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mafia

‘Ndrangheta: pronto il menù dell’Expo. Adesso tocca a noi.

Gli arresti di ieri  a Milano che hanno portato in carcere 15 uomini legati a Francesco Valle (classe 1937), per gli amici Don Ciccio, ha i soliti disgustosi ingredienti della ‘ndrangheta in Lombardia. Le solite caratteristiche che non dobbiamo mai dare per scontate in una Regione in piena fase di alfabetizzazione, ch non dobbiamo stancarci di scrivere, che non dobbiamo smettere di raccontare sui giornali, sui blog, per strada, agli amici. La presa di coscienza deve essere un trauma che distrugge i collusi, condanna gli indifferenti  e isola i negazionisti.

C’è il boss come te lo aspetti: Francesco Valle, testa rotonda e stempiata e bocca (dicono) semi analfabeta con la solita casa che vorrebbe essere una reggia ma rimane sempre un mausoleo kitch con il solido sbrodolamento del gusto mafiopolitano (scrive Davide Milosa “leoni e discoboli, cavalli alati e la copia del cristo redentore di Rio de Janeiro. Il tutto rigorosamente in marmo bianco a puntellare viottoli, prati all’inglese e una piscina. All’ingresso una targa: villa Angelina”). Alle signorotte impomatate lombarde andrebbe di traverso il thé se sapessero che le ville stile Scarface sono uscite sottovoce dalla copia di Gomorra sul comodino e si sono insediate nel proprio borgo.

Poi ci sono i figli: Angela Valle (46 anni) e Fortunato Valle (47 anni e un nome che oggi suona come uno scherzo del destino) che sono in posa nelle foto segnaletiche come mansueti yesman a disposizione per legami di sangue. Come la ‘ndrangheta ci ha abituato da sempre. Angela sorride, Fortunato invece ha l’aria di avere perso a causa dell’arresto un appuntamento importante nel pomeriggio. I due mandano avanti “l’impresa” con la faccia dell’aziendina lombarda ma nell’ombra dediti all’usura, ai prestiti non convenzionali e a gestire i rapporti con le finanziarie. Fortunato poi si prodiga per amore di famiglia a tessere rapporti istituzionali con l’aiuto degli amici A.M. e Riccardo Cusenza riuscendo (come si legge nell’ordinanza del GIP Giuseppe gennari) ad allargare la loro “sfera di influenza interessandosi a operazioni legate alle costruzioni immobiliari” e ad altre attività imprenditoriali “nella zona di Rho-Pero” in previsione “del prossimo Expo”. In particolare, l’assessore Valia “si prodigò” per mettere in contatto Fortunato Valle” con altri amministratori locali di altri comuni”.

Poi c’è la violenza: quella che colpisce di più i cuori e gli stomaci e serve per fare volare la notizia. Una ventina gli imprenditori e i commercianti strozzati, uno dei quali venne anche “convocato e picchiato brutalmente” da Fortunato Valle alla Masseria di Cisliano, una maxi-struttura con ristorante e piscina organizzata come un vero e proprio bunker, con telecamere, allarmi e sensori. Dalle vittime mai una denuncia.”O con lo Stato o contro lo Stato”, è stato il richiamo del procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini.

Poi ci sono le vecchie conoscenze, quelle che pensi che siano scomparsi nella melma mafiosa dei tempi che furono e in vece riemergono in maschera e boccaglio per ricordarci che la mafiosità è un gene da cui non si guarisce. Paolo Martino (classe 1955) è da decenni l’uomo al nord della cosca De Stefano e “pontiere” tra i Valle, i Papalia e Francesco Lampada (suo ex socio in un’attività di videopoker poi passata ad un “soldatino” delle figlie di Vittorio Mangano. Sì, proprio lui, l’idolo del Senatore Marcello Dell’Utri.

Poi c’è la politica: l’assessore Valia “si prodigò” per mettere in contatto Fortunato Valle” con altri amministratori locali di altri comuni”. In un’intercettazione del 23 gennaio 2009 Fortunato Valle dice: “L’hanno fatta zona, come si dice, zona essendoci l’Expo”. Un altro risponde: “Sarà di espansione, di interesse”. Nell’informativa c’è anche il particolare di un tentativo di infiltrazione “nell’amministrazione del comune di Cologno Monzese, facendo candidare Valle Leonardo (il terzo figlio di Don Ciccio) alla carica di consigliere comunale” nella lista dei Riformisti. In una conversazione del 27 aprile 2009, poi, Cusenza vanta anche, spiega il gip, “di essere molto vicino all’attuale presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà“. Podestà (che ha un cognome che è un programma politico) in una nota smentisce tutto e parla di “vanterie”. Amen.

Infine c’è Expo. Mentre la politica non riesce nemmeno ad innescare la marcia e togliere il freno a mano la ‘Ndrangheta si è già messa la lavoro. Quella mafia che , ci avevano detto, “non sarebbe mai entrata nei cantieri Expo”; quella mafia che Maroni dichiarava di tenere “sotto osservazione”. Quella mafia che ancora una volta dimostra di essere più organizzata e decisionista della politica.

Eppure all’insediamento delle Commissioni in Regione Lombardia quando (come gruppo Italia dei Valori) abbiamo proposto una Commissione speciale sulle infiltrazioni in Expo nessuno ci ha risposto. Tutto in sordina. Richiesta negata.

Dicono gli uomini d’onore che per sapere stare sul campo bisogna essere capaci di “reinventarsi”. Adesso ci mettiamo a farlo anche noi. Mica per scherzo. Presto gli aggiornamenti.

Bye bye Barbaro, imprenditori (finalmente) mafiosi del Nord

Fino a ieri si poteva affermare che a Milano dagli anni ’90 non c’erano state condanne per il reato di associazione mafiosa. Fino a ieri alcuni politici e rappresentanti delle istituzioni “disinformati” potevano dichiarare che a Milano la mafia non esisteva. Fino a ieri appunto. Perchè ieri qualcosa è cambiato.

Dopo molti anni, proprio nel capoluogo lombardo, c’è stata una sentenza di condanna in primo grado per l’art.416 bis c.p. Il boss Salvatore Barbaro è stato condannato a 9 anni di reclusione, il padre Domenico (detto l’australiano) e il fratello Rosario a 7 anni. Tuttavia, la condanna più rumorosa è sicuramente quella di 4 anni e 6 mesi inflitta all’imprenditore Maurizio Luraghi che, secondo la sentenza, avrebbe messo a disposizione del clan la sua azienda, la “Lavori stradali Srl”.

I giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano hanno riconosciuto l’imprenditore milanese colluso con le attività criminali della famiglia Barbaro- Papalia. Finalmente la presenza di questo clan ‘ndranghetista radicato profondamente nel territorio lombrado viene riconociuta da una sentenza. Finalmente, inoltre, viene punito un imprenditore che ha chiuso gli occhi e agevolato gli affari della criminalità organizzata.

Maurizio Luraghi attraverso la sua azienda si aggiudicava gli appalti per poi girarli in subappalto alle ditte Edil company, Mo.bar, Fmr scavi e Lmt che facevano diretto riferimento al clan.

Ma, nel nostro paese del rovesciamento, l’avvocato dell’imprenditore ha affermato che il suo cliente è stato condannato “perchè si pretendeva da lui un comportamento eroico, che non si può pretendere da un cittadino se è lo Stato che non riesce a controllare questi fenomeni”. Vorrei che l’avvocato capisse che dal suo cliente si esigeva semplicemente il comportamento di ogni cittadino responsabile. È vero, come dice Don Abbondio che “il coraggio uno non se lo può dare”, ma è altrettanto vero che vi è sostanziale differenza tra codardia e collusione. La prima è una limitazione caratteriale, la seconda è un reato.

Infine, non posso non dedicare almeno un pensiero al mio pubblico più attento: Salvatore, Domenico e Rosario. Ebbene costoro hanno sempre seguito con un’attenzione quasi maniacale il mio lavoro teatrale e io ho ricambiato parlando di loro. Ho raccontato di come Domenico Barbaro avesse cominciato la carriera negli anni Settanta con i sequestri di persona e il traffico di droga e di come Salvatore e Rosario si fossero evoluti rispetto al padre, diventando imprenditori e vincendo appalti nel settore dell’edilizia. Ho raccontato di come avessero una forte influenza a Buccinasco, Corsico e Trezzano sul Naviglio. Ho raccontato che non avevano più bisogno di minacciare gli imprenditori, perchè alcuni si offrivano spontaneamente a loro.

A quanto pare ho raccontato fatti veri, che oggi sono riconosciuti da una sentenza. Queste condanne, inoltre, segnano un precedente molto importante, poiché da qui proseguiranno anche le inchieste Parco sud 1 e 2 in cui sono implicati altri imprenditori e politici locali.

Mi auguro che la magistratura possa portare a compimento tutti i processi e possa assicurare alla giustizia ‘ndranghetisti e associati.

Sono felice che il pubblico che mi ha seguito con più attenzione, Domenico, Salvatore e Rosario, finalmente non sia più impunito. Li consoli il fatto che non cesserò di parlare di loro.

Giulio Cavalli a Carpineti con Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Magistrati in prima linea, esperti di mafia, giornalisti. Esperti di grandissimo profilo nazionale e internazionale per un pomeriggio davvero straordinario, in cui si discuterà di Mafia, di infiltrazioni mafiose, di lotta alla criminalità con protagonisti della vita italiana del calibro di Antonio Ingroia, Gian Carlo Caselli e Concita De Gregorio.

Domenica 6 giugno è in programma una delle giornate principali – e più attese – di Duemiladieci – Il tempo delle storie, i luoghi per raccontarle”, il ciclo di eventi in programma a Carpineti, paese appenninico in provincia di Reggio, sino al 4 luglio, con giornalisti, magistrati, attori, fumettisti di spessore internazionale. In totale si parla di 35 eventi e 64 ospiti di grande respiro da Milena Gabanelli a Marco Travaglio, da Pier Luigi Celli a Carlo Lucarelli, da Gian Carlo Caselli a Antonio Ingroia, da Concita De Gregorio a Giancarlo Mazzuca, da Carlo Bonini e Daniele Biachessi a Silver. Il tutto organizzato dal Comune di Carpineti con il patrocinio della regione Emilia Romagna e della provincia di Reggio Emilia e la direzione artistica di Patrick Fogli, scrittore noir bolognese.

Domenica 6 Giugno si affronterà il tema della mafia e delle infiltrazioni con un parterre davvero prestigioso. Si parte alle 15 con Parliamo di cosa nostra, che vedrà come ospiti i magistrati Antonio Ingroia e Gian Carlo Caselli e il direttore dell’Unità Concita De Gregorio. Alle 16.30 Nicola Biondo e Alfonso Sabella discuteranno de Il patto, mentre alle 18 si ragionerà su L’infiltrazione della mafia al nord con Giulio Cavalli, Enrico Bini, Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Maino Marchi e Cristina Zagaria. I tre incontri si svolgeranno in Piazza Matilde di Canossa, nel centro di Carpineti, e sono a ingresso libero. In caso di maltempo, è previsto il trasferimento alla struttura coperta del Parco Matilde, a poche centinaia di metri di distanza.

Conclusione a sera, alle 21.45, con lo spettacolo di Giulio Cavalli A cento passi dal duomo, in Piazza Matilde di Canossa (e in caso di maltempo al Parco Matilde), con ingresso a 5 euro.

Gian Carlo Caselli è attualmente a capo della Procura di Torino, dopo una carriera che lo ha visto in prima linea nelle inchieste contro la mafia e il terrorismo. Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, è cresciuto nel pool antimafia di Falcone e Borsellino. Dialogheranno della loro grande esperienza sul “mondo mafia” con Concita De Gregorio.

Alle 16.30 Nicola Biondo, giornalista, e Alfonso Biondo, presenteranno il loro libro “Il Patto”, dedicato agli intrecci e alle decennali trattative fra Stato e Mafia, tornate di attualità negli ultimi tempi.

Alle 18.30, infine, tavola rotonda sulle infiltrazioni mafiose al Nord con Enrico Bini, presidente della Camera di Commercio di Reggio e fra i primi a denunciare queste infiltrazioni, il parlamentare reggiano del Pd Maino Marchi, l’attore, regista e politico Giulio Cavalli, Antonio Nicaso, ricercatore e uno dei massimi esperti internazionali di ‘ndrangheta, Nicola Gratteri attualmente Procuratore aggiunto al Tribunale di Reggio Calabria, e Cristina Zagaria, scrittrice, autrice de “L’Osso Di Dio” con Dario Flaccovio, storia vera di ‘ndrangheta.

A sera, conclusione teatrale con “A cento passi dal Duomo”, scritto da Giulio Cavalli assieme al giornalista Gianni Barbacetto (prossimo ospite di Duemiladieci), dedicato alle infiltrazioni mafiose a Milano e le vicende della finanza lombarda.

“Quella di domenica 6 giugno è una delle giornate principali della nostra rassegna, un momento davvero importante con personalità di grandissimo respiro. Siamo onorati e contenti che abbiano accettato il nostro invito e che abbiano gradito la nostra proposta. Non è certo evento da tutti i giorni avere nomi di questo calibro riuniti tutti insieme, e per di più in un paese dell’Appennino come Carpineti. Siamo davvero orgogliosi. E i gli argomenti di cui si parla sono sempre, purtroppo, di grande attualità: basta sfogliare i giornali ogni giorno. Con Duemiladieci vogliamo raccontare il presente e fare riflettere, e una giornata come il 6 giugno è sicuramente importante in questo senso”.

DAhttp://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=Carpineti,+si+parla+di+lotta+alla+mafia&idSezione=14268

A Quarto Oggiaro al fianco di Frediano Manzi

Domani (ma da tempo e ancora per molto tempo) sarò al fianco di Frediano Manzi per “l’inaugurazione” della sede promessa mai arrivata all’Associazione SOS Racket e Usura.

COMUNICATO STAMPA

Domani, 22 aprile 2010 l’Associazione sos racket e usura riprenderà la propria attività interrotta lo scorso 7 febbraio 2010, presentando la nuova sede dell’Associazione a Milano in piazzetta Capuana a Quarto Oggiaro,dopo chè centinaia di cittadini attraverso lettere,e mail e appelli, ci hanno chiesto di non abbandonarli.

I volontari dell’Associazione inizieranno la distribuzione di duecentomila questionari ai cittadini ed ai commercianti, dalle ore 10,00 alle ore 19,00

Il primo questionario servirà a monitorare i fenomeni del racket,dell’usura e della infiltrazione della criminalità organizzata nella nostra città,mentre il secondo sarà rivolto a tutti gli abitanti dei quartieri popolari,affinché ci descrivano la presenza di organizzazioni criminali che “vendono” alloggi di proprietà del Comune di Milano e cioè il cosiddetto racket degli alloggi.

Saranno presenti alla inaugurazione della sede: Giulio Cavalli Consigliere Regionale Idv, Mario Furlan Presidente City Angel’s, Paolo Bocedi Presidente Associazione Sos Italia Libera, Enrico Marcora Consigliere Regionale Udc, Massimo Brugnone Responsabile per la Lombardia del movimento antimafia Ammazzateci Tutti, Beatrice Uguccioni Presidente del Consiglio zona 9, Massimo Gatti Capogruppo lista civica Un’Altra Provincia, Paolo Uguccioni Presidente Comitato di via Venezia Buenos Aires e tanti altri.

Si comunica inoltre che molti Comuni hanno aderito alla nostra iniziativa distribuendo sul loro territorio già da domani il questionario sull’infiltrazione della criminalità organizzata del racket e dell’usura.

I Comuni che hanno aderito e che domani saranno presenti con dei rappresentanti sono: Comune di Motta Visconti, Canegrate, Cornaredo, Nerviano, Senago, Trebbia, Ossona, Cesate, Lavena Ponte Tresa ed altri se ne stanno aggiungendo in queste ore.

Domani alle ore 15,00 l’Associazione sos racket e usura terrà una conferenza stampa a Milano in piazzetta Capuana durante la quale verrà presentata a tutti gli organi di informazione che saranno presenti la nuova sede ed i questionari che andremo a distribuire.

Frediano Manzi

Presidente Associazione sos racket e usura

Milano,li 21 aprile 2010

www.sos-racket-usura.org tel. 338.75.00.104 – 347.90.34.353 fax 02.990.26.691

e-mail : f.manzi@sos-racket-usura.org – – comunicazioni@sos-racket-usura.org

Surgelati, trapani e sberleffi alla mafia

Il giornalista Sergio nazzaro racconta l’autore costretto a vivere sotto scorta per i suoi spettacoli.

Esce “Fronte del palco”, libro-intervista all’attore lodigiano Giulio Cavalli

I surgelati, i trapani e l’antimafia. Un sottotitolo strano per raccontare la vita di chiunque, a meno che non si chiami Giulio Cavalli. Dai surgelati venduti a bordo di un furgone al teatro: la vita dell’autore e attore lodigiano finisce in un libro dal titolo Fronte del Palco: surgelati, trapani e antimafia, uscito ieri per Editori Riuniti (pp.200, euro 15).A firmarlo è Sergio Nazzaro, giornalista (ha collaborato con testate come «Il Sole 24 ore», «Left Avvenimenti» e «Megachip») e scrittore, già autore di diversi testi tra cui il viaggio negli inferi della camorra casertana Io per fortuna c’ho la camorra (Fazi Editore, 2007) mentre uscirà a breve MafiAfrica, primo reportage italiano sul potere della mafia africana nel paese. Aneddoti (tra questi il sequestro a lieto fine subito da Cavalli da un malvivente quando vendeva i prodotti di una nota marca di surgelati), riflessioni e confessioni: il libro tocca tutti gli aspetti della vita del direttore artistico del Nebiolo di Tavazzano, dagli esordi ad oggi.Un botta e risposta lungo 200 pagine in cui l’attore lodigiano, ora anche consigliere regionale per l’Italia dei Valori, racconta pubblico e privato di quanto gli è successo nei suoi 32 anni di vita «da lavoratore – spiega Sergio Nazzaro – perché non c’è nulla di radical chic nell’alzarsi alle 5 del mattino per vendere surgelati eppure è stato questo il primo palco di Giulio. Qui ha imparato a raccontare e a raccontarsi con le parole giuste, senza cercare di piacere ad ogni costo». Parole che si sono fatte via via più scomode attraverso il racconto di storie mai rassicuranti. Il «fronte» di Giulio, la trincea che lo porta ad essere l’unico attore in Italia sotto scorta inizia quasi volontariamente nel momento in cui sceglie di «esporsi». Prima un lavoro sulla strage di Linate dell’8 ottobre 2001, poi il turismo sessuale e infine la criminalità organizzata con Do ut des, riti e conviti mafiosi, lo spettacolo coprodotto dai comuni di Lodi e Gela che ha scatenato le prime intimidazioni, A cento passi dal Duomo (la mappe delle cosche nel Nord Italia) e la questione ambientale con L’Apocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe del premio Nobel Dario Fo. «Sapere affrontare tante questioni mette in crisi le etichette della cultura tradizionale ed è uno dei tratti salienti di Giulio, ciò che lo rende non una vittima, ma come dice lui “un faro sulle storie degli altri” – ha spiegato ancora l’autore – : una posizione non identificabile da quei media in cerca di eroi facili da raccontare». Da qui secondo Nazzaro il silenzio dei grandi giornali, che ha stimolato la sua curiosità di giornalista. «Non credevo possibile che le grandi testate ignorassero la storia di un attore che a soli 32 anni si trova minacciato dalla mafia, sotto scorta e a colloquio con il capo dello Stato al Quirinale (in occasione della consegna dei premi Eti e De Sica dello scorso novembre, ndr) – ha detto Nazzaro – , ma questo è un paese che vive sotto ricatto e in cui vince la gerontocrazia». Un dialogo a due voci, scritto in vari incontri tra il Lodigiano e la capitale, «in cui ho avuto la libertà di chiedere qualsiasi cosa» e «in cui vige la regola del non prendersi troppo sul serio».

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI

Il rischio di incentivare la ‘ndrangheta

Il movimento terra è una delle attività più citate nelle relazioni antimafia e meno conosciute tra la gente: è l’attività imprescindibile per ogni cantiere. Dove c’è da spostare sabbia, scavare, trasportare residui lì c’è un impresa per la movimentazione terra. Al nord (e in particolar modo in Lombardia) il movimento terra è il lembo del lenzuolo sotto cui trafficano e si arricchiscono le melme mafiose travestite da imprenditori. Si infilano nei subappalti come zanzare sotto la camicia e fingono l’espressione degli onesti faticatori. Oggi, in Lombardia, affidare il “movimento terra” a qualcuno di loro è il nuovo modo lombardo per pagare il pizzo fingendo di non accorgersene, è il compromesso nordico per “stare a posto” nella profonda Lombardia.

Gente come Marcello Paparo (entrato addirittura nei cantieri della TAV e con una bella Mercedes tutta bucherellata per un attentato scampato)  o gli uomini della cosca dei Barbaro-Papalia che pascolano tra Buccinasco, Corsico e Cologno Monzese (come racconta l’operazione “Parco Sud”) sono gli esempi più alti di una nuova strategia di business coperto dalla polvere delle macerie e dell’indifferenza. La terra vale oro e si nota poco.

Il procuratore capo di Milano, Manlio Minale, quando fa riferimento all’Expo 2015 chiarisce che «il punto che favorisce l’infiltrazione mafiosa è proprio la mancanza nei contratti d’appalto della voce sul movimento terra». Un business che, assieme al settore dello smaltimento dei materiali, rappresenta la porta d’ingresso delle cosche negli appalti. Anche perché, spiega Minale, «non c’è la necessità della certificazione antimafia ». Occore quindi rivedere le norme che regolano il settore, «la cui consegna – dice il magistrato – non può essere lasciata alla direzione dei lavori sui cantieri».

Ed è per questo che già da tempo ci siamo promessi di proporre con urgenza una legge regionale per rivedere quanto prima la regolamentazione.

Quello stesso movimento terra per il quale il presunto boss Salvatore Barbaro (figlio del più noto Mimmo l’Australiano) ha dichiarato “io ci ho una passione”. Roba che per farla “basta avere la terza media come scrivono i giornali, ma bisogna anche averci una certa precisione”.

Insomma, roba che scotta. Nonostante i piagnucolii dei guappi calabresi che si fingono lavoratori.

Oggi si mette in moto la macchina organizzativa degli incentivi. Un bonus totale di 300 milioni di euro che riguarda ciclomotori, cucine, elettrodomestici, abbonamenti a internet veloce, case ecologiche, motori marini e prodotti industriali, che produrrà – secondo il governo – benefici per un milione di famiglie. E spulciando tra i documenti del Ministero dell Sviluppo Economico si trova anche il settore “macchine agricole e movimento terra” per un importo totale di 20 milioni di euro fruibile come sconto del 10% dei macchinari in acquisto. Il provvedimento è firmato dai ministri allo Sviluppo economico Claudio Scajola, all’Economia e Finanze Giulio Tremonti e all’Ambiente Stefania Prestigiacomo e punta a favorire l’acquisto di prodotti innovativi e a basso consumo energetico.

Senza cadere nell’errore di banalizzare e criminalizzare un’intera categoria chiedo, fin da subito, che sia reso pubblico l’albo delle aziende che usufruiranno degli incentivi: i rivenditori e, per questo particolare settore, gli acquirenti finali.

Ci verranno a parlare di privacy, utilizzandola come una scusa impropria per coprire la trasparenza dei nomi. Quando, però, si erogano incentivi grazie al denaro pubblico, i cittadini hanno sempre il diritto di conoscere l’utilizzatore finale.

Intanto rischiamo di incentivare la ‘ndrangheta che si mangia l’Expo.

Giulio Cavalli al Teatro dl Popolo di Gallarate: un successo annunciato.

Gallarate, 15 marzo 2010- “Che la ‘ndrangheta stesse colonizzando Milano lo dicevo negli anni ’80. L’ho confermato due anni fa e i fatti mi danno ragione. Ora c’è l’Expo e non so più come dirlo”.

“A Mafiopoli le storie si cominciano a raccontare dalla fine. Bruno Caccia doveva finire il 26 giugno, che, dico, per uno scherzo del destino il 26 giugno io ci sono pure nato. Oggi c’è un cortile, un cortile scippato ai Belfiore, un cortile che è stato rapinato al rapinatore, un cortile che vuole diventare da grande un giardino e una memoria che con le unghie sta rompendo il guscio. E il magistrato severo, sono sicuro, non riuscirebbe a trattenere un sorriso”.

Inizia con la frase del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Vincenzo Macrì proiettata su un grande schermo al centro del palco, già acceso durante l’ingresso degli spettatori in sala, e termina con il testo che Giulio Cavalli ha scritto per l’iniziativa “Libera quanto basta per “ a Cascina Caccia di San Sebastiano Po nel maggio 2009 lo spettacolo “A cento passi dal Duomo” che l’attore lodigiano che vive sotto scorta da due anni ha portato al teatro del Popolo di Gallarate nella stagione della Fondazione Culturale l’altra sera.

In mezzo, il testo che Cavalli ha scritto con il giornalista Gianni Barbacetto, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo da Gaetano Liguori. Un’ora e mezzo di parole, nomi, sentenze, inchieste. E facce. Quelle dalle foto segnaletiche dei “boss della ‘ndrangheta”, come appare ancora sullo schermo prima che Cavalli inizi a recitare il testo in memoria del magistrato Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983 con 14 colpi, da killer su una 128, mentre di sera faceva una passeggiata con il suo cane, a Torino, dopo aver deciso di mandare a casa gli uomini della sua scorta.

È un’ora e mezzo che parla di quelle “storie che non vengono raccontate”, di quelle che restano “nel cassetto” in un negozio, perché “la vetrina deve essere rassicurante”, perché “il silenzio è calma, è rosa”.

Ed è un’ora e mezzo che rende ancora più assordante quel “silenzio” che Giulio Cavalli accusa, nel parlare della ‘ndrangheta, delle infiltrazioni della criminalità organizzata al Nord, in Lombardia.

Parte da una data, quella del 17 luglio 1979, quando nella Chiesa di San Vittore a Milano si celebrò il funerale “oscenamente privato” di Giulio Ambrosoli, commissario liquidatore della “banca di Sindona”, ucciso con tre colpi 357 Magnum da un killer di Cosa Nostra mentre rientrava a casa, e al quale “non c’erano politici, non c’era l’alta borghesia milanese”. Perché “Milano non se ne accorse”.

E prosegue con Calvi, Sindona,  la Notte di San Valentino con tutti i suoi arresti nel 1983, con i  maxiprocessi per mafia degli Anni Novanta con “più di cento condanne”, per arrivare più verso i giorni nostri, agli omicidi riconducibili alla criminalità organizzata fin sotto casa, a Lonate Pozzolo, a Ferno, a San Vittore Olona,…

E a contraltare di politici e non solo che commentano e commentavano che a Milano e in Lombardia la mafia non esiste, riappare una frase di Macrì: “Milano è oggi la vera capitale della ‘ndrangheta”.

Ma, aggiunge Cavalli, “anche Cosa Nostra e la Camorra si stanno dando da fare in Lombardia”

E davanti a tutti questi fatti, alle inchieste che vedono la vicinanza della criminalità organizzata a grandi opere (“prima la ‘ndrangheta si dedicava ai sequestri di persona – dice ancora Cavalli nello spettacolo -, poi è passata alla cocaina, poi all’eroina. Oggi ce l’hanno fatta: sono imprenditori, soprattutto nel campo dell’edilizia, nella movimentazione della terra. Oggi si sono dischiuse le uova, ci sono i rampolli, giovani che frequentano i vostri salotti, le scuole dei vostri figli. E che vivono a 100 passi da dove si sta organizzando l’Expo”), lo spettacolo si chiede se ciò sia solo cronaca nera. “No – risponde Cavalli – Gomorra è già qua”.

Lungi dall’essere un reportage che fa di ogni erba un fascio o che nel Nord veda solo terra criminale, il testo è piuttosto un grido contro il silenzio, contro la negazione di ciò che comunque esiste, ed esiste anche in Lombardia. “Il silenzio è complice”, ammonisce Cavalli alla fine di “A cento passi dal Duomo”.

E “non si tratta di decidere di chi è la colpa”, ma piuttosto “di non permettere di restare impuniti”. E perché questo avvenga occorre la “memoria”. E “non permettersi di dire che la mafia non esiste”.

spettacoli@varese7press.it

http://www.varese7press.it/?p=12587

Articolo di Giulio Cavalli su ALTRECONOMIA di marzo

Forse arriverà un giorno che non ci sarà più bisogno di aggiungere nessuna specifica geografica. Dunque niente “mafia al nord” o “mafie in Lombardia” o peggio “qui la mafia non esiste”, dove il qui è una città qualunque. Sarà forse che il recente piglio localizzatore è così simile ad una eco di scaricabarile, ma il medioevo della responsabilità è tutto nel volere disegnare giardini vergini ognuno a casa sua mentre le mafie dovrebbero pascolare pelose ma comunque lontane.

Oggi il cartello mafioso (con Camorra, Cosa Nostra e ‘Ndrangheta a tirarne le fila) trova in settentrione un alleato assolutamente insperato: l’indifferenza nella sua accezione più insalubre. Dopo avere superato il negazionismo (da Pillitteri in poi), l’ignoranza più o meno intenzionale (nelle visioni superficialmente ottimistiche del sindaco Moratti) ci ritroviamo oggi di fronte ad un “federalismo di responsabilità” che delimita il problema alle regioni meridionali. Ci ritroviamo così seduti a raccontarci e rimasticare la letteratura criminale della Sicilia o della Calabria mentre le seconde e le terze generazioni delle famiglie storiche impiantate al nord si ripuliscono per reinventarsi imprenditori dell’ultima ora.

Eppure oggi in Lombardia possiamo affermare di avere tutti i segnali di una criminalità organizzata in ottima salute: beni confiscati (nei primi posti a livello nazionale), riciclaggio, contatti bipartisan con esponenti politici (è di oggi, mentre scrivo, la notizia degli arresti dell’ex sindaco Pd di Trezzano sul Naviglio Tiziano Butturin e l’ex assessore al lavori Pubblici dello stesso Comune, oggi consigliere comunale Pdl), e addirittura morti ammazzati (l’ultimo a Milano è Giovanni Di Muro, il 41enne salernitano freddato a colpi di pistola il 5 novembre scorso in via dei Rospigliosi).

In una società responsabile e dignitosa superare il problema facendosene carico e non semplicemente scavalcandolo sarebbe un obbligo morale. Oggi, in Lombardia ma più generale giù al “nord”, parlare di mafia è diventato un gioco delle parti tra presunti allarmisti e mediatori per convenienza, tra analisi strumentali e mistificazioni coprenti. E tutto intorno non si alza nemmeno la polvere.

Tutto intorno una regione sonnacchiosa mentre apparecchiano il banchetto dell’Expo. Una regione che controlla la carta d’identità di un mojito e cammina su fiumi di cocaina. Una regione che s’abbuffa alle conferenze stampa delle grandi opere e che inciampa al primo gradino del primo subappalto. Una regione che convoca gli stati generali dell’antimafia per ribadire di stare tranquilli. Una regione che ci convince di aver risolto tutto spostando i soldatini del Risiko con la scioltezza di un tiro di dadi. Una regione che se il fenomeno criminale non emerge allora non esiste. Una regione che mette i moniti dei procuratori antimafia nei faldoni di “costume e società”. E intanto ride. Sonnacchiosa. Impermeabile.

Ora la società civile è chiamata ad essere civile. Civile nel senso di responsabile. Attiva nel senso di mai ferma. Solidale nel non sopportare il silenzio. Oggettiva, a guardarsi dall’alto. Tutta intera. Tutta.

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Giulio Cavalli: ora siete tutti collusi

GALLARATE – Il Teatro del Popolo di Gallarate sembra una bomboniera, tutto panna e azzurro. Ma ieri sera, 11 marzo, la bomboniera si è riempita di echi di sangue e di affari sporchi: sul palco c’era Giulio Cavalli, classe 1977, una delle ultime rivelazioni del “Teatro Civile”, con il suo ultimo spettacolo “A cento passi dal Duomo”. L’argomento era la mafia in Lombardia. NON BASTA VEDERE “I CENTO PASSI” “La mafia in Lombardia non esiste”, dicono tutti. Cavalli cita Paolo Pillitteri e Letizia Moratti, ma loro sono solo i più evidenti portavoce di questo ritornello. “I lombardi guardano i film su Peppino Impastato, – dice Cavalli – e pensano di avere pagato così il proprio conto all’antimafia. E non si accorgono che la mafia ce l’hanno in casa”. E non da poco tempo, come dimostra il fatto che Luciano Liggio, predecessore di Totò Riina, fu assassinato negli anni ’70 nella sua casa di Milano. NOMI, COGNOMI E FOTO Giulio Cavalli fa nomi e cognomi, ed è per questo che da qualche anno lui, lodigiano, vive sotto scorta. Nomi, cognomi, e fotografie: lo spettacolo si conclude con la proiezione di alcune foto segnaletiche corredate dal nome del boss raffigurato. Boss che non vivono solo lontano, al Sud, ma qui vicino, anche nella nostra provincia. Non è un caso che il boss più potente, Vincenzo Rispoli, venga nominato nel momento dello spettacolo dedicato a Malpensa. La provincia di Varese ha un ampio spazio nello spettacolo di Cavalli: mafia, camorra e ‘ndrangheta sono arrivate anche qui, silenziose e con la facciata pulita da normali imprenditori, ma ancora uccidono e minacciano. Lo dimostrano, secondo l’attore lodigiano, alcuni omicidi commessi tra Lonate Pozzolo e Ferno, e l’accoltellamento del capo dell’ufficio tecnico del comune di Besnate nel 2008. E allora non sorprende più che perfino il procuratore di Varese, Maurizio Grigo, abbia una scorta. Non per difendersi dai teppisti varesini, ma dalla ‘Ndrangheta. UN PASSO INDIETRO Qualche passo indietro, però, Cavalli l’ha dovuto fare: un uomo politico di Somma Lombardo, qualche giorno fa, ha mandato una diffida sia all’attore che al teatro, perché all’interno di “A cento passi dal Duomo” si fa il suo nome come partecipante a una cena con alcuni boss della zona. Cavalli ha preferito quindi eliminare, per una sera, alcuni passaggi dello spettacolo: “non era fondamentale citarlo – ha detto a fine serata l’attore – anche perché lui ha partecipato a quella cena pare senza sapere con chi fosse al tavolo. Ma ho preferito evitare di creare ulteriori problemi a me e al Teatro”. CANDIDATO CON IDV Perché di problemi, Cavalli, ne ha fin troppi. E non smette di crearsene, visto che ha perfino deciso di candidarsi alle elezioni regionali con l’Italia dei Valori nelle provincie di Milano, Monza e Varese. “Anche da candidato, non fingo di avere un manifesto politico. – aveva dichiarato qualche settimana fa a VareseNotizie – Il mio lavoro, i miei spettacoli, lo sono di per sé. La politica deve tornare ad essere quello che è per me, cioè un impegno vero per il proprio Paese. Tutti i partiti devono dimostrare di essere contro la mafia con i fatti: questa sarà la nuova onestà della politica”. “ORA SAPETE”Ora sapete – chiosa l’attore a fine spettacolo – quindi da oggi dovete agire, altrimenti siete tutti collusi. E anticostituzionali, perché l’articolo 4 della Costituzione dice che “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Chiara Frangi

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Sabato 13/03: Giulio Cavalli per “Fa’ la cosa giusta”

Mafia Nord/Sud Lavoro e legalità, buone pratiche di resistenza Luogo e orario: Teatro Off Bollate Sabato 13 marzo, 11 – 13 Padiglione 2 superiore (in fondo) FieraMilanoCity, ingresso Porta Scarampo14 Metro Lotto – www.falacosagiusta.terre.it/ accredito all’ingresso Intervengono – Don Luigi Ciotti, presidente di Libera nazionale – Pino Màsciari, imprenditore edile calabrese, testimone di giustizia – Umberto Di Maggio, coordinatore di Libera Sicilia – Maurizio Carbonera, già sindaco di Buccinasco ha denunciato insieme alla sua Giunta le infiltrazioni mafiose nel territorio comunale – Giulio Cavalli, autore teatrale, tra i suoi spettacoli ricordiamo “A cento passi dal Duomo” sulla mafia nel nord Italia – Piero Colaprico, giornalista de la repubblica da sempre impegnato sul fronte della cronaca della malavita milanes. autore tra gli altri di “Mala storie. Il giallo e il nero della vita metropolitana (il Saggiatore). Modera: Elena Parasiliti, direttore di Terre di mezzo