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mafia

L’APPELLO. L’attore e regista teatrale Giulio Cavalli aderisce alla campagna “Non staccate la luce ai bambini".

Dina Galano

Una recitazione intellettualmente onesta. Un impegno civile nutrito dall’obiettivo di ricostruire l’informazione fedele. Un teatro, meglio dire, «partigiano». Così Giulio Cavalli definisce la propria azione oratoria che, negli anni, ha dato vita a spettacoli contro la mafia, dedicati alle stragi italiane e, ancora, alla denuncia di sfruttamento dei minori. Dall’aprile 2009 i suoi movimenti sono seguiti a vista dagli uomini della scorta, dopo le minacce indirizzate per lo spettacolo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi. Oggi, Giulio Cavalli aggiunge la propria firma alla campagna promossa da Terra “Non staccate la luce ai bambini”, nel filo della continuità con il proprio quotidiano impegno sociale.

La morte di Elvis è accaduta in un quartiere di Napoli, in un contesto di povertà. Ritiene si tratti di un problema diffuso solo al Sud?
In questo caso si sono manifestati tutti i danni di un federalismo incitato, sollecitato e finito per sbrodolare, nelle sue conseguenze drammatiche, sull’intera società. Con questo approccio, infatti, si è arrivati ad avallare un diritto a non esercitare alcuna solidarietà. Le popolazioni sono trattate alla stregua di primitivi gruppi autoctoni, confinati in una quotidiana lotta per la sopravvivenza.

Lo spettacolo Bambini a dondolo racconta storie di abusi sui minori. Perché questa scelta?
I dati ufficiali, che sono sempre sottostimati, contano 80mila italiani che praticano turismo sessuale all’estero. Il 5 per cento di loro parte volutamente con l’idea di far sesso con minori. Esiste un’intera popolazione che sceglie questo genere di vacanza, e che, per il resto dell’anno, vive uno status di normalità in Italia. Chi abusa di un minore torna con una macchia che non si può lavar via. E su questo bisogna interrogarsi.

Che ruolo gioca il teatro nell’educazione dei giovani?
Il palcoscenico è uno dei pochi luoghi veramente liberi, in cui l’uso della parola non è sottoposto a controlli esterni. I bambini sono più capaci degli adulti di ascoltare. Si teme sempre di poterli sporcare, di corromperli. Ma la reazione di un bambino di fronte a temi difficili, come la criminalità organizzata, è sempre di meraviglia. Non è mai sdegno o idealismo.

Da cittadino, come giudica la tutela dei minori in Italia?
Abbiamo una Carta di diritti, un Osservatorio che controlla la sua applicazione e commissioni che monitorano i controllori. Il diritto all’infanzia, nel nostro Paese, non è un diritto naturale.

DA TERRA

L’ARTICOLO QUI

Lecco: il 13 teatro civile contro la mafia

“A CENTO PASSI DAL DUOMO”
(lo spettacolo di teatro civile contro la mafia)
GIULIO CAVALLI sarà a Lecco venerdì 13 novembre,
ore 21, presso l`Officina della Musica.

“La mafia non esiste”. Figurarsi al Nord. “La mafia a Milano non esiste”. Non è mai esistita.
“E` tutta una montatura per screditare il ricco, produttivo, avanzato, civile, Nord Italia”.

C`è un`altra Italia che, fortunatamente, alle menzogne non s`è ancora piegata.
C`è un ragazzo di Lodi, di mestiere fa l`attore, che si chiama Giulio Cavalli.
Ha avuto una pessima idea: parlare di mafia nei suoi spettacoli (oltreché del disastro di Linate).
“Che gli attori facciano gli attori”, gli contestano i tutori dell`omertà.
Lui invece s`è convinto che il teatro possa e debba parlare di temi spesso “dimenticati” da politici, giornali e televisioni.
E così s`è permesso di parlare di mafia. Non solo (sfacciato!): addirittura di mafia a Milano.
Di quella Milano “da bere” che fin dagli anni `50 conobbe infiltrazioni mafiose nel mondo dell`economia, della finanza, della società, della cultura.
Eppure a parlarne, secondo i camerieri della disinformazione, non si fa che “screditare” i milanesi, i lodigiani, i lecchesi. Si manca di rispetto.

Molto meglio il silenzio.
Quello stesso silenzio che fa di Milano (e del Nord Italia) il nuovo centro operativo delle mafie.
Specialmente della `Ndrangheta.

Ospite della Carovana Antimafie, GIULIO CAVALLI porterà in scena lo spettacolo “A CENTO PASSI DAL DUOMO”, scritto insieme al giornalista Gianni Barbacetto.
Una fotografia lucida che ritrae la distratta Milano dall`assassinio di Giorgio Ambrosoli arrivando fino ad Expo 2015.
Perché a Milano la mafia c`è da un bel pezzo.

Per info/prevendite riguardanti lo spettacolo contattare:
lecco@arci.it – duccio4@gmail.com
Il prezzo del biglietto è di 5 euro!

La `Ndrangheta non ammorba soltanto Milano. La nostra città, Lecco, è anch`essa crocevia di traffici di droga, di armi, nonché roccaforte della famiglia calabrese dei Trovato, imparentata con i potentissimi De Stefano di Reggio Calabria.
Nonostante le inchieste della magistratura, le sentenze e gli ergastoli, la `Ndrangheta a Lecco (come nel resto del Nord Italia) continua a rigenerarsi senza sosta, grazie, soprattutto, al profondo legame di sangue che lega i componenti delle cosche.
Purtroppo però, senza l`apporto decisivo di una parte non ininfluente della classe imprenditoriale “pulita” lecchese e la presenza di un deserto culturale colpevolmente creato da istituzioni assenti, tale fenomeno non avrebbe mai potuto raggiungere un simile livello di forza e potere di pressione.
La consapevolezza del tessuto sociale sul tema dell`infiltrazione mafiosa è importante tanto quanto una sentenza di tribunale.
L`omertà e la sottovalutazione del fenomeno sono l`ossigeno di cui gli `ndranghetisti necessitano.

Parlare di mafia significa non restare indifferenti.

“Milano è la vera capitale della `Ndrangheta”
Vincenzo Macrì, Pm antimafia, estate 2008

Carovana Antimafie – gruppo di Lecco

DA MERATEONLINE

L’ARTICOLO QUI

Parla il sindacato dei giornalisti «Minacce a Cavalli, serve più solidarietà»

«Come mai a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno “lasciato correre” una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?». E il silenzio, se si tratta della vicenda di Giulio Cavalli, l’attore e autore lodigiano «minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia», pesa. Parola di Alberto Spampinato, quirinalista dell’Ansa, consigliere nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti.Il giornalista è intervenuto sulla vicenda di Giulio Cavalli come direttore di Ossigeno per l’Informazione, nell’ambito dell’Osservatorio Fnsi sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza. «Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte della mafia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore che da un anno è costretto a girare con la scorta?» è la domanda che apre l’intervento di Spampinato. Ma il giornalista si spinge oltre e parla anche di “paura” e “rassegnazione” che portano inevitabilmente all’isolamento di una vittima dell’ingiustizia.«Questa vicenda dovrebbe produrre solidarietà, sostegno e protezione di una voce libera e coraggiosa – ha aggiunto Spampinato -; molti italiani pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, è Giulio Cavalli, che usando una formula molto usata “se l’è cercata”». Il consigliere della Fnsi parla anche degli effetti del condizionamento mafioso al nord, in cui ora vige la stessa regola del silenzio che stabilisce che «un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando. No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro e fingere che la mafia non esista». Una regola comoda e fin troppo facile da rispettare, «per questo abbraccio Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro».R.M.

DA IL CITTADINO

L’ARTICOLO QUI

I Barbaro a Buccinasco non esistono

da http://www.giornalelibero.com/dblog/articolo.asp?articolo=1560

Altro che movimento terra, appalti edili e traffico di droga. La cosca Barbaro-Papalia della ‘ndrangheta ha tentato di mettere le mani anche su un altro grosso affare: quello del castello di Cusago. Un’operazione da 4 milioni di euro. Lo dimostra l’arresto del presidente e del vicepresidente del gruppo immobiliare Kreiamo di Cesano Boscone, Alfredo Iorio e Andrea Madaffari, che erano in trattativa con Fabio Rappo, detentore delle quote di maggioranza della società Il Castello Srl, per la compravendita del maniero cusaghese. Un affare che non è andato in porto in circostanze quanto meno sospette: dopo aver versato il compresso, prima dell’estate 2009, Kreiamo non è andata a rogito. Si diceva per problemi finanziari. Ma forse il cerchio delle forze dell’ordine cominciava già a stringersi attorno ai due imprenditori cesanesi, definiti quest’oggi dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) due tra gli “insospettabili” che avevano iniziato a fare affari col clan Barbaro-Papalia, attivo in tutto il sudovest e in particolare nei Comuni di Assago, Buccinasco, Cesano Boscone, Corsico e Trezzano sul Naviglio, anche dopo essere stati a loro volta intimiditi.

Alfredo Iorio del gruppo Kreiamo di Cesano BosconeAndrea Madaffari, vicepresidente del gruppo Kreiamo di Cesano BosconeNel corso della mattinata, il personale della Dia di Milano, del Gico della Guardia di Finanza di Milano e dell’Arma dei Carabinieri di Corsico, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia del Tribunale di Milano (Pm Bocassini, Venditti, Dolci e Sorari), hanno dato esecuzione alle 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Milano Giuseppe Gennari, e a oltre 60 perquisizioni. Nell’operazione sono stati sequestrati beni per 5 milioni di euro, costituiti da beni immobiliari e quote societarie a carico di affiliati della cosca Barbaro Papalia. Complessivamente sono iscritte al registro degli indagati 48 persone. Le indagini sono iniziate a ottobre 2007, in seguito a numerosi accertamenti che avevano evidenziato possibili infiltrazioni di “elementi appartenenti o contigui” alla ‘ndrangheta, in attività edilizie e immobiliari, nelle aree del Sud Milano. La Dda, che già coordinava diverse indagini collegate ai reparti di polizia del territorio su reati strumentali all’associazione mafiosa e perlopiù riferite “a traffici di stupefacenti e a episodi estorsivi e intimidatori”, ha delegato indagini mirate.

L’APPORTO DEL CAPITANO DI CORSICO
Il capitano dei cc di Corsico Ruggero Rugge, coi pm Dolci e BocassiniDeterminante è risultato l’apporto di Ruggero Rugge, capitano dei carabinieri della Compagnia di Corsico, il cui trasferimento dalle zone ‘calde’ della Calabria al sudovest milanese sta risultando un provvedimento sempre più utile e azzeccato da parte dell’Arma. Quello che è emerso è che la cosca Barbaro Papalia aveva costituito un’associazione per delinquere finalizzata anche all’infiltrazione in appalti del settore edile e del movimento terra, “attraverso società a loro direttamente o indirettamente riconducibili”, riferiscono gli inquirenti. Un’organizzazione che ha saputo fare fronte in maniera spaventosa alla carcerazione di alcuni capi carismatici (per citarne uno: Domenico Barbaro “l’australiano”), ricevendo addirittura “le strategie di massima” direttamente dalle carceri. E riorganizzandosi in base ad esse. Il sodalizio, come riferiscono gli inquirenti, “ha evidenziato da subito notevole forza di intimidazione, interessi operativi nel tradizionale segmento del traffico di stupefacenti e buone capacità imprenditoriali nell’edilizia e nel movimento terra, grazie a rapporti privilegiati con affermati operatori del settore”. E’ il caso, questo, di Alfredo Iorio e Andrea Madaffari, a capo dell’impero societario di Kreiamo, i cui cantieri sono tuttora aperti e altri hanno recentemente chiuso anche in Comuni come Cisliano, alle porte di Abbiategrasso. Tra l’altro, Alfredo Iorio risulta anche presidente del Cusago calcio.

I TASSELLI DEL MOSAICO
A maggio 2008, in un box di Assago, sono stati sequestrati due fucili mitragliatori, un fucile a canne mozze, una mitragliatrice, cinque pistole, dispositivi silenziatori, diverse munizioni e una bomba a mano. Il tutto era a disposizione della cosca indagata. Altra data fondamentale è il 5 giungo 2008, quando a Corsico sono stati sequestrati quattro chili di cocaina e arrestati i due detentori. Come nelle migliori tradizioni della criminalità mafiosa, il sodalizio, “essendo in grado – spiegano gli inquirenti – di garantire una buona copertura nel territorio in cui era attivo, si è prestato anche ad attività di appoggio logistico a favore di altri gruppi della ‘ndrangheta”.

L’8 giugno 2008, infatti, in un appartamento di Assago nelle disponibilità della famiglia Barbaro, è stato arrestato il superlatitante Paolo Sergi, nato a Platì il 18 settembre 1942, ricercato dal 7 maggio 2008 per ordine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. “I sequestri e gli arresti – evidenziano i pm, i responsabili della Dia e della Dda e le forze dell’ordine – hanno una valenza molto importante in quanto fonti di prova delle connotazioni e delle capacità militari dell’organizzazione indagata”. Nel corso delle attività investigative, è stata anche documentata la presenza di “soggetti calabresi contigui all’organizzazione” nei cantieri della linea ferroviaria Milano-Mortara e della Tav, in attività di movimentazione terra e smaltimento rifiuti, interrati proprio sotto i binari. E’ stato anche rilevato che Salvatore Barbaro, figlio di Domenico “l’Australiano”, era socio occulto al 50 per cento della Buccinasco Immobiliare Srl, proprietaria di un immobile del valore di circa 1 milione e 400 mila euro. Fu la cosca stessa cosca a incendiare l’agenzia immobiliare per intimidire il titolare, Salvatore Sansone, picchiato e ricoverato in seguito per diversi giorni in ospedale.

I NOMI
Ma ecco i nomi delle persone per le quali è scattata la custodia cautelare in carcere: Domenico Barbaro, nato a Platì il 5 maggio 1937 (già detenuto); Francesco Barbaro, nato a Platì il 31 ottobre 1976; Rosario Barbaro, nato a Platì il 19 luglio 1972 (già detenuto); Salvatore Barbaro, nato a Locri il 15 agosto 1973 (già detenuto); Andrea Madaffari, nato a Milano il 1 luglio 1973 (non detenuto); Franco Michele Mazzone, nato a Milano il 24 marzo 1965 (non detenuto); Nicola Carbone, nato a Milano il 10 aprile 1965 (non detenuto); Giuseppe D’Aloja, nato a Minervino Murge (Bari) il 7 maggio 1956 (già detenuto); Achille Frontini, nato a Milano il 26 luglio 1943 (non detenuto); Alfredo Iorio, nato a Cosenza il 18 luglio 1970 (non detenuto); Giuseppe Liuni, nato a Canosa di Puglia il 23 ottobre 1957 (già detenuto); Paolo Salvaggio, nato a Pietraperzia (Enna) il 29 gennaio 1957 (non detenuto); Fortunato Startari, nato a Melito di Porto Salvo il 5 giugno 1974 (non detenuto); Claudio Triglione, nato a Milano il 1 marzo 1982 (non detenuto).

AGGIORNAMENTO IMPORTANTE

In riferimento a quanto scritto nell’articolo del blog del sig. Giulio Cavalli in data 3 Novembre 2009 relativamente alla poszione del geom. Achille Frontini , lo stesso precisa necessariamente e doverosamente a chiarimento morale e professionale della Sua persona che :

per le imputazioni ascrittegli,  il Tribunale del Riesame di MIlano in data 04 Dicembre 2009 ha escluso le aggravanti relative ad aver commesso il fatto di aver agevolato l’attività del soladizio criminoso Barbaro-Papalia , nonchè l’esclusione di aver commesso falso su atto facente fede fino a querela di falso .

In tale contesto sono inveritiere tutte le affiliazioni alla ‘ndrangheta attribuite al professionista che hanno gravemente leso la sua immagine ed onorabilità .

In fede

geom. Achille Frontini

COMUNICATO STAMPA osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza

SE LA MAFIA TOGLIE LA PAROLA A UN ATTORE E TUTTI TACCIONO

Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia, dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore minacciato di morte dalla mafia e da un anno costretto a girare con la scorta armata? Com’é che a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno lasciato correre una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?
Temo che significhi nient’altro che paura e rassegnazione. E’ grave che non si riesca a reagire altrimenti e che tutto ciò, invece di produrre solidarietà, sostegno, protezione collettiva di una voce libera e coraggiosa, produca l’isolamento della vittima di un’ingiustizia. Fatti come questo devono farci riflettere sul punto a cui siamo arrivati, con il condizionamento mafioso, anche nel Nord un tempo tanto orgoglioso di essere immune dagli spregevoli effetti della violenza mafiosa. Anche nel Nord siamo andati molto avanti nel senso dell’acquiescenza e del contagio. Questo silenzio, questa disattenzione può esserci solo perché, purtroppo, molti italiani, (ma soprattutto molti giornalisti, anche del Nord) pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, questi è Giulio Cavalli, il quale, secondo questo modo di pensare e una formula molto usata “se l’è cercata”. Non avrebbe dovuto prendere in giro Bernardo Provenzano, non avrebbe dovuto violare la tacita convenzione del silenzio e dell’autocensura che vige nel nostro libero paese! Che gli costava? La convenzione non scritta, come sappiamo, vale più delle leggi e delle convenzioni universali ed europee dei diritti dell’uomo; stabilisce che un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando… No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo  semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro, di fingere che la mafia e i mafiosi non esistono, e se proprio non può fare a meno di parlare dei boss, dei loro amici corrotti e intrallazisti, deve  parlarne con molto rispetto e senza turbare lo svolgimento dei loro affari. E’ facile, che ci vuole? Ci riescono (quasi) tutti. E’ comodo e fin troppo facile. Proprio per questo noi ammiriamo chi non ci riesce, e perciò io abbraccio forte Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro che pagano un caro prezzo per dimostrarci che la regola del quieto vivere si può rifiutare, e che l’autocensura è proprio il contrario della libertà di espressione.

Alberto Spampinato – direttore di Ossigeno per l’informazione
osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza

Mafia e potere a Milano, una piece che non fa ridere

di Giulio Cavalli e Gianni Barbacetto (dal testo di A Cento passi dal Duomo) su Terra della domenica – 1° novembre 2009
Gli affari, gli appalti, l’assalto all’Expo.

I boss stanno a cento passi da palazzo Marino, residenza del sindaco Letizia Moratti.
O l’hanno già percorso quel tratto di strada che li separa dal palazzo della politica e dell’amministrazione? Certo, qualcosa di marcio l’hanno già fatto nell’hinterland e in altri centri del milanese. Uno stralcio del testo teatrale, musicato da Gaetano Liguori, che è una graffiante denuncia sul malaffare in Lombardia

Qualcuno si è allarmato? per questo incesto tra uomini della politica e uomini delle cosche? No. A Milano l’emergenza è quella dei rom. O dei furti e scippi (che pure le statistiche indicano in calo). Quando scippano un rom magari è proprio un trionfo. La mafia a Milano non esiste, come diceva già negli anni Ottanta il sindaco Paolo Pillitteri. “Non appartiene a questa città” come dice l’appunto lieta Letizia Moratti sindaco in carica. Se la cronaca è nera, nerissima allora è solo un problema di lavaggio, di temperatura, di ammorbidente della distrazione.
A Milano che “la mafia non esiste” o ormai la sindachessa ha provato a ripeterlo ovunque dai consigli comunali, alle televisioni in prima serata fino ad abusarne favoleggiandoselo (probabilmente) la sera per addormentarsi. Non soddisfatta ha poi lanciato comunque la commissione comunale antimafia che è durata poco meno di uno starnuto (come un Lazzaro non risorto per un pelo) per rimangiarsela subito dopo adducendo competenze prefettizie che non andavano scavalcate. Ora, saputo in agosto che nella “Milanoland delle fiabe” un’intera cittadella è in mano alla criminalità organizzata come segnalato dal pm Nicola Gratteri (che di ‘ndangheta un po’ ne conosce avendone studiato la storia, morsicato alcune locali e reativi capibastone e annusandone tutti i giorni l’odore tra gli stipiti blindati che il suo lavoro gli impone) la sindachessa e la politica milanese tutta rimbalza responsabilità di intervento a non precisati enti o ruoli. Mentre
La Russa si ridesta invocando l’esercito. Intanto tutti felici e contenti concordano nel ritenere i 6 caseggiati popolari di Viale Sarca e via Fulvio Testi in mano agli onomatopeici fratelli Porcino (bossetti di periferia legati alle cosche di Melito di Porto Salvo), i nomadi Hudorovich e i Braidic semplicemente un “neo”, una pozzanghera piccola piccola in quel placido, enorme e ligresteo tappeto di cemento che è il capoluogo lombardo spiato dall’alto.
Negli uffici della Direzione Nazionale Antimafia Enzo Macrì, sostituto procuratore nazionale antimafia, parla da profeta inascoltato. «Che la ‘ ndrangheta stesse colonizzando Milano lo dicevo negli anni 80. L’ ho confermato due anni fa e i fatti mi danno ragione. Ora c’è l’ Expo e non so più come dirlo».
Stupirebbe questo atteggiamento impermeabile in un paese normale, dove normalmente i politici dovrebbero essere eletti per prendere posizione, dare segnali forti e non solo per banalmente amministrare capitoli di spesa e distribuire (scaricandosene) ruoli e responsabilità. Qui non si tratta di disquisire i ruoli di governo e ordine pubblico come stabilito dalla legge; qui si rimane a supplicare un segnale, un lampo in cui ci si illuda che Marcello Paparo non possa sentirsi “libero” di collezionare bazooka come nei peggiori scenari di desolazione metropolitana post industriale, o Morabito non sfrecci impunito a parcheggiare il ferrarino in un posteggio dell’Ortomercato con l’arroganza di uno zorro a quattro ruote, o che Andrea Porcino (classe 1972, giusto per identificarlo meglio là fuori dal suo fortino dove gioca a seminare terrore) possa addirittura inventarsi intermediario con arie da tour operator mentre raccomanda ai secondini del carcere
milanese di San Vittore dei buoni servigi e una residenza confortevole per i suoi amici Nino, Ettore e Massimo.
L’impunità dentro le teste (oltre alle tasche) dei capibastone ‘ndranghetisti o dei prestanome camorristi o dei ragionieri di Cosa Nostra in Lombardia è una responsabilità politica. Risolvibile semplicemente con la voglia e l’onestà di volere dare al di là di tutto un segnale. Per restituire dignità anche nella forma.
Una regione che controlla la carta d’identità di un mojito e cammina su fiumi di cocaina. Una regione che s’abbuffa alle conferenze stampa delle grandi opere e che inciampa al primo gradino del primo subappalto. Una regione che convoca gli stati generali dell’antimafia per ribadire di stare tranquilli. Una regione che ci convince di aver risolto tutto spostando i soldatini del Risiko con la scioltezza di un tiro di dadi. Una regione diventata maestra perspicace nel strappare con la pinzetta delle ciglia l’allarmismo mentre grida all’emergenza dei rom che scippano le nonne. Una regione che se il fenomeno criminale non emerge allora non esiste. Una regione che mette i moniti dei procuratori antimafia nei faldoni di “costume e società”. E intanto ride. Nel riflesso degli eroi diventati onorevoli che “la mafia l’hanno debellata decenni fa” e se così non fosse è semplicemente perchè non l’hanno mai trovata.
Una regione che è sacerdotessa della clandestinità diventata finalmente illegale e intanto finge di non sapere che l’illegalità pascola clandestina.
Ma c’è un tempo che è quello della memoria che supera le circostanze brevi della politica tutta a parare i colpi mungendo voti: la memoria sulla pelle dei nostri figli, delle prossime generazioni, quella che non entra nei libri di storia ma rimane sotto pelle come una traversata nella stiva mai raccontata. E allora pagheranno pegno davanti alla storia tutti i politici pavidi, cravattari amministratori tra la casetta in centro e l’incenso delle sciantose; pagheranno i sindaci dell’ “insabbia et impera” e i tranquillanti per professione. Pagheranno l’ignoranza e la persecuzione di uno stuolo di attivisti messi al muro per discolparsi di uno sguardo fatto di fatti. Sorrideranno a leggere che qualcuno, metti per caso un politico di una città qualsiasi, calpestando i cadaveri delle antiestetiche vittime milanesi delle mafie, sia riuscito a mettersi nella situazione di dover essere smentito per un allarme che da decenni è già rientrato perchè
metabolizzato: endovena, silenzioso. Impunito, appunto.
Nel gioco dei segnali così caro alla pochezza criminale, se esistesse un santo dell’estetica contro il diavolo della politica per comunicati stampa, da domani partirebbero le ronde della legalità nei crani dei politici a cercare con il lumicino la responsabilità della dignità.
E allora, e allora sarebbe da andare in giro a spararla questa storia che insiste per non farsi raccontare. Sarebbe da scriverla sulle bustine dello zucchero per la colazione giù al bar, sarebbe da registrare nella radiosveglia, gridarla nei microfoni delle casse al supermercato. Una regione che racconta tutti gli anni con il grembiulino Libero Grassi mentre in via Verdi a Milano, di fianco alla Scala, un gioielliere deve impachettare ventimila euro come regalo di Natale. Una regione che proietta Peppino Impastato per comprarsi indulgenze e non riesce nemmeno ad annusare Antonio Galasso a Pieve Emanuele, i Rispoli di Cirò che orto fruttano a Legnano dove Vincenzo apriva tutte le mattine la Bidi bodi bu, i gelesi a San Giulioano e Melegnano, gli Iacono della Stidda dei Madonia con un centro estetico e impresa edile a San Donato, o Francesco Perspicace: nato a Caltagirone una cinquantina di anni fa ma esportato a Sant’Angelo Lodigiano da un bel pezzo
con un’impresa di pulizie, una quota in “iniziative immobiliari” e una fedina penale di 16 anni di condanna per una sparatoria in via Faenza il 9 maggio 19
98. Un’altra agenzia, la Ad Case, vede tra i soci Ferdinando Perspicace di Caltagirone e per non farsi mancare niente anche, in passato, Arturo Molluso, dell’ omonima famiglia originaria di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria. Hanno messo le radici a San Donato i Molluso e sono considerati legati ai clan Cappelli-Pipicella e vicini ai Calaiò. Uno di loro, Pasquale Molluso, è socio della Gra immobiliare. Il trentaquattrenne Arturo, residente a Spino d’ Adda, è presente anche in altre agenzie, come la Mocasa, sede a Milano in via Riva di Trento.
Nomi, nomi, fatti, scie con i numeri e l’impeto di un fiume prima della cascata ma con il rumore di un rivolo. Ma non potranno essere sempre impuniti, impuniti loro e impuniti tutti quelli che non sentono e non vogliono sentire, in una palude di immobile e latente inciviltà dove informare è un atto di coraggio. Non si potrà stare a lungo impuniti a forza di giocare a fare i sordi: magari mangiati, comprati, giudicati, annessi o complici. Perché il silenzio è complice, silenzio è pace, il silenzio è calma, il silenzio è rosa.

Una breve non presentazione
di Pietro Orsatti

Ho conosciuto Giulio Cavalli qualche anno fa. Io avevo terminato da poco un’incheista sul turismo sessuale in Brasile, lui stava realizzando uno spettacolo (Bambini a dondolo) sullo stesso argomento. Mi ha chiamato e ci siamo incontrati dopo pochi giorni. Lui è fatto così, un progetto, due parole, si costruisce e si va in scena.

Giulio già veniva da spettacoli di denuncia. Uno sull’incidente di Linate, un altro sui fatti di Genova. E già stava lavorando alla preparazione di Do Ut Des, uno spettacolo sulla mafia, anzi uno spettacolo di completa presa in giro del fenomeno e della cultura di Cosa nostra che lo ha portato, subito dopo la prima, ad avere minacce. Minacce che nei mesi si sono fatte tanto insistenti da creare il paradosso: Giulio Cavalli, da Lodi, è stato minacciato dalla mafia (sempre a Lodi) e per questo è l’unico attore italiano che vive sotto scorta.

La condizione gli va stretta, ma non ha certo mollato questo piccolo testardo lomabardo. E ora va in scena con A 100 passi dal Duomo scritto con Gianni Barbacetto. Come dire, «se mi devono minacciare che almeno mi minaccino i mafiosi di casa mia». E così si va avanti, fra una macchina di scorta e un albergo presidiato, fra un palco sorvegliato a vista e la paura di aprire la buca delle lettere. Però ridendoci su, se ci si riesce.

Tratto da: orsatti.info

L’ARTICOLO QUI

Sabato 7 novembre: Giulio Cavalli a Bolzano con A CENTO PASSI DAL DUOMO

Chi semina legalità  raccoglie giustizia
L’importanza di educare
Bolzano 6 – 7 novembre 2009

Venerdì 6 Novembre – Teatro Cristallo, via Dalmazia
Ore 20.30

– Consegna del premio Madre Terra a don LUIGI CIOTTI da parte della Caritas diocesana e del teatro Cristallo

– saluto del sindaco di Bolzano, LUIGI SPAGNOLLI
– saluto del vescovo di Bolzano-Bressanone, Mons. KARL GOLSER

– L’impegno educativo per liberare un altro futuro – don LUIGI CIOTTI, presidente di Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie.

– Presentazione del libro Le due guerre. Perchè l’Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia. L’autore GIAN CARLO CASELLI intervistato da Francesco Comina

Sabato 7 Novembre. Formazione professionale – via Santa Geltrude 3
0re 9 – 9.30

– Saluti Assessore Provinciale Barbara Repetto
– Saluti assessore comunale referente al centro per la Pace Luigi Gallo

Ore 9.30-12.30
Per una mappa geosociale delle risposte alle attività illecite

PETRA RESKI, giornalista tedesca, autrice di “Santa mafia”, CUNO TARFUSSER, giudice della Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja, ANDREA DI NICOLA, coordinatore laboratorio Transcrime di Trento, LAURA GARAVINI, commissione parlamentare antimafia. Ne discutono con TONIO DELL’OLIO, Libera International

ore 15-17.30
Il dovere di educare, proposte ed esperienze

SILVANA PUGLISI, insegnante a Palermo, FRANCA BERTI, coordinatrice delle attività scolastiche e formative presso la Casa circondariale di Bolzano, FRANCESCA ZENI, associazione Terra del Fuoco di Torino, ELENA PARIS, istituto comprensivo Bassa Atesina. Ne discutono con LILLO GANGI, referente Libera Sicilia

ore 18.00
Un giorno un bambino chiederà a suo nonno: cos’era la mafia?


Auditorium Santa Geltrude
ore 20.30
Spettacolo teatrale: “A Cento passi dal duomo” di GIULIO CAVALLI e GIANNI BARBACETTO con GIULIO CAVALLI. Musiche in scena di GAETANO LIGUORI.

Il convegno è organizzato da Libera, associazioni, nomi e nmeri contro la mafia e dal Centro per la Pace del Comune di Bolzano in collaborazione con Formazione professionale, Teatro Cristallo, Centro Lovera, Caritas Bolzano-Bressanone

INGRESSO GRATUITO

“MILANO: TROPPO VICINA ALLE MAFIE”

Da quel “buco”, da quella non partecipazione al funerale, parte il silenzio-assenso di Milano alla mafia.
Ha dichiarato il figlio, Umberto Ambrosoli a Beppe Grillo (su www.beppegrillo.it): «Sì, papà era – usiamo un eufemismo – un po’ solo, e il suo funerale è la celebrazione di quella solitudine. Vi parteciparono necessariamente in forma privata i magistrati che con lui seguivano le indagini per la bancarotta della Banca Privata Italiana, vi partecipò l’allora governatore onorario della Banca d’Italia Guido Baffi, che assieme a Sarcinelli che era il direttore generale della Banca d’Italia di allora aveva da poco subito una delle aggressioni più vergognose che la storia democratica del nostro Paese ricordi. Fu la celebrazione di una solitudine».

Qualcosa è cambiato?
Sì certo, di Ambrosoli, oggi, se ne parla (è anche uscito il bel libro del figlio Umberto: Qualunque cosa succeda. Storia di un uomo libero, Sironi, 2009).
Ma, come recita il titolo dello spettacolo (imperdibile per i lombardi e non solo) di Cavalli, la mafia è arrivata A cento passi dal Duomo.

Lo spettacolo, che ha debuttato in ottobre al Teatro della Cooperativa di Milano, è stato scritto, assieme a Cavalli, dal giornalista Gianni Barbacetto, autore di alcuni dei reportage e dossier più scottanti di questi ultimi decenni, su mafie, corruzione politica e malaffare.

L’elenco delle collusioni, dei traffici loschi, dei legami tra i politici e imprenditori lombardi con le cosche meridionali è impressionante.

E a chi ancora nega (come ha fatto il sindaco di Milano Letizia Moratti nella trasmissione Annozero) che la mafia sia un’emergenza a Milano, basti solo pensare alle minacce arrivate a Cavalli come pure a tutti gli amministratori locali che hanno cercato di opporsi alla sempre più capillare presenza della ‘ndrangheta.

La mafia a Nord non uccide? Anche questo è un errore (d’ignoranza?).
E Cavalli, a fine spettacolo (le musiche sono di Gaetano Liguori), ricorda un caso del tutto dimenticato: l’assassinio di Bruno Caccia, un coraggioso magistrato piemontese, ucciso mentre portava a spasso, da solo, il cane la sera del 26 giugno 1983.
All’epoca le indagini puntarono sulle Brigate rosse. In effetti il procuratore stava indagando anche su di loro, oltre che sulla criminalità organizzata.
Ma il mandante era stato il boss della ‘ndrangheta Domenico Belfiore, condannato all’ergastolo nel 1993 e scoperto solo perché si era vantato dell’impresa con un “pentito di mafia”.

Lo spettacolo sarà il 7 novembre a Bolzano; il 13 a Pescarenico (Lecco); 15 novembre a Corsico e Buccinasco in occasione dell’arrivo della Carovana Antimafie. Tutte le date sono sul sito di Giulio Cavalli: www.giuliocavalli.net.

 

DA http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/016058.aspx

10 novembre: Giulio Cavalli alla CAROVANA ANTIMAFIE 2009 a Lodi

Programma Carovana Antimafie 2009

10 – 11 novembre 2009
MATTINA
9.00 – 13.00
Lodi
Liceo Scientifico Gandini
Gruppi di lavoro
– Carcere e territorio. Incontro con Stefania Mussio, direttore della Casa Circondariale di
Lodi.
– Informazione,il limite di informare. Incontro con l’Avv. Caterina Malavenda
– Migranti, dialogo tra i popoli. Incontro con Don Davide Scalmanini, direttore della Caritas
di Lodi.
– Lavoro e precariato. Incontro con Ornella Veglio esperta e consulente del lavoro.
– Prevenzione sulle infiltrazioni mafiose nelle grandi opere. Incontro con Alessandro De Lisi,
giornalista e consulente della Commissione Nazionale Antimafia.
– Doping. Incontro con Antonio Marchetti, Responsabile U.I.S.P – Lodi
– Vecchie e nuove droghe. Incontro con Peppo Castelvecchio – Responsabile Comunità il
Pellicano di Castiraga Vidardo
– Beni confiscati. Incontro con Adriana Cippelletti Ufficio Istruzione Comune di
Casalpusterlengo
– Sicurezza Stradale. Incontro con Dott. Mattia La Rana, direttore Scuola Allievi Agenti
Polizia di Stato di Piacenza.
9.00 – 13.00
Lodi
Istituto ITIS
“La mafia dal Nord al Sud”
Interventi di Giulio Cavalli e Roberto Figazzolo
Proiezione del “corto ”Librino? Una favola” regia di Roberto Figazzolo, Italia
2008, 8′ e intervento di Giulio Cavalli, con letture tratte da “Nomi, cognomi e infami”.

10.30
Carcere di Lodi
Incontro con Carlo Barbieri autore de “Le mani in pasta”, un racconto dell’esperienza delle
cooperative che gestiscono in Sicilia le terre confiscate ai mafiosi.
12.00 – 12.30
Lodivecchio
Aperitivo della legalità presso il Circolo Arci
13.00
Lodi
Pranzo della legalità presso il Circolo Arci (€ 15), via Maddalena.
Info e prenotazioni entro l’8 novembre al 0371426137 (sig.ra Bruna)
circoloarci1@tin.it
POMERIGGIO
16.30-17.30
Lodi
Comune di Lodi
Pierpaolo Romani, coordinatore di AVVISO PUBBLICO, Associazione di enti locali e regionali
per la formazione civile contro le mafie incontra i Sindaci del Lodigiano.
18.00 – 19.30
Lodi – Centro commerciale MyLodi
Presentazione della mostra fotografica: “Il profumo della libertà”
Il racconto attraverso immagini di una Sicilia onesta, fatta di volti, sorrisi, case, campi coltivati e
vigneti sorti nei terreni confiscati ai boss mafiosi e rinati grazie ai giovani che vogliono vincere le
intimidazioni, le bombe, il pizzo e la paura.
Introduce Daniela Faiferri – CDA Coop Lombardia e Francesco Galante
, della cooperativa siciliana Libera Terra Mediterranea
Aperitivo con i prodotti di Libera, provenienti dai terreni confiscati alle mafie – offerto dal
comitato Soci Coop di Lodi
21.00
Lodi
Aula Magna Liceo Verri
“Le mani sul Nord. Quarant’anni di storie di mafie”
Incontro con Giulio Cavalli, attore e Paolo Colonnello, giornalista de La Stampa

11 novembre 2009
9.00 – 13.00
Istituto ITIS
Incontro con Francesco Galante, della cooperativa siciliana Libera Terra Mediterranea che opera
sulle terre del Consorzio di Comuni “Sviluppo e Legalità” in Sicilia ove effettua l’inserimento
lavorativo di soggetti svantaggiati, creando opportunità occupazionali, ispirandosi ai principi della
solidarietà e della legalità.

LIBERA. Seconda giornata di Contromafie. La parola ai gruppi tematici: lavoro, diritti umani, economia.

Oggi l’assemblea plenaria e l’approvazione del manifesto conclusivo. Il ruolo dei media per un’informazione alternativa.

Ieri seconda giornata di lavori di Contromafie, gli Stati generali dell’antimafia organizzati da Libera in corso a Roma. Un giorno di lavoro intenso sui tanti temi che affronta la rete di associazioni presieduta da don Luigi Ciotti. Il movimento è al lavoro, attraverso gruppi tematici. Diritti umani e migrazioni, cittadinanza, libertà di informazione, politica della legalità, testimoni di giustizia, economia (dai beni confiscati all’antiracket). Lavoro, riunioni, scambi di informazioni e contatti di centinaia di realtà e associazioni che operano su tutto il territorio nazionale, e non solo nelle regioni che subiscono un’alta densità di penetrazione mafiosa.

Ma il tema centrale rimane, come ha dichiarato in apertura don Ciotti, «l’istituzione di un’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati e l’approvazione di un testo unico in materia di legislazione antimafia». Certo, ricorda il presidente di Libera, «alcune modifiche sono state introdotte, ma senza quell’organicità che è un requisito fondamentale perché la normativa sia davvero efficace ». E l’attenzione, nonostante la distanza, è anche a quello che sta avvenendo in queste ore in Calabria sulla vicenda delle navi cariche di scorie affondate nel Tirreno e nello Jonio e dopo la grande manifestazione di ieri ad Amantea. Anche su questo don Ciotti è categorico: «Continuiamo a sollecitare l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale».

Un tema, quello dei traffici di rifiuti, che porta anche a una nuova consapevolezza. «C’è un’Italia che ha compreso come il fenomeno mafioso sia un problema nazionale, non solo: internazionale ». Ovviamente nei corridoi sono le notizie che arrivano da Palermo a tenere banco, le inchieste sulle stragi del 1992/93 e sulla presunta trattativa fra Stato e mafia. «Sono già passati diciassette anni, se perdiamo questa occasione di sapere non avremo mai la verità su quei fatti». Ma il variegato popolo di Libera che si è dato appuntamento a Roma, non si lascia distrarre dal fitto programma di lavoro. I gruppi tematici sono la vera novità, già dalla sua prima edizione, di questo evento.

È il gruppo di lavoro sull’informazione, coordinato da Roberto Morrione, ex direttore storico di Rainews24 e ora a Liberainformazione, quello più affollato. E anche quello con il dibattito più acceso. Perché sui temi dell’informazione, della comunicazione delle relazioni delle mafie con i mondi della politica e dell’economia l’allarme è generale. Il tema delle mafie, se non per fasi “spettacolarizzate”, rimane tagliato fuori soprattutto dai media televisivi. E anche la carta stampata sta peccando di sottovalutazione, se non di vera e propria amnesia collettiva. Tanti gli esperimenti di informazione alternativa, dalle free press autopro- dotte dai comitati locali, ai siti web, ormai veri e propri motori di un nuovo modo di comunicare e diffondere documentazione e inchieste. E il giornalismo?

«Da quanto non vengono contrattualizzati i giornalisti che si occupano di mafia? A quanto tempo risale l’ultimo contratto giornalistico (articolo 1), tanto per fare un esempio, a Repubblica?», si domanda Riccardo Orioles, uno della squadra de I Siciliani di Beppe Fava. La risposta che si dà il gruppo di lavoro è, in pratica, l’alternativa dai media tradizionali. Altre forme di comunicazione diventano strumenti di informazioni. Dal teatro di Giulio Cavalli ai tanti libri inchiesta che poche ma agguerrite case editrici coraggiose riescono a pubblicare. E non si tratta solo di effetto Gomorra, perché qui è evidente la consapevolezza che Saviano abbia avuto un ruolo ma che la quotidianità dell’informazione sia tutt’altro dal successo di un libro.

Pietro Orsatti

DA TERRA NEWS

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