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Marco Minniti

Lo Stato di diritto (e di rovescio)

Non sta facendo il clamore che dovrebbe il fatto che in Italia la giornalista Nancy Porsia, esperta di Libia, sia stata illegalmente intercettata nell’inchiesta di Trapani sulle Ong nel 2017. Partiamo da un punto fermo: Nancy Porsia non è mai stata indagata eppure un giudice, su richiesta della polizia giudiziaria, ha deciso che si potesse scavalcare la legge: nel documento di 22 pagine – datato 27 luglio 2017, firmato Sco, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera – ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’Africa del nord. La notizia è stata data dal quotidiano Domani che racconta come indirettamente, oltre a Porsia, siano stati ascoltati anche il giornalista dell’Avvenire Nello Scavo, conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti, Fausto Biloslavo de Il Giornale e Claudia Di Pasquale di Report.

Primo punto fondamentale: in uno Stato di diritto che non venga rispettato il diritto per intercettare giornalisti che parlano con le loro fonti (nel caso di Porsia addirittura vengono intercettate anche telefonate con l’avvocata Ballerini, la stessa che si occupa della vicenda Regeni) significa che il potere giudiziario (su mandato politico, poi ci arriviamo) scavalca le regole per controllare coloro che per mestiere controllano i poteri per una sana democrazia. È un fatto enorme. E non funziona la difesa di Guido Crosetto (il destrorso “potabile” che è il braccio destro di Giorgia Meloni) quando dice che anche i politici vengono intercettati: si intercetta qualcuno dopo averlo iscritto nel registro degli indagati e soprattutto in uno Stato di diritto si proteggono le fonti dei giornalisti, con buona pace di Crosetto e compagnia cantante.

C’è un altro aspetto, tutto politico: in quel 2017 gli agenti di sicurezza presenti a bordo della nave Vos Hestia dell’Ong Save the Children portano foto e prove (che poi si sono rivelate più che fallaci visto che tutto si è concluso in una bolla) prima a Matteo Salvini, prima ancora che alle autorità giudiziarie. È scritto nero su bianco che proprio Salvini su quelle informazioni ci ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Un giornalista, Antonio Massari, racconta la vicenda su Il Fatto Quotidiano e costringe Salvini ad ammettere di avere avuto contatti, prima delle forze dell’ordine, proprio con i due vigilantes che puntavano a ottenere in cambio qualche collocazione, magari politica. Salvini, conviene ricordarlo diventerà ministro all’Interno.

Rimaniamo sulla politica: l’ordine di indagare sulle Ong parte dal ministero dell’Interno dell’epoca di cui era responsabile Marco Minniti. Ci si continua a volere dimenticare (perché è fin troppo comodo farlo) che proprio da Minniti parte la campagna di colpevolizzazione delle Ong che verrà poi usata così spregiudicatamente da Salvini e compagnia. Ad indagare sull’immigrazione clandestina viene applicato il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato, il servizio di eccellenza degli investigatori solitamente impegnato in indagini che riguardano le mafie. Anche questa è una precisa scelta politica.

Rimane il sospetto insomma che politica e magistratura si siano terribilmente impegnate per legittimare una tesi precostituita. Di solito (giustamente) ci si indigna tutti di fronte a una situazione del genere e invece questa volta poco quasi niente. Anzi, a pensarci bene la narrazione comunque è passata.

È gravissimo e incredibile eppure accade qui, ora.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Minniticrazia capitolo secondo: promosso anche l’ex vicequestore che accusò i manifestanti di aver ucciso Giuliani

Ne scrive Matteo Pucciarelli su Repubblica:

Nell’immagine, il filmato nel quale si vede Lauro (l’agente in primo piano) lanciare un sasso contro i manifestanti il 20 luglio 2001, a Genova

Il poliziotto Adriano Lauro, 54 anni, è stato nominato questore di Pesaro. Era in piazza Alimonda il giorno in cui venne ammazzato Carlo Giuliani, il 20 luglio 2001. Ma diventò famoso soprattutto per un altro motivo. Quando i manifestanti che assistettero alla morte di Giuliani cominciarono a urlare “assassini, assassini” in direzione degli agenti, lui rispose andando ad inseguire un no global “lo hai ammazzato tu, sei stato tu con le pietre, pezzo di m….”. Pietre che in realtà poco prima aveva lanciato lui in direzione dei no-global.

Lo stesso funzionario venne duramente criticato nella causa civile promossa dai genitori di Carlo Giuliani (finita con un’archiviazione)  per non aver impedito che un poliziotto o un carabiniere mai identificato colpisse in testa con una pietra Carlo, steso a terra e ormai privo di vita dopo essere stato raggiunto dal proiettile esploso dal carabiniere Mario Placanica.

Dopo aver prestato servizio a Roma e poi alla polizia ferroviaria in Campania, adesso la promozione nella città marchigiana.

«Minniti? Uno sbirro in guerra contro i migranti»: parla Gino Strada

«Minniti è il ministro più apprezzato del governo Gentiloni? Bene, andiamo proprio bene! Minniti ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui ributtare in mare o riconsegnare bambini, donne incinte poveracci a quelli lì in Libia, e farli finire nelle carceri ammazzati o torturati, è una cosa compatibile con i suoi valori. E si sente orgoglioso di quel che fa»: l’attacco al ministro dell’Interno è del fondatore di Emergency Gino Strada, al microfono di Radio Capital, che lo ha reso noto. «Questi accordi con la Libia e il decreto del ministro Minniti sono niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti. Noi già oggi siamo responsabili di diversi morti, diverse persone torturate, centinaia o migliaia di casi di violazione dei diritti umani, e per soddisfare il nostro egoismo e la necessità di una politica di livello infimo, non esitiamo a ributtare questa gente in quell’inferno, nelle mani di torturatori assassini», ha aggiunto Strada.

(fonte)

Il capolavoro di Minniti e la “tenuta democratica”

Scrive, a ragion veduta, Alessandro Gilioli:

A proposito: eccola qua, la “tenuta sociale” ritrovata.

Da due o tre mesi in Italia non si parla che di migranti.

Non c’è più nessun’altra questione: precariato, povertà, licenziamenti, la gente che non sa dove sbattere il cranio per arrivare alla fine del mese, l’età pensionabile che va verso il record mondiale di vecchiezza, i conti dell’Inps che garantiscono agli under 35 una terza età da poveri in un monolocale di borgata, la fuga disperata dei ragazzi all’estero, gli otto mesi per avere una colonscopia in una struttura pubblica che diventano otto ore se estrai la Visa – e così via.

Niente, non c’è più nient’altro, da nessuna parte, solo migranti migranti migranti. Migranti in tivù, sulle radio, sui giornali, nei social, nelle conversazioni al bar. Un pensiero invasivo. Totalmente sproporzionato alla sua portata reale, ma gigantescamente invasivo.

È stato un capolavoro, quello di Minniti. Alla Goebbels, direi: e non per una “reductio ad Hitlerum” – non fraintendete – ma come effetti di potenza persuasiva.

E così abbiamo scampato il rischio della “mancata tenuta sociale” del Paese. Siamo di nuovo una società unita, wow.

Però basata sull’odio, sul pregiudizio, sul razzismo, su una narrazione intimidatoria e – fra l’altro – sulla morte nel deserto di migliaia di esseri umani.

Però unita, caspita, anche politicamente: dall’estrema destra al Pd passando per il Movimento 5 Stelle, dagli editorialisti più compassati d’establishment a quelli che si vantavano ogni giorno di essere contrari a tutto e fuori dal coro.

Abbiamo nascosto i problemi sociali sotto la coltre dell'”emergenza migranti”, come quei generali sudamericani che quando temevano una rivoluzione chiamavano all’orgoglio patrio e dichiaravano guerra uno stato vicino.

Il suo post lo trovate qui.

Il pugno di Minniti?

Da leggere (e meditare) l’articolo di Francesco Anfossi:

Dicono che Marco Minniti stia lavorando per diventare il prossimo premier. Il vento contro i migranti sembra avergliene dato l’ occasione e anche i sondaggi lo danno in testa nelle classifiche di gradimento dei ministri, subito dopo lo stesso premier Gentiloni. Fatto sta che è indubbiamente Minniti ad aver spostato l’ asse politico del Governo sugli immigrati. Ha cominciato a imporre un codice per le Ong che soccorrevano i naufraghi, imponendo polizia armata a bordo e negando il trasbordo da una nave all’ altra. Il risultato è stato quello di allontanare le navi delle organizzazioni umanitarie dal Mediterraneo e di aver contribuito alla più grossa campagna di screditamento delle Ong mai subita nella loro storia. Il resto lo ha fatto Matteo Renzi, decretando il “de profundis” per lo “ius culturae”, che riconosceva la cittadinanza ai minori figli di immigrati residenti da almeno cinque anni dopo che avevano frequentato almeno un ciclo di studi, tra gli applausi di Alfano. Non c’ è più tempo per la politica alta e per l’integrazione, siamo in campagna elettorale.

«Governare i flussi migratori non è un optional, è un tema centrale per la nostra sicurezza. Per la nostra democrazia», ha detto Minniti imperturbabile nel tradizionale incontro ferragostano con i giornalisti. Il punto è come governarli. A manganellate, come chiede l’uomo della strada e la suburra digitale di Facebook? Finora è questa la risposta del Governo. Piace il suo piglio pragmatico, la sua faccia di duro, persino il suo passato di vecchio comunista: «Quando ero nella sede del Pci in Calabria avevo attaccato fuori un cartello: “Qui si lavora e non si fa politica”. Volete farmela fare adesso?». Ha citato il suo maestro di gioventù, Antonio Gramsci: «Il compito di una classe dirigente non è quello di mantenere la propria posizione per il proprio controllo della società ma per il proprio superamento». Legge e ordine, insomma, non è stato anche il motto di Blair?

Il problema è che Minniti sta alzando un po’ troppo l’ asticella dell’ ordine. A Roma si sono viste scene di guerriglia urbana degne del Venezuela nei confronti di un gruppo di rifugiati politici: uomini donne, vecchi, bambini e persino portatori di handicap che sono scappati dalla guerra. Tutti con i documenti in regola, titolari dello status di rifugiato. Occupavano da 4 anni un palazzo di via Curtatone ed erano stati sgomberati. Poliziotti in assetto antisommossa hanno usato gli idranti e si sono messi a manganellare per liberare la piazza da un centinaio di loro, tra cui numerose donne in lacrime, alcune delle quali inginocchiate con le braccia alzate. Uno spettacolo indegno per una democrazia, che ha suscitato le proteste di Amnesty International e dell’ Unicef per come sono stati portati via i bambini sui pullman della polizia. Nemmeno il governo dei respingimenti di Berlusconi, che pure si era ritrovato una condanna della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, si era mai spinto fino a questo punto.

Non sappiamo se andrà avanti così fino alla fine della campagna elettorale. Non sappiamo nemmeno se la nuova politica contro gli immigrati sarà premiante in termini di consenso elettorale per il Partito democratico (a quel punto tanto vale andare all’ originale, Lega Nord e grillini in primis). Sappiamo però che questo pomeriggio si è scritta una pagina nera per la democrazia. Nera o rossa, che poi è lo stesso: comunismo e fascismo sono due totalitarismi contigui, in fondo. Questo Gramsci lo sapeva benissimo.

(fonte)