Si è spento a 93 anni l’editore Livio Garzanti. Lo ricordiamo pubblicando il capitolo dedicato alla collana “Romanzi moderni”, da lui diretta per la sua casa editrice, tratto da Storie di uomini e libri di Giancarlo Ferretti e Giulia Iannuzzi edito da minimum fax. (Fonte immagine)
di Gian Carlo Ferretti
Romanzi Moderni
Casa Garzanti è attiva dal 1939, quando il fondatore Aldo rileva Casa Treves (che per le leggi razziali emanate dal regime fascista non può proseguire l’attività). Ma la casa editrice assume nuovo e significativo rilievo a partire dal 1952, da quando prende la direzione Livio, il figlio trentunenne di Aldo Garzanti, che si rivelerà editore di notevole capacità e intelligenza, oltre che narratore di una certa finezza. Una svolta che riguarda anche i Romanzi Moderni a partire dal 1953 (ne è direttore di fatto lo stesso Livio Garzanti), nonostante la collana sia presente dal 1949.
In particolare tra il 1954 e il 1959, grazie anche alla sensibilità editoriale e letteraria del consulente Attilio Bertolucci, contribuiscono alla definizione di una marcata e originale identità editorial-letteraria una serie di autori italiani: Pier Paolo Pasolini con Ragazzi di vita, Paolo Volponi con Memoriale (acquisito anche grazie alla fondamentale mediazione pasoliniana), Goffredo Parise con Il prete bello e Carlo Emilio Gadda con Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. L’editore punta su una confezione «scioccante», con una sovraccoperta affidata a Fulvio Bianconi, che viene da un’esperienza di propaganda e di pubblicità, ma che saprà elaborare anche formule grafiche aniconiche e severe per la saggistica.
Pasolini e Volponi hanno alle spalle una bibliografia soprattutto poetica e come narratori sono esordienti, gli esordi di Parise presso Neri Pozza non lo hanno ancora fatto conoscere, e il Pasticciaccio in edizione Garzanti anche per molti critici segna la tardiva rivelazione di un autore attivo da decenni e di un romanzo apparso a puntate parzialmente in rivista. Tutti scrittori nuovi e insieme maturi, che appaiono sorprendenti senza essere effimeri, che sono capaci di provocare un forte impatto e di prefigurare una sicura durata. Tratti questi che si ritrovano almeno in parte in Beppe Fenoglio. Cui si aggiungono una consistente e isolata presenza di Mario Soldati, e il provocatorio Giuseppe Berto di Guerra in camicia nera.
Pasolini, Volponi, Parise e Gadda in particolare si impongono con opere di rottura e di discussione, non prive di qualche venatura scandalosa nei casi di Pasolini e di Parise, anche con buoni risultati di vendita. Per Pasolini, Volponi e Gadda ci sono anche analogie intrinseche più o meno sottili: i motivi della diversità e del conflitto, il nesso tra problematicità e sperimentalismo, la carica di eccentricità e innovazione rispetto a tradizioni letterarie consolidate, eccetera. Ne partecipa almeno in parte Ferdinando Camon dal 1970 con il romanzo Il quinto stato, per il quale Pasolini scrive il risvolto. Quattro autori, va aggiunto, che continueranno a caratterizzare il catalogo garzantiano per lungo tempo e con una ricca produzione narrativa, saggistica e poetica.
Quella identità viene ulteriormente rafforzata nel 1963 e nel 1964 da due veri e propri eventi editoriali e letterari, diversi e quasi opposti tra loro: la pubblicazione (in contemporanea con Einaudi) di Una giornata di Ivan Denisovicˇ, primo libro-rivelazione di Aleksandr Solženicyn sui campi di concentramento staliniani, e la prima traduzione italiana (firmata da Giorgio Caproni) di Morte a credito dello scrittore maledetto Louis-Ferdinand Céline, una sua opera fondamentale nel segno dell’oltranza e della negazione. Edizione peraltro censurata.
Ma questa per la verità è soltanto un’area, seppur importante e definita, all’interno della estrema eterogeneità dei Romanzi Moderni, con accostamento di autori italiani e stranieri molto disparati: i veristi Federico De Roberto, Luigi Capuana, Matilde Serao; il Novecento americano, talora con vere scoperte, di William Faulkner, Norman Mailer, Truman Capote (Colazione da Tiffany, da cui un celebre film); Auto da fé di Elias Canetti, novità assoluta per l’Italia nel 1967; classici moderni come Henry James e Virginia Woolf; e una serie di grandi successi spesso portati sullo schermo, come Il cardinale di Henry Morton Robinson, e le due serie Angelica di Anne e Serge Golon e 08/15 di Hans Hellmut Kirst.
Ai quali ultimi, tra le etichette adottate nel corso degli anni Sessanta in quarta di copertina per orientare gli acquirenti all’interno della collana («i maggiori», «gli italiani d’oggi», eccetera), tocca quella di «1.000.000 di lettori». Etichetta significativa al di là dell’attendibilità numerica, estensibile ai successivi romanzi di Michael Crichton, e a Love story di Erich Segal (che appartiene tuttavia alla collana parallela I romanzi), best seller del 1971 favorito dal film con 350.000 copie in pochi mesi, e rilanciato come omaggio agli appassionati dei Baci Perugina: una storia tra tenerezza amorosa e crudezza di linguaggio, che perpetua la linea trasgressivo-mercantile di Garzanti a livello di mero consumo.
A linee di ricerca comunque diverse apparterranno gli altri narratori italiani più o meno significativi che si succederanno nei Romanzi Moderni tra gli anni Sessanta e Settanta, da Francesco Leonetti a Giuseppe Cassieri, da Enzo Siciliano a Franco Cordelli ad altri.
Il passaggio nel 1974-75 di Pasolini e Volponi a Einaudi, per una serie di insoddisfazioni e insofferenze verso Livio Garzanti, e per la forza di attrazione del «divo Giulio», è il segnale (soprattutto nella narrativa) di una caduta di quell’originario dinamismo e di una crisi irreversibile di quella originale identità. Lo confermano (fin dalla grafica) la stessa fine dei Romanzi Moderni nel 1973 e le numerose collane che li sostituiscono nel corso dei decenni fino a oggi, come i Narratori Moderni, la Nuova Narrativa Garzanti, e una collana contraddistinta dalla sola lettera G o addirittura senza nessun nome. E questo al di là dei singoli valori letterari e di mercato, di qualità e di successo di molti autori italiani e soprattutto stranieri.
Una novità è nel 1976 l’esordio fulminante di Vincenzo Cerami, scoperto ancora una volta da Pasolini. Il suo romanzo Un borghese piccolo piccolo, presentato da Italo Calvino e portato sullo schermo nel 1977 da Mario Monicelli, è una storia dolorosa e grottesca di violenza metropolitana, che anticipa in Italia molte sperimentazioni future, tra naturalismo, noir e fumetti, e inaugura per Cerami una felice carriera nel campo della narrativa e del cinema, fino alle sceneggiature e ai testi per Roberto Benigni. Una curiosità è l’opera seconda di Andrea Camilleri Un filo di fumo (1980), successiva a un esordio in sordina ostacolato da vari rifiuti e ancora lontana dalle fortune dei suoi gialli.
Le collane di narrativa sono comunque un settore molto circoscritto all’interno della vasta, differenziata e contraddittoria produzione generalista di Garzanti, compresa tra cultura, trasgressività e fatturato, con risultati cospicui peraltro ai vari livelli (da ricordare le fortunatissime Garzantine). Un vero evento è l’Enciclopedia Europea in dodici volumi, progettata nel 1969 e pubblicata dal 1976. Ma gli altissimi costi dell’operazione, insieme ad altri ambiziosi progetti non realizzati, avranno un peso notevole nella crisi editoriale e finanziaria della Casa. Cui seguiranno nei successivi decenni una progressiva emarginazione e fuoriuscita di Livio Garzanti, e una riduzione di ruolo e di immagine della casa editrice, fino alla vendita della Casa stessa e ai relativi passaggi di proprietà. Nel 2006 la Garzanti entrerà nel gruppo gems.
Scheda
Collana: Romanzi Moderni
Casa editrice: Garzanti, Milano
Periodo: 1953-73
Fonti e bibliografia:
Catalogo generale Garzanti, Garzanti, Milano 1976.
Storia dell’editoria d’Europa, a cura di Angelo Mainardi, vol. ii, Shakespeare & Company-Futura, Firenze 1995.
Gian Carlo Ferretti, Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945-2003, Einaudi, Torino 2004.
Gian Carlo Ferretti, Siano spiacenti. Controstoria dell’editoria italiana attraverso i rifiuti, Bruno Mondadori, Milano 2012.
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