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Paolo Borsellino

Tra me e me

Tra me e me pensavo che salvare oggi Angelino Alfano, oggi che dovrebbe essere il giorno della commemorazione di Paolo Borsellino con la sua versione rigida e univoca della giustizia, ecco, salvare oggi Alfano con i voti di quelli che hanno votato una coalizione per non avere più tra i piedi i berlusconismi con tutti i suoi servetti, insomma, farlo oggi che ricordiamo Paolo che ha compiuto l’errore di non accettare mediazioni non solo fuori dalla legge ma anche quelle inopportune, ecco, proprio oggi il rispetto dello Stato ci ha detto quanto è diverso da quello di Borsellino.

“Dove Eravamo”, il 12 ottobre a Milano con Borsellino, Cavalli, Nuzzi, Sarti e Ovadia

Presentazione di DOVE ERAVAMO. Vent’anni dopo Capaci e via d’Amelio.

Una importante iniziativa per ripercorrere dopo 20 anni le stragi in cui persero la vita Paolo Borsellino,  Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini delle loro scorte, ma anche per riflettere su quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare in Italia.

Il libro,  sarà presentato Venerdì 12 ottobre alle ore 19, presso il Teatro della Cooperativa, via Hermada 8, a Milano (Google Maps).

Saranno presenti: il curatore Massimiliano PernaSalvatore BorsellinoGiulio CavalliGianluigi Nuzzi, Renato Sarti e Moni Ovadia.

Conduce: Mario Portanova (Il Fatto Quotidiano).

Per maggiori informazioni su “Dove Eravamo”: http://www.caraco.it/doveravamo

Clicca qui per segnalare la partecipazione all’evento su Facebook.

 

La verità

È un bene raro e prezioso. Per questo qualcuno tende a risparmiarla. Sugli anni 1992-1993, sulle conversazioni tra pezzi che dovrebbero combattersi piuttosto che dialogare. E, se il reato non c’è, sui processi politici che si erano aperti e quando, come e per mano di chi si sono incagliati.
Ma se quel qualcuno è lo Stato diventa tutto più difficile. Una firma per chiarezza forse vale la pena metterla. Anche se la narcotizzazione vacanziera non aiuta. Perché lo spiega bene Andrea Camilleri:
Eh certo, sarebbe bello, ma non facciamo gli ingenui: siccome chi ha trattato con la mafia è ancora al potere, non possiamo certo illuderci che si dia da fare per far emergere la verità. Sarebbe autolesionismo puro. Niente è più difficile che ammettere i propri errori e chiedere scusa. Per questo il potere sta facendo di tutto perché la verità su quel che accadde vent’anni fa non venga alla luce. Gli errori commessi nel 1992-’94 e forse anche dopo dai rappresentanti delle istituzioni sono gravissimi non solo in sé ma anche perché hanno prodotto metastasi cancerose vastissime, ramificate. Lo Stato, diceva Sciascia, non processa se stesso.

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Solidarietà a Roberto Scarpinato

L’infaticabile Jole Garuti mi invia un appello che sottoscrivo e rilancio:

Cari soci e amici,
più di 320 magistrati (le adesioni continuano a pervenire) hanno firmato la seguente lettera da inviare al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) come solidarietà al magistrato Roberto Scarpinato che il 19 luglio a Palermo ha letto una lettera indirizzata a Paolo Borsellino, in cui c’è una analisi molto chiara della situazione ion cui ci troviamo a proposito della cosiddetta e già in parte provata trattativa fra lo Stato e la mafia. Per questa sua ‘colpa’ è stato chiesto il trasferimento di Scarpinato ad altra sede.
E’ ora possibile anche ai cittadini sottoscrivere tale lettera.

Va inviata a marco.imperato@giustizia.it e info@centrostudisao.org

Sul sito www.centrostudisao.org trovate la lettera di Scarpinato a Borsellino.
Di seguito invece copio il documento dei magistrati.

Cari saluti
Jole Garuti

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SOTTOSCRIVO LA PRESENTE LETTERA

Chi ha memoria storica e consapevolezza culturale sa che la storia del nostro Paese è anche la storia di poteri criminali che ne hanno condizionato lo sviluppo sociale, politico ed economico.

Chi ha una coscienza morale e professionale e il coraggio di non rassegnarsi a quello che è accaduto ed accade nel nostro Paese, ha il dovere civico di associare il proprio impegno professionale e culturale alla difesa intransigente dei valori Costituzionali e di opporsi al rischio di un progressivo svuotamento dello Statuto della Cittadinanza che, lasciando spazio al crescere di una rassegnata cultura della sudditanza, determina il degrado del vivere comune a causa del proliferare di furberie, sopraffazioni, arroganze, servilismi e cortigianerie interessate.

Chi, oltre a possedere quella coscienza e quel coraggio, può spendere la credibilità di una vita passata a combattere i poteri criminali, ha il dovere e il diritto di marcare la differenza tra l’agire autenticamente democratico e quello di chi si adatta alle situazioni e preferisce il vivere mediocre che supporta e stabilizza le ingiustizie e le mistificazioni. E’ il dovere della Verità e della conoscenza ciò che qualifica la statura etica della persona, qualunque sia la sede o il contesto in cui si concretizza la sua esistenza.

La Verità e la Giustizia insite nella coscienza, nel coraggio, nell’impegno di ogni cittadino non possono essere fonte di equivoci o divenire espressione di un sapere egoistico in quanto socialmente limitato. Esse devono, invece, manifestare il pregio della chiarezza, della trasparenza, del riconoscimento, anche ricordando quanto la fatica giurisdizionale ha accertato nell’interesse primario del sapere collettivo.

Il 19 Luglio 2012 Roberto Scarpinato ci ha ricordato la coscienza, il coraggio, l’impegno per la Giustizia e la Verità di Paolo Borsellino, il quale, esponendosi in prima persona, denunziò pubblicamente più volte come per mobilitare tutte le migliori risorse della Società Civile nel contrasto alla mafia, fosse indispensabile ripristinare la credibilità dello Stato minata da quanti, pur ricoprendo cariche pubbliche, conducevano tuttavia vite improntate a quello che egli definì il “puzzo del compromesso morale che si contrappone al fresco profumo della Libertà”.

A vent’anni dalla strage di Via D’Amelio restano, purtroppo, attuali le sofferte parole che Paolo Borsellino, esempio illuminante di uomo di Stato, dedicò a questo tema e ricordate da Roberto Scarpinato: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita … Che cosa si è fatto per dare allo Stato … una immagine credibile ? … La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinchè lo Stato diventi più credibile, perchè noi ci dobbiamo identificare di più in queste Istituzioni”. “No, io non mi sento protetto dallo Stato perchè quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”.

Lo scritto di Roberto Scarpinato, nella forma di una lettera ideale, così come gli era stato richiesto dai familiari di Borsellino, è stato un omaggio alla Verità ed alla Giustizia, un ringraziamento a Paolo Borsellino, un corrispondere a un debito di riconoscenza che mai salderemo del tutto. E’ stato l’espressione concreta del dover essere al servizio della comunità attraverso una partecipazione “alta” alla vita della “polis”, finalizzata alla consapevolezza e alla responsabilizzazione critica di ogni cittadino.

Le parole di Roberto Scarpinato, nell’esaltare la cultura delle Istituzioni, sono state anche esempio di adeguatezza comunicativa: hanno assolto al dovere di comprensibilità verso chi ha meno presìdi culturali, senza abbassare il sentimento di autentica Giustizia, che troppe volte viene eluso preferendo la comodità del linguaggio autoreferenziale dei pochi, insensibile al desiderio di conoscere e di crescere culturalmente dei molti. Il suo discorso non ha seguito la celebrazione del “mito” di Paolo Borsellino, tranquillizzante nella sua fissità sterile, ma ha voluto indicare l’Uomo e il Magistrato come suscitatore di coscienze profonde che avvertono l’ineludibile necessità di pensare e di agire nella prospettiva di un positivo cambiamento comune.

Abbiamo appreso dalla stampa che, a seguito della lettera dedicata da Roberto Scarpinato a Paolo Borsellino, è stata aperta presso la Prima Commissione del C.S.M. una pratica per il suo trasferimento di ufficio e che la richiesta di apertura della pratica è stata trasmessa dal Comitato di Presidenza del C.S.M. alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione per eventuali iniziative disciplinari.

L’Associazione Nazionale Magistrati, il 26 Luglio 2012, ha espresso sorpresa e preoccupazione per tale iniziativa ritenendo che quel discorso non possa essere inteso che come “manifestazione di libero pensiero, quale giusto richiamo, senza riferimenti specifici, nel ricordo delle idee e delle stesse parole di Paolo Borsellino, alla coerenza di comportamenti ed al rifiuto di ogni compromesso, soprattutto da parte di chi ricopre cariche istituzionali”.

Il discorso di Roberto Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso, nelle Istituzioni e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di merito per chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la credibilità del proprio passato. Come monito alle tante persone che si stanno formando una coscienza civile o a quelle che possono cedere alla tentazione della disillusione, e come esortazione a tener sempre un comportamento esemplare e onesto nell’interesse dello Stato democratico e costituzionale. Non si tratta di discutere solo della possibilità di un Magistrato (dell’autorevolezza di Roberto Scarpinato) di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare alla collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed etico.

C’è necessità di parlare con quella che i greci chiamarono “parresia”, ovvero con la libertà e il dovere morale di chi non teme di urtare la suscettibilità di alcuno perchè non prevede di aver benefici o debiti nei confronti del Potere.

Per questi motivi facciamo nostre le nobilissime parole della lettera di Roberto Scarpinato

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‘Il film nero’ di Mancuso e Placella

Un radiodocumentario musicale. Sulla mafia, per di più. Perché la musica e le voci possono almeno tenere viva l’urgenza di avere risposte su una storia che non ne vorrebbe dare. Su Paolo Borsellino e tutto quello che è Stato. Se avete il tempo di mettervi comodi vale la pena ascoltare il lavoro di Giovanni Mancuso e Gianluigi Placella.

 


Il Film Nero
a vent’anni dalla strage di Via D’Amelio
19 luglio 1992 19 luglio 2012
risposte senza domande a domande senza risposte

radiodocumentario musicale
di Giovanni Mancuso e Gianluigi Placella

con le voci di

Salvatore Borsellino
Benny Calasanzio Borsellino
Letizia Battaglia
Giulio Cavalli
Antonino Di Matteo
Antonio Ingroia
Giuseppe Lo Bianco
Petra Reski
Piero Ricca
Giovanbattista Tona

No, non è una buona notizia

Si può pensarla come si vuole, si può continuare a partiticizzare tutto, la trattativa, i pm, le procure, le parole, ma che Ingroia lasci l’Italia e le indagini non può essere una buona notizia. Nemmeno per i suoi nemici (se fossero intellettualmente onesti) che vedrebbero sprecata l’occasione di smentire le sue ipotesi. E invece esulteranno, in tanti. E lì galleggerà il torbido che da vent’anni non riesce a togliersi l’odore acre del tritolo dalla cravatta.

Alla fine lascia: Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo titolare della indagine sulla trattativa Stato-mafia e al centro di roventi polemiche per le intercettazioni delle conversazioni del presidente della Repubblica Napolitano, finite davanti alla Consulta, andra’ in Guatemala, come scrivono alcuni giornali.  Come anticipato a giugno dall’ANSA, il magistrato era stato contattato dalle Nazioni Unite per ricoprire un incarico annuale di capo dell’unita’ di investigazioni e analisi criminale contro l’impunita’ nel Paese centroamericano. Il, progetto, pero’, aveva avuto una battuta d’arresto. Secondo indiscrezioni, il pm aveva chiesto informalmente al Csm di mantenere il posto di aggiunto a Palermo, trovando una fredda accoglienza a Palazzo dei Marescialli. La vicenda era stata seccamente smentita da Ingroia che aveva negato di avere ricevuto proposte formali dall’Onu e che aveva sostenuto che si trattava di mere ipotesi. ”Da tempo le Nazioni Unite mi hanno proposto l’incarico – dice il pm – La proposta la considero una sorta di prosecuzione della mia attivita’ in Italia. In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziché’ denigrati e ostacolati”. Il magistrato dovrebbe lasciare Palermo in autunno.

 

Dove eravamo? Adesso siamo qui

Giro l’Italia per incontri, presentazioni di libri, spettacoli e conferenza. Sono molto fortunato. Sono molto fortunato perché mi ha insegnato ad ascoltare. E non è facile come sembra: richiede curiosità e fatica. Poi ogni tanto trovo l’eco di una presentazione su qualche frammento sul web. E penso sempre di più che ne valga la pena, sul serio. E che sono tantissime le occasioni in cui avrei bisogno di qualche minuto in più per fermarmi e ascoltare, discutere, parlare. Valeria Grimaldi scrive della presentazione del libro Dove eravamo (Caracò editore) e infonde bellezza e forza:

Una parola usata da Giulio Cavalli mi ha colpito molto: la parola lutto. “Il lutto è già passato” riferendosi alle stragi. Ho sentito un bruciore al cuore, la rabbia che saliva: forse perchè ho vent’anni, forse per un rimorso non dipeso da me ma solo dal tempo, perchè non ho un ricordo personale di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Perchè non sono potuta essere lì a sostenerli quando ancora erano in vita. Il mio lutto non è passato, credo non passerà mai: ogni giorno saranno il 23 maggio e il 19 luglio. Ogni giorno mi farò la stessa domanda: dove sono? A combattere. Per loro, per me, per tutti.

Il post completo è qui.

L’ex direttore del DAP: “lo Stato ha ceduto alla mafia”

Nel febbraio del 1993 Scalfaro ha ricevuto dalla mafia una lettera dove si chiedeva il mio allontanamento. Fatto sta che dopo qualche mese fui cacciato”.Nicolò Amato, direttore del Dap dal 1982 al 1993, parla della stagione più nera per le istituzioni italiane in una lunga intervista adAffaritaliani.it: “Il Presidente della Repubblica decise la mia destituzione nonostante la cosa non fosse di sua competenza. Perché fui mandato via? Sapevano che avrei proseguito sulla strada del carcere duro”.

Si può parlare di trattativa? “E’ un fatto che le richieste della mafia siano state accolte“. E sulla versione dell’ex ministro della Giustizia Conso: “E’ impossibile che abbia deciso da solo la revoca del 41 bis. E al Dap più che Capriotti, comandava il suo vice, Di Maggio“. Chi cede non è perseguibile, ma secondo Amato “non si sarebbe mai dovuto cedere alle pressioni di Cosa Nostra”. E sulla Commissione Antimafia che ha deciso di non riconvocarlo: “Ora so molte cose in più di quando sono ascoltato. Se c’è voglia di arrivare alla verità? Bisognerebbe chiederlo a chi la cerca”.

Un’intervista importante di oggi su Affari Italiani.

E alla fine sarà colpa nostra anche via D’Amelio

Poi alla fine verranno a dirci che, comunque, è colpa nostra e dei nostri venti o trent’anni. Ci diranno che siamo stati troppo poco curiosi, che non abbiamo fatto le domande giuste o che siamo superficiali, disinteressati, disillusi: antipolitici.

Siamo cresciuti con Falcone e Borsellino nelle orecchie come un mantra per farci addormentare. Sembrava semplice, anche, a vederlo da fuori o da lontano, arrampicati quassù a Milano dove le bombe al massimo erano un incidente di percorso ma senza rischio. Chi erano i buoni e chi erano i cattivi: era semplice. Loro, ci dicevano, li hanno uccisi perché erano buoni, Falcone perché combatteva la mafia. E allora così piccolo e sprovveduto pensavi sempre che era una battaglia a perdere, quella contro la mafia, come la bottiglia da restituire quando ci hai bevuto tutta l’acqua dentro. Borsellino l’hanno ucciso perché era l’amico di Falcone, il suo erede. E ce l’hanno raccontato con quelle facce che hanno gli adulti quando sanno di raccontare una storia che è così chiara da sembrare banale, con le certezze dei dogmi da passare ai figli con la solennità che si addice ai padri sempre un po’ di fretta di ritorno dal lavoro.

Era la stessa faccia che si ingrugniva su Andreotti, che forse sì, non era stato sempre trasparente ma “la mafia è un’altra cosa”. Forse Andreotti l’aveva incrociata a qualche fermata del tram o l’aveva salutata seduta al tavolo di fianco durante la pausa pranzo. Ma “la mafia è un’altra cosa”. Oppure le facce con il mezzo sorriso dei cretini mentre scuotevano la testa quando si diceva di odore di mafia con Raul Gardini, che da noi, qui giù al nord, era l’abbronzato più nordico che si potesse immaginare. Insomma sì, la politica e qualche imprenditore saranno stati un po’ spericolati in quegli anni ma “la mafia è un’altra cosa” e l’importante è santificare i morti. Ricordandosi e ricordandoci tutti che la mafia è sporca e cattiva, tutti insieme nella santa messa dei morti ammazzati saltati in aria quell’anno lì, quell’anno di Falconeeborsellino scritto tutto attaccato come si mischiano le cose quando perdono la memoria e il senso.

Poi ci è toccato di andare a studiare Andreotti com’era Andreotti dentro le carte del processo, cosa diceva Dalla Chiesa al figlio e alla moglie, abbiamo frugato nei cassonetti della memoria superficiale e deteriorabile in fretta per ripescare gli articoli che si incaponivano, che non volevano semplificare. Che non era tutto bianco e nero e che in mezzo al brodo di tutto quel grigio ci stava la forza buia degli ultimi vent’anni. Non è nemmeno stato facile trovare le memorie di quel tempo: gli articoli stavano annichiliti dietro alla lavagna, dove si castigano gli allarmisti per professione e per eversione professionale.

Ora quel 1992 e quella bomba esplosa sotto le scarpe di Paolo Borsellino forse non è più così semplice. Ora le indagini e le Procure dicono che c’era qualcosa in più. Forse, ci dicono, forse non è vero “che la mafia è un’altra cosa”. Forse il filo rosso che sta dietro gli ultimi venti anni ha un padre che viene da molto lontano e dei figli che sono la seconda generazione di quel buco in via D’Amelio. Figli dallo stesso utero del tritolo di Capaci. Altro che buoni e cattivi, bianco o nero, e i complotti che stanno a zero. Altro che le farneticazioni dei figli, dei fratelli e dei parenti che non riescono a sopravvivere tranuquilli ai familiari morti ammazzati.

Qualcuno balbetta, sì forse abbiamo dato per scontato e invece c’è qualche scheggia impazzita. Provano a tranquillizzarci così. Un’educazione antimafiosa di errori, banalizzazioni e falsità e provano a discolparsi accusando pochi personaggi minori della storia. Poi ci diranno che bisogna aspettare i riscontri. Sicuro. E che comunque queste sono le settimane della memoria: mani giunte, sguardo umido e poche domande. Non si bisbiglia durante la messa. E’ un peccato mortale.

Poi alla fine verranno a dirci che, comunque, è colpa nostra e dei nostri venti o trent’anni. Ci diranno che siamo stati troppo poco curiosi, che non abbiamo fatto le domande giuste o che siamo superficiali, disinteressati, disillusi: antipolitici.

Pubblicato su I Siciliani Giovani – giugno 2012

Per scaricare il nuovo numero: www.isiciliani.it

Nell’uscita di questo mese:

Margherita Ingoglia e Michela Mancini  Giovani: Telejato e Siciliani Gian Carlo Caselli Illusioni e verità Nando dalla ChiesaNdrangheta e sanità Giulio Cavalli Via D’Amelio Riccardo Orioles Maledetta antimafia Norma Ferrara / Sabina Longhitano Gaetano Liardo Un’estate libera Emanuele Midolo Terre bruciate Giovanni Caruso Terre bruciate Pietro Orsatti Beni confiscati Rino GiacaloneBeni confiscati Rino Giacalone Il mancato arresto di Messina Denaro Francesco Feola Rewind-Forward Salvo Vitale Muoiono 40 tv, si salva Telejato Maria Visconti e Salvo Ognibene Telejato e le scuole di Bologna Studenti di Bologna Lettera al Presidente Nadia Furnari Rita Atria vent’anni dopo Luciano Mirone Il caso Manca Antonio Mazzeo I droni di Sigonella Sara Spartà Niscemi: NoMuos e antimafia Arnaldo Capezzuto L’azzardo di Laboccetta Arnaldo Capezzuto L’editto di Nick ‘o ‘Mericano Ester Castano Perego e ‘ndrangheta Desirée Miranda e Leandro Perrotta Catania/ “Vuoi parlare? Paga!” Salvo Vitale L’affare dela distilleria BertolinoMargherita Ingroglia Partinico/ Elezioni in cosca Francesco Appari e Giacomo Di Girolamo Pantelleria/ Un sindaco in mezzo al mareCarlo Gubitosa, Kanjano e Mauro Biani Mamma Jack Daniel Satira/ Vergine again Luca Salici e Luca Ferrara Grafic Novel/ Caponnetto Antonello Oliva Musica/ I nuovi cantautori Elio Camilleri Storia/ Portella delle Ginestre Alessandro Romeo Altri Sud/ Pausa indiana Giuseppe Giustolisi Medici catanesi Daniela Sammitto Chi vuol chiudere la comunità Rossana Spadaro Vittoria/ Volti e storie Lorenzo Baldo Interviste/ Alfredo Morvillo Giovanni Abbagnato Palermo fra passato e futuro Irene Di Nora Antimafia in IrlandaAntonio Cimino Da Chinnici a Borsellino Salvo Vitale Antimafie, Istruzioni per l’uso Rossomando Campania/ Il triangolo del lavoroPietro Orsatti Fare libri Fabio Vita Apple vs Bitcoin Pino Finocchiaro Lettere al Quirinale Riccardo De Gennaro “Fondata sul lavoro”Gapa I bambini, la resistenza, i perseguitati Piero Cimaglia e Daniela Siciliano Uomini e no Giovanni Caruso Periferie/ La fossa Dino Frisullo Periferie/ Malli Gullu Fabio D’Urso e Luciano Bruno Ballata della città dimenticata Giuseppe Fava Sicilia, miseria e miliardi