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Nino Agostino

Chi ha ucciso Nino e Ida Agostino? C’è un indagato. Intanto.

ninoagostino

Ne avevamo scritto un bel po’ di tempo fa qui. Ora Salvo Palazzolo scrive di importanti novità:

Ventisette anni dopo, c’è un nuovo indagato per l’omicidio dell’agente Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, trucidati il pomeriggio del 5 agosto 1989. E’ l’ex agente della squadra mobile di Palermo Giovanni Aiello, “faccia da mostro” com’è ormai chiamato negli atti giudiziari. Fra qualche giorno, sarà il protagonista di un confronto all’americana in tribunale: lui, accanto ad alcuni uomini che gli assomigliano, magari degli attori truccati ad arte; dall’altra parte, il signor Vincenzo Agostino, il papà del poliziotto ucciso. Pochi giorni prima del delitto, un uomo con la “faccia da mostro” andò a casa degli Agostino, a Villagrazia di Carini: “Mi disse che era un collega di mio figlio”, racconta Agostino. Adesso, ventisette anni dopo, dovrà dire se è Giovanni Aiello, l’ex poliziotto al centro di diverse indagini sulla stagione dei delitti eccellenti di Palermo. Il confronto si terrà il 18 febbraio.

L’UDIENZA
“Sono tornato a sperare”, dice Vincenzo Agostino, che non ha mai smesso di cercare la verità sulla morte del figlio. Ieri mattina, in tribunale, si è tenuto l’incidente probatorio per il delitto dell’estate 1989, sono indagati due mafiosi, Gaetano Scotto e Antonino Madonia. “Agostino era ritenuto un cattivo”, dice il pentito Vito Galatolo rispondendo alle domande dei pubblici ministeri Nino Di Matteo e Francesco Del Bene. “Stefano Fontana mi rivelò che Angelo Galatolo l’aveva visto all’Addaura, il giorno del fallito attentato a Falcone”. Galatolo non sa cosa stesse facendo Agostino, non dice se stava in mare o sugli scogli. Ma ribadisce: “Lui come Emanuele Piazza cercava latitanti, erano i cattivi per noi”. Piazza fu sequestrato e ucciso nella primavera del 1990. Galatolo è un fiume in piena, parla anche del tritolo acquistato per l’attentato al pm Nino Di Matteo. Dice: “Il discorso è ancora aperto, dottore. E’ sempre in corso. Fino a quando non si trova l’esplosivo lei è a rischio”.

I COMPLICI
Nelle parole del figlio di Enzo Galatolo, uno dei fedelissimi di Totò Riina, c’è il racconto di una lunga stagione di morte: “Fra il 1984 e il 1989 la base dei sicari di Cosa nostra era vicolo Pipitone, all’Acquasanta. Da lì partirono i gruppi di fuoco per uccidere Chinnici, Dalla Chiesa, Cassarà e Natale Mondo”. All’epoca, Vito Galatolo era un ragazzino. “So che mio padre riceveva persone di un certo livello in vicino Pipitone”. Collegato in videoconferenza da una località segreta cita l’ex superpoliziotto Bruno Contrada (“Era accompagnato dall’avvocato Marco Clementi, che però restava fuori”), poi Giovanni Aiello (“Quando facevo il monello, mio padre mi diceva: stai attento che faccio venire il mostro”).  Galatolo cita anche l’ex capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera (“Era a libro paga dei Madonia”) e un sottufficiale dei carabinieri: “Il maresciallo Salsano si occupava di tenere lontani occhi indiscreti, si metteva davanti al vicolo oppure ci comunicava strani movimenti nel quartiere”.  Un quadro desolante di rapporti fra mafia e pezzi delle istituzioni, in una città collusa. “Oggi, siamo più vicini a un processo per l’omicidio Agostino”, dice l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile della famiglia Agostino. L’udienza è stata presieduta dal giudice Marina Pino. “Ogni volta che Aiello veniva in vicolo Pipitone poi accadevano degli omicidi eclatanti a Palermo”. Galatolo conferma le accuse che alcuni giorni fa aveva fatto un altro collaboratore di giustizia, Vito Lo Forte, citato anche lui all’incidente probatorio: “Madonia e Scotto hanno agito con Giovanni Aiello, che subito dopo l’omicidio aiutò i due a distruggere la moto usata. Li fece scappare a bordo di un’auto pulita per non destare sospetti”.

(fonte)

Una barba così

Vincenzo-AgostinoÈ stata la società civile a darci sempre la forza di andare avanti dopo la morte di Nino, di continuare a lottare. Ci sono state anche persone che mi hanno detto: “ma chi te lo fa fare?”. Come, chi te lo fa fare? Io spero sempre che la luce che vedo in fondo al tunnel che sto percorrendo diventi un giorno un grande faro, che illumini tutti i misteri rimasti e dia finalmente risposta ai tanti perché che ci sono dietro all’uccisione di Nino e Ida: per arrivare a questo non mi piegherò davanti a nessuno.

Voglio invecchiare con l’ostinazione e la voglia di verità di Vincenzo Agostino, il padre di Nino Agostino (ne abbiamo scritto qui e qui) che ha deciso di cercare una verità lunga come la sua barba che non vuole tagliare fino al giorno in cui riceverà risposte alle sue domande. La sua intervista è un distillato di umanità e dignità. Umano e dignitoso. Mi auguro di invecchiare così.

 

Il vergognoso segreto di Stato sul caso Agostino

Una firma costa poco. Ma qui vale tantissimo.

http://www.firmiamo.it/togliete-il-segreto-di-stato-sul-caso-agostino

La petizione si prefigge come obbiettivo la rimozione dell’assurdo segreto di stato posto nel 2005 sul caso AGOSTINO. ANTONINO AGOSTINO era un giovane poliziotto palermitano della squadra volanti , prestava servizio presso il commissariato san lorenzo. la sera del 5 agosto 1989 NINO si stava recando insieme alla moglie IDA CASTELLUCCIO (CHE ERA INCINTA) a villagrazia di Carini (PA) per festeggiare il compleanno della sorella, NINO era chiaramente fuori servizio e non aveva con se la pistola d’ordinanza. I due ragazzi si stavano accingendo ad aprire il portone quando un commando di killer li uccise davanti gli occhi della famiglia Agostino. Sono passati 21 anni da quel 5 agosto 1989 e ancora le rispettive famiglie non hanno ottenuto VERITA’ E GIUSTIZIA negli anni 90 Antonino Agostino e la moglie Ida sono stati riconosciuti VITTIME DI MAFIA, nel 2005 è stato apposto sul caso UN VERGOGNOSO SEGRETO DI STATO, LA FAMIGLIA , I PALERMITANI, GLI ITALIANI VOGLIONO CHE QUESTO SIGILLO DELLA VERGOGNA VENGA TOLTO!!! Sicuramente non è un caso illustre e celebre, come quello di Moro o Calabresi ma, l’omicidio dell’agente Agostino non è meno fitto di segreti di stato,loschi intrecci e collusioni oscure tra istituzioni,servizi segreti e mafia.Un altro delitto, avvolto nel mistero. Da allora la famiglia di nino si e’ battuta e lo sta ancora facendo, per cercare una verita’ che lo stato non vuole dare. Il signor VINCENZO AGOSTINO ha percorso ogni strada per far conoscere la storia del figlio , da quel tragico 5 agosto non si è più tagliato barba e capelli, e non lo farà fino a quando non arriverà la sacrosanta verità sulla morte del figlio della nuora e di quel bimbo mai nato. AIUTIAMOLI E FIRMIAMO TUTTI LA PETIZIONE !!!!!!!

Una barba di storia: Nino Agostino. Ammazzato per niente.

Durante un matrimonio, matrimonio mica da persone normali, ma tra fecce di mafia. Quei matrimoni con il sapore acre del gangsterismo e per di più nel dorato Canada. A sposarsi è Nicola Rizzuto, uomo di Cosa Nostra trapiantato nel profondo nord americano, e tra un flute di champagne e una mezza ostrica e saliva Oreste Pagano intercetta un bisbiglìo: “Ero al matrimonio di Nicola Rizzuto, in Canada. C’era un rappresentante dei clan palermitani, Gaetano Scotto. Alfonso Caruana mi disse che aveva ucciso un poliziotto perché aveva scoperto i collegamenti fra le cosche ed alcuni componenti della questura. Anche la moglie sapeva, per questo morì.” Una storia di desolazione mica normale, quella del poliziotto Nino Agostino ammazzato con la moglie Ida Castellucci a Villagrazia di Carini il 5 agosto del 1989. Con una nascitura di cinque mesi nel grembo morta prima di nascere, come quelle storie che finiscono sempre per essere di seconda mano. Perché se muori ammazzato d’agosto sulle strade che portano al mare senza favole o poesie ma solo a forma di due cadaveri e mezzo e un cespuglio folto di punti di domanda, nel nostro disperato Paese, finisce che sei pure un morto ammazzato di serie b. Nella gogna del ricordo che divora vittime come fosse un gorgo. Eppure Nino Agostino era un poliziotto di quelli che ci credono al proprio lavoro, di quelli che in missione ci sono da sempre, senza decreti di governo o premi in busta paga, in una Sicilia assolata che in quegli anni passa sui morti come fossero un colpo di sole. Eppure Nino Agostino, da vivo prima che da morto, è una storia italiana con tutti gli ingredienti della melma: un collega e (presunto amico) Guido Paolilli, oggi in pensione, che indaga sul caso e chiude il faldone parlando di “delitto passionale”. Come nelle più becere e scontate storie di pavidità d’indagine; una presunta collaborazione di Nino con i servizi segreti e un coinvolgimento nelle indagini per la cattura del boss dei boss Bernarso Provenzano; un foglietto, stropicciato, nel portafoglio in cui si legge “Se mi succede qualcosa andate a cercare nell’armadio di casa”, e nell’armadio di casa, ovviamente, arriva prima di tutti una perquisizione che verbalizza di non avere trovato nulla di interessante.

Oggi Nino Agostino è un fantasma. Un fantasma con in tasca una storia sempre troppo poco conosciuta e un serie di incroci che lambisce anche Bruno Contrada. Suo padre Vincenzo, insieme alla moglie Augusta, caracolla per l’Italia raccontando di una famiglia sparata prima ancora di sbocciare rivendicando la giustizia. Ha la rabbia degli onesti traditi senza risposte e lo sguardo lieve di chi non ha mica smesso di voler essere padre di suo figlio, e una barba lunga che gli si appoggia all’altezza del cuore che non taglierà finché non avrà risposte.

Nel calderone altisonante della mafia epica la storia di Nino e Ida Agostino é una barba di storia. Nella quotidianità della memoria esercitata la storia di Nino e Ida Agostino é una storia da tenersi in tasca. Per ricordarsi almeno quante storie ci dimentichiamo, dimenticandoci che non ce le hanno nemmeno raccontate per intero.