Caro direttore,
ho avuto modo questa mattina di leggere il Suo giornale, come ogni mattina e mi sono ritrovato citato nell’articolo “Torna la Binetti ma e’ con Casini” a firma del giornalista Carlo Bertini in cui vengo inserito tra le candidature appartenenti al mondo dello “Show business” a fianco dell’igienista berlusconiana Nicole Minetti e altri “colleghi”.
Le confesso, direttore, che sono più che abituato alle diverse e banalizzanti etichette che in questi anni mi sono meritato da semplicistiche penne che hanno incrociato la mia storia; non ultima quello dell'”attore minacciato dalla mafia” che anche il Suo giornalista e’ andato a ripescare. Per questo Le confesso che sono preparato a leggere in gran quantità accostamenti più o meno in malafede con “uomini di spettacolo” che dovrebbero essere solo note di colore e di costume di questa prossima campagna elettorale.
Non riesco pero’ (per la stima che ho per Lei, la Sua storia, e il Suo giornale) a trattenermi dall’esprimerle il mio rammarico nel scoprire che proprio Voi avete aperto questa strada.
Chieda a mia moglie o ai miei figli o ai miei collaboratori quanti lustrini delle show business hanno in una giornata che e’ scandita dalla scorta e dalla mancanza di libertà e serenità. Chieda ad Addiopizzo, Libera e le altre associazioni con cui mi onoro di collaborare da anni nelle piazze, nelle scuole e nei convegni, quanto ci sia di “spettacolare” nelle nostre attività. Chieda ai famigliari delle vittime di mafia con cui abbiamo elaborato testi e progetti quanto la preservazione della memoria sia un lavoro carbonaro e non certo merce da palcoscenico.
Le etichette banalizzanti e gli accostamenti incauti sono molto più sconfortanti delle pallottole anonime, caro direttore. E Lei questo dovrebbe saperlo bene. Accostare il mondo che con umiltà e fatica cerco quotidianamente di rappresentare a vallette o quant’altro e’ perlomeno ardito.
Certo di un Suo riscontro.
Con immutata stima
Giulio Cavalli