peppino impastato
Bene
Le parole che volevamo sentire sulla disgustosa vicenda del menù in barba all’antimafia che veniva servito in un pub viennese sono arrivate direttamente dalla Farnesina:
Roma 08 Giugno 2013
Su istruzioni del Ministro degli Esteri Bonino, l’Incaricato d’affari dell’Ambasciata d’Italia a Vienna, Sergio Pagano, è intervenuto per sensibilizzare le autorità locali, ed in particolare il Comune di Vienna e il Ministero dell’Economia, sul caso del pub viennese, il cui menù contiene riferimenti ironici alle vittime della mafia, come Giovanni Falcone e Peppino Impastato. Come riportato dai media, la vicenda ha suscitato reazioni fortemente negative sia da parte della collettività italiana a Vienna che dell’opinione pubblica in Italia.
Alle autorità austriache è stato in particolare sottolineato come l’utilizzo dei nomi di persone distintesi nella lotta contro la mafia, effettuato in maniera distorta e a fini meramente commerciali, è non solo di cattivo gusto, ma anche altamente offensivo della memoria di quelle stesse persone che hanno pagato il prezzo più alto ed irriguardoso nei confronti di chi opera quotidianamente con il proprio lavoro per sconfiggere il fenomeno mafioso, ed è pertanto da considerarsi inaccettabile.
Menù indigesti e antimafia ruttata
Che schifo. Un rigurgito. La notizia arriva da Vienna, qui.
La Grande Madre
Dietro un grande uomo succede che ci sia una grande madre.
Oggi rileggevo e riascoltavo le parole di Felicia Bartolotta, la madre di Peppino Impastato, e mi viene naturale ripensare al senso di madre. Il senso di madre come protezione e crescita, consapevolezza e conforto e il nutrimento nel senso esteso di vitalità garantita.
Io ho sempre avuto un rapporto verticalmente sconnesso con le madri. Roba da buche che scavalco male come se fossero burroni. Sono figlio di madre naturale che ha pensato bene di lasciarmi “alla ruota” e finisco in adozione. Ma questa storia l’ho raccontata. E tutti i miei amici e la mia compagna mi dicono spesso che sono noiosissimo su questo punto. Mi capisce qualche volta mio fratello di noi che siamo fratelli ma abbiamo cognomi diversi. Siamo fratelli ex post, insomma.
Comunque il senso della Grande Madre (si scrive maiuscolo così sembra molto più religioso) è il pensiero di una donna che riesce a superare le normali barriere della poca istruzione grazie ad una materna sensibilità che contiene di per sé alcuni secoli di storia. Quando ascolto Felicia penso ad una ferita che alla fine ha sanguinato il dolore di tutte le madri di tutti gli anni prima.
Mi è successo oggi pomeriggio. Una madre che è diventata nonna. Di nome fa Maria. Mi raccontava di un figlio che era appena nato ed era scritto che dovesse morire. Ci sono figli che vengono partoriti per essere presi per mano per andare subito dall’altra parte. Come passeggeri di passaggio dove la vita è solo una coincidenza di qualche minuto tra il prima e il dopo. Il bambino con la morte scritta in valigia, mi raccontava oggi Maria, ci ha messo mesi a morire perché la morte non riusciva a trovarlo tra le braccia troppo amorevoli di Maria sua madre. Come se la morte ci avesse messo mesi a trovarlo in tutto quell’amore.
Felicia, Maria e tutte le Grandi Madri di questo mondo sono così: troppo giganti rispetto al copione scritto per non riuscire (almeno) a rallentare l’entrata del finale scritto.
Vale la pena ascoltarla prima di andare a dormire, Felicia:
Radiomafiopoli: una chiamata alle armi
Quando abbiamo cominciato a fare Radiomafiopoli eravamo tutti siciliani dentro, in fondo. Anche se di siciliani veri di Sicilia ce n’erano pochi che si contavano sulle dita di una mano: c’era Carmelo che mi ha insegnato la visione disincantata e l’arguzia feroce che sta dentro i palermitani che decidono di prendersi tutto il vento in faccia, c’era Francesca con il piglio di chi ordinatamente colloca le cose e le persone e c’era Pino Maniaci che la satira con l’informazione la serve tutti i giorni come piatto quotidiano.
Poi c’eravamo noi, i non indigeni, che eravamo travolti da questa Sicilia che profumava di fresco profumo di libertà e con una voglia matta (matta, eh, sì) di affilare la parola, la risata, l’amicizia tutti insieme. In fondo l’appuntamento settimanale di Radiomafiopoli, quel mettersi davanti al microfono con la rassegna stampa della settimana e ridere fino alle lacrime durante il montaggio, era un confronto e un conforto con la nostra paura e con il nostro stare così lontani e comunque così insieme. Dentro le mail e le telefonate c’era un ponte. Un ponte.
Ora sono passati anni e alla fine di antimafia e di mafie dentro le carte e nelle parole è scandita la mia giornata. Ebbene sì: un professionista dell’antimafia. Ed è un piacere. Anche se poi alla fine per motivi diversi magari ti accorgi che in fondo il sorriso si è sbiadito, quell’energia così bambina è diventata desueta e malinconica come sono malinconici solo i ricordi e le fotografie di quelli che sorridono in foto ma non ti rispondono più al telefono.
Abbiamo deciso di mettere la nostra malinconia al passo dei tempi per scrollarcela di dosso e per non perdere il nostro scopo originario: non prendersi mai troppo sul serio. Sì, coltivarci il sorriso, il sorriso per serenità, per indignazione, di denuncia, per dovere di informazione e per diritto di non avere paura. Ma comunque il sorriso.
Partiamo. Radiomafiopoli si rimette i vestiti della domenica che aveva lasciato nei cassetti in fondo all’armadio e si esce in piazza. Ogni settimana (tra poco) per “disonorare gli uomini d’onore”. Chi vuole darci consigli, una mano, una notizia o una voce siamo qui. Ora.
Sono andato a riprendere il perché che ci eravamo dati anni fa. Funziona ancora:
«M’hanno chiesto – perché sfottere la mafia? Ho risposto – perché no? Siamo nell’epoca del culto per la credibilità e per l’onore, della comunicazione masticata e poi sputata, della dignità da discount; in tutto questo magma di garantismo avanzano nel borsellino, come la moneta, quelli che a ragion veduta dovrebbero essere il braccio armato della “cosa nostra di chi?” al soldo di qualche incravattato nelle stanze del potere. Perché sfottere la mafia? Perché siamo stanchi di questi falsi miti da fiction che qualcuno vuole convincerci possano tenere sotto scacco una nazione. Perché disonorare la mafia è una questione di onore. Perché è il nostro modo da giullari per urlare il nostro no. Perché fanno ridere mentre si mettono in posa per fare paura. Perché come diceva Peppino la mafia è una montagna di merda. Perché smontare la loro credibilità è il nostro modo per opporsi ad un racket culturale e in più ci divertiamo un mondo».
Sei sicuro? La mafia a Brescia
Che piaccia o no i ragazzi e della Rete Antimafia Provincia di Brescia in questi ultimi anni stanno facendo un lavoro straordinario. Non hanno interessi di visibilità, relazioni o altro: sono curiosi. Sono curiosi come riescono ad essere curiosi gli “scassaminchia” che si augurava Peppino Impastato e sono appuntiti come sono appuntiti quelli che vogliono porre domande senza accontentarsi delle risposte. Con pochi mezzi e la professionalità dei propri valori hanno confezionato un documentario che sarebbe bene guardare con attenzione e propagare senza moderazione. A loro tutta la mia gratitudine da cittadino lombardo.
Qui il loro comunicato stampa sulla presentazione del documentario:
Finalmente ci siamo!
Dopo poco più di un anno di intenso lavoro è giunto il momento di presentare “Sei sicuro? La piovra a Brescia”, il video-documentario riguardante le infiltrazioni della criminalità organizzata nella nostra Provincia realizzato in collaborazione con la lista di rappresentanza universitaria Studenti Per-UDU Brescia grazie al contributo dei bandi per le attività culturali degli studenti messo a disposizione dall’Università degli Studi di Brescia.
Il documentario, la cui componente tecnica è stata curata dal giornalista Fabio Abati, chiude il progetto di sensibilizzazione contro la criminalità organizzata, “La mafia a cento passi da casa nostra”, avviato lo scorso settembre insieme ai ragazzi di Studenti Per, un progetto composto, oltre che dal video che stiamo per presentare, da un ciclo di incontri svoltosi in autunno: “La mafia ieri e oggi”, con Giovanni Impastato e Fernando Scarlata, “La mafia in Lombardia”, con lo spettacolo teatrale “La pagliuzza e la trave” ed il dibattito con Benny Calasanzio Borsellino, e “L’antimafia ed i giovani”, con Salvatore Borsellino ed Emiliano Morrone.
“Sei sicuro? La piovra a Brescia” è il racconto del percorso attraverso cui un giovane bresciano prende coscienza della realtà criminale che ha infiltrato la sua Provincia.
Approfondisce il tema dei beni confiscati, quello del mondo del movimento terra, ed illustra le realtà del Lago di Garda e della Valtrompia. Tutto questo attraverso l’analisi di carte giudiziarie e le testimonianze dirette di chi queste verità le conosce molto bene: forze dell’ordine, vittime e pentiti.
“Sei sicuro? La piovra a Brescia” sarà presentato ufficialmente Mercoledì 13 Giugno alle 21.30 presso l’Aula polifunzionale del Cedisu in via Valotti 3 (dietro la Facoltà di Ingegneria), Brescia.
A Ponteranica vogliono rimuovere Peppino Impastato: l’appello (e mailbombing)
A Ponteranica avevano già provato a rimuovere la targa dedicata a Peppino Impastato presso la biblioteca comunale. Poi, le voci di protesta hanno prodotto un giusto ripensamento. Ora ci riprovano. E noi ci mobilitiamo. L’idea condivisa è di mettere in campo una serata per ricordare degnamente le figure di Padri Baggi e Peppino Impastato di fatto screditando e denunciando l’assurda operazione messa in atto dall’amministrazione Aldegani.Il tutto mercoledì 13 all’Aperto sui terreni dei Padri Sacramentini (100 passi dal comune ed altri 100 dalla Biblioteca).
Intanto ecco l’appello per inviare una mail al sindaco. Fate girare.
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Ci riprovano: a Ponteranica (BG) rimuovono (ancora) Peppino Impastato
A Ponteranica avevano già provato a rimuovere la targa dedicata a Peppino Impastato presso la biblioteca comunale. Poi, le voci di protesta hanno prodotto un giusto ripensamento. Ora ci riprovano. Ecco la mail che mi manda un amico:
Da Ponteranica
Solo oggi gli abitanti di Ponteranica sono stati avvisati che MARTEDI’ prossimo 5 GIUGNO la biblioteca che era intitolata a Peppino Impastato verrà intitolata a padre Baggi. Il sindaco, vigliacco dal primo giorno, conclude con un’ultima porcata pubblicizzando la “cerimonia” pochi giorni prima e proprio la mattina di un giorno feriale con scuole e attività lavorative aperte con l’intento evidente di evitare partecipate contestazioni. MOBILITIAMO TUTTI!!!!!!!!!!!!!!!! ASSOCIAZIONI, SINDACATI, PARTITI, SOCIETA’ CIVILE
Restiamo vigili.
Un regalo per Peppino Impastato
L’avevamo scritto: un Paese civile non può lasciare marcire i luoghi della memoria dei propri uomini lasciati soli già una volta; per questo abbiamo preparato una sottoscrizione per inviare una mail (tecnicamente: mailbombing) al sindaco di Cinisi ed esprimere il nostro sdegno. Cinisi non è lontana da nessun posto del mondo. E le idee di Peppino Impastato sono le idee di tante Cinisi nel mondo. Il nostro appello aveva raccolto quasi 4000 firme. E il risultato è raggiunto: oggi l’assessore regionale della Regione Sicilia Gaetano Armao ha dichiarato che “La Regione, nella ricorrenza del 34° anniversario della tragica morte di Peppino Impastato, ha gia’ avviato le procedure per l’espropriazione per pubblica utilita’, sulla base di un progetto di realizzazione di un sito della memoria, del casolare e del terreno circostante a Cinisi ove egli fu ucciso. Contiamo in tal modo di poter celermente avviare i lavori per trasformare questo luogo simbolo dell’efferata violenza mafiosa in un museo della memoria e della testimonianza della resistenza che ad essa ha condotto Impastato, intendendone cosi’ ricordare e commemorare l’impegno civile e giornalistico”.
Il casolare è salvo, la memoria almeno un poco più pulita.
Buon 2012, Peppino.