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Mafiopoli

RADIO MAFIOPOLI – Terza puntata: Questa Cosa (Nostra) non è un albergo

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Comunicato sindacale della redazione di Radiomafiopoli: a seguito di recenti informazioni pervenute presso la nostra redazione da Partinico circa le presunta fuitina non protetta di un nipote Fardazza, episodio che va ad aggiungersi ad altri paventati congiungimenti carnali avvenuti negli ultimi giorni, il comitato dei giornalai di Radiomafiopoli chiede con forza a tutti gli amici degli amici e in particolare ai rappresentanti dei sindacati della Cipielle, Cifl, Cosa Nostra, Camorra e gli aiutanti di Babbo Natale di porgere maggiore attenzione al palinsesto delle trasmissioni per un miglior coordinamento. Già in una nostra puntata precedente ci eravamo dedicati al mistero sacro della perpetuazione della specie ed eventuali spargimenti di seme fuori tempo rischiano di minare la nostra credibilità. Raccomandiamo quindi ai nostri protagonisti di inviarci mezzo fax o posta elettronica i programmi futuri evitando possibilmente segni di difficile interpretazione sui muri. Certi di una vostra risposta e di un’eventuale lettera ai Corinzi continuiamo ad essere disposti ed esposti a quella solita omertà che tiene orgogliosamente alto il nome di Mafiopoli nel mondo. Grazie. Ora proseguiamo con le nostre trasmissioni. Riassunto delle puntate precedenti: Mafiopoli è una ridente cittadine sulle rive del ponte dei sogni. I cittadini sono tutti felici. La mafia non esiste e tutto il resto è noia.
RADIOMAFIOPOLI PUNTATA NUMERO 3: QUESTA COSA (NOSTRA) NON E’ UN ALBERGO
C’è un’aria elettrica oggi a Mafiopoli per la manifestazione annuale delle mogli dei mafiosi mafiopolitani contro il rincaro della benzina e dei latticini, che pesano enormemente sul bilancio della famiglia (quella minuscola e quella maiuscola) per tutto questo via vai dei zampettanti latitanti da una casupola all’altra. Giù a Mafiopoli è pieno di casupole in mezzo ai campi, in mezzo ai campi di tabacco, in campi di finocchietto, in campi di riso, in periferia, in centro, nei montecitori e quando vengono quelle belle piogge monsoniche perfino nei palazzi di giustizia. Sono la particolarità del posto, come i nuraghi in Sardegna, i craponi all’isola di pasqua e gli ingressi dal retro delle banche popolari di lodi in Lombardia. E le donne a casa a soffiare sul focolare domestico s’intristiscono, con la tristezza tipica dell’arancino con il riso scotto, perché i mariti braccati e bracconieri non hanno più orari, casupolano di baracca in baracca, hanno la gotta da ricotta e corteggiano capre. Una vita d’inferno, quella delle mogli del latitante che non è ancora stato eletto in Pirlamento. I mariti escono a comprare le sigarette e tornano tra trent’anni e loro, femmine dolci e sevizievoli, ci tocca da sole controllare la posta (tra bollette, raccomandate, pizzini sputati e teste di cavallo), allevare i figli (con il fondo mutualistico del Mafinps), mandarli a scuola e fare tutte le settimane le prove di punciuta per il saggio di fine anno.  Poi è normale che quando i nostri pendolari tra casupole e riformatori residenziali tornano a casa, si apre un meraviglioso pantagruelico abbraccio delle donne pazienti. Per il prossimo 15 ottobre all’apertura delle gabbie per Michele Ditale, ad esempio,  è stata prenotata una torta di panna e alici a forma di bombola a gas, e il comitato di benvenuto (coordinato dalla Fardazza Eventi SPA) ha noleggiato quattro ballerine nane, quindici clown e l’almanacco del buon mafiopolitano, e i filmini pistoleri e un po’ spinti di quel maialino di Leoluca Barbarella. Ogni volta che un mafiopolitano torna a casa è un’esplosione di gioie e di colori, di sentimenti e di un paio di auto e i fuochi di artificio sfrizzano felici per le vie di Mafiopoli. Per questo tira e molla dell’amicizia e dell’onore. Totò o ‘curtu tornerà anche lui finalmente a casa tra 177 anni finito il castigo e a Corleone gli stanno preparando una festa che se la scriveranno sui calendari: una bella urna tutta diamanti e cannoli della pasticceria Vasa Vasa. Ma il fuoriclasse del vado e torno era stato il portafortuna di Mafiopoli Andrea Otti, l’elfo gobbetto e occhialuto che portava fortuna a tutti. Che gli lisciavi la gobba e improvvisamente tutto andava bene e meglio e ti si apriva una corrente democricchiana in famiglia. Andrea Otti era per mafiopoli quello che Babbo Natale è stato per la Coca Cola, quello che l’uva è per il vino, come l’acqua per la terra: Andrea Otti era la statua della libertà sul lungomare di Mafiopoli. Dove camminava crescevano petali di rosa, dove parlava non c’era mai un testimone, dove passava tutti i picciotti in festa canticchiavano come nel Mago di Oz. Un tripudio. Poi un giorno arrivò la sagra con tutti i santi in colonna e tutti i mafiopolitani sapevano che Andrea Otti con quella sua gobba avrebbe portato una fortuna perenne alla città e a tutti i suoi cittadini con quella sua gobba di fata. Perché Andrea Otti era eterno, ce l’aveva scritto sulla scadenza dell’etichetta pinzata agli occhiali e infatti era indistruttibile come il guscio Meliconi.
Ma un giorno (un giorno triste che era nato subito dopo cattivi auspici dopo che Pippadauro aveva azzeccato un congiuntivo) Andrea Otti girò i tacchi, si svitò la gobba e se ne partì. Senza dire niente. Senza neanche uno di quei suoi bei baci bavosi che dava per sbaglio. Neanche una telefonata agli amici più cari. E a Mafiopoli scese la tristezza più cupa. E tutti soffrivano, anche il suo amico Salvo soffriva come un cane. Che l’avevano dovuto abbattere.
“tornerà, tornerà!” gridava il Principe Chiaccavellico durante l’inaugurazione del nuovo ponte da Messina a Bogotà. “tornerà! Come tutti i mafiopolitani seri e certificati! State tranquilli! È solo un momento di mestruazione, un secondo di prescrizione e poi tornerà bello gobbo e funereo come prima!”
Ma Andrea Otti non tornava, e la città si faceva sempre più trista. Le mamme lo ricordavano raccontando le favole ai figli, e le raccontano così bene la favola di Andrea Otti che ancora adesso c’è chi non ci crede. Le raccontavano loro e tutta la tivù di stato: Mafiopoli 1, 2, 3 e Beghe 4 e Banale 5. Un kolossal di proporzioni proporzionali e con un pizzico di maggioritario, senza la preferenza unica.
Ma Mafiopoli non va mai in prescrizione e le leggi della natura non si spengono: se Andrea Otti non è tornato, forse è perché non è mai andato via. Noi mafiopolitani stàmo, magnàmo enon pagàmo, alla Romana.

RADIO MAFIOPOLI – Regole fondamentali di latitanza civile, ore 14:00 in diretta

Mi hanno chiesto – perché sfottere la mafia? Ho risposto – perché no?

Siamo nell’epoca del culto per la credibilità e per l’onore, della comunicazione masticata e poi sputata, della dignità da discount; in tutto questo magma di garantismo avanzano nel borsellino, come la moneta, quelli che a ragion veduta dovrebbero essere il braccio armato della “cosa nostra di chi?” al soldo di qualche incravattato nelle stanze del potere.

– Perché sfottere la mafia?

Perché siamo stanchi di questi falsi miti da fiction che qualcuno vuole convincerci possano tenere sotto scacco una nazione. Perché disonorare la mafia è una questione di onore. Perché è il nostro modo da giullari per urlare il nostro no. Perché fanno ridere mentre si mettono in posa per fare paura. Perché come diceva Peppino la mafia è una montagna di merda.

Perché smontare la loro credibilità è il nostro modo per opporsi ad un racket culturale e in più ci divertiamo un mondo.

REGOLE FONDAMENTALI DI LATITANZA CIVILE
A Mafiopoli una volta c’è stato un momento, un secondo soltanto, un istante di stallo: di quegli stalli belli bellini che nessuno osa toccare, come le stalle mafiuse di Dito Ditale giù a Partinico, di quegli stalli e stalle che ci vuole un Genio a buttarle giù, perché le persone normali sentono troppo odore e se la fanno sotto, come per  le stalle mafiuse di Dito Ditale giù a Partinico.
A Mafiopoli c’è stato il santo momento di stallo quando l’accalappiacani ha preso Zu’ Binnu di Provenza che girava randagio. L’hanno preso nel bel mezzo del festivàl internazionale della bieta erbetta e ricotta con il grembiule elettorale quello in raso che ci aveva regalato Totò (l’altro). Preso Binnu tutte le campane a Mafiopoli e i campanelli in parlamento suonavano a morto, più che morto, come quasi a babbo morto, ecco.
E allora c’è stato lo stallo: anzi c’è stato lo Stato Stallo, che attraversa la prima repubblica, la seconda e ci ha già l’abbonamento per la stagione della terza, tanto è avanti lo Stato Stallo. Il Principe Cacchiavellico, che siede sullo scanno più alto, solo lui se la rideva sotto i baffi. Perché su Binnu di Provenza,  adesso che lo avevano accalappiato arrotolato nel grembiulino,  si apriva una grande stagione di filmoni e a Mafiopoli si registrava un’impennata di vendite di ricotte alla faccia della mozzarella di bufala.
Don Binnu da Provenza l’hanno rinchiuso in carcere duro. Ma duro di quelli duri, dove te la fanno pagare: ti danno la pasta scotta, la carta igienica ruvida, e hai il televisore fisso su rete 4. E Don Binnu in carcere sta male, perché il carcere duro è duro anche per un duro come lui, tanto che ce l’ha anche scritto al Principe Cacchiavellico che bisogna risolverla quest’infamia del  41 bis come diceva anche U’Curtu, magari con 41 tris o con una leggina nuova nuova e chiamarla la 44. In file per sei con il resto di due. Per questo il sindaco ha pensato ad una nuova forma di detenzione: dopo la detenzione di droga alla Barbalamenti, la detenzione pensionistica alberghiera per Binnu e suo compare Totò: cornetti caldi, alici fresche e ricotta come se piovesse. E tutti i giovedì nell’orata d’aria Binnu dalla provincia di Provenza se la gioca a Monopoli con Angelo Sìeno, che a monopoli ci sa fare perché a Mafiopoli era stato assessore alla deflorazione  urbanistica. E mastro Sìeno come ci riempie via Corta e via Stretta di case lui, non ce n’è nessuno al mondo. Perché a Mafiopoli l’edilizia è tutta questione di cubatura: la cubatura delle valigette sotto la scrivania dell’ufficio tecnico. E così anche se il carcere è duro è come tornare ai vecchi tempi quando si costruivano le case in quattro e quattrotto senza complicanze con la benedizione di Cianciamino. E così scorre lenta la prostatica detenzione dell’ex capo, lenta e dura come il sugo attaccato sul fondo della pentola. Alla faccia di tutti gli amici degli amici e dei più fortunati tra loro che sono finiti in pirlamento.
Arrestati Binnu e Totò a Mafiopoli si sono aperte le primarie. Perché Mafiopoli è democratica e al passo con i tempi: a Mafiopoli sono anni che governa il governo ombra e quello vero fa’ la sua onesta apposizione. Per le primarie si erano presentati in due, che però se li guardavi da vicino sono tre. Matteo Messina Soldino e i Lo Pippolo, che sono due come le Kessler. I Lo Pippolo erano partiti alla grande, sarà anche che sono due, ma poi li hanno presi e fine dei giochi. Li hanno presi perché a latitare in due ci sono quei soliti vecchi problemi di convivenza (calzini sporchi, lavare i piatti e cosa vedere alla sera in tivù) e poi li hanno presi perché non puoi latitare bevendo champagne dal baretto al piano terra. Questa tracotanza di latitanza indispettiva anche lo Zio Binnu che era mezzo secolo che andava a ricotta e al massimo al compleanno s’era bevuto mezzo Tavernello moscio e siccome anche a Mafiopoli vale l’adagio “chi troppo vuole” alla fine hanno dovuto abbandonare la tornata elettorale. Matteo Messina Soldino non si sa ancora se adesso ha vinto, perché lui è un latitante professionista e non lo trovano neanche gli amici per portarci la medaglia della vittoria. L’ultima immagine conosciuta è un ritratto del secolo decimo quarto della collezione di Totò (l’altro). E allora ritorna lo Stato di Stallo dello Stato Stallo di Mafiopoli.
Ma la lotta non si esaurisce a Mafiopoli e nuovi arrivi si aspettano. Intanto si è risolto il problema del governo e come deciso dagli anziani del posto come governatore ci hanno messo uno che non ha impicci, meglio ancora uno che addirittura non è nemmeno del posto; tant’è che ci hanno messo un Lombardo. Il papa Greco (che ormai sta anche lui sull’olimpo dei silurati insieme a Zeus e don Tano che fa’ da chierichetti), il papa Greco diceva che Mafiopoli non smetterà mai, che passano gli uomini ma non le tradizioni e che non si sa mai che un giorno arrivi un Principe che si prenda l’impegno per amore della città un ponte ideale che proietti Mafiopoli in nuovo futuro fatto libertè, legalitè, umiditè, mafiusitè e cocainè. Alla francese.

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Dal 17 settembre Giulio Cavalli e la Bottega dei Mestieri Teatrali presentano: “Radio Mafiopoli”

Dal 17 settembre Giulio Cavalli e la Bottega dei Mestieri Teatrali presentano:

“Radio Mafiopoli”

Una striscia settimanale sulle cronache dalla Repubblica di Mafiopoli. Dieci minuti irridenti, dieci minuti di satira sulla mafia e i suoi protagonisti.

Ogni mercoledì alle 14.00 in onda su AgoraVox Italia e LoStrillone.

Tutti i blogger e i cittadini possono ridiffondere la trasmissione attraverso i proprio siti e blog.

Venerdì 3 Ottobre, nell’ambito della presentazione di AgoraVox Italia, presso il Nuovo Cinema Aquila – Roma, Giulio Cavalli condurrà una puntata alla quale potranno intervenire i presenti  – l’invito è scaricabile cliccando qui -.

Una striscia che riprende la tradizione dell’indimenticato Peppino Impastato e l’esperienza della sua Radio Aut. Una voce che si prende gioco della mafia e delle sue connivenze per ricordarci che la mafia non è solo un problema siciliano.

Giulio Cavalli

Giulio Cavalli, Milano 1977, fonda a Lodi nel 2001 la compagnia Bottega dei Mestieri Teatrali. Firma il testo e la regia delle prime produzioni Il Cantafavole Muto, Tetiteatro e un chicco di caffè, Carro Poetico, Pulvere de Katabatù e Filo Spinato.
Nel 2006 mette in scena (Re) Carlo (non) torna dalla battaglia di Poitiers giullarata in occasione del quinto anniversario della morte di Carlo Giuliani
Il 27 marzo 2008 è stata presentata al Teatro alle Vigne di Lodi l’anteprima di Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi, coprodotto dal comune di Lodi e dal comune di Gela, in collaborazione con la casa della memoria “Felicia e Peppino Impastato” ed il Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato”.
Dalla stagione 2007-2008 Giulio Cavalli è inoltre direttore artistico del Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco, nella provincia di Lodi.

AgoraVox

Nasce in Francia nel 2005 da un’idea di Carlo Revelli che “sentiva” una discrepanza tra l’opinione pubblica e quella dei politici e dei media mainstream in merito al referendum sulla Costituzione Europea. AgoraVox nasce, anche, da un avvenimento tragico : lo Tsunami 2004. Il flow d’informazione non era gestibile attraverso i media tradizionali e il mezzo di comunicazione privilegiato divenne il Web. Decise, quindi, di fondare un giornale partecipativo. L’edizione francese, oggi, conta un milione di visitatori unici al mese e 35000 “reporter” che sottopongono degli articoli. Tra loro circa 1000 moderatori, votano gli articoli off line e quelli più interessanti sono pubblicati.. In Francia AgoraVox il secondo medium più citato su Internet dopo Le Figaro. Da Giugno AgoraVox é una Fondazione indipendente per evitare possibili derive aziendalistiche e/o politiche consentendoci di preservare la nostra indipendenza. AgoraVox ha per vocazione la libera diffusione delle informazioni provenienti dai cittadini. La versione italiana, oggi, conta già più di 300 reporter

Lo Strillone

“Lo Strillone” vuole dare forma a una rete di soggetti informativi e culturali. Non un soggetto egemone, ma un soggetto di servizio. A servizio di chi vi aderisce, ognuno con pari dignità, e a servizio di chi ne fruisce. La nostra intenzione è quella di creare un luogo di produzione e di scambio di oggetti informativi e culturali prodotti da soggetti già attivi sul web (e non solo) e fra loro empatici. Dare informazione, creare dibattiti, distribuire prodotti (evitando il saccheggio che spesso avviene sul web delle produzioni intellettuali e dei materiali che ciascuno di noi mette in rete quotidianamente). Un nuovo media costruito da tanti media. Che non si annullano in un nuovo oggetto, ma lo utilizzano per moltiplicare la massa critica dell’informazione e della cultura prodotte fuori dal circuito tradizionale.

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