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L’ipocrisia dell’Europa che fa la morale a Orban ma chiude gli occhi sulle violazioni di Erdogan

Va benissimo, l’Europa alza la voce contro Orban e contro l’Ungheria per una legge omofoba che da quelle parte viene vissuta come liberazione dall’oppressione del “politicamente corretto”. Del resto accade sempre così: i conservatori giocano a fare apparire i diritti come attacco alle posizioni di rendita di tutti gli altri e quindi zittirli risulta addirittura una difesa della status quo che può essere rivenduta come libertà. Che l’Europa comunque trovi la quadra per condannare una legge che si permette perfino di rendere illegali semplici film della Disney in nome della difesa della sessualità di quelli stabiliti “normali” dalle leggi di Stato. Va tutto benissimo, per carità, e che 16 Stati abbiano firmato contro l’Ungheria non può che essere una buona notizia in questi tempi di attacchi da più parti.

Sorge un dubbio, però: mentre l’Europa trova un’insperata unità per i diritti Lgbtq+ nel frattempo si prepara a licenziare l’accordo con la Turchia di Erdogan per fermare limmigrazione dai Balcani, quasi altri 6 miliardi di euro che verranno formalizzati dalla Commissione nelle prossime settimane”, segnalano fonti Ue. Da qui l’interrogativo: ma siamo sicuri che l’Europa che riesce a fingersi contrita per i diritti di alcuni possa avere credibilità mentre calpesta e addirittura subappalta il calpestamento dei diritti di altri? Perché siamo nel 2021 ma alla fine siamo allo stesso punto, con un’Europa che lecca la Turchia (e la Libia) per fungere da confini perfino poco illegali per potere controllare l’immigrazione.

Ancora una volta si continua a pagare un “dittatore” (non l’avevano chiamato così?) per mettere in piedi una barriera che non tenga conto di nessun diritto e di nessun principio di umanità che impedisca ai migranti di cercare rifugio in Europa. Il subappalto dei confini è qualcosa che evidentemente si riesce a nascondere dall’indignazione generale molto più facilmente rispetto alle pessime leggi del pessimo Orban.

Alla fine il tema è sempre lo stesso, quella credibilità che si guadagna esercitando e non solo prefissandola che manca all’Europa ma che soprattutto manca ai Paesi sempre pronti a fare i moralisti senza morale, occupandosi dei diritti più facili da sdoganare o comunque di quelle azioni che non interferiscono con i poteri interni nel governo del proprio Paese. David Sassoli ha detto che “l’immigrazione deve smettere di essere un tema elettorale” ma ancora una volta dopo le parole i fatti raccontano completamente un’altra storia. E immaginare un’Europa in cui Orban è il cattivo e Erdogan viene pagato per fare l’Erdogan è un incubo che non si riesce nemmeno a descrivere.

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Dal Vaticano a Orban, passando per Salvini e Meloni: in Europa è in atto un’offensiva contro i diritti Lgbt

Punto primo: quando qualche giorni fa si scriveva della legge liberticida voluta da Orban in Ungheria i soliti noti tra i commentatori di casa nostra di sono sperticati per dirci che i difensori dei gay strepitavano per niente. Si abilitavano, ancora, un’altra volta, se è vero che i rappresentanti di 14 Paesi della Ue hanno sottoscritto martedì un documento di condanna della legge. Anche l’Italia, seppur in ritardo, ha aderito dopo avere aspettato “delucidazioni dal governo di Budapest”. La legge vieta la rappresentazione di qualunque orientamento sessuale che non sia quello etero per chiunque abbia un’eta inferiore ai 18 anni. Il divieto riguarda l’insegnamento nelle scuole ma investe anche la programmazione televisiva, la pubblicità, il cinema. È l’ennesimo attacco di Orban contro i diritti Lgbtq+ ma soprattutto è l’ennesimo indizio di un vento che tira in Europa: l’attacco proviene da più fronti e il tema ormai è terreno di scontro politico, come sempre sulla pelle dei diritti di qualcuno.

In Italia gli amichetti di Orban, Salvini e Meloni e molti berlusconiani, insistono sulla stessa linea, pur contenendosi per fingere un certo equilibrio, spremendosi nella diffusione di vere e proprie fake news che passano dalle “favole rubate ai bambini” (come ha detto ieri Salvini) fino alla nota congiunta in cui si chiede lo stop del ddl Zan sull’onda delle parole del Vaticano. “Che peccato, pensavo davvero che le parole del Presidente #Draghi sulla laicità dello Stato e la sovranità del Parlamento fossero condivise da tutte le forze politiche. E niente la destra non ce la fa proprio, ma non è la destra europea, non è la mia…”, scriveva ieri il deputato di FI Elio Vito.

A proposito di Vaticano, la strategia è sempre la stessa: lanciare la bomba e poi calmare le acque buttandola sulla “richiesta di un confronto”. L’obiettivo di fondo intanto è raggiunto e l’assist ai sovranisti è stato servito. Ieri il presidente Draghi ha ribadito la piena autonomia del Parlamento (e ci mancherebbe pure) ma l’incaglio della legge è dietro l’angolo. Anche tra i progressisti si registrano imbarazzo e balbettamenti: il Vaticano, si sa, è più trasversale perfino della difesa dei diritti. Ma questo tempo ci dice chiaramente che sui diritti Lgbtq+ non ci si può permettere di rimanere indifferenti: alla luce di questi attacchi diventa obbligatorio decidere da che parte stare. Sul tavolo c’è molto di più di un semplice disegno di legge, c’è un modo di vedere i diritti e il mondo.

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Niente quorum ma Orbàn resta

1300. Milletrecento rifugiati sono lo scoglio politico su cui Orbàn sta costruendo la proprio credibilità politica come nazionalista à la page in un’Europa che mette i brividi tutti i giorni, anche solo sfogliando i giornali. Milletrecento, per intendersi, è un numero infinitamente inferiore ad esempio agli ungheresi criminali ancora impuniti, agli evasori fiscali, ai colpevoli di omicidio o ai truffatori, agli evasori fiscali, ai ladri, ai pedofili o agli stupratori. Su una popolazione totale di quasi dieci milioni di ungheresi milletrecento persone sono l’assembramento fuori da un supermercato per qualche offerta promozionale.

Eppure su quello sparuto numero (di bisognosi) un mediocre politico come Orbàn è riuscito a fare leva per essere su tutti i giornali del mondo. Gli è bastato poco: se soffi sulla paura alla fine si perdono le dimensioni e anche gli stronzi si notano a pelo d’acqua. Così Orbàn, ne siamo certi, alla fine sarà ben fiero di avere convinto il 43,23% degli aventi diritto a prendersi la briga di votare per accreditare il suo delirio e il 95% dei votanti addirittura per dargli ragione.

Orbàn ha perso il referendum, è vero, ma del referendum se ne strafotte. A quei livelli di manipolazione della paura e di prostituzione intellettuale non ci si ferma di fronte a una consultazione andata male (per altro così poco male) e i votanti sono comunque un ottimo volano per continuare. Anche l’Ungheria entra di gran lena nel mazzo dei Paesi che rovistano nella spazzatura degli istinti umani. Questo è il punto vero. E, ancora una volta, l’Europa appare come una maestrina sciatta che non è più credibile nemmeno per gli alunni più tranquilli seduti in prima fila.

(il mio buongiorno per Left continua qui)