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opposizione

L’opposizione non si fa “augurandosi” che gli altri non governino (o falliscano)

Piccola premessa, nel caso in cui ci sia bisogno di ribadire: non mi piace questo governo, non mi piace il salvinismo al ministero degli Interni e non mi piacciono per niente i balletti ipocriti che hanno portato alla formazione di questo governo. Ma non è questo di cui voglio parlare, no.

Mi interessano molto di più le parole di Cottarelli (che con garbo è entrato in scena quando è stato chiamato dal presidente della Repubblica e con identico garbo è uscito di scena, chapeau) che ieri rimettendo il suo mandato ha dichiarato: «La formazione di un governo politico è di gran lunga la migliore soluzione per il Paese». E ha completamente ragione. Circolava in questi giorni (dalle parti di quella che sarà l’opposizione) la malsana idea che ostacolare la formazione di un governo che ha la maggioranza parlamentare fosse un buon modo per adempiere al proprio ruolo. Ed è, come direbbe Fantozzi, una cagata pazzesca. 

Se per anni si è insistito nel ripetere che l’Italia è una democrazia parlamentare (e ai tempi, vale la pena ricordarlo, lo si ripeteva per legittimare lo sciagurato patto del Nazareno con Silvio Berlusconi) ora non si può fare una giravolta e smentirsi. Se un governo non piace ci si oppone sottolineandone gli errori, le incongruenze, proponendo soluzioni alternative e impedendo che possano fare leggi sbagliate (per questo lascia piuttosto perplessi la dichiarazione di Ettore Rosato del Pd che dice «verificare se almeno le promesse le manterranno»: un p0′ deboluccia come promessa di opposizione).

Non funziona gustarsi i pop corn augurandosi che questi si sfascino sfasciando il Paese. Non funziona nemmeno nemmeno investire un’istituzione come il presidente della Repubblica a leader di un partito per non prendersi la briga di trovare un leader. Non funziona nemmeno imitare l’opposizione che ti hanno fatto quegli altri che ora governano sperano di sostituirli. Non funziona nemmeno fingersi morti per novanta giorni. Non funziona nemmeno mettersi tutti insieme perché si è rimasti in pochi.

Fate qualcosa di sinistra, si diceva una volta. Ecco: fate qualcosa sarebbe già qualcosa. Qualcosa in più di aspettare (e sperare ad alta voce) che quelli si schiantino.

Buon venerdì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/06/01/lopposizione-non-si-fa-augurandosi-che-gli-altri-non-governino-o-falliscano/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Indovina con chi va il Pd? Con Angelino Alfano. A Palermo, intanto

Nonostante sia un copione liso e scontato, provoca il sorriso la testardaggine con cui questi si ostinano a smentirla: a Palermo, in vista delle prossime elezioni amministrative, il Pd sosterrà l’attuale sindaco Leoluca Orlando (a cui, dicono, hanno fatto opposizione dura in questi ultimi cinque anni, per dire) insieme agli alsaziani (quel che ne resta) e ai rimasugli dell’Udc.

Ne esce una lista (dal nome appetitosissimo “Democratici e Popolari”) che richiama lontanamente i colori e le grafiche del Partito Democratico e di Alternativa Popolare (la neonata creatura di Angelino Alfano) senza però citarli; Leoluca Orlando, del resto, da mesi continua a spiegare un po’ dappertutto che Fassino ha perso proprio per “colpa” del partito. Quindi? Quindi tutti civici per finta con la pretesa di riuscire a darcela a bere. Democratici e popolari. Appunto.

 

(continua su Left)

Nell’appiattimento generale

Vale la pena leggere le parole (e coglierne lo spirito) di Alfonso Gianni:

Ma la Grosse Koalition non è un’invenzione dell’ultima ora. Parafrasando Giulio Bollati – quando parlava del fascismo, che è cosa diversissima, per dire che non era improvviso né imprevedibile – «il fenomeno può essere condensato in una formula: nulla è (nelle larghe intese) quod prius non fuerit nella società, nella cultura, nella politica italiana, tranne che (le larghe intese) stesse» da almeno 25 anni a questa parte. Infatti questa forma di governo a-democratica, prima ancora che tecnocratica, è la più congrua al capitalismo finanziario nel quadro europeo. Il Pd è diventato il pivot di questa politica. Non ha senso proporsi di modificarlo all’interno (oltretutto tutti lavorano per Renzi) né attenderne la possibile implosione. Il “campo del cambiamento” va organizzato fuori e contro. La caduta del governo Letta è il primo compito di un’opposizione di sinistra che si rispetti e non può essere messo in ombra da calcoli congressuali.

La Cosa Giusta, la Cosa Seria e tutte le cose di questo tempo di mezzo

Qualcuno mi chiede cosa ho intenzione di fare. Io rispondo del libro che sto scrivendo, di RadioMafiopoli che stiamo preparando, dei soggetti che stiamo proponendo, del nuovo spettacolo con Gianluigi Nuzzi e tutti i progetti in cantiere. Lo racconto spesso con un sorriso soddisfatto perché sì, sono contento di quello che potrebbe essere nei prossimi mesi. Ma non basta, mi dicono: la politica? Il cantiere della sinistra di maggio? Civati e il PD? Barca? La Lombardia? Appunto.

Io non credo sia necessario scrivere altro su un governo che non ha nulla per piacermi, nulla: il tradimento del programma sottoscritto con gli elettori (sarebbe una bella cosa restituire i soldi delle primarie agli elettori perché vista così sembra proprio una truffa come i pacchisti fuori dall’autogrill), la spartizione dei ruoli di governo secondo la più democristiana interpretazione del manuale Cencelli, i passaggi politici che non ci sono mai stati spiegati e gli impresentabili riabilitati (ne avevo scritto qui del rivoltante ed euforico Micciché). Insomma: questo governo è la peggiore soluzione impossibile nato con i peggiori meccanismi possibili.

Su Civati ho scritto e riscritto, non vorrei essere noioso, ma credo che interpretare la discussione interna al Pd come manifesto della “sinistra” sia un errore di calcolo e di sopravvalutazione che sarebbe il caso di smettere di fare.

Il PD non ha mantenuto le promesse in campagna elettorale e questo è un fatto. SEL si era presa la responsabilità di garantire un PD che non scivolasse nelle sue antiche e perverse pulsioni centriste e inciuciste e non c’è riuscita: questo è un altro fatto (che in pochi stanno analizzando). Senza remore, inibizioni o balbettamenti dovremmo raccontare che comunque il voto dato a SEL era un voto di “condizionamento” di sinistra di governo che non è accadutoI voti per una sinistra radicale di opposizione non sono qui, per dire. E la bella notizia della Boldrini Presidente della Camera oggi è una nota sbilenca di rappresentanza dal punto squisitamente politico.

Poi c’è la Cosa Giusta dell’11 maggio (che fa un po’ sorridere nel titolo pensando alla Cosa Seria che in tanti non abbiamo mica abbandonato) e la domanda (è sempre quella, sempre) è capire quali sono i passaggi, le discussioni e le opinioni che ci porteranno lì. Perché  non c’è bisogno di piazza ma di politica.

C’è la sinistra nella Cosa Giusta o c’è l’attesa (ormai diventata beckettiana) che si rompa il PD (che non si romperà a breve)? Chi sono i soggetti del cantiere (a parte lo sventolio di Rodotà)? I soggetti che componevano Rivoluzione Civile ci fanno tutti schifo? Peggio sempre Ferrero di Fioroni, come mi disse una volta qualcuno?

Scrivevamo qualche mese fa:

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.

Basta mediazioni. Per chi mi chiede: io sono qui.

Dimissioni

“Raccogliamo la proposta del Partito Democratico e rassegnamo le nostre dimissioni nelle mani del suo capogruppo in Regione Lombardia col mandato di verificare la possibilità di effettive dimissioni della maggioranza dei consiglieri regionali.” Chiara Cremonesi e Giulio Cavalli affidano a una nota la propria adesione all’iniziativa proposta oggi da Maurizio Martina.

Il nostro comunicato di ieri. Per dire.