalle per vocazione. Vocazionista dell’antimafia più che professionista, si dovrebbe dire.

Se c’è qualcosa che a Christian va riconosciuto (da sempre) è l’amore per i dati, i confronti, i passaggi, le date e i collegamenti: merce rara in un movimento antimafia che rischai di diventare sociologico credendo di potersi bastare senza scendere nei dettagli investigativi e nella mappatura dei “cattivi” oltre alla memoria dei “buoni”, soprattutto se i “cattivi” sono sani, operativi e politicamente accolti nei loro territori.

So già (succede che me lo ricordino nei commenti ogni volta che ne scrivo) che Christian Abbondanza e la Casa della Legalità sono considerati scomodi anche da voci autorevoli dell’antimafia a cui sono molto legato (ne parla Savona News qui e risponde direttamente l’associazione qui) ma credo che il punto che oggi ci deve interessare sia un altro: la memoria antimafia deve essere abbastanza contemporanea da sfociare nella vigilanza per essere utile. E su questo credo non sia difficile essere uniti.

Oggi la Casa della Legalità decide di pubblicare uno dei loro Quaderni dell’Attenzione che contiene la raccolta (oltre 200 pagine), dal 2010 – 2012, delle pubblicazioni dedicata alla famiglia FOTIA ed alle loro imprese (il file è allegato). Il link per scaricare il volume [5,27 Mb] è questo (http://www.casadellalegalita.info/Gli-innominabili-FOTIA.pdf ).

La Nota Introduttiva al volume:

Questa è una raccolta dei testi sui FOTIA scritti e pubblicati tra il 2010 ed il 2012.
Molti di questi articoli hanno anche dato spunto ad attività investigative e giudiziarie e rotto
il silenzio che avvolgeva la famiglia FOTIA nonostante gli Atti parlassero da tempo
chiaramente.
Tutte le pubblicazioni si fondando su fatti di rilievo pubblico indiscutibile, ed informazioni
pubbliche relative ai FOTIA ed alle loro società.
Tra le fonti ufficiali utilizzate vi sono Atti Giudiziari (Sebastiano FOTIA, Pietro FOTIA,
SCAVO-TER, Mario VERSACI, indagine MAGLIO 3 e LA SVOLTA, TAR); Relazioni e
Rapporti della Procura Nazionale Antimafia, DIA, Commissione Parlamentare Antimafia;
Informative ROS e Polizia di Stato.
Sono stati inoltre richiamati articoli di stampa nonché documenti contabili e visure camerali
delle imprese dei FOTIA, oltre a delibere e determine di Enti Locali.
E’ una verità scomoda che qualcuno, oltre a loro, vuole oscurare, con una vera e propria
censura. Da un lato hanno tentato di fermarci con intimidazioni palesi, dall’altro con azioni
legali a raffica volte sempre a cercare di farci tacere. Hanno tentato aggressioni e
delegittimazioni di ogni genere… ma noi non abbiamo mai ceduto!
Noi non chiniamo il capo, altri sì, lo hanno fatto e lo continueranno a fare. Per noi conta la
verità dei fatti, piaccia o non piaccia agli “innominabili” signori FOTIA, secondo gli Atti:
cosca MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI.
Siamo o no dei “banditi”? Quindi, ecco a voi, questa storia, fatta di capitolo dopo capitolo,
in ordine cronologico di pubblicazione, dove la situazione veniva aggiornata, pezzo dopo
pezzo, sino ad oggi. Tasselli scomodi di una realtà indecente che bisogna conoscere!
Buona lettura e se volete diffondete!