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pavidi

Letta Continua

Siamo nell’epoca Letta. Lo so, siamo in un momento politico strano, talmente nauseati che anche i cavalli di ritorno ci provocano sussulti, del resto già da un po’ ci siamo ridotti a rimpiangere la Prima Repubblica vista la consistenza di quelle venute dopo. Politicamente la notizia è questa: Enrico Letta è stato votato segretario da quelli che nel 2014 lo cacciarono. E, badate bene, i protagonisti sono sempre gli stessi, travestiti o mimetizzati o nella parte dei convertiti, sempre loro.

Però nel momento storico in cui tutti i leader di partito si accodano allo smussamento rivenduto come buona educazione (quando invece è solo insana pavidità politica) Enrico Letta ha deciso, nonostante lo dipingano come annacquato, di essere smodato e di porre questioni che gli altri hanno finto di dimenticare. I punti che ha posto all’assemblea del Partito democratico sono comunque aria fresca rispetto allo stantio parlare a cui eravamo abituati e avere il coraggio in un momento come questo di parlare di ius soli spazza via molte delle giustificazioni che sono sempre state adottate, quando c’era altro a cui pensare, quando si aveva paura di prendere posizione, quando sembrava addirittura una bestemmia prendere di petto Salvini e le sue politiche. Nella nazione in cui si celebrano le arance perché italiane, le auto perché italiane, le magliette perché italiane gli unici italiani non italiani sembrano essere rimasti i bambini nati in Italia.

Anche il voto ai giovani di 16 anni è un tema che ha attraversato l’Europa e che solo qui da noi ci ha sfiorato da lontano solo qualche volta. Eccolo, è arrivato. Si può essere d’accordo o meno ma aprire un dibattito è doveroso. Anche sui giovani, come spesso accade, si ascoltano gli adulti dare lezioni e poco altro.

In una democrazia matura che i partiti (di qualsiasi colore) riescano a trovare una leadership all’altezza è l’auspicio di tutti, no? Quindi nella fase delle parole, che è la fase più facile, c’è da dire che Letta ha avuto il coraggio di osare.

C’è un piccolo particolare, però, tanto per non cadere in facili entusiasmi e l’ha raccontato benissimo ieri Civati in un’intervista a Repubblica. Dice Civati: «Sono almeno 10 anni che tutti i leader del Pd parlano di ius soli. Lo abbiamo fatto? No. La verità è che la sinistra nel Pd non c’è più, sono tutti democristiani. Non c’è la sostanza, non c’è il conflitto, è un partito di sistema. Io spero tantissimo che Letta l’abbia imparato e che riesca a rompere gli schemi».

Ecco, appunto.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Evviva evviva! Non interessa la trattativa!

C’è in giro questa biliosa soddisfazione per il deludente risultato di spettatori del film di Sabina Guzzanti “La trattativa”. Ne scrivono i giornalai di destra ma anche di sinistra tutti tronfi tra le comode scrivanie da saccenti minimizzatori della tranquillizzazione come linea editoriale. Verrebbe da dire che Sabina non si sia impegnata in tutti questi anni per essere simpatica a tutti, sempre infilata tre gli orrori più colpevoli e turpi della nostra classe dirigente che sbava pur di ottenere piuttosto una complice distrazione dalle proprie malefatte ma l’aspetto più preoccupante di questa generalizzata esultanza per il flop è la ripetizione dei soliti meccanismi che mirano (riuscendoci) a confinare i contatti tra Stato e mafia dagli anni ’90 ad oggi tra le visioni apocalittiche di pochi esagitati. Creare o coltivare il disinteresse verso i rapporti non convenzionali tra pezzi di Stato e la criminalità organizzata significa normalizzare la mafia così come progettato da Bernardo Provenzano qualche decennio fa oltre che calpestare la vivacità civile che è la garanzia migliore per la democrazia del nostro Stato. Non so perché anche molti intellettuali e notabili antimafiosi siano ultimamente molto tiepidi sui fatti (perché ci sono già i fatti, eh) che sono agli atti di un processo che al di là della verità giudiziaria possiede già tutti gli elementi per formulare una sentenza etica sulla storia degli ultimi vent’anni di questo Paese e non so davvero se a qualcuno sia bastato l’arresto di Dell’Utri come ceralacca per chiudere definitivamente quell’epoca.

Oggi il Governo sta preparando la riforma della giustizia con alcuni degli interpreti di quegli anni bui, ad esempio, e nonostante i propositi di “rottamazione” molti torbidi personaggi sono ancora saldi al loro posto. Continuando a ripeterlo e continuando a chiedere verità e giustizia qualcuno vorrebbe farci credere che siamo solo coristi di un trita litania ma poi verrà un giorno che gli immobili di oggi si fregeranno del titolo di salvatori della patria. E noi saremo qui a ricordarli tutti, i pavidamente timidi sulle trattativa. Ce li ricorderemo tutti.