Promesse di voti in cambio di assunzioni al centro per richiedenti asilo di Mineo. E poi turbativa d’asta nella gara da quasi cento milioni di euro per la gestione dello stesso Cara in provincia di Catania. Sono i reati contestati dalla procura etnea che oggi ha emesso diciassette richieste di rinvio a giudizio per altrettanti indagati coinvolti nell’inchiesta sul centro per richiedenti asilo più grande d’Europa. Tra loro c’è anche Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura e leader del Nuovo Centrodestra.
Per i pm etnei la turbativa d’asta è stata commessa durante la concessione dell’appalto per i servizi del Cara tra il 2011 e il 2014. Nello stesso periodo le assunzioni al centro garantivano un discreto pacchetto di voti ai politici coinvolti nell’indagine. I magistrati però contestano anche alcuni reati amministrativi alla Sol. Calatino, il consorzio che gestiva il centro di Mineo, a sua volta destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio. Oltre a Castiglione, tra le 17 persone per le quali la procura chiede il processo c’è Luca Odevaine, l’uomo che gestiva il business dell’accoglienza per Mafia capitale, il sindaco di Mineo (anche lei di Ncd), Anna Aloisi, ex presidente del consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza“, l’ex direttore del consorzio, Giovanni Ferrera e gli ex vertici dell’Associazione temporanea d’imprese che gestiva il centro. L’udienza preliminare – come racconta il quotidiano La Sicilia – è stata fissata per il 28 marzo prossimo, davanti al gup Santino Mirabella.
Nel provvedimento di 14 pagine firmato dai sostituti Raffaella Agata Vinciguerrae Marco Bisogni, e vistato dal procuratore Carmelo Zuccaro e dall’aggiunto Michelangelo Patanè, è stata stralciata la posizione di cinque indagati, su cui sono in corso ancora accertamenti e valutazioni. Secondo l’accusa, Castiglione, che entra nell’inchiesta non per l’attuale incarico da sottosegretario ma perché all’epoca dei fatti era presidente della provincia di Catania e quindi soggetto attuatore del Cara, avrebbe “predisposto il bando di gara con la finalità di affidamento all’Ati appositamente costituita”. Accusa contestata anche a Odevaine e Ferrera, rispettivamente presidente e componente la commissione aggiudicatrice.
Gli inquirenti ritengono inoltre che le coop interessate si “costituivano appositamente in Ati” dopo avere “ricevuto rassicurazioni sull’aggiudicazione degli appalti”, il cui “bando era concordato con lo stesso Castiglione, Odevaine e con Ferrera”. Ferrera e Odevaine sono indagati anche per falso ideologico per l’assunzione di quest’ultimo al Cara di Mineo come esperto di fondi Ue. Quell’appalto da 100 milioni di euro aveva focalizzato anche l’attenzione dall’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone che aveva definito la gara “illegittima” e lesiva dei principi di “concorrenza” e “trasparenza“.
A Castiglione, al sindaco di Mineo Aloisi e a Paolo Ragusa, presidente del consorzio Sol Calatino, è contestata anche la corruzione “per la promessa di votiper loro e i gruppi politici nei quali gli stessi militavano” in cambio di “assunzioni al Cara”. I gruppi politici verso i quali erano indirizzati i voti sono diversi e cambiano ad ogni elezione: alle politiche del 2013 era il Pdl, alle amministrative di Mineo era la lista Uniti per Mineo, mentre alle europee del 2014 le preferenze vengono indirizzata verso il Nuovo Centrodestra.
In pratica secondo la ricostruzione dell’accusa il sottosegretario Castiglione era riuscito a trasformare il centro richiedenti asilo in una sorta di massiccia macchina elettorale. E non è un caso che – secondo quanto messo a verbale da Odevaine – ad ogni nuova assunzione al centro, “tutti i sindaci appartenenti al consorzio si sono riuniti con Paolo Ragusa per spartire il numero delle assunzioni da fare”. Del resto gli stessi dipendenti del Cara hanno raccontato ai magistrati che gli veniva chiesto di prendere la tessera del Ncd. È in questo modo che il partito di Angelino Alfano è diventato fortissimo nei comuni della zona.
Una prova di forza elettorale è arrivata nel maggio del 2014, poco prima che venisse bandita la gara d’appalto da 100 milioni per la gestione di Mineo: Giovanni La Via, ex assessore regionale all’Agricoltura di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, viene eletto europarlamentare con più di 56mila preferenze. Nel suo partito è il primo degli eletti a Bruxelles: prende addirittura diecimila voti in più rispetto a quelli raccolti da Maurizio Lupi, che all’epoca era ancora ministro. Si sarebbe dimesso alcuni mesi dopo, perché coinvolto – seppur da non indagato – nello scandalo sulle Grandi Opere. Castiglione, invece, rimane ancora al suo posto.
“A due anni dall’avviso di garanzia provvisorio apprendo finalmente che il 28 marzo si terrà l’udienza preliminare davanti al gup di Catania sulla vicenda cara di Mineo. Ribadisco, come ho fatto costantemente ed energicamente in questi anni, la mia assoluta estraneità ai fatti che vengono contestati – commenta Castiglione – Il 28 marzo, nell’unica sede a ciò proposta – aggiunge il sottosegretario – davanti al tribunale, affronterò ogni singola contestazione, dimostrando sia la piena legittimità delle procedure amministrative che le fantasticherie sul presunto, quanto inesistente, vantaggio elettorale di un partito che, tra l’altro, èstato costituito quasi tre anni dopo i fatti contestati”. Il Movimento 5 Stelle, invece, commentando la notizia della richiesta di rinvio a giudizio mette nel mirino il ministro Alfano. “Quando era ministro degli Interni non si è accorto di quanto stava accadendo e che vede il suo partito coinvolto in tutti i maggiori scandali legati al business dell’accoglienza degli immigrati: Alfano deve dimettersi insieme al sottosegretario Castiglione”, dice Michela Montevecchi, capogruppo del M5S al Senato.
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