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Due figli per donna: la “politica generativa” al meeting di Comunione e Liberazione

Ecco. Le parole giuste le ha trovate Giulia Siviero per Il Post:

Le donne come soggetti politici autonomi (e che stanno al centro del tema che i sindaci stessi si sono scelti perché, piaccia o no, alla fine sono loro a decidere se mettere al mondo un figlio) non sono mai state nominate. La parola “donne” è stata pronunciata meno di dieci volte e solo di passaggio. Ed è anche un problema di linguaggio perché parlare di “fiducia”, “paura” o “futuro” o di “famiglia” mette al centro del discorso delle idee astratte e porta altrove, evidentemente da nessuna parte. Dopo il Fertility Day, il dipartimento mamme di Matteo Renzi, il sostegno alle madri per salvare la pura razza italica si è arrivati senza grandi giri di parole a pretendere che le donne si debbano riprodurre con più efficienza, in modo più intensivo. Perché è quello che loro (non loro donne, ovviamente) “vogliono” e quello a cui “si deve arrivare”, in linea con i diversi regimi autoritari del Novecento, che invitavano a fare figli per servire meglio la patria.

In tutto questo non c’è nessun accenno alla maternità come scelta consapevole, né ai motivi concretissimi che possono portare a una scelta diversa. Nulla sulle condizioni reali in cui una donna si ritrova a fare bambini senza aiuti e spesso senza il sostegno dei nonni che diventano un altro soggetto di cui farsi carico; nulla sul lavoro precario e sul fatto che la maternità sia un “problema” innanzitutto per il mercato del lavoro così come è stato pensato; nulla sul fatto che fare figli è diventato un lusso, un affare privato e che le madri sono tenute ai margini come improduttive, o sul fatto, infine, che il proprio desiderio di maternità, quando c’è, deve essere contrattato con la politica, con i propri capi, con il proprietario di casa, con la banca. Ciò che manca, soprattutto, è la libertà da quell’eredità, addirittura rivendicata, del paternalismo. Non pretendete dalle donne che facciano più figli perché voi lo volete. Pretendete innanzitutto da voi stessi, a partire da quando prendete parola, di essere generativi. Come persone competenti che fanno politica e non “come buoni padri di famiglia”: generativi di nuove soluzioni e di un mondo differente.

L’articolo completo è qui.

Non ci si scusa per il dolore che si prova

Mi hanno colpito le parole di Valeria Kadija Collina, madre di Youssef, uno degli attentatori di Londra. Mi ha colpito, moltissimo, quella loro casa a Castaello si Serravalle, paese di provincia dell’entroterra bolognese: fiori curati ai lati del vialetto in giardino.

“Mio figlio me lo ha portato via l’ignoranza e la cattiva informazione. Il cattivo Islam e il terrorismo sono questo. Ignoranza e cattiva informazione”, dice nella sua intervista a Repubblica Valeria: ha fatto una cosa “atroce”, che “non può e non deve essere giustificata”. E ha provocato un dolore talmente grande “che chiedere perdono ai familiari delle vittime sembra quasi banale”.

Racconta di come, da madre, ha perso contatto con il proprio figlio: Quando mi parlava della Siria e del fatto che voleva trasferirsi in quel Paese, non lo diceva certo perché volesse andare a combattere per l’Isis, ma perché sosteneva che in quella parte del mondo si poteva praticare l’Islam puro e perché voleva mettere su famiglia. Lo diceva sorridendo e io sorridendo gli divevo che era fuori di testa e che io non lo avrei seguito mai perché stavo bene dove sono”. Poi il cambiamento: “La radicalizzazione secondo me è avvenuta in Marocco attraverso internet e poi a Londra, frequentando gente che lo ha deviato facendogli credere cose sbagliate. Suo padre è un moderato, sua sorella non ha abbracciato la nostra fede, nessuno nella nostra famiglia è vicino in alcun modo con quel mondo fatto di stupidi radicalismi”.

E sembra, ad ascoltarla, una storia così simile alle tante che ci capita di leggere quando ci sono madri che si arrendono alla disperazione di non essere riuscite a salvare i proprio figli dalla droga, dal malaffare o dalle mafie: ha lo stesso dolore , lo stesso colore e la stessa naturale (seppur ferocissima) tragica fine.

Così, di colpo, il terrorismo assume anche una dimensione nuova e così lontana dalla retorica degli analisti di prima mano e cola una disperazione folle e pericolosa come tutte le disperazioni.

Buon giovedì.

(continua su Left)