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peppino impastato

Onorare Peppino? Con il dovere della curiosità.

(scritto per i Quaderni di Possibile)

Chiariamoci per favore, almeno adesso che sono passati quasi 40 anni: Peppino Impastato non era un baldanzoso giovanotto impegnato nel perculare il mafioso di quartiere e nemmeno un aspirante uomo di spettacolo incappato in una brutta storia. Peppino Impastato è stato un pensatore, un attivista. In poche parole un politico. Un politico che, tra l’altro, su un tema così complesso e endemico come era (com’è) la criminalità organizzata.

E se oggi qualcuno ancora prova a “festeggiare” Peppino Impastato come un “pittoresco eroe” di altri mondi si sbaglia: Peppino Impastato ha insegnato il dovere della curiosità come antidoto alle mafie. Curiosità appuntita, continua: Peppino Impastato ha indicato la mafia simulata nelle curve stradali disegnate per soddisfare la fame dei possidenti mafiosi, ha denunciato gli interessi criminali travestiti da documenti politici, ha additato con nomi e cognomi i personaggi che intrattenevano pericolose frequentazioni e ha urlato alla gente la bellezza sottratta dalla mano criminale. Peppino Impastato s’è fatto carico di una politica che rivendica il proprio “primato” perché decide di arrivare prima.

Quella mafia che Peppino ha denunciato (quella stessa che ha avuto bisogno di ucciderlo per zittirlo) è la stessa che oggi si mimetizza nelle urbanizzazioni selvagge delle città in cui abitiamo: le case che si continuano a costruire e non hanno bisogno di essere vendute, gli ipermercati che avanzano selvaggiamente nonostante il settore sia in calo, i PGT che a prima vista appaio insensati, i ristoranti e bar che sembrano non avere bisogno di clienti e le strade che nessuno ha interesse a percorrere sono i sonori “aeroporti di Peppino”, nidi di interessi osceni che modificano il nostro panorama confidando nella disattenzione generale.

Ecco. Onorare Peppino significa riappropriarci anche del dovere di essere curiosi per difendere la nostra terra. Città per città, paese per paese, quartiere per quartiere non stancarsi di porre le domande giuste e non accontentarsi delle risposte sbagliate. Oggi, subito. Incontrarsi, discutere, formulare le domande, ascoltare le opinioni, analizzare le risposte. Così onoriamo Peppino. E la politica, appunto.

Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.

(Salvo Vitale, da Radio Aut, saluta Peppino Impastato. Anche se in realtà Radio Aut quel giorno rimase chiusa per problemi tecnici il discorso fu pronunciato realmente)

Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.
Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: “Voglio abbandonare la politica e la vita”.
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa? Se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari.

Suicidio.
Come l’anarchico Pinelli, che vola dalle finestre della questura di Milano. Oppure come l’editore Feltrinelli, che salta in aria sui tralicci dell’Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia? Ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato? Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino.

Domani ci saranno i funerali: voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura: perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace! Noi siamo la mafia! E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso! Tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente!

Non si può volere e pensare nel frastuono assordante

peppinoimpastato

Un mare di gente
a flutti disordinati
s’è riversato nelle piazze,
nelle strade e nei sobborghi.
E’ tutto un gran vociare
che gela il sangue,
come uno scricchiolo di ossa rotte.
Non si può volere e pensare
nel frastuono assordante;
nell’odore di calca
c’è aria di festa

(Peppino Impastato. Sì, proprio lui.)

Un secolo di mafia. Con le candeline incluse.

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A 150 passi dalla casa che fu di Peppino Impastato a Cinisi il mafioso Procopio Di Maggio ha festeggiato il 6 gennaio i suoi 100 anni passati a sporcarsi le mani di sangue e baci mafiosi. Passato da Tano Badalamenti alla corte dei coleonesi Riina e Provenzano il connetto mafioso ha preparato una sontuosa festa con giochi d’artificio inclusi e parenti e amici finanche dagli Stati Uniti. Chissà cosa ha pensato Peppino, da lassù.

Caro Peppino Impastato, oggi Cinisi si è fatta nazione.

peppino 3 webE niente, Peppino. Mi sento infantile, forse sono anche un po’ stupido, ma tutti gli anni quando sento l’odore rancido del ricordo bollito per l’anniversario della tua morte (perché noi siamo bravissimi a celebrare i morti per non doverci preoccupare della lezione da vivi) non riesco a non pensare quanto poco siano cambiate le cose. Cambiano le facce, cambiano i modi, non cambiano nemmeno troppo i cognomi ma alla fine chissà come saresti oggi. Sicuramente proverebbero a tenerti muto: saresti un giovane idealista zittito dal pensiero conforme della maggioranza e dagli schizzi dei violenti che della maggioranza sono i migliori alleati esterni. Certo ti farebbe sorridere sapere che mentre tu lottavi contro il cemento delle strade costruite storte per poter toccare tutti i campi dei mafiosi oppure contro il cemento dell’aeroporto di Cinisi, ecco, chissà che faccia faresti a sapere che oggi il cemento, come allora, è sparso in nome del “cibo”, del “progresso” e addirittura per i treni. Manco per gli aerei, per i treni. E manco per le persone, per le merci. Forse manderebbero a processo i tuoi palloncini colorati qui dove si processano le parole, le intenzioni e si dimenticano presto i corrotti e i corruttori.

Oppure avrebbero potuto provare di farti essere un santino, coccolato finché zitto, scortato per parata e ammennicolo per fingere buone attenzioni. O forse no. No. Ancora oggi devi essere morto per contare. Mica per quello che hai fatto da vivo ma per quello a cui servi da morto.

Caro Peppino, oggi Cinisi si è fatta nazione.

Peppino Impastato, Ponteranica: buone notizie

Dopo le mobilitazioni degli anni scorsi per l’infelice tentativo di rimozione della memoria di Peppino Impastato (trovate il nostro appello qui) finalmente arriva una buona notizia:

impastatoPonteranica non dimentica. Non dimentica Peppino Impastato e la battaglia antimafia. Così, sei anni dopo la polemica con l’allora sindaco Cristiano Aldegani, sei anni dopo le manifestazioni, sei anni dopo essere balzata agli onori delle cronache per la rimozione della targa dalla biblioteca, targa dedicata al simbolo dell’impegno per la legalità… torna sul luogo del “delitto”.

E lo fa con la decisione di intitolare a Peppino Impastato e a tutte le vittime della mafia il Centro Vivace, quello spazio di aggregazione in cui si ritrovano i giovani della zona per fare e ascoltare musica e che ha rischiato qualche mese fa di essere demolito.

L’annuncio della decisione arriva da Carlo Colombi, consigliere della maggioranza: “Dopo una fase di ascolto e riflessione comune la scelta di una nuova intitolazione a ‘Peppino Impastato e a tutte le vittime delle mafie’ è ricaduta sul Centro Vivace”.

La cerimonia di intitolazione è prevista per il 6 giugno con la “festa della legalità” e sarà accompagnata da una serie di eventi che iniziano sabato 21 febbraio (ore 20.30) con il gruppo Amici della Valle del Marro che presenta: “Storie di mafia e antimafia dal sud al Nord” e “Resistere alle mafie è possibile!”.

(fonte)

Nuove indagini sulla sparizione dell’archivio di Peppino Impastato

di Francesca Mondin – 10 gennaio 2015
impastato-fumetto-c-luigi-alfieriNuove indagini sulla sparizione dell’archivio dell’attivista Peppino Impastato ammazzato dalla mafia nella nelle prime ore del 9 maggio 1978. La notte stessa del 9 maggio un gruppo di carabinieri perquisì l’abitazione della famiglia Impastato, nel corso Cinisi, portando via tutto quello che trovò in riferimento a Peppino: appunti, lettere, volantini, dossier di denuncia e ricerche. Un irruzione che lasciò senza parole Giovanni Impastato ancora sconvolto per il corpo dilaniato del fratello ritrovato poche ore prima.
Da quella sera le carte di Peppino sparirono nel nulla.
Anche Salvo Vitale, amico e compagno di lotta di Peppino Impastato ricorda benissimo i giorni successivi all’omicidio e più volte ha raccontato di come vennero gestite le indagini dai carabinieri. Interrogatori feroci in caserma e perquisizioni nelle case dei ‘compagni’ anche prive di mandati di perquisizione. Furono proprio i compagni di Peppino assieme al fratello Giovanni a raccogliere informazioni e prove che a distanza di anni dimostrarono il depistaggio messo in atto nelle prime indagini.

A riguardo sono stati indagati per favoreggiamento il generale Antonio Subranni e per falso i sottufficiali che all’epoca condussero la perquisizione a casa Impastato: Carmelo Canale, Francesco De Bono e Francesco Abramo. Per i quali però il pm Francesco Del Bene è stato costretto a chiedere l’archiviazione poiché i reati erano caduti in prescrizione. Tra i quattro uomini dell’Arma solo Canale ha rinunciato alla prescrizione in quanto vuole essere assolto dal reato.
Ora però sul mistero della sparizione dei documenti di Peppino il giudice per le indagini preliminari Maria Pino vuole andare fino in fondo. Infatti a fine dicembre il gip ha scritto un ordinanza disponendo nuove indagini. Entro sei mesi la procura dovrà ascoltare i testimoni indicati dal giudice e acquisire nuovi documenti.
Quel materiale scomparso dopo il sequestrato dalla casa di Peppino, secondo il gip rappresenterebbe proprio l’inizio di tutte quelle ‘azioni particolari’, di cui parlano gli amici e compagni di Peppino, che depistarono le indagini sulla morte dell’attivista di Cinisi.
In particolare ci sarebbero due documenti che potrebbero dimostrare il reato. Sono due relazioni stilate dai carabinieri all’epoca dei fatti e consegnate dal comando provinciale dei carabinieri di Palermo nel 2000, dopoché la procura e la commissione parlamentare antimafia avevano chiesto all’Arma di consegnare copia di tutti gli atti su Impastato conservati in archivio.
Nella prima relazione, scritta in un foglio privo d’intestazione, senza data e firma troviamo un elenco di 32 punti che si apre con “Fotocopia di una lettera con timbro postale di Cinisi 23.11.1973 spedita a Impastato Giuseppe, contenente minacce da parte di un gruppo di muratori del luogo» e si chiude con: «Statuto del Circolo Arci». In alto prima dell’elenco c’è scritto: “Elenco del materiale informalmente sequestrato in occasione del decesso di Impastato Giuseppe, nella di lui abitazione”.
La seconda relazione, datata il 1 giugno 1978, è invece un’annotazione di servizio dell’allora comandante del nucleo informativo della Legione carabinieri di Palermo.
Il cui oggetto è «Controllo persone sospettate di appartenenza a gruppi eversivi». Nella carta si legge: «Si trasmette l’accluso elenco, sequestrato informalmente nell’abitazione di Impastato Giuseppe».
L’allora comandante del nucleo Informativo Enrico Frasca, interrogato nei mesi scorsi dal pm Del Bene, ha detto però di non ricordare per nulla quella relazione ed ha anche ammesso un certo stupore per l’espressione “sequestro informale”, termine infatti che non esiste in nessun manuale di diritto italiano.
Anche se i reati di favoreggiamento e falso sono prescritti si potrà forse arrivare a capire come mai e chi ha fatto sparire i documenti di Peppino Impastato.

(clic)

La bellezza secondo Peppino Impastato

Un pezzo da antologia del compagno di Peppino, Salvo Vitale:

L’altra sera Al festival di Sanremo, Luca Zingaretti ha ricordato Peppino Impastato ed ha citato una frase che si continua ad attribuire a Peppino ma che lui non ha mai detto. Già due imprenditori ne hanno fatto uno spot pubblicitario per sponsorizzare la vendita di una marca d’occhiali, arrangiando e rielaborando la frase. La commercializzazione del nome di Peppino ha fatto scattare una raccolta di firme, per il ritiro dello spot, che è già arrivata a 65.000 adesioni, al punto che, gli autori, hanno deciso di ritirare la trovata pubblicitaria. In tal senso uno di loro sarà a Cinisi il 7 marzo, nel corso di un’iniziativa per fare il punto sull’antimafia sociale oggi e su quanto è commercializzabile al fine di creare un’economia diversa da quella mafiosa. Zingaretti ha usato la versione “commercializzata” e non quella originale.

E’ il caso di rileggere interamente il dialogo che Peppino e Salvo (cioè io), dall’alto di Monte Pecoraro, fanno, guardando l’aeroporto di Punta Raisi, dopo la costruzione della terza pista:

PEPPINO: Sai cosa penso?
SALVO : Cosa?
PEPPINO: Che questa pista in fondo non è brutta. Anzi
SALVO [ride]: Ma che dici?!
PEPPINO: Vista così, dall’alto … [guardandosi intorno sale qua e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre … che è ancora più forte dell’uomo. Invece non è così. .. in fondo le cose, anche le peggiori, una volta fatte … poi trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere! Fanno ‘ste case schifose, con le finestre di alluminio, i balconcini … mI segui?
SALVO: Ti sto seguendo
PEPPINO:… Senza intonaco, i muri di mattoni vivi … la gente ci va ad abitare, ci mette le tendine, i gerani, la biancheria appesa, la televisione … e dopo un po’ tutto fa parte del paesaggio, c’è, esiste … nessuno si ricorda più di com’era prima. Non ci vuole niente a distruggerla la bellezza …
SALVO: E allora?
PEPPINO: E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte ‘ste fesserie … bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?
SALVO: ( perplesso) La bellezza…
PEPPINO: Sì, la bellezza. È importante la bellezza. Da quella scende giù tutto il resto.
SALVO: Oh, ti sei innamorato anche tu, come tuo fratello?
A conclusione del dialogo:
PEPPINO: Io la invidio questa normalità. Io non ci riuscirei ad essere così…

Andiamo invece a leggere lo slogan elaborato da due imprenditori, per pubblicizzare la propria marca d’occhiali:

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Lo slogan si chiude con la postilla: da un’esortazione alla bellezza di Peppino Impastato.

La frase è ben costruita, recitata in modo aggressivo, all’interno di un video con immagini efficaci sul degrado causato dalla civiltà del cemento. La “furbata”, o, se si preferisce, il colpo d’ala, sta tutto in quel “da”, che giustifica la rielaborazione di quanto presente ne “I cento passi” e il suo libero riutilizzo. Va puntualizzato che, quella del film non è una “esortazione alla bellezza ” e non è, una poesia. Ma non è nemmeno una frase di Peppino Impastato o a lui attribuibile. Posso tranquillamente dichiarare di non avere mai avuto con Peppino alcun discorso di questo tipo. Si tratta di considerazioni che gli autori della sceneggiatura del film, cioè Marco Tullio Giordana, Claudio Fava e Monica Zapelli, mettono in bocca a Peppino e a Salvo nel contesto di un discorso che, nel film, ritorna anche nella scena famosa dei cento passi:

“Cento passi ci vogliono da casa nostra, cento passi. Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar…alla fine ti sembrano come te: salutamu don Tanu, salutamu Giuvanni, salutamu Pippinu…… Io voglio fottermene…..noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente”.

E’ un contesto in cui lotta alla mafia diventa lotta contro l’abitudine, contro l’assuefazione, contro l’omologazione, ovvero contro quella “normalità” in cui Peppino non riesce ad entrare. Nulla a che fare con il deformante messaggio comunicato dallo spot, secondo il quale un occhiale è lo strumento per vedere le cose nella loro giusta dimensione, quella della bellezza: se si tratta di un occhiale da vista esso restituirà la visione, più o meno corretta, della bruttezza realizzata dagli uomini, se di un occhiale da sole, esso offrirà particolari caratteristiche, cromatiche o di prospettiva all’interno della visione: ma anche in tal caso non è detto che la colorazione si configuri come bellezza, anzi, sembra essere un veicolo dell’inganno.

‘Ste fesserie…”

“ E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte ‘ste fesserie … bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?”
In questo passaggio Peppino, anzi, chi parla per lui, pone un problema di fondo, ovvero quello del primato della bellezza sulla politica e sulla lotta di classe. Era questo il suo pensiero? Non credo. Per dei marxisti ortodossi come lo eravamo, lo strumento fondamentale che muove la storia è l’economia con le sue spietate leggi, la struttura, rispetto alla quale le altre cose, a cominciare dalla bellezza, dalla morale, dalle leggi, dalla religione, dalla cultura, sono sovrastrutture, cioè conseguenze, spesso inevitabili, della struttura di fondo. Il conseguimento di una dimensione compiuta dell’uomo è la inevitabile conseguenza di un momento di rottura degli equilibri del sistema, la lotta di classe, la mitica rivoluzione. Dopo, all’interno di una palingenesi dell’umanità, di una nuova fase senza disuguaglianze, all’interno di una società “in comune”, cioè comunista, si potranno leggere sullo sfondo dimensioni di bellezza e di serenità. Anticipare la fruizione della bellezza all’interno di un sistema brutale, come quello capitalistico, significa avallare strategie e strumenti che tendono a giustificarlo, a legittimarlo, a salvarlo. Non si tratta, quindi, di “fesserie”.

Quindi non c’è la volontà di far veicolare, in qualsiasi modo, il messaggio sulla bellezza, ma di usare il nome di Peppino in modo distorto e surrettizio, per attribuirgli una cosa che non ha mai detto e sulla quale pensiamo avrebbe avanzato seri dubbi. Ben più grave l’atto di una panineria austriaca che, alcuni mesi fa, ha messo in commercio una serie di panini dedicati a mafiosi o a vittime della mafia: nel panino “Don Peppino” si leggeva: “Siciliano dalla bocca larga fu cotto in una bomba come un pollo nel barbecue”. Per il resto non è il caso di gridare allo scandalo: oggi la commercializzazione di una frase, dell’immagine di un uomo illustre, del luogo in cui è vissuto, di qualcosa che gli è appartenuto, è una delle tante aberrazioni di una civiltà che, pur di venderti qualcosa, pur di conquistare un mercato, pur di stupire, è capace di truccare qualsiasi realtà per riproporla nel modo più suadente possibile, sino all’iperbole. E del resto, a voler sottilizzare, diventerebbero elementi di commercializzazione anche il film “I cento passi”, anche il vino con lo stesso nome, messo in vendita dalla cooperativa “Placido Rizzotto” di Corleone, che ha dato il nome di questo sindacalista a un altro vino, addirittura anche i miei libri su Peppino. Il muro divisorio potrebbe essere soltanto nel voler fare antimafia, ove ci sia questa intenzione, o nel voler far solo soldi.