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non mi fermo

Claudio è un conservatore

mario-monti-timeE lo scrive in un post memorabile per Non Mi Fermo:

Sono conservatore perché parlo ancora di “questione morale”. Sono conservatore perché promuovo iniziative di trasparenza nella pubblica amministrazione per contrastare la criminalità organizzata. Sono conservatore perché non ho conti all’estero e sono favorevole all’anagrafe fiscale sul modello francese. Sono conservatore perché favorevole a una legge sulla tutela del paesaggio in Italia.

Sono conservatore perché non vorrei essere governato da ragionieri, ma da “ragionieri della propria utopia”, per dirla con Magrelli.

Non so se Monti sappia chi è Valerio Magrelli. È un poeta, un bravo poeta, uno di quelli studiano e ascoltano persino nelle università americane. Lo so, citare un poeta contemporaneo è un po’ fuori moda.

D’altra parte sono un conservatore anche perché leggo ancora poesie.

Se oggi le forze politiche si sorprendono di vedere i ragazzi in piazza, significa che non hanno capito la storia degli ultimi vent’anni.

Sospesa e sovrastata dalle oscillazioni delle nuove alleanze politiche internazionali dopo il crollo del muro di Berlino, la classe dirigente che oggi guida il Paese non ha saputo valutare il rischio della gestione globale dell’economia durante gli anni post-ideologici. Non ha capito che avrebbe potuto, dopo Tangentopoli, ricostruire il Paese proteggendo le istituzioni, trasmettendo in modo credibile i nostri valori costituzionali e indirizzando la politica economica verso lidi sicuri. Ha invece compromesso lo stato sociale, non ha saputo evitare la frammentazione del sistema-paese e ha mandato in fibrillazione la tenuta istituzionale, generando gravissimi cortocircuiti normativi, compromettendo l’approccio etico alla dimensione pubblica e diventando facile preda delle governance internazionali, ben consapevoli di poter cogliere nell’immaturità storica del nostro Paese la possibilità di prolungarne la subalternità politico-economica.

Mentre la politica non è stata in grado di difendere i più elementari valori collettivi e i principi minimi di equità sociale, è stato rivisto parallelamente il mercato del lavoro, ristrutturato il sistema previdenziale e compromessa la possibilità dei giovani di fondare su istanze meritocratiche la costruzione del proprio futuro.

Se oggi le forze politiche si sorprendono di vedere i ragazzi in piazza, significa che non hanno capito la storia degli ultimi vent’anni.

D’altronde, se l’avessero davvero compresa, non avrebbero abdicato le linee guida del Paese ad un governo tecnico, intervenuto a mercato saturo e risparmi compromessi, per salvaguardare la tenuta delle stesse valute internazionali che hanno speculato per anni sulle nostre contraddizioni interne.

Nicola De Benedetto su Non Mi Fermo. Da leggere.

Lettera di un’iscritta PD

Un pezzo a cuore aperto di Manila Filella per Non Mi Fermo. Manila oltre ad essere dei nostri per le attività di Non Mi Fermo è dirigente PD, per dire:

Ripeto a me stessa che il Pd è costituito da tante anime, perché ognuno possa ritrovare la sua, che la pluralità e la diversità delle sue componenti siano fonte di arricchimento culturale, che la complessità e la varietà ideologica siano la sua forza.

Mi convinco che i giovani, le donne, gli omosessuali, i disabili, avranno spazio… prima o poi…
– che se studi, approfondisci, segui la linea, mantieni un profilo basso, sei corretta e leale, i colonnelli delle varie segreterie saranno meritocratici…prima o poi;
– che se non ti pieghi agli interessi delle correnti e mantieni l’onestà intellettuale, troverai dei mentori che ti faranno crescere…prima o poi;
– che se presti, umilmente, la tua competenza professionale, offri un servizio utile agli elettori e di questo ti saranno grati…prima o poi;
– che da dirigente devi essere zelante, seria e non cadere in dinamiche che ti rendono ricattabile.

A volte mi ripeto che il Pd è un partito che premia le capacità della gente di spessore (dunque mi sopravvaluto, perché non sono ancora stata “premiata”);
– che solo l’etica ed il rigore morale è criterio di scelta dei rappresentanti istituzionali del partito;
– che l’estetica, soprattutto nelle donne, è solo un valore aggiunto, e che è immorale considerarlo come primario (salvo poi rilevarlo in camera di consiglio…con grande ipocrisia).

E invece a destra, da sempre, in modo opinabile, ma coerentemente, lo si utilizza come strumento di scelta!
Mi chiedo se ho compreso realmente la linea del mio partito, se ho ancora fiducia ed in cosa mi rappresenta realmente questa compagine confusa, se i vertici della struttura crollano sul famigerato art.18, prendendo posizioni al di fuori delle logiche.
Esistono tra i parlamentari del Pd o la dirigenza interna dei colleghi avvocati giuslavoristi? E qualcuno ha mai difeso in giudizio un lavoratore licenziato? In che modo? Lasciando a casa la coscienza?

E che dire dei toni morbidi o dicotomici del mio partito sulle questioni di natura etica? Ma qualcuno nella dirigenza è mai stato scosso dalla notizia di aver cresciuto un figlio omosessuale, a cui vengono negati i diritti fondamentali? O si è mai trovato nell’impossibilità di avere dei figli, confrontandosi con il tema dello straziante percorso dell’inseminazione artificiale?

Mi sono chiesta se per il mio partito gli stranieri siano davvero un patrimonio per il nostro paese o se la loro tutela sia strumentale ad una battaglia che predica la tolleranza meramente a fini propagandistici.
Inviterei i miei colonnelli nei tribunali o nelle carceri, a sostenere le ragioni dei clandestini, o in Questura, all’ufficio immigrazione, dove la dignità della persona umana viene calpestata giornalmente, pur di ottenere un permesso di soggiorno valido.
Oppure potrei invitarli a sentire le deposizioni dei minori stuprati da genitori “normali”, in famiglie borghesi, costituite da madri e padri eterosessuali.

Contenuti e contenitori

 Anche io, personalmente, da elettore di centrosinistra senza ancora le idee chiare, vorrei che i candidati si prendessero la pena di rispondere, non solo alle domande poste dall’associazione Laicità e Diritti (qui: http://www.laicitaediritti.org/). Mi piacerebbe capire in modo chiaro che tipo di mercato del lavoro propongono (perché – per esempio – a me il “modello Ichino” convince molto poco) che tipo di rapporti intenderebbero tessere con il mondo dell’imprenditoria (perché – per esempio – mi provoca l’orticaria sentire più d’un candidato di una coalizione di centrosinistra magnificare il “modello Marchionne”), che tipo di modello di tassazione si intende perseguire (perché la Costituzione – se non sbaglio – già indica la via della progressività, che altro non è se non la declinazione del principio redistributivo della ricchezza). Giusto per iniziare. Giusto per capire. Anche perché fino ad ora queste primarie hanno parlato poco di contenuti e troppo di contenitori.

Francesco per Non Mi Fermo. E la risposta che aspettiamo per credere che le primarie siano iniziate sul serio.

Le primarie dove non te le aspetti

Primarie per Regione Lombardia (insistiamo, sì) e per le liste elettorati. Del PD ( come Civati e altri dicono da sempre) ma anche per SEL. E perché no, tutta la coalizione. Per superare il porcellum. Si può fare?

Odetta ne parla su Non Mi Fermo.

E noi ci torneremo. Sicuro.

Primarie come vaccino al cafone istituzionale

il cafone istituzionale non e’ interessato alle cose che dovrebbe fare quale rappresentante dei cittadini nelle istituzioni, ma agli emolumenti, ai rimborsi spese, all’accumulo delle cariche nei Cda di enti pubblici e ai relativi cachet, alle possibili mazzette che in essi può accumulare, facendo affari grazie alle sue posizioni di potere. Il tutto, sempre in accordo con il dominus e per conto dello stesso.

Sebastiano William Arillotta su Non Mi Fermo ci racconta che le primarie fanno bene anche per l’estinzione di questi tipi. Anche in Lombardia.

Dalla Fornero alla Società del Mulo

Perché non è vero – come recita ad esempio la retorica anticasta – che “ognuno vale uno”: alla base del principio personalistico c’è che il valore di un essere umano non può essere quantificato, se non in astratto. Se si dà un numero a quel valore, si crea la premessa perché la ragione possa intervenire in concreto sulla vita che lo incarna. Agli occhi del carnefice, per esempio, la vita della vittima ha un valore prossimo allo zero. All’amico cui è morta la persona amata è difficile dire “vabbè, valeva uno”.

Dunque la Società del Mulo ha un orizzonte radicalmente diverso da quello delineato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: forse va in direzione opposta, se valuta la legittimità di un diritto umano in base ai sacrifici che si è disposti a fare. Non pensate che sia per la crudeltà dei suoi aderenti, non è affatto così. Nella Società del Mulo, infatti, il posto del carnefice non spetta alle persone, ma a dei numeri alquanto capricciosi: lo Spread, l’Inflazione, il Btp, il Pil, e altri ancora. E chi comanda nella Società del Mulo è assai solerte nel consultare questi numeri con la saggezza di chi consulta un oracolo per il bene di chi compie sacrifici.

Matteo Pascoletti sulla Fornero e la Società del Mulo. Da leggere. Su Non Mi Fermo.

E se?

E se non fosse più il tempo delle blandizie centriste? Se non fosse più il momento dell’equilibrismo autoreferenziale, dei salotti, dei caminetti? Se non avessero più senso né la sicumera catastrofista di certi economisti dell’alta finanza né l’egocentrismo mediatico di lillipuziani segretari di partito? Se non fosse più il tempo della favola liberista (e liberticida)?

Se il mantra della crescita fosse solo un abbaglio? Se non servisse più accettare supinamente patti di stabilità, strette del credito, svendite, privatizzazioni? Se non fosse più eticamente accettabile dimenticare non solo i nomi dei morti ammazzati, ma anche quelli dei responsabili; i nomi e i cognomi di chi con ostinazione ancora infligge a questo Paese la pena più grave, quella dell’incoscienza? Se non volessimo chiedere consigli a oracoli ottuagenari, figli (se non padri) di una classe dirigente grigia e vergognosamente colpevole?

Se fosse giunto il momento della resa dei conti? Se fosse l’ora di parlar chiaro e parlarci, magari dando le spalle all’ombroso miraggio di confusi papocchi? Se provassimo a unire anziché dividere; a difendere un’idea invece di tramortirla e vivisezionarla per poi seppellirne le spoglie in qualche cimitero del diritto castale?

Per favore leggete qui Claudio oggi su Non Mi Fermo. Perché non è così difficile.

Un appello per il centrosinistra pavese

Lo sottoscrivono Claudio, Francesco e Manila di Non Mi Fermo. E vale molto di più che per Pavia:

I cittadini pavesi, così come i loro (i nostri) figli, meritano un’altra città: onesta, trasparente, solidale. E per farlo hanno il diritto (e il dovere) di alzare la testa, provare a contarsi e confrontarsi in modo diverso, non schematico, possibilmente unendosi anziché dividersi. Le risorse ci sono. L’associazionismo laico, l’attivismo civico senza bandiera, i movimenti d’opposizione; insomma, tutti coloro che umilmente e ostinatamente ogni giorno resistono e combattono, fra le altre cose, per città dal respiro europeo, fondata sul lavoro e la conoscenza, non sul cemento.

Tuttavia, proprio perché abbiamo a cuore il futuro di Pavia – la città di Volta e Foscolo, non quella di Abelli e Filippi – riteniamo che sia sbagliato prescindere e dunque escludere a priori chi, per gli stessi valori, si sta battendo anche all’interno del Partito Democratico.

Ci riferiamo a chi, per esempio, ha faticosamente cercato di (ri)unire il disarticolato mondo del centrosinistra creando un tavolo di confronto comunque significativo verso la costruzione di un’alternativa sia all’attuale governo cittadino sia alle disastrose precedenti esperienze targate proprio PD.

Così come abbiamo chiesto in tutte le sedi di dare spazio, voce e dignità ai movimenti della cosiddetta sinistra radicale e alle liste civiche che rappresentano una risorsa importante nella guerra contro la criminalità e il degrado intellettuale, chiediamo a questi di non cadere nell’errore dell’autosufficienza e di proseguire un dialogo con tutti. Non chiediamo subalternità né compromessi (ne abbiamo visti troppi): più semplicemente, nell’interesse di una battaglia – rigorosamente “a carte scoperte” – che vogliamo vincere.

Lo trovate qui.