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Soldi e escort: così si corrompe in Lombardia

Il componente dell’Uver (Unità di verifica degli investimenti pubblici) del Ministero dello Sviluppo Economico, Pierpaolo Tondo, indagato per millantato credito assieme a un presunto “faccendiere bresciano” nell’inchiesta della Dda di Milano con al centro l’aggiudicazione di una serie di opere pubbliche in Lombardia, avrebbe ricevuto dall’imprenditore Venturino Austoni, uno dei 14 arrestati, “somme di denaro in contanti” e “viaggi gratuiti” a Milano “comprensivi di cene, albergo ed escort per prestazioni sessuali a pagamento”. Lo si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alessandra Simion.

Stando alle indagini del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, Tondo avrebbe ricevuto “denaro e altre utilità” per “la propria attività di millantata pressione verso i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Milano e Roma”, come emerge anche da alcune intercettazioni dell’aprile del 2015.

Stando all’imputazione, Raineri, presunto faccendiere “in contatto permanente” con gli imprenditori Pierino Zanga e Venturino Austoni, arrestati come lo stesso Raineri, dall’ottobre del 2014 e fino al febbraio del 2016 “in concorso” con Tondo, “che in talune situazioni – scrive il gip – supporta e rafforza l’attività” di Raineri, avrebbe millantato “una capacità di influenza presso personaggi altamente qualificati delle Istituzioni con cui egli è realmente in contatto”.

Nell’imputazione, poi, vengono elencati anche una serie di soggetti delle istituzioni, non indagati, e i cui nomi sarebbero stati utilizzati per le presunte millanterie: il generale di brigata della Gdf Fabio Migliorati, Carlo Visconti, magistrato e segretario presso la Corte Costituzionale, Antonio Lucido, ex capo controlli e riscossione della Direzione regionale della Lombardia Agenzia delle Entrate, Francesco Paolo Tronca “all’epoca dei fatti Prefetto di Milano” ed ex commissario straordinario a Roma, e altri due militari della Gdf. Sempre stando all’imputazione, Raineri e Tondo per queste presunte millanterie avrebbero ricevuto da Zenga e Austoni “denaro e altre utilità” come “pagamento di viaggi, soggiorni in albergo, cene e pranzi, prestazioni sessuali a pagamento”, come prezzo della loro “mediazione” millantata “verso i pubblici ufficiali”.

Raineri, tra l’altro, avrebbe utilizzato il denaro ricevuto anche “per l’organizzazione di cene e pranzi asseritamente necessari per coltivare tali relazioni millantate, nonché per l’acquisto di monili e monete coniate dalla Città del Vaticano, procurate tramite conoscenze presso lo Stato Pontificio, col pretesto di comprare i favori dei pubblici ufficiali”. Il presunto faccendiere, tra l’altro, come risulta ancora dagli atti, “si premurava di aggiornare telefonicamente Austoni del suo accesso quasi quotidiano presso Ministeri, Comando Generale, Consulta, Città del Vaticano, ed altre sedi istituzionali in modo da rafforzare, da un lato, l’idea che tali accessi fossero finalizzati a fare pressioni sui funzionari che sarebbero potuti intervenire a vantaggio di Austoni, dall’altro, a fare comunque vedere che aveva relazioni con persone importanti”.

Nelle intercettazioni degli inquirenti compare anche l’ex prefetto di Milano, nonché ex commissario straordinario del comune di Roma, Francesco Tronca. “Organizza proprio una cena con Sala. Digli con la scusa che ci siamo sentiti, ho voglia di mangiare lo spiedo oh….”. È il 22 febbraio 2015 e Tronca, parla al telefono con il faccendiere bresciano Alessandro Raineri, da ieri in cella, il quale, “dall’ascolto di numerose conversazioni (…) era solito chiedere” al rappresentante del governo, “di intermediare incontri con personaggi che ricoprivano determinati incarichi, quali, ad esempio, il consigliere regionale Sala Alessandro”, eletto nella lista ‘Maroni Presidente’

Come si legge nel provvedimento, “dalle intercettazioni risulta” come Raineri, accusato di millantato credito e a “libro paga” degli imprenditori arrestati, “millantava la propria conoscenza ed influenza sull’ex Prefetto di Milano (..)”, che risulta parte offesa. Il giudice comunque precisa che sebbene le affermazioni di Raineri fossero “frutto di vanteria” è in realtà “stata documentata la sua conoscenza e frequentazione con l’ex prefetto”.

Secondo il gip Simion, “anche in questo caso la relazione con il Prefetto Tronca, relazione effettivamente esistente fra i due, era finalizzata ad ottenere lauti compensi da i due imprenditori” Piero Zanda, il “dominus” del ‘sistema’ architettato e Venturino Austoni, anche loro in carcere.

“In tal caso le sollecitazioni sul prefetto – prosegue il provvedimento in cui si precisa che erano “vanteria” di Raineri e che servivano al faccendiere per “giustificare le sue continue richieste di denaro” – erano volte a procurare commesse ed appalti alle società” al centro dell’indagine “attraverso un loro inserimento immediato nelle procedure di gara”.

C’è da rimarcare che in più di un passaggio il giudice Simion sottolinea che quanto detto da Raineri “era frutto di vanteria, nonostante sia stata documentata la sua conoscenza e frequentazione con l’ex prefetto”. Tant’è che il 18 maggio del 2015 Raineri invita Tronca a una cena al ristorante di Coccaglio, organizzata dal Rotary Club Distretto 2050 di Brescia. Quel giorno alle 19.32 il faccendiere chiama l’allora prefetto: “Potremmo avere …l’onore di averti qui alla sede industriale qui a Coccaglio…”.

Tutto ciò, si legge in questo capitolo dell’ordinanza, porta il giudice ad osservare che “dalle conversazioni emerge con evidenza come Raineri fosse noto nella veste di ‘faccendiere-lobbista’ anche dai soggetti con i quali ‘intermediava’, capace quindi di triangolare rapporti e relazioni, reali ed esistenti, tra diverse persone influenti. Si tratta di condotte – ha concluso il giudice – che assumono rilevanza penale nel momento in cui egli stesso faceva ‘mercimonio’ facendo apparire i pubblici ufficiali con cui si relazionava persone venali, facilmente corruttibili”.

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Ah, l’operosa Lombardia

Mappa delle cosche della 'ndrangheta in Lombardia
Mappa delle cosche della ‘ndrangheta in Lombardia

“L’infiltrazione delle mafie negli enti locali non è una novità, c’è sempre stata, oggi è più accentuata, anche a giudicare dalle indagini c’è una presenza più evidente”. A dirlo è il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone. Secondo il magistrato “negli ultimi anni di crisi dello Stato negli enti locali una certa quantità di denaro ha continuato ad esserci”, dall’altro lato “c’è anche un minor controllo sociale”. “Ecco perché – ha osservato Pignatone – quasi in ogni operazione antimafia troviamo un amministratore locale coinvolto“. C’è una differenza rispetto ai decenni scorsi: “Se penso alle centinaia di morti ammazzati dalla mafia a Napoli, Reggio Calabria e in Sicilia negli anni Settanta e Ottanta, fino ai primi Novanta, la situazione di oggi è diversa e molto variegata”, sostiene Pignatone. Sul tema della lotta alla mafia, aggiunge, “tantissimo è stato fatto ma tantissimo c’è ancora da fare”. Il magistrato sottolinea come in alcune aree d’Italia “come la Lombardia” ancora spesso si neghi l’esistenza stessa della mafia.

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Ma su Formigoni nessuno ha niente da dire?

formigoni

È nella maggioranza di governo, ha i suoi uomini come pilastro fondamentale della giunta in Lombardia di Roberto Maroni e dal processo a suo carico esce un profilo sempre più preoccupante:

«Chiesti nove anni di reclusione per Roberto Formigoni. “Capo di un gruppo criminale” – secondo l’accusa – e al centro di “fatti gravissimi di corruzione sistemica durata dieci anni”, nei quali sono stati “sperperati 70 milioni di denaro pubblico, con due enti al tracollo, la Maugeri e il San Raffaele“. E beneficiario – sempre secondo la ricostruzione dei magistrati – di “circa otto milioni di euro in benefit di lusso” arrivati dalle tasche degli imprenditori Daccò e Simone in cambio di rimborsi indebiti. “Quello del pubblico ministero è un teorema fantascientifico, una vera fiction senza alcun riferimento alla realtà e senza alcuna prova”, ha commentato a caldo il senatore di Ncd.»

Ma nessuno ha niente da dire? Sul serio?

Lombardia da record (per le morti sul lavoro)

Morti-biancheLa Lombardia è la prima regione per numero di morti bianche anche nel primo quadrimestre 2015. Sono 37 le vittime rilevate in occasione di lavoro da gennaio ad aprile su un totale di 269 decessi registrati in tutto il Paese. E gli infortuni mortali in Lombardia salgono a 51 considerando anche quelli avvenuti in itinere (in Italia si arriva a 305 considerando anche quelli in itinere).
Sono questi i dati che giungono dall’ultima indagine condotta dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre sulla base di dati Inail, che evidenziano ancora una volta l’emergenza morti bianche nella nostra Penisola e soprattutto in Lombardia.

Una mappatura tragica e dettagliata che vede la provincia di Milano come quella più colpita con 13 vittime rilevate nel primo quadrimestre 2015 (2 delle quali registrate in itinere), seguita da Brescia con 11 morti bianche (delle quali 6 in itinere), da Varese (6 vittime – 1 delle quali in itinere), da Bergamo, Cremona, Pavia, Lodi (4), Monza e Sondrio (2) e Mantova (1).
E anche nella graduatoria nazionale che definisce il numero di vittime in “occasione di lavoro” –  escludendo quindi i decessi in itinere – il capoluogo lombardo risulta tra le province maggiormente colpite nel nostro Paese. Con le sue 11 vittime in occasione di lavoro è seconda solo a Roma che ne conta 12.

Per quanto riguarda l’età delle vittime in Lombardia l’Osservatorio Vega Engineering sottolinea come siano quarantenni e cinquantenni i più coinvolti; sono 28 su 51 per la precisione i lavoratori deceduti che avevano un’età compresa tra i 40 e i 59 anni.
Intanto, il settore maggiormente provato dalle morti bianche è quello delle attività manifatturiere, dove si contano 9 vittime su 51; ed è seguito da quello dei trasporti e magazzinaggi (8 infortuni mortali), e dalle costruzioni (7).

Una mappatura precisa, dunque, in cui emerge nitido purtroppo un altro dato, ovvero quello delle morti sul lavoro che coinvolgono le donne. E sono 4 le lavoratrici che hanno perso la vita in Lombardia da gennaio ad aprile 2015 (2 delle quali in itinere). In Italia, invece, le donne decedute in occasione di lavoro nel primo quadrimestre 2015 sono 13.

Altro risultato significativo riguarda poi i lavoratori stranieri. Da gennaio ad aprile sono state registrate 14 vittime (5 delle quali in itinere). A livello nazionale gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono stati 33.
Diversa, infine, è la situazione quando si osservano le incidenze di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa. Perché la Lombardia con un indice di 8,6 è ‘finalmente’ al di sotto della media nazionale di 9,9.

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La camorra dei giovani “Nuvoletta” parla in milanese

dire_13957988_18490Il Gico della Gdf di Milano, nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Dda milanese e trasmessa a quella di Napoli, ha arrestato a Pogliano Milanese Giovanni Nuvoletta. L’ esponente del noto clan camorristico, ora in carcere, è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, reimpiego di capitali illeciti e trasferimento fraudolento di valori. Reati, questi due, commessi in concorso con la moglie Annunziata, i figli, e due nipoti ora ai domicilIari a Baranzate, nel Milanese. I finanzieri hanno eseguito 10 arresti, 3 carcere e 7 ai domiciliari, e sequestrato beni per circa 13 milioni di euro. Tra i beni sequestrati in provincia di Milano, Napoli e Caserta, ci sono, oltre a conti correnti e immobili come un ristorante nel milanese, cavalli di razza e bufale impiegate nell’attività casearia.
Le ordinanze di custodia cautelare sono scattate per associazione a delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi, traffico internazionale, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro di provenienza illecita. Le attività investigative hanno consentito di ricostruire la storia criminale del camorrista esponente del clan Nuvoletta, nota famiglia del Napoletano, il quale dopo aver operato per anni nel settore del traffico internazionale di stupefacenti, ha trasferito famiglia e interessi economici a Milano, dove ha reinvestito i grossi capitali illeciti accumulati in diverse attività imprenditoriali nel settore della ristorazione e della produzione e commercio di prodotti caseari.

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La mafia a Lodi non esiste (ennesima puntata, eh)

Balzo in avanti per la Lombardia nella classifica nazionale del ciclo illegale dei rifiuti. Secondo il rapporto 2014 di Legambiente sull’ecomafia, presentato ieri mattina a Milano, nel 2013 nella nostra regione sono stati accertati in generale 1.268 reati contro l’ambiente, con 1.085 persone denunciate, 339 sequestri e 24 arresti, numero quest’ultimo più basso solo di quello registrato in Campania e Puglia, mentre nello specifico del ciclo illegale dei rifiuti, la Lombardia è passata dal sesto al quarto posto nella classifica nazionale, dietro Campania, Puglia e Calabria, con 448 infrazioni (il 7,8per cento del totale nazionale), 376 persone denunciate e 114 sequestri effettuati. Grandi numeri affatto lusinghieri anche sul fronte del ciclo illegale del cemento, dove la Lombardia risulta al primo posto tra le regioni del Nord con 341 persone denunciate e 265 infrazioni accertate.

I dati di Lodi, all’apparenza, sono minimali: nessuna infrazione contestata nel “ciclo del cemento”; due nel ciclo dei rifiuti, con tre indagati e un sequestro (a fronte di 21 infrazioni a Pavia, 63 a Cremona, 72 a Milano e 128 a Bergamo).

È vero che su questo fronte in passato la procura della Repubblica di Lodi è stata molto attiva, e va anche detto che da qualche tempo le ipotesi associative di traffico di rifiuti sono passate alla competenza della Dda di Milano. Ma va evidenziato che, comunque, nel 2014 la procura di Lodi risultava impegnata in inchieste per traffico illecito di ambito regionale e interregionale, stando ai dati raccolti da Legambiente.

Tra i casi citati, il sequestro di un’area collinare fra Sant’Angelo e Graffignana, per una discarica di rifiuti pericolosi, fra cui anche eternit. Ma anche l’operazione della Forestale a San Giuliano Milanese, con tre arresti e sei denunce, per un traffico illegale di cuccioli provenienti dall’Est Europa e svezzati precocemente con il rischio di malattie e disturbi comportamentali. Legambiente ricorda anche l’inchiesta sui costi della bonifica all’ex Sisas, che ha coinvolto un tecnico lodigiano.

Ma soprattutto richiama l’attenzione su un’indagine chiusa nel 2013 dei carabinieri del Noe di Milano, che sotto il coordinamento della Dda denunciarono traffici di terreni scavati da Milano e scaricati a camionate in cave di Romentino (Novara) e di San Rocco al Porto. Secondo l’accusa, il materiale non veniva analizzato come sarebbe stato obbligatorio, ma semplicemente riclassificato come “terre e rocce da scavo” con giri fittizi di bolle. Il 14 novembre del 2007, un Barbaro, cognome legato anche alla’ndrangheta, fu intercettato mentre telefonava a un imprenditore, che lo informava: «Per Casalpusterlengo,caricano in fiera, per Casalpusterlengo, tutti e due».

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Milano: la mafia nei metrò

Aziende in odore di mafia si sono affacciate anche ai lavori per le linee M4 e M5 della metropolitana. Sono almeno quattro le interdittive decise dal Prefetto per quanto riguarda i lavori della linea blu tra il 2013 e il 2014, mentre cinque sono quelle che riguardano i lavori della lilla. Nove stop in totale (anche se da alcuni uffici si parla di dieci): si tratta principalmente di subappalti legati a servizi come il movimento terra e i trasporti di materiali, su cui si è allungata l’ombra delle cosche. E su cui, immediata, è arrivato il fermo del Prefetto. Si tratta di una parte dei provvedimenti giunti nell’ambito dei lavori collegati a Expo che hanno collezionato un totale di 68 interdittive per 48 aziende coinvolte: al primo posto delle opere che hanno ricevuto il maggior numero di stop c’è la Tangenziale est esterna (Tem) con 26 provvedimenti.

Il fatto che anche le due linee della metropolitana siano finite sotto l’occhio interessato delle cosche è una novità. A lanciare l’allarme è stato David Gentili, consigliere comunale del Pd e presidente della commissione Antimafia a Palazzo Marino, nell’ambito della presentazione del rapporto Ecomafie 2014 di Legambiente: «si tratta di cinque stop per aziende impegnate nella realizzazione della M4 nel tratto in cui i lavori sono già avviati, fra Linate e Forlanini, e che sono state allontanate», ha spiegato. Lo stesso Gentili ha poi sottolineato l’importanza di mantenere l’attenzione alta proprio sui cantieri della linea blu: «ritengo importante che il concessionario si impegni a usare imprese inserite dell’elenco certificato della prefettura (le cosiddette ‘white list’ ndr) per andare sul sicuro su chi sarà impegnato nei lavori per la M4, dal noleggio mezzi, alla guardiania, al trasporto terra. L’amministrazione stima che complessivamente per la nuova linea lavoreranno, dal consulente a Impregilo, un migliaio di partite Iva: con numeri così importanti credo che questo sia fondamentale».

Dal Comune confermano i numeri delle interdittive e spiegano che l’individuazione è stata possibile «attraverso i controlli messi in atto dall’Amministrazione Comunale e la sottoscrizione dei protocolli di legalità fra Comune, Prefettura e le società concessionarie che attraverso una piattaforma informatica registrano e monitorano tutti i subappalti ed i sub affidamenti».

I tentativi di infiltrazione, al momento, non hanno portato decisivi rallentamenti dei cantieri, anche perché, in particolare per quanto riguarda M4, i lavori sono in una fase iniziale. «Il fatto che siano arrivate le interdittive — ha detto l’assessore ai trasporti Pierfrancesco Maran — dimostra che c’è una capacità d’intervento e questa è una garanzia. Quelle segnalate sono tutte situazioni di aziende che avevano interventi minimi, principalmente nell’ambito del trasporto terra. E che in nessun caso hanno comportato ritardi».

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La solitudine del vigile di Cadorago

Davide Milosa racconta una storia che rende bene le proporzioni della solitudine e della ‘ndrangheta nel profondo nord. Una storia piccola, sembra:

bulldog-675In Lombardia oggi c’è una linea geografica che rappresenta l’ultimo avamposto della ‘ndrangheta. Corre a semicerchio da Appiano Gentile a Guanzate, tocca Cadorago, si allunga a Bulgorello. Sale a nord, attraversa Fino Mornasco, Como, la Svizzera. Un complicato tracciato lungo il quale s’incontrano storie di efferati omicidi e di collusioni tra mafia e politica. Succede in piccoli comuni, dove capita di avere come vicino di casa l’assessore o il boss, e dove la banalità del quotidiano, così come succede in Calabria, radica la mafia ben più dell’infiltrazione nel grande appalto pubblico. L’allarme mediatico, però, resta nascosto tra quelle righe (e sono migliaia) che non raccontano né di Expo né di parlamentari romani. Eppure è in queste storie locali che sempre più spesso le istituzioni abdicano alla mafia.

Succede a Cadorago, settemila anime, Alta Brianza, profondo nord. Il copione è esemplare: il bar Bulldog di Caslino al Piano (nella foto,ndr), che gli investigatori ritengono riconducibile a Bartolomeo Iaconis (‘ndraghetista certificato tale con sentenza definitiva a metà anni Novanta), tiene aperto oltre l’orario di chiusura, i carabinieri di Lomazzo multano i titolari, i quali si rivolgono all’assessore di riferimento per non pagare. Risultato: si attiva l’intera macchina amministrativa, coinvolgendo sindaco, assessore, funzionari comunali. Davanti a tutto questo, ecco il commento sconsolato del capo dei vigili: “ Non ho un buon rapporto con il sindaco in quanto lui e la sua giunta mi hanno praticamente estromesso dalle reale e concrete funzioni comunemente ricoperte dal Comandante della Polizia Locale”.

L’incipit squaderna sul tavolo personaggi, ruoli, rapporti. Indagano i carabinieri di Como che dal 2009 assieme all’allora pm antimafia Mario Venditti intercettano la ‘ndrangheta di Fino Mornasco, tracciando competenze e contatti con la politica. E’ l’inchiesta Arcobaleno sulla quale da luglio pende una richiesta di archiviazione. Il fascicolo, però, recentemente è tornato d’attualità dopo l’operazione Insubria che il 18 novembre 2014 ha chiuso il cerchio attorno a 40 presunti mafiosi affiliati a tre locali di ‘ndrangheta: Cermenate, Fino Mornasco e Calolziocorte. Due inchieste. Stesso contesto. Con Insubria che traccia il solco mafioso mentre Arcobaleno elenca nomi di politici in contatto con i clan. Politici che se non hanno, ad oggi, responsabilità penali, dovranno comunque rendere conto davanti ai loro elettori per i tanti rapporti certificati da decine di intercettazioni.
A Cadorago la metà della popolazione ha precedenti penali

Ecco allora il comandante dei Vigili. Si chiama Marco Radaelli e il 30 settembre 2010 viene sentito a sommarie informazioni dai carabinieri. “Nel territorio di Cadorago – racconta – c’è un’aria molto pesante ed è impossibile lavorare con la giusta serenità. Accade rarissimamente che un cittadino si rivolga a noi per confidarci delle situazioni anomale. Da quando sono arrivato alla polizia locale di Cadorago tutti i miei colleghi mi facevano subito notare i vari personaggi pregiudicati calabresiche usciti dal carcere si presentavano a Cadorago e da cui stare attenti. Nel territorio c’è una situazione di calma apparente e in centro è difficile trovare uno sbandato o spacciatori (…) . La metà della popolazione ha precedenti penali (…). Cito la presenza per le vie del paese di Michelangelo Chindamo uscito da poco dal carcere e di cui tutti parlano come un pezzo grosso della ‘ndrangheta”. Michelangelo Chindamo risulterà tra gli arrestati dell’inchiesta Insubria.

Sembra l’Aspromonte, invece è l’Alta Brianza. Radaelli prosegue. Fa nomi, descrive rapporti. Si tratta di personaggi pregiudicati citati nell’indagine Arcobaleno che,  va detto, ancora non ha dimostrato in pieno le loro responsabilità penali. Ecco allora le parole del capo dei vigili: “Di Bartolomeo Iaconis conosco i precedenti penali (…). Conosco meglio il suo socio Alessandro Tagliente perché si vede più spesso nei pressi della piazza Largo Clerici, dove ha sede il mio comando, il comune ed il bar Bulldog. Frequenta anche l’amministrazione comunale in virtù della sua funzione di Presidente della Società sportiva Zampiero Calcio. So che tra l’assessore Angelo Clerici e Tagliente c’è un buon rapporto di amicizia”.

Bartolomeo Iaconis nei primi anni Novanta viene arrestato nel blitz I fiori della notte di San Vito, a lui i magistrati assegnano il ruolo di capo società della locale di Fino Mornasco, per associazione mafiosa sconterà 14 anni. Nell’indagine Arcobaleno, sui cui pesa richiesta di archiviazione, viene descritto dai carabinieri “con la capacità di fare sistema, di entrare in rapporti di scambio con una serie di personaggi che permettono (…) di trarre vantaggi sempre nuovi”. E il nome di Iaconis, detto Bartolino, pur non indagato, compare nell’indagine Insubria. Ne parlano Giuseppe Puglisi (capo della locale di Cermenate con carica di Quartino) e Domenico Spanò affiliato a Fino Mornasco. Chiede Spanò: “Iaconis è il capo di tutta la Lombardia? E’ responsabile Bartolino?”. Puglisi smentisce. Spanò riprende: “Allora gli hanno dato qualche dote che tu non sai, Bartolino è superiore a voi”. Ribadiamo, che pur condannato per mafia, Iaconis non risulta indagato nell’ultima inchiesta. E nonostante questo, annota il giudice Simone Luerti, più volte la sua presenza è stata richiesta alle “mangiate” dei vari affiliati.

“La famiglia Tagliente – scrivono i carabinieri di Como – è notissima nel campo del traffico e dello spaccio di stupefacenti. I fratelli Alessandro e Sergio, sono da sempre stati indicati quali trafficanti di stupefacenti legati a Michelangelo Chindamo”. Di più: “Alessandro Tagliente (citato nelle informative Arcobaleno, ndr), da sempre uomo di fiducia di Iaconis e suo socio in affari influiva sulle decisioni delle amministrazioni comunali (…) mettendo (…) a disposizione (…) il proprio tessuto relazionale costituito da uomini politici, pubblici ufficiali, imprenditori”.

Tra i politici c’è Angelo Clerici, attualmente capo gruppo di minoranza, all’epoca assessore alla Sicurezza. Clerici, citato più volte nell’inchiesta Arcobaleno, si attiva per far togliere la multa al bar Bulldog gestito dalla moglie di Alessandro Tagliente. Di lui scrivono i carabinieri: “Si è reso disponibile a intercedere, per conto di Elisabetta Rusconi, con il sindaco di Cadorago per sistemare una contravvenzione comminata dai carabinieri di Lomazzo al Bar Bulldog (…) . Il sindaco, su richiesta dello stesso Clerici, ha voluto predisporre (…) una delibera fittizia con effetto retroattivo con la quale giustificare l’apertura del locale e aiutare quindi i gestori dell’esercizio commerciale, molto noti nella comunità come pregiudicati, a non pagare la contravvenzione”. E così lo stesso Clerici a colloquio con l’allora vice segretario comunale dice: “Mi ha detto di sì il sindaco. Ha detto che noi l’autorizzazione la facciamo risultare in quella data”. La conferma arriva dalla funzionaria del comune Domenica Lugarà che sentita dai carabinieri dice: “Il sindaco Franco Pagani mi ha convocata nel suo ufficio alla presenza della titolare dell’esercizio commerciale suddetto al fine di chiarire quali fossero gli orari di apertura e chiusura vigenti in quel periodo dell’anno”.

Quotidianità, si diceva. Questa è la ‘ndrangheta che giorno dopo giorno si sta mangiando la Lombardia. Anche grazie alla politica che, pur immune da responsabilità penali come in questo caso, non si fa scrupoli a intrattenere rapporti con i clan. E così succede che il 24 agosto 2008 Angelo Clerici telefoni a Bartolomeo Iaconis per gli auguri. “Ho detto sentiamo Bartolo che fa l’onomastico”. L’uomo condannato per ‘ndrangheta ricambia e invita l’allora assessore alla cresima di suoi figlio. E’ il 13 febbraio 2010. Aggiunge particolari l’ex maresciallo Paolo Belligi sentito nel 2010 dai carabinieri: “Sono membro dell’osservatorio della sicurezza del comune di Cadorago, e l’assessore alla sicurezza è Angelo Clerici” che “abita a pochi passi dal Bulldog (…) ed è amico intimo dei titolari (…). Tutti a Cadorago sanno che Bartolomeo Iaconis è soggetto importante della criminalità organizzata”. Il boss, poi, si chiama per tutto. Anche per un consiglio nell’acquisto dell’auto alla Fino Motori di proprietà di Luca Cairoli attuale presidente del consiglio comunale a Fino Mornasco. Risponde Iaconis: “Gli dici (a Cairoli, ndr) mi ha detto Bartolino di venire qua da te per farmi fare un preventivo (…) lo conosco bene, siamo amici”. Benvenuti al nord.