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Anziché intromettersi sul ddl Zan il Vaticano pensi ai reati sessuali dei preti

Qualcuno rassicuri il Vaticano, vada a suonare al loro citofono spiegando che il ddl Zan – che loro vedono come fumo negli occhi – non aggrava le pene per il reato di atti sessuali con minorenni, che continuerà a essere punito dal Codice penale, come loro sanno bene.

Qualcuno dica al Vaticano anche che ci vuole un bel coraggio nel ritenersi degni di giudicare la libertà sessuale degli altri provenendo da un club che ha una sessualità taciuta e castrata per dogma, tra l’altro con evidenti mancanze di rispetto delle regole.

Qualcuno dica al Vaticano che ogni volta che si sentono voci provenire da lì che dicono qualcosa sui bambini, sulla pedofilia e sull’omosessualità non si riesce proprio a prenderli sul serio, senza pensare per un momento a questi ultimi 20 anni in cui i casi (e stiamo parlando solo di quelli che sono venuti a galla) si sono moltiplicati e hanno disegnato perfettamente la poca etica e la poca credibilità di chi oggi vorrebbe fare la parte del moralizzatore.

Gli si ricordi della condanna a dieci anni di carcere comminata a John J. Geoghan, un prete che aveva violentato un bimbo di dieci anni nel 2002, degli 89 sacerdoti nella sola Boston messi sotto accusa dall’inchiesta del The Boston Globe, dei 55 preti che sono stati poi rimossi dall’incarico. Gli si ricordi che l’allora arcivescovo di Boston Bernard Francis Law permise a molti presti, già accusati, di continuare a esercitare semplicemente spostandoli di parrocchia, come se un trasloco valesse come un perdono, e ricordiamoci di quando dovette consegnare le proprie dimissioni nelle mani di Giovanni Paolo II il 13 dicembre del 2002.

Si ricordi la bancarotta delle arcidiocesi di Portland, di Tucson e di Spokane dovuta alle richieste di risarcimenti. Ricordategli il vescovo John Magee e monsignor James Moriarty, vescovo di Kildare e Leighlin, che si dimisero dopo i numeri spaventosi di abusi in Irlanda.

E poi la Germania, con gli abusi nel coro delle voci bianche del duomo di Ratisbona. Oppure le stime dell’arcivescovo Silvano Tommasi, osservatore permanente della Santa Sede all’ONU di Ginevra, che in una dichiarazione al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, dichiarò che, stando alle ricerche interne, nel clero cattolico tra l’1,5% e il 5% era coinvolto in abusi sessuali su minori. Solo per citare alcuni episodi.

Ci vuole credibilità per affrontare certi temi e il Vaticano, peggio per loro, proprio non ne ha. Se domani davvero volessero fare sul serio “contro l’omosessualità” da quelle parti ci sarebbero parecchi posti vacanti. Altro che Concordato.

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