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Napoli

Giulio Cavalli con la Mehari di Giancarlo Siani a Napoli

di Anna Copertino (qui)

“C’e un’italia diversa da quella che si vorrebbe… È quella dei servi, dei venduti, degli omertosi, dei vili, dei collusi e camorristi …. Un’italia figlia dei colletti bianchi, dei gattopardi, dei para-politici … Un’italia che non tutela la libertà d’espressione e parola…. Un’italia che tutela e da voce ad un corrotto, un lurido che, ancora continua a dire la sua… Un’italia che tacita chi, ha solo deciso di dire la verità nel rispetto degli altri e di se stesso, senza paura ed al di la delle minacce. Questa è l’italia… che non ha più nulla di legale, di libero, di dignitoso, d’umano… Che non tutela le persone vere … quelle che sono sempre, e da sempre, a dire senza reticenza e timore… Un’italia che non tutela chi continua a fare impegno antimafia anche nel suo lavoro d’attore… e non si presta al gioco “delle tre scimmiette” … perché sente, vede e parla… perchè si è stanchi di subire e si desidera un’italia che sappia riprendersi l’identità, la dignitá e la “maiuscola”.

L’attore Giulio Cavalli con il suo spettacolo “L’Innocenza di Giulio- Andreotti non è stato assolto” scritto con il procuratore della repubblica di Torino Giancarlo Caselli e lo scrittore Carlo Lucarelli, sta girando l’Italia, tra “soste forzate” per altre minacce che vanno ad aggiungersi a quelle già esistenti e che lo costringono a vivere sotto scorta dal 2009. Martedì 15 ottobre alle 18 al Pan — Palazzo delle arti di Napoli , Giulio Cavalli ha chiuso gli incontri della rassegna “In viaggio con la Méhari”. Cavalli per la giornata conclusiva con il suo recital “Esercitare la Memoria” ha ricordato Pasquale Romano, vittima innocente di camorra, nel primo anniversario della sua morte, e Giancarlo Siani, che perse la vita 28 anni facendo semplicemente il suo lavoro, il giornalista.

Giulio appena presa la parola, con grande prontezza ha subito ironizzato scartando le sedie con i cuscini viola, per scaramanzia teatrale e provocando grande ilarità tra i tanti intervenuti, e poi con la sua semplicità, con la sua faccia da “giovane pulito”, con parole sagaci e battute senza veli, senza omertà… raccontandosi.. giovane Arlecchino, menestrello del ‘500 ai giorni nostri… ha incantato la sala…. ha raccontato la verità.. quella stessa che viene punita, perché scomoda… nel ‘500 impiccavano… oggi minacciano…. ti costringono a fare l’attore scortato non per timore delle fans ma perché se decidi di fare impegno civile a teatro non va bene… rischi di essere sparato… e non perché stai recitando ma perché devi essere messo a tacere…. Ma Lui continua… imperterrito, la sua voce senza fine… è anche un po’ la nostra…

Cavalli nel nome di Siani: “Le mafie patetiche come il potere, l’arte li combatte da 5 secoli”

1397417_10202324424539864_1842204189_o“Il Mattino”, 16 ottobre:

Ha ricordato Giancarlo Siani col sorriso, col volto luminoso «di tutti quelli che amano il proprio lavoro». «Ma – ha detto rivolto al fratello Paolo – ricordiamolo piuttosto, come tutte le vittime di mafie, nel giorno della sua nascita». Così Giulio Cavalli ha chiuso il ciclo di iniziative “In viaggio con la Mehari” al Pan alla presenza del sindaco Luigi de Magistris, di Paolo Siani, presidente della Fondazione Polis, del vice direttore del Mattino Federico Monga e del cronista Arnaldo Capezzuto. “Esercitare la memoria” è il recital con cui l’attore che vive sotto scorta dopo le continue minacce subite dalla ndrangheta, ha salutato il pubblico nel giorno del primo anniversario della morte di Lino Romano, vittima innocente della camorra ucciso un anno fa a Marianella. Cavalli, che una settimana fa ha dovuto sospendere lo spettacolo in programma al Nuovo Teatro Sanità perché qualcuno aveva nascosto una pistola nel suo giardino, ha ricordato tutte le vittime della criminalità: da Falcone e Borsellino ai magistrati meno noti come Bruno Caccia, alla testimone di giustizia Lea Garofalo, non trascurando con il suo inconfondibile stile satirico, figure chiave della storia politica e della mafia nel nostro paese. All’incontro anche il sindaco, che ha sottolineato la solidarietà del Comune di Napoli all’attore, che «oggi qui è libero di parlare col suo teatro. Ed è per questo che con Cavalli creeremo una grande mobilitazione contro le mafie, specie quelle più pericolose che sono all’interno dello Stato». La kermesse, che ha visto interventi, dibattiti e presentazioni di libri, è stata chiusa simbolicamente dalle note della canzone che il cantautore Nando Misuraca ha voluto dedicare a Giancarlo Siani, che «continuerà a camminare tra la gente con la sua Mehari verde». giu. co.

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Da IlDesk.it

NAPOLI – Ha calamitato l’attenzione della platea sin da quando ha deciso di rimanere in piedi, perché “qualcuno ha avuto la malaugurata idea di mettere un cuscino viola sotto la poltrona”. Ha cominciato così Giulio Cavalli, strappando un sorriso al pubblico del Pan, con il suo “Esercitare la memoria”, il recital che ha messo in scena nell’ultima sera di “In viaggio con la Mehari”. Intervenuto a chiusura del ciclo di iniziative in ricordo del cronista del “Mattino” ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, l’attore che vive sotto scorta per le ripetute minacce della mafia e della ndrangheta per il suo impegno civile ha snocciolato una serie di episodi e figure chiave che hanno segnato la storia del nostro paese negli ultimi trent’anni. “Una buona notizia è che la mafia si può combattere – ha esordito nella saletta del Pan – è una storia che ha 500 anni, che esiste da quando c’erano i giullari e i cantastorie della commedia dell’arte che parlavano della pateticità del potere”. Poi ha iniziato a parlare della sua odissea, di quella vita sotto scorta, che lo vede finire nel mirino della mafia nel 2005. “Erano gli anni in cui cominciavano ad apparire i primi gruppi di fans di Totò Riina, anni in cui andava in onda una fiction come “Il Capo dei Capi”, in cui si metteva in atto il reato di favoreggiamento culturale della mafia. Poi nel 2006 stanarono Bernardo Provenzano”, prosegue nel racconto fino a tirare in ballo uomini di potere come Giorgio Ambrosoli, Michele Sindona, Roberto Calvi. Tocca le corde del cuore Cavalli, quando ricorda Giancarlo Siani “col sorriso, col volto luminoso, quello tipico di tutti coloro che amano il proprio lavoro”, mentre a lato scorrono le immagini del giovane cronista e dei suoi articoli. Infine, un pensiero per i testimoni di giustizia, come Lea Garofalo, di cui sabato saranno celebrati i funerali a Milano, e di Lino Romano, vittima innocente un anno fa di un agguato di camorra a Marianella, a pochi passi da Scampia. Insieme a Giulio Cavalli sono intervenuti il sindaco Luigi de Magistris, il presidente della Fondazione Polis Paolo Siani, il vice direttore del Mattino Federico Monga e il giornalista Arnaldo Capezzuto. “Oggi Giulio è libero di parlare col suo teatro – ha detto de Magistris -. Ed è per questo che con lui creeremo una mobilitazione collettiva contro le mafie, specie quelle più pericolose che si insinuano all’interno delle istituzioni”. A chiudere la kermesse le note della canzone che Nando Misuraca ha dedicato a Siani.

 

Morire per sbaglio. A Napoli. Un anno dopo.

Pasquale Lino Romano è uscito dal portone di casa, a Napoli, come si esce di casa dopo avere dato un bacio alla propria futura moglie per andare a giocare calcetto. Non c’è niente degli omicidi di camorra: paure, reati, vite in bilico, amicizie pericolose o pistole in tasca. Niente. Niente.

C’è solo l’uscire dal portone sbagliato nel momento sbagliato. Si muore anche così, con quella puttana di camorra.

Arnaldo ne scrive qui.

E’ buio e piove a dirotto. Negli occhi solo odio. La pistola è carica. Il colpo è in canna. Lui è eccitato. Già sente l’odore del sangue. E’ sicuro che da quel cazzo di portone verrà fuori Domenico Gargiulo detto “sicc e Penniell”, un bastardo, un traditore, un “girato” che ha preferito fare armi e bagagli e vendersi alla fazione camorristica rivale. Il “tribunale della malavita” lo ha già condannato: è un morto che cammina. Il sicario Salvatore Baldassarre possiede informazioni sicure. Una specchiettista di camorra per mille euro ha venduto al clan con un sms la vita di “sicc e Penniell”, fidanzato della nipote. Una trappola di camorra. Lui non sospetta di nulla. E’ comunque attento e lo protegge la buona stella. Scamperà per altre due volte la morte, di fronte a pistole che s’inceppano e a killer che sbagliano bersaglio.

Riaccendere la Mehari di Giancarlo Siani

Il 23 settembre del 1985 viene ucciso Giancarlo Siani, giornalista che si occupava di camorra, dicono le cronache.

Sbagliato.

Giancarlo Siani era un precario che poneva domande non convenzionali in un mondo come quello del giornalismo (ma non solo, perché ora è il mondo del lavoro, della politica, dell’ingegno applicato a qualsiasi professione) dove la precarietà è più pericolosa di una minaccia. O forse è la minaccia più pericolosa.

Mettere in fila i fatti e suggerire un ordine logico di lettura è la differenza tra il cronista passivo e l’osservatore (f)attivo: Giancarlo era un osservatore, un allenatore di logica e di consecutio dei fatti. Se non si coglie la differenza forse è inutile anche parlarne.

A Napoli in questi giorni si è deciso di riaccendere l’auto di Giancarlo (la Citroen Mehari) per ripercorrere il viaggio di Siani ma soprattutto per farsi una promessa: insistere con il dovere della curiosità e della logica e, se possibile, farla diventare una moda proprio oggi che va così poco di moda come allora.

Io, noi, ci vediamo per Giancarlo martedì 15 ottobre alle 18 al P.A.N.

Tutti gli eventi sono qui. Sperando che sia un buon viaggio soprattutto per noi.

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La lobby del bene

Arnaldo Capezzuto è giornalista e antimafioso. Sono due buoni punti per leggerlo, di solito, e usare una riflessione sui suoi pezzi. In più è napoletano di Napoli e in questo momento Napoli è molte cose tutte assieme, positive e negative. Ma Napoli è anche una nuova modalità di assegnazione dei beni confiscati che prevede la trasparenza (il totem di questo tempo, nelle pubbliche amministrazioni) e si permette di contestare il rapporto “fiduciario” nell’antimafia. Ed è una cosa buona, buonissima. Le lobby fanno male, nella mafia e nell’antimafia.

Un’industria, quella dell’anticamorra pronta a fare del bene, il loro, e spillare convenzioni dirette, protocolli d’intesa, finanziamenti esorbitanti (senza bandi e controllo pubblico), gestione dei beni confiscati con svariate e fantasiose attività, sportelli, centri di documentazione, biblioteche, festival, manifestazioni, anniversari, monumenti alla memoria tutto chiaramente in nome e per conto della legalità. Del resto la lotta alla camorra e alla sua cultura dev’essere un impegno quotidiano. Non solo interessi di parte ma sopratutto clientele dei soliti amici : i vecchi e i nuovi. Sì, perchè all’ombra della “lobby del bene” si concedono incarichi, contratti, consulenze, chiamate dirette e distacchi retribuiti. Una cinghia di trasmissione del potere che per osmosi accoglie e smista segnalazioni di questo e quel politico che poi si attiverà per l’inserimento di un codicillo o la scrittura di un bando ad hoc. Il tutto a buon rendere.

E’ bastato che il Comune di Napoli, in particolare l’assessorato ai Giovani, bandisse un avviso pubblico(no la solita telecomandata trattativa privata) rivolta ad associazioni, gruppi informali, volontariato organizzato dal basso per assegnare dei beni confiscati attraverso una regolare, trasparente e rara graduatoria che si creasse verso la giunta presieduta dal sindaco Luigi De Magistris un vero e proprio fuoco di fila.

Cosa dire, cosa aggiungere per ora nulla. Il timore è serio. Adesso oltre a liberarci dai clan della camorra dobbiamo difenderci e liberarci dalle “lobby dell’anticamorra”.

L’articolo di Arnaldo è qui.

A Napoli cadono le Mele

Giuseppe e Salvatore Mele sono fratelli criminali. Comandano la cosca della periferia occidentale di Napoli e da due mesi hanno messo a ferro e fuoco il quartiere dopo la loro scarcerazione di qualche mese fa; le vecchie cosche dei Pesce e dei Marfella andavano “rimesse a posto” dopo avere esagerato nel prendere piede. Storie di Napoli e di camorra che rimangono poco conosciute al di fuori della cronaca cittadina. Ora sono stati arrestati dalla Squadra Mobile e dei carabinieri del Nucleo Investigativo a Pianura e in zona ci si aspetta un nuovo riequilibrio. E noi dobbiamo essere qui ad ascoltare, con attenzione. Le faide fanno poco rumore, in estate.

A Napoli il Nuovo Teatro Sanità

Mario Gelardi è un collega e amico che si porta Napoli in tasca quando scrive e quando prepara la scena. La notizia dell’apertura di un nuovo teatro (a Napoli nel rione Sanità come in qualsiasi rione di qualsiasi città nel mondo) è un raggio di arcobaleno. Perché alla fine in questo mondo di resistenti teatrali, in mezzo alla congiuntura di una cultura svilita dal governo e nel fosco di questo tempo, arriva sempre un’annunciazione come un canto.

Nel cuore di Napoli, nel ventre più profondo della città, c’è il Rione Sanità. Negli occhi di molti il Rione Sanità è identificato con quel filmato che ha fatto il giro del mondo in cui un pregiudicato veniva ucciso fuori da un bar. Ma questo luogo è anche e soprattutto altro ed è da questo che vogliamo partire. Vogliamo costruire una nuova immagine di questo rione e farlo partendo da un’idea concreta di cultura.

In particolare, il teatro a Napoli deve ritornare ad essere l’identità di un popolo. Non un teatro auto referenziato in cui gli operatori si avvicendano di volta in volta tra palcoscenico e platea, ma uno spazio aperto allo scambio tra artisti e pubblico, puntando sulla sensibilità degli operatori teatrali di farsi portavoce delle istanze che nascono dalla società civile. L’associazione ‘Sott’ o ponte’ insieme ad un gruppo di privati, ha creato proprio nella Sanità un teatro. Un teatro di 100 posti attrezzato a regola d’arte, pronto per essere inaugurato. A partire da settembre e con la mia direzione artistica e di un collettivo fatto da giovani operatori teatrali, partirà la prima stagione teatrale del “Nuovo Teatro Sanità”.

L’intento della direzione artistica è quello di fornire alla città un palcoscenico aperto e ricettivo alle istanze teatrali e culturali che negli ultimi anni sono diventate vera e propria emergenza. Una casa – comune, tecnicamente e strutturalmente adeguata in modo da offrire agli artisti uno spazio dignitoso e professionale. Una sfida, quella di aprire un nuovo teatro e di farlo nella Sanità, che in questo momento più che mai, sembra assolutamente da accettare. Una sfida che vuole vedere uniti artisti e professionisti della cultura che potranno trovare nel “Nuovo Teatro Sanità” un luogo lontano da logiche di schieramento.

Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, abbiamo bisogno di completare al meglio la struttura a livello tecnico, abbiamo bisogno della sensibilità dei grandi artisti teatrali napoletani e dell’entusiasmo delle giovani compagnie. Vogliamo recuperare quelle realtà teatrali e quegli artisti che hanno costruito il teatro napoletano contemporaneo e che si trovano spesso orfani di spazi dove potersi esprimere. Vogliamo partire dai drammaturghi che sono sempre stati l’ossatura del teatro napoletano conosciuto e rappresentato in tutto il mondo. Vogliamo avere una particolare attenzione verso una generazione di giovani attrici ed attori di grande talento che questa città esprime. Esserci in questa prima stagione è un atto di fiducia, un vero atto di speranza per un quartiere per una città che ha bisogno della cultura e del teatro più di quanto le istituzioni vogliano ammettere e soprattutto più di quanto siano in grado di capire. Iniziamo con un budget pari a zero, iniziamo come volontari, abbiamo solo il nostro entusiasmo e la nostra professionalità, chi vuole darci una mano?

Mario Gelardi

info@nuovoteatrosanita.it

www.nuovoteatrosanita.it

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Città della scienza: come contribuire

859307_492521760807848_1353605032_oPer contribuire singolarmente alla ricostruzione di Città della Scienza è disponibile il conto corrente, intestato a Fondazione Idis Città della Scienza – IBAN IT41X0101003497100000003256 – causale Ricostruire Città della Scienza.

Sarebbe un bel modo anche per cominciare la discussione sui contributi elettorali: cominciare a vedere i partiti contribuire.

Intanto brucia la scienza

 

nap_01_941-705_resizeCittà della Scienza, nata da un’intuizione di Vittorio Silvestrini e dalla volontà politica di Antonio Bassolino, era molto di più di un centro di eccellenza e di un luogo di cultura scientifica tra i migliori in Europa. Ridare vita ad un luogo attraverso la scienza, l’educazione, l’innovazione, là dove prima era l’acciaio, il rumore della fonderia, il fischio della sirena a scandire i tempi di Bagnoli, significava immaginare un futuro diverso per Napoli, fondato sulla società della conoscenza, su un rinnovato rapporto con il mare e con l’ambiente, su uno sguardo finalmente rivolto al futuro. Lì dove gli operai e gli abitanti di Bagnoli avevano respirato veleni ed erano stati ammorbati dai fumi delle ciminiere, i loro figli avrebbero finalmente avuto una vita diversa, si sarebbero riappropriati del territorio, avrebbero trovato lavoro puntando sulla formazione e sulla cultura. Per questo motivo Città della Scienza rappresentava la rinascita della Napoli degli anni ‘90, molto di più di Piazza del Plebiscito liberata dalle macchine. Perché mentre la seconda era una cartolina ad uso e consumo di chi a Napoli non viveva, la prima era l’immagine di una Napoli che cerca riscatto puntando sul futuro. Chi ieri ha dato fuoco a Città della Scienza non solo ha distrutto quei luoghi, non solo ha lasciato senza lavoro centinaia di persone, non solo ha privato migliaia di Napoletani di un museo straordinario amatissimo dai bambini. Chi ha dato fuoco a Città della Scienza ha accoltellato, ha ferito a morte chiunque immagini una città diversa, liberata dagli stereotipi e dai suoi vizi endogeni. Chi ha dato fuoco ieri notte a Città della Scienza, ha dato fuoco a ciascuna delle nostre case.

Ora a Coroglio l’odore acre dei luoghi devastati dell’incendio è insopportabile, un odore terribile che quasi ricorda i veleni della fonderia. Quando invece entravi nel Museo della Scienza sentivi quell’odore tipico dei luoghi della conoscenza, come nelle Biblioteche e nei Teatri. Lì andavo spessissimo con mio figlio Emanuele, stavamo ore a giocare con gli esperimenti di fisica, guardavamo stupiti nel buio le stelle del Planetario. Attraverso il gioco e la scoperta, Emanuele era stimolato a farmi moltissime domande a cui ovviamente mi arrabattavo a rispondere.

Quando mi chiederà di riportarlo lì di nuovo, sarà un dolore fortissimo dirgli che qualcuno ha dato fuoco a quel luogo da lui così amato. Da cittadino e da padre pretendo che tutte le istituzioni, dal Governo, alla Regione Campania, al Comune di Napoli, facciano qualcosa e lo facciano presto. Per Emanuele e per tutti i bambini come lui.

Francesco Nicodemo racconta il senso di un incendio che porta più distruzione di quella semplicemente materiale. Mentre parliamo di corse in spiaggia, di come sarebbe stato “se” e dei governi tecnici, sarebbe bello che i partiti chiedessero tra gli interventi dei primi 100 giorni la ricostruzione della Città della Scienza. Insieme a loro il Presidente della Repubblica e i cittadini. Per risistemare l’asse delle cose che ontano, almeno.