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mediocrità

Lo stolto guarda il dito

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha incontrato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen decidendo di fare apparecchiare una sedia accanto alla sua per il presidente del Consiglio Europeo e lasciando di lato la presidente della Commissione. Di lato, con tutto il significato simbolico che ha quell’immagine in cui i due maschi se la cantano e se la suonano in posizione padronale mentre Von der Leyen appare lì solo di passaggio. Erdoğan, come molti dei sovranisti di questa epoca triste, sa benissimo che un’immagine può essere utilissima per solleticare gli sfinteri dei suoi elettori senza nemmeno prendersi la briga di dovere aggiungere altro. Del resto chi è povero di contenuti ha sempre bisogno di simboli per non apparire vuoto.

Von der Leyen ha capito al volo e non ha gradito se è vero che il suo portavoce Eric Mamer in conferenza stampa ha raccontato come sia rimasta “sorpresa” e dopo la «sorpresa, Von der Leyen ha deciso di andare avanti, dando priorità alla sostanza dell’incontro più che al protocollo». Anche sul fatto che la scelta del premier turco sia stata presa contro le donne non sembra lasciare molti dubbi (e lo scriviamo prima che qualche fallocrate venga a spiegarci che si tratta delle solite fisime da femministe) se è vero che Mamer ha dichiarato apertamente che «indipendentemente dal fatto che von der Leyen sia una donna, la presidente doveva essere accomodata come le altre istituzioni europee».

C’è da dire che anche l’atteggiamento del presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è riuscito a brillare per mediocrità: se è vero che da Erdoğan non ci sia molto di diverso da aspettarsi il collega di Von der Leyen avrebbe potuto fare un gesto, almeno un cenno, anche perché dalle informazioni a disposizione sembra che sia stato proprio il suo staff a eseguire il sopralluogo prima dell’incontro. Ma vuoi mettere la soddisfazione di fare il maschio tra maschi con una donna di lato? Deve essere stato irresistibile.

Poi, volendo, ci sarebbe il punto politico: Erdoğan già si è distinto per pessimi commenti discriminatori e offensivi nei confronti delle donne, nel 2016 disse che erano da considerarsi «prima di tutto delle madri». Poi il suo governo ha annunciato il ritiro dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. In Turchia tra l’altro si viaggia alla media di due femminicidi al giorno e la pandemia ha escluso ulteriormente le donne dalla partecipazione al mondo del lavoro e alla politica.

Infine c’è la domanda delle domande e c’è anche la risposta: l’Europa si tiene stretto Erdoğan (con i nostri 6 miliardi regalati) per le sue ingerenze militari e per assolvere il lavoro sporco che l’Europa gli ha appaltato. I signori della guerra sono i sicari dell’Europa per fingere di dimenticarsi dei diritti umani. In cambio basta blandirli un po’ (come ha fatto nei giorni scorsi Draghi) oppure ingoiare qualche sgarbo nel cerimoniale. E chissà che i bifolchi non siano solo quelli che vengono colti in fallo, chissà che non si stia guardando il dito.

Buon giovedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Fingeranno sempre di passare lì per caso

Il governo ha deciso di chiudere le piste da sci sulla base dei dati del Cts sui contagi. Apriti cielo. Da Salvini a Zingaretti si levano voci sdegnate. E a parlare così sono i politici di quegli stessi partiti che hanno ministri nell’esecutivo Draghi. Ecco cosa c’e dietro il “governo dei sogni”

Giornata interessante, quella di ieri. Giornata significativa anche per quelli che da qualche giorno sospirano petali di rosa sognanti per un Draghi taumaturgo che avrebbe il potere di cancellare i partiti, la politica, la mediocrità di certi leader e soprattutto i normali meccanismi democratici di un Parlamento.

Accade che il governo decida di chiudere le piste da sci che invece avrebbero dovuto aprire. Accade che lo faccia all’ultimo momento: l’ultimo momento del resto è il primo momento utile con i nuovi dati che arrivano dal Comitato tecnico scientifico e volendo ben vedere anche il primo giorno utile da un governo che è naufragato per regalarci il governo dei sogni, il governo dei migliori, il governo che avrebbe cambiato tutto. Accade che di fronte i dati dei nuovi contagi (perché la curva non si abbassa più e anzi in modo preoccupante tende a rialzarsi probabilmente a causa delle varianti del virus) si decide di tenere chiuse le piste sciistiche. Apriti cielo: ogni volta che qualcuno tocca un settore qualsiasi ovviamente (e giustamente) si levano voci sdegnate. Ma badate bene, qui non si tratta delle voci dei lavoratori, che si sono ritrovati nella pessima situazione di dover cancellare una riapertura programmata che è costata organizzazione, soldi, fatica e che inevitabilmente costa moltissimo in termini economici e di spirito. No, qui si levano le voci sdegnate dei politici.

«I ministri hanno la nostra fiducia. ma serve cambiare qualche tecnico – ha avvertito Salvini – La comunità scientifica è piena di persone in gamba». Il presidente di Regione Lombardia, il leghista Fontana dice: «Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato». «Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura», dice il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Piste da sci aperte in Friuli Venezia Giulia dal 19 febbraio anche per gli sciatori amatoriali. Il governatore Massimiliano Fedriga ha firmato l’ordinanza urgente n. 4/2021 con cui apre anche agli sciatori amatoriali, a decorrere dal 19 febbraio e fino al 5 marzo, gli impianti nelle stazioni e nei comprensori sciistici. «Per noi viene prima di tutto la salute dei cittadini ma è raccapricciante e imbarazzante vedere un’ordinanza che proroga la chiusura degli impianti da sci pubblicata 4 ore prima di mezzanotte», dice il presidente veneto Luca Zaia. Ma badate bene, non è mica solo la Lega: «Il danno per l’economia dello #sci e della #montagna è davvero immenso. Il Governo si adoperi subito per indennizzi e ristori a chi è stato colpito. Questa è la priorità assoluta», spara il segretario del Pd Zingaretti. «Non posso non esprimere stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza», dice il presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. Italia Viva (figurarsi) chiede “un cambio di passo”. E via così.

Tant’è che a un certo punto si diffonde l’opinione che la decisione sia stata presa dal ministro Speranza, da solo rinchiuso nella sua stanzetta e che loro non ne sapessero niente. Peccato che a metà giornata Palazzo Chigi (quindi Draghi) fa sapere all’Agi che la decisione sugli impianti sciistici è stata adottata in base alle informazioni fornite dal Cts e condivisa dal governo e dal presidente del Consiglio Mario Draghi. Cioè la decisione è stata discussa con tutti i ministri e quindi si presume che i ministri abbiano avvisato i segretari del proprio partito e quindi si presume che sia tutta una posa, una finta sorpresa, un giochetto facile facile: questi fingeranno sempre di essere presi alla sprovvista perché appoggeranno il governo nella comoda posizione di chi comunque si sente un battitore libero. E continueranno a sparare cannonate perché Draghi potrà (forse) riuscire a tenere a bada i ministri e non i partiti, com’è normale che sia.

Ora capite perché la favola del “governo tecnico” è una bufala? Questi continueranno a fingere di passare di lì per caso, in Consiglio dei ministri, rimanendo stupiti tutte le volte, ognuno per proprio tornaconto elettorale. Il “governo dei sogni” è un governo che ha messo sul palcoscenico tutte le mediocrità, nessuna esclusa, e che rende facilissima la vita agli “oppositori interni”, quelli che sfasciano tutto per sentirsi vivi. Un capolavoro, insomma.

Buon martedì.

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Un mondo dominato dai mediocri

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(Un bell’articolo di Gianna Fregonara per il Corriere della Sera)

Curiosità, coraggio, talento? No, per essere cooptati, nelle imprese come nelle organizzazioni e nei posti decisionali, vince il conformismo, denuncia in un saggio il filosofo canadese Alain Deneault.

Il primo allarme era venuto dagli Stati Uniti: le prestigiose università della Ivy League, quelle da cinquantamila dollari l’ anno (retta più vitto e alloggio) sfornano «pecoroni di eccellenza», un gregge di conformisti, un’ élite – ci mancherebbe – preparata e competente ma incapace di «curiosità, ribellione, coraggio morale, stravaganza appassionata», aveva tuonato poco più di un anno fa in un polemicissimo pamphlet William Deresiewicz, professore scartato sì da Yale, ma appassionatamente informato di quel che succede lì.

Adesso a puntare il dito contro il conformismo vincente è un altro autore sempre dal continente americano. Il filosofo canadese Alain Deneault ha da poco pubblicato un saggio (non ancora tradotto in Italia) dal titolo eloquente: La Médiocratie (La Mediocrazia, edizioni Lux). Dov’ è finito il genio? Il talento e il pensiero critico e scomodo sono scomparsi? Le idee luminose ma per questo anche fastidiose non sono più apprezzate.

L’ audacia delle scoperte sgradita, schiacciata dall’«estremismo del centro», della normalità. Se Deneault ha ragione saremmo già sprofondati in un nuovo modello socio-economico fondato sul predominio sociale e culturale dei «mediocri». O, forse sarebbe meglio chiamarli, i «mediani», nel senso di persone che sono mediamente competenti, mediamente informate e mediamente esperte. In altre parole normali. Ma proprio per questo assimilate, pigre, sbiadite.

Cooptate, nelle imprese come nelle organizzazioni e nei posti decisionali, non tanto per le loro doti ma perché leali e affidabili, certamente esperte ma noiose, che fanno funzionare gli ingranaggi meglio di colleghi magari talentuosi ma fuori dagli schemi e dunque inaccettabili.

È una rivisitazione del principio di Peter (in una gerarchia ognuno arriva svolgere il lavoro per cui è incompetente) adattata al nuovo millennio quella contenuta nel Médiocratie di Deneault, un modello che porta secondo l’ autore alla corruzione e alla disintegrazione della società?

Una visione poco meno catastrofica di altra letteratura sull’ argomento, che va da Flaubert a Marinetti fino al filone fantascientifico con il racconto «Null-P» di William Tenn, dell’ inizio degli anni Cinquanta, che comincia con l’ individuazione del modello dell’ uomo medio e finisce con l’ estinzione – nell’ indifferenza dell’ Universo – dell’ umanità.

Nel caso di Deresiewicz e di Deneault il dito è puntato innanzitutto contro il sistema educativo, le Università in primis che tendono, a loro avviso, a sfornare esperti di problem solving «disposti a compromessi pur di essere invitati al tavolo d’ onore», fornitori di legittimità scientifica a chi li paga.

Un tema che non è estraneo al dibattito nell’ Università italiana e che spazia dalla critica ai sistemi rigidi di valutazione, come dimostra anche l’ ultima ricerca pubblicata da Vincenzo Nesi della Sapienza, alla discussione sullo scopo stesso degli studi universitari.
Ma neppure alla politica come si legge nel saggio di Andrea Mattozzi dell’ European University Institute di Firenze e Antonio Merlo della Rice University di Houston: hanno dimostrato che i partiti possono scientemente scegliere di non ingaggiare i politici migliori per vincere le elezioni.

Giudizi, questi sulla mediocrazia, invece un po’ troppo generici e tranchant secondo Massimiano Bucchi, professore di sociologia della scienza a Trento e autore del saggio «Per un pugno di idee, storie di innovazioni che hanno cambiato la nostra vita» (Bompiani): «È vero che oggi le istituzioni specialmente quelle scientifiche sono diventate sistemi molto grandi e complessi e devono poter funzionare a prescindere da chi c’ è in quel momento.

Ma non dobbiamo sottovalutare il fatto che siamo passati da una comunità scientifica di pochi scienziati a una professione, quella della ricerca scientifica, che riguarda ormai milioni di persone.

E dunque io sono più d’ accordo con Robert Merton quando sostiene che certe scoperte scientifiche sono inevitabili in un dato momento storico, che il genio che le interpreta è sì un acceleratore necessario ma il progresso ha uno sviluppo di sistema». Senza Albert Einstein la teoria della relatività si sarebbe scoperta lo stesso? «Probabilmente se la relatività non l’ avesse scoperta Einstein l’ avrebbe ricavata qualcun altro qualche anno dopo».

Chi ci ha reso così ciechi di fronte alla mediocrità

Sto lavorando in questi giorni sul polverone che si è alzato in Vaticano (se volete leggermi ne ho scritto qui e qui, intanto) e mi capita di avere a che fare con un pezzo di “classe dirigente” di questo Paese. Per di più la classe dirigente vicina al Papa e che si è occupata della razionalizzazione degli istituti finanziari di quello che è tra i più grossi imperi economici del mondo, con storia secolare e tanta letteratura sulle diverse intelligenze (buone e cattive) che l’hanno attraversato.

Ecco, se dovessi spiegare la sensazione che provo quando rialzo la faccia dalle carte, i documenti e le infinite giustificazione di chi mi capita di interpellare devo dire che la desolazione mi proviene soprattutto dal basso livello etico ma anche intellettuale di alcuni pezzi dell’intellighenzia alto borghese che infesta i salotti romani: persone arrivate ad occupare vertiginosi posti di potere per una serie di circostanze dettate semplicemente dalla prossimità fortunata e sincrona di qualcuno, ruoli ricoperti senza la benché minima professionalità, crocchi di plasticosi pupazzi nobiliari che sarebbero incapaci di elaborare un qualsiasi ragionamento senza la stampella servile di un codazzo di uditori, famelici frequentatori di una Chiesa vissuta come circolo esclusivo.

C’è un pezzo di Roma che è uno zoo di inetti investiti dalla fortuna di avere un merito che è solo censo o solo sangue. Eppure questa mandria riesce ad ottenere credito, a volte anche stima e addirittura timore reverenziale.

Ma esattamente quando abbiamo smesso di essere vigili di fronte alla mediocrità?