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Lucia Riina dice di essere povera, indigente. E chiede il bonus bebé.

Tra gli italiani poveri in corsa per il bonus bebé c’era anche Lucia Riina, la figlia del boss Salvatore in carcere dal 1993 per il quale la Cassazione ha recentemente stabilito il “diritto alla morte dignitosa”, scatenando un fiume di polemiche. Il beneficio alla figlia, mille euro al mese, è stato però negato per tre volte. Ufficialmente per motivi formali dovuti al ritardo e all’incompletezza della domanda, sostanzialmente perché nessuno crede davvero all’indigenza della figlia del capo di Cosa Nostra, che in una conversazione intercettata nel carcere di Parma aveva anche detto “Se recupero un terzo di quello che ho, sono sempre ricco“.

Lo racconta Repubblica Napoli con tutti i particolari. Lucia Riina è la più piccola di quattro fratelli e aveva avanzato istanza al Comune (sciolto qualche mese fa per infiltrazioni mafiose e attualmente retto da tre commissari) per ottenere l’assegno una tantum di mille euro dato dalla Regione siciliana, attraverso le amministrazioni locali, a chi nell’Isola mette al mondo un figlio e ha un reddito al limite dell’indigenza. Lo fa non una ma tre volte. Rigettata la richiesta, per un vizio formale, l’ha reiterata il marito di Lucia, Vincenzo Bellomo; ma anche lui ha ricevuto un no, dovuto al ritardo con cui era stata presentata l’istanza. Infine, il terzo tentativo (fallito) con l’Inps, che eroga un assegno mensile per i primi tre anni di vita del bambino (per un importo che va da 80 a 160 euro), a quelle famiglie che non superano 25 mila euro del parametro Isee.

L’articolo dà conto del fatto che la figlia 37enne di Riina, che dipinge e vende i suoi quadri su Internet, vive a Corleone dal ’93, dove è tornata con la madre Ninetta Bagarella e i fratelli, all’indomani dell’arresto del padre, avvenuto il 15 gennaio di quell’anno. A Corleone si è sposata nel 2008, accompagnata all’altare dal fratello Giuseppe Salvatore che era appena uscito dal carcere. L’altro fratello, Giovanni Francesco, è in galera e sconta l’ergastolo per alcuni omicidi; Maria Concetta, la più grande, vive in Puglia con il marito.

Quattro anni fa, in pieno agosto, un’intervista di Lucia Riina alla televisione della Svizzera francese Rts fece divampare le polemiche. L’ultimogenita del boss, che scelse Ginevra come meta del suo primo viaggio all’estero, si disse “dispiaciuta” per le vittime, ma “onorata e felice” di portare il cognome di suo padre: “immagino che qualsiasi figlio che ama i genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità, siamo tutti figli di qualcuno e non bisogna restare nel passato ma andare avanti”. Le famiglie delle vittime di mafia insorsero e da quel momento Lucia tornò nell’ombra, prima di questa bizzarra richiesta, quasi un’ostentazione di normalità che mal si concilia con quanto sosteneva il padre in  carcere.

(fonte)

RadioMafiopoli 19a puntata: l’assurda intervista in cui Lucia Riina parla della sua famiglia come di “una favola”

Schermata 2014-02-04 alle 11.04.08Parliamo della deplorevole intervista pubblicata da Panorma in cui Lucia Riina ha l’occasione di dirci che la sua infanzia è passata in una famiglia da favola ed è fiera del cognome che porta. Scopriamo una sorpresa del suo sito che utilizza la parola “mafia” per portarsi visite e ascoltiamo Christian Abbondanza sulle minacce ricevute in tribunale.

Da vedere e condividere, se volete.

No: la figlia di Riina è la figlia di uno stronzo

riina-lucia-2Noi siamo un Paese ben strano: ci arrovelliamo sui segnali più o meno criptici (con interpretazioni molto fantasiose) dei mafiosi per lasciare impunita la fiabizzazione delle famiglia di mafia. Su Panorama è uscita un’intervista alla “dolce” figlia di Totò Riina, Lucia, presunta artista di presunte arti visive. Premetto subito qualche punto importante: non penso che i figli di mafiosi non abbiano il diritto di parlare e scrivere, figurarsi, ma credo abbiano l’obbligo di farci sapere cosa ne pensano dei delitti del padre, almeno questo. Preferisco disistimare la madre di un latitante che gli chiede di non costituirsi piuttosto che leggere un articolo in cui la figlia di Totò Riina non si trova mai di fronte alla parola mafia. Ma Panorama riesca addirittura a fare di peggio: disegnare la famiglia Riina come un covo di amore e dolcezza dimenticandosi vent’anni di storia d’Italia. Come scrive bene Adriana Stazio:

Lucia Riina non è responsabile delle scelte di suo padre, che rimane suo padre, però è una persona adulta che ha deciso sì di vivere la sua vita senza entrare in associazioni mafiose ma ha scelto di fare una propaganda di questo tipo. Una propaganda alla mafia. Oggi su Panorama come mesi fa alla televisione svizzera o attraverso il suo stesso sito di arte. Un’operazione di marketing di cui lei è la testimonial per presentare un volto attraente, familiare e spendibile mediaticamente della sua famiglia. Nelle regole di Cosa Nostra non è una rottura non entrare nell’organizzazione, cosa ben consentita ai figli, la rottura è mettersi contro Cosa Nostra e le sue regole.
Chi di noi può rimanere neutrale nei confronti della mafia? Nessuno. Ecco perché a maggior ragione non può farlo la figlia di un mafioso di quel calibro specie se vuole rilasciare interviste non solo su di sé ma anche sulla sua famiglia piena di stragisti efferati che hanno insanguinato l’Italia

Qui da noi gli stronzi vivi poi da morti non si riesce a raccontarli come stronzi morti e ai figli dei mafiosi gli si permette di essere indifferenti alla mafia. Mi spiace, cara Lucia Riina, ma il tuo silenzio non ti lava nemmeno un centimetro dall’unto di tuo padre. E la tua famiglia è una rovina per questo Paese.