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movimento arancione

La rivoflessione arancione

Tra i tanti motivi per cui vale la pena leggere LEFT questa settimana (in edicola da ieri) c’è un pezzo che ho scritto raccogliendo le sensazione dei vari dirigenti di partito sulla rinuncia di Giuliano Pisapia a ricandidarsi sindaco di Milano. Devo dire che difficilmente ricordo un silenzio più rumoroso dopo l’annuncio di Giuliano (hanno finto di rammaricarsi ma non gli hanno chiesto di ripensarci) e ascoltando alcune voci sia del PD che di SEL si coglie quanto la rivoluzione arancione forse abbia faticato nel trovare dirigenti all’altezza. Ovviamente questo non lo dicono i vari segretari di partito ma ascoltandoli (e riportandoli su pagina) mi ha colto una grigia malinconia: sotto la brace brucia una mai sopita soddisfazione di vedere il civismo fallire e così il partitismo (nella sua forma peggiore) può ricominciare a dire di tutto senza dire niente, lasciando a Giuliano gli eventuali fallimenti e portandosi in campagna elettorale le note positive da rivendere alla prossima votazione. Peccato.

(Per chi crede che questo post sia anche pubblicità per LEFT: sì, certo. Mi auguro di avere a lungo un posto così comodo e umano per allenare il muscolo della curiosità)

I circoli

E’ una parola bellissima: i “circoli”. Perché dà tutto il senso del movimento che ci sta dentro e che dovrebbe venirne fuori. Quando immaginavo i circoli, prima di vederne così annacquato il senso, pensavo a quelle cose lì che stavano in circuito ristretto per poi portare il risultato della propria sintesi in un posto dove tutti le sintesi diventano un’altra sintesi con il rispetto di tutte le posizioni. Sembra banale, a leggerlo così scritto con le parole semplici semplici con cui me l’hanno spiegato e ho provato a scrivere qui. Eppure poi in pratica non funziona, non so se l’avete notato: non funziona proprio quasi mai. E così i circoli politici (dei partiti, dei movimenti o comunque si chiamino) rimangono i migliori cuscinetti dello sconforto, i circoli antimafia troppo spesso sono visti come nuova potenziale concorrenza sleale, i circoli umanitari vengono trattati come disturbatori con troppe bandiere di troppi diritti e i circoli culturali come disperazione elegante e poetica. Insomma sarebbe il tempo di organizzare i circoli sul serio o avere il coraggio di distruggerli una volta per tutte; riuscire magari a prendersi la responsabilità di organizzare la discussione uscendo dalle scorciatoie del “movimento liquido”, della “rete”, della burocrazia applicata addirittura allo scambio di idee o al ritornello dell’uno vale uno dove la direzione la indica chi urla più forte.

Circola negli ambienti dell’antimafia una battuta che è significativa: la criminalità è organizzata, noi no. E’ umorismo nero, satira tragica ma coglie  bene il senso: sclerotizziamo le differenze in correnti e lavoriamo “sotto” per provare ad imporre la più vicina a noi. Ci sarebbe da chiedersi se è normale, in un sinistro tempo di “larghe intese” non riuscire nel frattempo ad intendersi nemmeno tra noi, tra i più prossimi di noi o almeno tra gli aderenti alla stessa idea; dovremmo sapere dove sta il granello che ogni volta inceppa il meccanismo della risoluzione per accanirsi nella differenza che nessuno vuole sciogliere. Forse se cominceremo a salvare i circoli inizieremo a chiudere il cerchio.

Sarebbe ora che i circoli fosse gli avamposti piuttosto che le retrovie.

Bersani a parole semplici

«I democratici e i progressisti si impegnano altresì a promuovere un patto di legislatura con le forze di centro di ispirazione costituzionale ed europeista, sulla base di una comune consapevolezza e responsabilità di fronte alla straordinarietà del passaggio storico che l’Italia e l’Europa affronteranno nei prossimi anni»

(Dalla Carta d’intenti del Pd).

Scusi, segretario, ma non facevate prima a dire «Udc»? Non è che per caso avete scelto questa formula perché «forza di centro di ispirazione costituzionale ed europeista» fa pensare a De Gasperi anziché a Cuffaro, Buttiglione e Cesa?. E’ la domanda che si pone (e si fatica a non condividerne le preoccupazioni) Alessandro Gilioli sul suo blog.

E in fondo sembra il copione lombardo di questi tempi: mentre in tanti chiedono chiarezza (Claudio ad esempio oggi lo scrive con parole chiare), qualcuno gioca ancora a “fare l’arancione” con progetti che includono difformità antipatiche. D’Alfonso che ci insegna l’arancione è credibile come l’UDC di Bersani che dovremmo berci sulla base di una comune consapevolezza e responsabilità di fronte alla straordinarietà del passaggio storico.

Sarà un’estate calda. Sicuro.