Pagherete la vostra apologia alla disperazione
C’è in giro una schiera si sgherri che in tutti i modi cerca di fare sbirciare la disperazione che potrebbe essere (anzi, secondo loro dovrebbe essere) a meno che l’uomo forte non continui a illuminarci e difenderci. È una sorta di apologia alla disperazione che non ha niente di diverso dalla rassicurante presenza che il fascismo offriva ai lavoratori che avevano provato la fame e avevano il terrore di tornare in quello stato. Qui c’è qualcosa di diverso: non abbiamo corso periodi cupi, non abbiamo provato i morsi della fame e non abbiamo mai toccato con mano la povertà dei nostri nonni eppure ci basta vedere la disperazione degli altri per provare il terrore di caderci dentro, come se potesse inghiottirci, come se non riuscissimo a scrollarci di dosso il senso di colpa che proviamo nel vedere i cenciosi trascinarsi di fronte a voi.
È curioso che coloro che spingono con questa apologia alla disperazione, quelli che ci dicono che sta arrivando l’inverno freddo dei sentimenti e dei consumi, siano poi in fondo quelli che siedono in posizioni comodissime o addirittura coloro che da soli detengono una buona fetta della ricchezza mondiale. Farci avere paura di diventare poveri mentre ci impoveriscono è il loro capolavoro più grande, degno di un trattato di psicologia sul controllo delle menti.
Ci tolgono i diritti e ci dicono che lo fanno per noi, per non fare saltare l’intero sistema. Ci tartassano e ci dicono che altrimenti tutto l’insieme non si tiene in piedi. Dicono che sono costretti a trattare con i potenti perché altrimenti cambierebbe lo status quo. Amano la frase “non c’è alternativa” e ce la ripetono all’infinito.
Ma la domanda vera è: se ogni giorno noi siamo più erosi da questo sistema che ci consuma, a noi, sinceramente, cosa cambierebbe se saltasse tutto? Dico, non potrebbe essere una fortuna?
E invece la comunicazione continua a essere univoca e d’altra parte rimane solo lo spazio per l’indignazione. Indignazione che diventa il perfetto combustibile per l’apologia alla disperazione.
Non so. A me è una cosa che mi fa saltare in aria il cervello.
Buon mercoledì.
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